1. La danza delle lame
Sentire le grida esaltate della gente era sempre galvanizzante.
La luce del sole penetrava attraverso le sbarre e disegnava ombre allungate addosso a Finron, fermo in attesa che qualcuno gli aprisse la porta. Sotto ai rigidi guanti senza falangi, le dita gli formicolavano, pronte a stringere l'elsa della spada che se ne stava già piantata nel centro esatto dell'arena; gli avevano fatto indossare un'armatura di cuoio sopra alla camicia e ai pantaloni di lino bianchi, segno che avrebbe presto incontrato un altro guerriero, non un incantatore. E meno male, perché non aveva proprio voglia d'impegnarsi troppo.
Quello era un giorno funesto, uno di quelli in cui lo stomaco gorgogliava nervoso e la testa faceva male: era il settimo anniversario da quando Finron era diventato un cazzo di schiavo.
Era da quasi cinque minuti che, andando avanti e indietro sulla sabbia dorata dell'arena, Bandol Lingualunga stava elencando i nomi delle persone più famose che Finron aveva sconfitto in quei lunghi anni, guadagnandosi il titolo di campione. A ogni nuovo nome, gli uomini e le donne ammassati sugli spalti alzavano le braccia e gridavano, gioiosi.
Da dietro la grata, Finron riusciva a scorgere solo una piccola porzione della struttura circolare che formava l'arena, ma era la più importante poiché lì, a circa cinque metri dal suolo, c'era il palchetto riservato ai reali. Il re, la regina e le due giovani principesse sembravano elettrizzati quanto i popolani e, quando finalmente quel presentatore logorroico giunse quasi alla fine, le bambine si alzarono addirittura in piedi, poggiandosi al parapetto ligneo dipinto di giallo.
Coi muscoli tesi, Finron chiuse le mani a pugno l'una sull'altra per far schioccare le nocche, poi si legò in un piccolo codino basso i capelli biondo cenere, in modo che stessero dietro alle sue orecchie a punta e non gli dessero fastidio durante il combattimento.
«Ed è dunque col cuore colmo di contentezza che ora vi presento il nostro campione imbattuto! Acclamate tutti insieme, perché è qui per noi l'immenso Finron Halley!»
Che esagerazione...
Il mezz'elfo si aprì nel suo solito sorriso raggiante, anche se avrebbe tanto voluto spaccare tutto e tornarsene alla casa dei combattenti. Uscì nell'arena non appena la porta a sbarre davanti a lui si spalancò. Con le braccia già alzate e le mani che si muovevano per invitare la gente ad applaudirlo più forte, l'anima di Finron un po' si alleggerì, beandosi nell'ascoltare le persone ripetere il suo nome. Avanzò verso il centro e raggiunse la semplice spada lunga che avevano scelto per lui quel giorno; peccato, quando gli mettevano a disposizione anche i pugnali gli scontri risultavano più semplici.
La leggera brezza primaverile continuava a smuovere i granelli di sabbia sotto ai suoi piedi: dovevano averne messa parecchia, forse sperando che quel terreno instabile potesse rendere l'imminente scontro più entusiasmante. Sulla sommità degli spalti dell'arena svettavano parecchie bandiere gialle con al centro il disegno delle spade incrociate dei sovrani di Nortin; sventolando, proiettavano le loro ombre sulla sabbia lungo la metà del perimetro, lasciando però il centro e l'altra metà completamente investiti dal caldo sole pomeridiano.
«E ora, per aprire al meglio questa nuova stagione di giochi, abbiamo un avversario che si è espressamente offerto di sfidare il campione!»
Ah sì? Qualche folle voleva il suo titolo? Finron estrasse la spada dal supporto che avevano nascosto nella sabbia e inclinò il capo, girandosi per scrutare lo schiavo mingherlino vestito di bianco che stava già con una mano pronta ad aprire la porta a una dozzina di metri da lui.
