X. - Aristea

- ...Oltre che la consegna di queste schiave. -

La rabbia causata dalle parole di Odisseo mi scava il petto annullando ogni pensiero razionale.
Avrei dovuto capire che il suo sarebbe stato solo un imbroglio; uno stupido crudele imbroglio.
Non erano questi i patti tra noi.

Lo vedo voltarsi appena verso di me: la sua espressione è criptica mentre io desidererei solo averlo più vicino per riuscire a sputargli in faccia tutto l'odio che sento ribollirmi dentro.

La ragazza aggrappata alla mia spalla è ancora scossa da tremori; la sua disperazione mi fa sentire talmente vulnerabile da dover reprimere a forza l'impulso improvviso di sottrarmi al suo tocco.

Detesto questo sentirmi così in balia degli eventi, senza poter fare nulla per alterare la situazione in cui mi trovo; io che ho sempre tenuto la mia realtà nel palmo della mano facendone ciò che ritenevo più giusto.
Mi mordo il labbro ferito fra i denti provando ad annegare lo sconforto nel dolore ma tutto ciò che ottengo è solo farmi pungere le palpebre dalle lacrime.

Poi i miei occhi si soffermano quasi casualmente sulle ancelle schierate sotto il portico; tutte indossano una sobria veste chiara e hanno i lunghi capelli ordinatamente intrecciati.
Guardano fisso davanti sè, tranne una.

Le sue iridi castane scrutano il mio volto e una serie di emozioni contrastanti solcano i suoi lineamenti tesi: curiosità, comprensione... Ammirazione.
Reggo il suo sguardo per qualche attimo domandandomi inconsciamente cosa può aver vissuto questa schiava per arrivare a nutrire ammirazione nei confronti di una fuorilegge senza più alcuna libertà o identità.

- Tu e tuo figlio non avete alcun diritto di muovere accuse nei nostri confronti - tuona intanto Agamennone. - Nulla di tutto questo sarebbe mai accaduto se Paride non avesse rapito Elena infrangendo la sacra ospitalità donatagli da mio fratello. -
Il principe Ettore gli si para davanti, fronteggiando la furia del comandante acheo con viso contratto - Siete giunti qui in migliaia, con navi da guerra cariche di uomini armati. Tutto questo solo per una donna? -

Ho un brivido nel notare Odisseo abbassare lo sguardo, sulle sue labbra è disegnato un sorriso sinistro.

- Riconsegnateci la regina di Sparta e ce ne andremo. - Un'improvvisa folata di vento scompiglia i capelli corvini di Palamede come a enfatizzare le sue parole.

Se gli Dei ci stanno osservando ora mi chiedo cosa decideranno per i nostri destini.

- Elena non è più la regina di Sparta ormai - annuncia Priamo con fermezza - è una principessa di Troia adesso. -
Nel suo tono emerge una sfumatura di rassegnazione.

Lo sgomento serpeggia tra i Greci ma trova appiglio prepotente soprattutto sul volto già adirato del re di Micene.
- Come avete osato, voi... Questo è un oltraggio a cui non porrete rimedio facilmente - minaccia Palamede.
- Lo laverete con il sangue - gli fa eco Agamennone. La sua frase risuona nel cortile con la durezza di un martello che frantuma la pietra.

Priamo si erge alla sinistra del figlio, il suo viso è una maschera di risolutezza - Le mura di Ilio non sono mai crollate, e mai cederanno negli anni a venire. Riprendetevi le vostre schiave e fate ritorno alla vostra terra; farò in modo di dimenticare la vostra insolenza. -

Un suo cenno e le guardie mettono mano alle spade.

- Mio signore Priamo... -
Odisseo prova a intervenire ma Agamennone lo riduce immediatamente al silenzio.
- Ti ravvederai della decisione presa quando i tuoi uomini inizieranno a cadere - inveisce ormai fuori di sè - verrai a chiedere clemenza per il tuo popolo quando il sangue inizierà a scorrere e i fumi delle pire oscureranno le stelle. -

- Guardie! -
Faccio appena in tempo a rendermi conto dell'ordine gridato da Ettore che la punta di una lancia mi sfiora il ventre costringendomi ad arretrare.
I soldati ci circondano, volti ostili dietro ad elmi cesellati.