«State tutti pronti, perché quest'oggi più che mai osserveremo la danza delle lame!»
Bandol Lingualunga, con le grasse membra ricoperte da una vistosa tunica arancione, ancora camminava ai bordi dell'arena e ci stava mettendo un po' troppo a presentare questo avversario sconosciuto: se avesse continuato a lungo, Finron avrebbe cominciato a macchiare il terreno col suo, di sangue.
«Direttamente dai deserti del Cintira Yasa, lasciatevi incantare dalla magnifica Iamila!»
Iamila? Una donna, sul serio?
Aveva detto Cintira Yasa... ecco il perché di tutta quella sabbia.
Lo schiavo aprì la porta e subito fece il suo ingresso nell'arena un'umana dalla carnagione scura, con lisci capelli castani lasciati liberi dietro alla schiena. Ai piedi aveva degli stivaletti bassi e sulle lunghe gambe indossava quella che a una prima occhiata poteva sembrare una gonna tinta di diverse gradazioni di rosso, ma a ogni passo si muoveva intorno alle cosce e ai polpacci nudi, rivelandosi come uno strano insieme di distinti veli leggerissimi; alla vita portava una cintura e, legati a essa uno accanto all'altro, erano ben visibili sei kukri argentati, le corte lame ricurve che brillavano alla luce. Le braccia della donna erano scoperte, adornate da un paio di anelli dorati sui bicipiti, e il modesto seno era protetto solo da un velo scarlatto, lasciando la pancia piatta esposta; all'interno dell'ombelico luccicava una gemma luminosa, così come scintillavano al sole quelle che aveva alle orecchie e anche una che le adornava una narice del piccolo naso.
Iamila era senza alcun dubbio una bellezza esotica da mozzare il fiato.
Finron rimase rigido a osservare i passi sinuosi di quella donna avvicinarsi a lui e presto venne catturato dal suo sguardo: le labbra a cuore erano dipinte di scuro e lo sguardo mostrava una determinazione raggelante. Quella donna non indossava il bianco degli schiavi: aveva scelto liberamente di scontrarsi con lui, quel giorno.
Era una pazza se pensava di sconfiggerlo! Cosa si aspettava? Se il re avesse voluto, Finron alla fine l'avrebbe dovuta ammazzare!
Che spreco.
Il mezz'elfo era stato così impegnato a fissarla avanzare che si accorse tardi di essere già rimasto solo con lei nell'arena; la gente sugli spalti ancora gridava, chiedendo il sangue. Non ci sarebbe stato nulla di grandioso, però: quell'umana così esile come avrebbe mai potuto competere con la sua stazza e la sua forza, visto che sembrava avere solo quei coltelli come arma? E allora perché Finron sentiva che il sudore aveva cominciato a scorrergli lungo il collo? Cos'era quella pessima sensazione che ancora gli teneva i muscoli contratti?
Il giorno dell'apertura della stagione gli scontri erano studiati per essere quanto più spettacolari possibile, ma lui aveva solo una spada, lei dei kukri...
No, Iamila di certo nascondeva qualcosa.
«Finalmente c'incontriamo, Finron. Ero impaziente.»
Quella voce calda e musicale gli seccò la gola, prosciugando la saliva, però Finron non poteva mostrarsi a disagio davanti a una tale nullità: bella donna o no, sarebbe finita infilzata come chiunque altro.
«Sei venuta da lontano per farti ammazzare. Mi dispiace, dolcezza, ma non avrai il mio titolo.»
Coi grandi occhi neri che saettavano su ogni parte di lui, Iamila fece schioccare la lingua sul palato, portandosi una mano affusolata a sistemarsi una ciocca di capelli dietro alla schiena.
«Non sono qui per un titolo: qui lo schiavo sei tu.»
Finron strinse all'inverosimile le dita intorno all'elsa della spada e si mise in guardia, tenendola salda a inframmezzarsi tra loro.
«Che lo spettacolo cominci!»
Dallo spalto basso sotto alla pedana dei reali, Lingualunga gridò e Iamila saltò all'indietro, compiendo un'aggraziata capriola nell'aria che fece svolazzare i suoi capelli e i veli della gonna, allontanandola da Finron; cominciò a muovere le braccia e le gambe come a danzare su una musica che non c'era e subito i sei kukri si staccarono dalla cintura, andandole a fluttuare intorno al corpo come mortali raggi di sole. Finron deglutì: non era una semplice guerriera, quindi, ma una strana incantatrice. Quella doveva essere una tecnica del Cintira Yasa, perché lui non aveva mai visto nulla del genere.
Con la folla già in delirio, Iamila scattò in avanti e le sue lame la seguirono, andando a circondare Finron da tutte le direzioni. Lui alzò la spada per intercettarne due sul davanti e dovette scartare di lato per non essere ferito da una di fianco; impossibile capire in che direzione si sarebbero mosse quelle piccole bastarde, guidate dall'invisibile incanto della danza della loro proprietaria.
Ancora spiazzato, Finron si limitò a parare e schivare, coi passi appesantiti dalla sabbia e cercando di porre l'attenzione anche alle spalle, poiché era da lì che temeva di essere colpito. Lui stesso doveva muoversi con agilità, cercando di seguire la danza di Iamila che, di contro, si muoveva senza sosta standogli sempre ad almeno un metro di distanza, girandogli intorno, abbassandosi, saltando, con gli arti in moto costante. Ecco il perché dei lunghi capelli e dei veli: in qualche modo, parevano ipnotici e Finron continuava a esserne distratto, mentre la sua attenzione avrebbe dovuto essere sui kukri.
Iamila danzava col viso concentrato sempre fisso su di lui: prima o poi Finron si sarebbe stancato di schivare e qualche lama lo avrebbe colpito.
Però... per la frusta di Enoder, ecco qual era la chiave! Quelle lame non erano troppo pericolose, anche perché Iamila le muoveva intorno a lui come fastidiosi insetti, ma ancora non aveva mai provato un affondo in punti vitali. Come un cretino, Finron si era lasciato abbindolare dalla danza, dai veli, dalla bellezza, limitandosi alla difesa senza focalizzarsi sulla cosa più importante: la chiave in quello scontro era l'attacco, altrimenti Iamila avrebbe sempre avuto un vantaggio su di lui. Se anche uno o due kukri l'avessero colpito non sarebbe stata la fine del mondo: sì, per riuscire a versare il sangue della donna, Finron avrebbe dovuto sacrificare prima un po' del suo.
Dopo essersi abbassato per l'ennesima volta, si raddrizzò, strinse a due mani l'elsa della spada e si buttò in avanti, le braccia alzate in un rapido fendente obliquo. Un kukri gli strappò una manica della camicia, ferendolo di striscio sull'avambraccio, mentre un altro lacerò in modo un po' più profondo una coscia, ma Finron non se ne curò, concentrato ad abbattersi su di lei.
L'espressione seria di Iamila si accese di furbizia e in un lampo schivò la spada torcendo all'indietro la schiena, le braccia allungate e le mani aperte: non appena i palmi toccarono la sabbia, lei tirò su le gambe e lo slancio fu tale che un piede avrebbe intercettato il mento di Finron, se lui non fosse stato lesto a scansarlo.
Maledetto Alanmaeth... Come faceva quella donna a essere così snodata?
«Hai deciso di fare sul serio? Era ora.»
Sebbene quelle parole suonassero piuttosto derisorie, la donna aveva mantenuto il suo cipiglio serio. Mentre la folla urlava in delirio, i kukri ripresero a librarsi a raggera sopra Iamila e lei ne afferrò due, ripartendo a danzare in modo più frenetico. Era un altro modo per confonderlo? Finron inspirò profondamente e optò per un attacco frontale, ma i quattro coltelli ancora in aria si avventarono assieme su di lui, che fu costretto ad arrestare la carica per intercettarli con la spada. Il cozzare dell'acciaio contro l'acciaio durò un battito di ciglia e, quando Finron tornò a guardare davanti a lui, Iamila era sparita.