Strattonata dalle corde che mi legano alle mie compagne mi sforzo di rimanere in piedi e non perdere l'equilibrio mentre iniziamo a scendere la scalinata; i piedi mi dolgono a causa della lunga marcia di questa mattina e il tempo passato ferma sino a questo momento.

Con lo sguardo cerco istintivamente quello di Odisseo e ho un fremito di angoscia nel vederlo scendere le scale accanto a Palamede con espressione torva, il mantello che sfiora i suoi passi come un'ombra tetra.
Di fronte alle armi spianate dei troiani anche Agamennone pare demordere ma il suo volto arrossato e distorto dall'ira minaccia vendetta più delle mille parole che è stato indotto a inghiottire.

Mentre abbandoniamo l'acropoli, sotto gli occhi tormentati degli abitanti di Ilio, respiro profondamente, come per riuscire ad assaporare gli ultimi momenti di padronanza della mia esistenza.

Una volta raggiunto l'accampamento l'ignoto sarà nuovamente padrone della mia vita.

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Il sole è ormai alto nel cielo quando stremata e con i pensieri in subbuglio vengo condotta nel padiglione di Odisseo.
I polsi mi sono stati legati troppo stretti e adesso avverto il palmi e le dita delle mani completamente intorpiditi.
Il soldato mi spinge bruscamente a sedere quindi abbandona la tenda senza dire una parola.

Batto le palpebre varie volte per abituare gli occhi alla fitta penombra.
La tenda, sorretta da pali spessi quando la gamba di un uomo e ricoperta di pelli, è più grande rispetto alla maggior parte di quelle che compongono l'accampamento. L'ambiente è spoglio ed è occupato principalmente da un giaciglio e un braciere ormai spento dal quale si alza solo qualche filo di fumo.
Al centro del padiglione troneggia un imponente tavolo in legno grezzo e solo in un secondo momento noto Odisseo in prossimità di questo.

Il suo sguardo solca il poco spazio che ci separa accrescendo di nuovo il rancore che mi ero imposta di controllare.
Troppe domande mi affollano la mente, a partire da quella sul motivo dell'accordo che mi ha imposto di accettare contro la mia volontà.

Mi alzo faticosamente in piedi quando lo vedo muoversi lentamente verso di me.
Il suo sguardo è chino sul coltello dalla lama corta che stringe tra le dita.
Mostra la stessa pacatezza di un cacciatore che si appresta a scuoiare la preda appena catturata.

Sbarro gli occhi animata dalla consapevolezza che tutto stia accadendo troppo velocemente.
Le mie gambe si spostano verso l'entrata della tenda senza che io abbia pensato di muoverle, in un estremo quanto vano tentativo di fuga.
Ma è già tardi.

Odisseo scivola alle mie spalle stringendomi il gomito in una mano e ciò basta a immobilizzarmi.
Rabbrividisco alla sensazione del suo respiro sul collo, così calmo e controllato rispetto al mio petto si alza e si abbassa freneticamente.
Ascolto gli ultimi battiti del mio cuore aspettando il dolore della lama che squarcia la carne.
Tuttavia non chiudo gli occhi mentre prego Ade di poterlo raggiungere velocemente sulle sponde dello Stige, al contrario mi ritrovo a desiderare di poter guardare il mio carnefice negli occhi mentre la morte prende possesso del mio corpo.

Poi lo smarrimento mi pervade i sensi quando la lama recide le corde che mi legano i polsi.

Odisseo si allontana nuovamente e le sue dita lasciano il coltello che cade a pochi passi da me nella nuda terra.
Un gesto di sfida o di esortazione?

Ancora scossa da tremori cerco invano lo sguardo di quello che, fino a pochi istanti fa, temevo sarebbe stato il mio aguzzino, ma Odisseo mi da le spalle e il mio sgomento aumenta quando mi domanda - Hai fame? -
Si volta a guardarmi finalmente in faccia e così facendo mi porge una ciotola contenente un liquido chiaro e denso che stento a identificare.

Provo a individuare qualche segnale di pericolo nelle sue iridi cineree ma non ne trovo traccia.
- Non contiene alcun veleno, te lo posso assicurare. -

Deglutisco sforzandomi di ignorare i morsi della fame che mi stringono il ventre e che ora, come fomentati dalle parole di Odisseo, cominciano a farsi sentire prepotentemente.
- Non mangi da più di un giorno, come pensi di mantenerti in forze? -
Il tono compiacente di Odisseo mi irrita, ma mai quanto la consapevolezza del fatto che abbia ragione.
Non reggerò ancora per molto senza cibo.
La mia mano afferra la tazza tuttavia esito nel portarmela alle labbra.

I miei occhi sfiorano il coltello che ancora giace a poca distanza.

- Si chiama kykeon*. Ti farà bene - mi esorta ancora il greco.

E io, ormai in suo potere, bevo.
Il liquido tiepido mi scivola in gola portando subito ristoro alla mia gola arsa e allo stomaco lacerato dai crampi.
Ha un sapore deciso, mai provato prima.
Un sorso dopo l'altro svuoto la coppa sotto lo sguardo impenetrabile di Odisseo.

- Mi deludi Aristea - commenta dopo qualche momento.

Si china a raccogliere il coltello e lo ripulisce accuratamente dalla terra.
La mia unica possibilità di fuga si frantuma sotto ai miei occhi e impotente mi ritrovo a domandarmi il motivo per cui io non l'abbia colta finchè ero in tempo.

Odisseo mi guarda di sottecchi continuando - che fine ha fatto la tua brama di combattere? Il tuo desiderio di libertà? -
Stringo convulsamente la ciotola tra le dita.
- Non avrei mai immaginato fosse così semplice sottometterti. -

Le provocazioni plasmano piaghe nella mia anima.
Il desiderio di aver afferrato quel coltello mi acceca, eppure riesco a evitare che l'umiliazione annebbi la poca calma che sono riuscita a ritrovare.

- Tu lo sapevi, non è vero? Lo sapevi che Priamo non avrebbe mai accettato lo scambio. - mormoro dura - Non mi avresti mai lasciata a Troia. -
Odisseo sfiora la lama del coltello con la punta un dito e la sua espressione muta lesta.
- Vedo che inizi a comprendere... -

Nella mia mente le supposizioni iniziano a salire a galla e a poco a poco tutto inizia a farsi più limpido.
- Non siete giunti qui solo per quella donna, non vi basterebbe mai riaverla - esalo con le immagini di un destino ormai irreversibile dinanzi agli occhi.

La crudele minaccia sentita pronunciare da Agamennone nei confronti di Priamo acquisisce improvvisamente un senso palpabile e tragico.
"Verrai a chiedere clemenza per il tuo popolo quando il sangue inizierà a scorrere e i fumi delle pire oscureranno le stelle."

- Voi volete Ilio. -

Le mie parole sono accolte da Odisseo con un'espressione neutra e lo sconcerto per la sua reazione mi angoscia persino più della consapevolezza ormai certa della guerra in arrivo.
Nel turbine degli ultimi eventi percepisco che qualcosa mi sta sfuggendo.
Una domanda a cui sino ad ora non ho ancora trovato risposta.

- E adesso che ne sarà di me? -
Poche parole che racchiudono interamente ogni singola sfumatura del mio futuro.

Odisseo ripone il coltello nel fodero. - Dovrai svolgere un lavoro per me. Un compito per cui credo tu sia adatta - curva il capo - sai passare inosservata, sai colpire nell'ombra. È tutto ciò di cui ho bisogno. -

Il suo sguardo incontra il mio e per la prima volta scorgo le tenebre nelle profondità di quegli occhi all'apparenza così freddi e calcolatori.

- Mi aiuterai ad uccidere Palamede. -

*Kykeon: Zuppa a base di orzo, acqua ed erbe aromatiche. Veniva consumata sia come bevanda che come pasto a tutti gli effetti.

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