«Lento.»
La voce giunse alle sue spalle e Finron sgranò gli occhi nell'accorgersi che lei era proprio lì, a un centimetro da lui, le due lame a solleticargli i lati del collo. Un singolo gesto le sarebbe bastato per tranciargli la giugulare, ma Iamila non lo fece e, anzi, si allontanò da Finron con un salto all'indietro, smettendo di danzare. Lui si voltò e i kukri caddero nella sabbia; il tempo parve fermarsi, poiché anche le persone sugli spalti si erano zittite, forse confuse quanto il mezz'elfo.
«Avrei potuto ucciderti.»
Finron digrignò i denti e abbassò la spada, lo stomaco sottosopra a causa del nervoso; già, lei aveva ragione. Perché non lo aveva ammazzato? Doveva aver usato un qualche incantesimo per sparire o per aumentare la sua velocità, anche se di solito gl'incantatori salmodiavano strane parole, prima di compiere le loro stregonerie. Ormai Finron era diventato bravo a cavarsela contro di loro, ma quella donna era pericolosa perché lui non aveva la minima idea di cosa potesse fare.
«Cosa vuoi da me?»
Quella domanda gli sgorgò dalle labbra immersa nell'odio e per la prima volta Iamila parve sorridere appena. Coi brusii, ora irritati, della gente sugli spalti che si facevano sempre più molesti, lei fece un piccolo gesto all'indietro con le braccia e le sue armi abbandonate tornarono alla cintura.
«Vieni e lo scoprirai.»
Era un invito?
Finron rialzò l'arma e fece il primo passo per caricare; in quel momento, il grave suono di un corno si abbatté dall'alto e il sole venne oscurato. Lui non poteva permettersi di alzare lo sguardo, ma la strana ombra che era appena apparsa in mezzo all'arena sembrava proprio formare la sagoma di un uomo con delle gigantesche ali.
Cos'era quella messa in scena? Finron non si sarebbe fatto fregare! Tuttavia era bastato distogliere lo sguardo da Iamila mezzo secondo, per ritrovarsela di nuovo attaccata a lui, le due lame curve nelle sue mani poste una vicina all'elsa della spada e l'altra verso la punta; lei mosse le braccia a formare un ampio cerchio e quella strana presa bastò a disarmarlo, facendogli volare via l'arma.
Le persone cominciarono a gridare di terrore e, mentre lo sguardo di Finron era rapito dagli intensi occhi di Iamila, un violento spostamento d'aria smosse la sabbia intorno a loro due; assieme a quel vento innaturale piovvero anche alcune palline nere che s'infransero al suolo e scoppiarono, riempiendo lo spazio di un'oscurità impenetrabile anche per la vista sviluppata del mezz'elfo.
«Che caz—»
L'aria intorno a Finron vorticava tanto da obbligarlo proteggersi il viso con le mani e il fiato gli morì in gola, quando qualcosa gli afferrò le braccia e i suoi piedi si staccarono dal suolo. Immerso nell'aria e nell'oscurità, urlò anche lui e si dimenò per liberarsi da quella presa, fin quando la luce tornò prepotente, mostrandogli l'arena, le strade, la città dall'alto. Col cuore ormai impazzito nel petto, Finron s'immobilizzò e girò la testa verso l'alto: a sorreggerlo per gli arti c'era un massiccio uomo a petto nudo, i muscoli in tensione, la mascella squadrata contratta e le due enormi ali bianche piumate che sbattevano incessanti.
Cosa ci faceva un celeste a Nortin? No, più importante: perché cazzo, tra tutta la gente su Endel, un celeste avrebbe dovuto rapire proprio Finron?
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top