IV. - Aristea

Ormai sono passati alcuni giorni da quando mi sono unita a Karpos e le cose non sono migliorate affatto, anzi.
Tutto il contrario.
Non vengo lasciata mai sola e sono costretta a seguire Tholos o Karpos tutto il giorno come un fedele cagnolino. Quest'ultimo non ha più tentato alcun approccio fisico con me ma, al calare di ogni notte, vedo gli sguardi che mi lancia, intensi, lussuriosi, custodi di un potente desiderio represso che mi disgusta e mi destabilizza completamente.

Tre giorni fa Karpos, dopo la nostra solita battuta di caccia, mi ha affidato a Tholos ed è partito dicendo di avere in serbo per me una grande sorpresa e che sarebbe tornato presto. Mi ha raccomandato di essere servizievole con Tholos e di non malmenarlo troppo.
Come se ciò fosse possibile.

Sparito uno dei miei aguzzini ora mi sento più libera; Tholos è innocuo, o almeno finché non lo innervosisco. In ogni modo mi irrita non riuscire a comprendere quello che gli passa per la testa, anche se ciò è decisamente meglio che rimanere sempre su chi vive in attesa di una sua possibile mossa.

Rifletto che c'è stato un tempo in cui rimanere con loro aveva dei vantaggi: una pancia sempre piena, anche se il più delle volte attraverso scorrerie, e un riparo sopra la testa.
Ma da quando il mio rapporto con Karpos si è deteriorato le cose non sono più state le stesse e mi sono allontanata fino a raggiungere la costa meridionale dell'isola, decisa a prendere in mano e vivere liberamente la mia vita.
Devo ammettere che non sia stato sempre facile, molte volte ho rubato anche agli schiavi di ricchi mercanti pur di mettere qualcosa sotto ai denti, ma fortunatamente nessuno è mai riuscito a catturarmi.
Vivere in questo modo, tuttavia, non mi hai mai procurato privilegi, solo una grande indipendenza conquistata lottando giorno dopo giorno e che mi ha condotta a badare esclusivamente a me stessa e a nessun altro.

Ora, i tempi in cui ero una bambina piena di lentiggini che inseguiva un ragazzino al porto mi paiono così lontani, quasi come se non siano mai esistiti.

Mentre sono immersa in pensieri noto che Tholos si è appisolato ai piedi di un grosso pino. Potrebbe essere la mia occasione di fuga ma so di non poter nutrire false speranze.
Mi alzo scrollandomi di dosso la polvere che mi si è appiccicata ai vestiti ma immediatamente una mano mi afferra il braccio .
- Che cosa hai intenzione di fare? - Ringhia Tholos, innervosito.
Un sorrisetto di sfida mi compare sulle labbra - Chiedo scusa se ho interrotto il tuo riposo - con uno strattone deciso mi libero dalla sua presa - mi volevo solo sgranchire un po' le gambe. Non sei stanco di stare qui senza far nulla? -
- Senza far nulla? Questo - indica attorno a sé con esasperazione - è il peggior lavoro che io abbia mai compiuto. Io il grande Tholos, dopo Karpos ovviamente, costretto a fare da balia ad una sudicia ragazzina. -
- Bada a come parli - minaccio cercando di negare a me stessa di essere stata punta nel vivo - Karpos non sarebbe contento se gli riferissi che la tua considerazione per il suo operato è così bassa. Inoltre se sono sudicia è solo colpa vostra! Non faccio un bagno da giorni e... -

Non faccio in tempo a terminare la frase che due robuste mani mi afferrano per i fianchi e mi ritrovo a guardare il mondo al contrario.
- Tholos mettimi giù, che vuoi fare? -
La mia domanda rimane priva di risposta, alimentando il panico che sento montare istante dopo istante.
- Non sto scherzando Tholos! Mettimi giù o comincio ad urlare fino a farti sanguinare le orecchie. Giuro su tutti gli Dei che... -

L'impatto con l'acqua mi blocca il respiro a metà portandosi via anche le parole.
Un'intensa sensazione di completo abbandono e dolore mi pervade le membra mentre il gelo grida al mio istinto di ritornare alla realtà e di non lasciarmi andare.
Raccogliendo le poche forze che ancora sento in me spingo il mio corpo verso l'alto fino a quando l'aria pervade finalmente i miei polmoni in fiamme.
Riemergendo realizzo che Tholos deve avermi scaraventata a tradimento in una piccola pozza naturale.
L'acqua mi arriva poco sotto l'ombelico ed è fredda.
Il mio guardiano si siede poco distante e mi lascia tranquilla.
In seguito allo lo shock iniziale decido di pulirmi il più velocemente possibile prima che cambi idea. Mi immergo completamente e rimango sott'acqua finché i polmoni me lo consentono. Qui sotto il mondo sembra completamente differente. Mi sento protetta da tutto il male che è là fuori ma so con certezza che non si può vivere di soli sogni. Riemergendo noto che Tholos si è appisolato... Forse non mi ricapiterà un'altra occasione del genere.

Esco lentamente dall'acqua non perdendo di vista l'uomo davanti a me e, con molta lentezza, cerco di uscire dal suo campo visivo per scappare e tornare alla mia libertà.
Migliaia di goccioline cadono incessanti da tutto il mio corpo e temo che, con il loro rumore impercettibile, possano tradirmi e condannarmi a istanti di pura agonia.
Non abbandonando il contatto visivo con il mio guardiano mi allontano lesta ma come se il fato avesse altri piani per me, calpesto accidentalmente un ramoscello.
Il rumore è forte e secco, Tholos apre gli occhi velocemente e, in una frazione di secondo, capisce le mie intenzioni.

Gli volto le spalle e corro come non ho mai corso in vita mia. Il terreno è sconnesso e questo gioca a mio svantaggio, la mia tunica è appesantita a causa dell'acqua e intralcia i miei movimenti. Molto probabilmente la mia piccola statura e agilità potrebbero avere la meglio sulla mole di Tholos.
La mia corsa si fa più intensa, sento il respiro del mio inseguitore alle spalle, sempre più vicino.
I muscoli delle mie gambe tremano mandando segnali a tutto il mio corpo.
Sto giungendo al limite.
Una mano minacciosa si protende verso di me e, approfittando della mia stanchezza, mi afferra per i capelli gettandomi a terra con uno strattone.
Il dolore alla cute è intenso ed estremamente doloroso.
Mi lacrimano gli occhi ma posso percepire l'enorme figura di Tholos sovrastarmi in tutta la sua potenza.
- Che pensavi di fare? - sbotta schiaffeggiandomi forte.
L'impatto mi stordisce ma non abbastanza da farmi chinare la testa.
Continuo a fissarlo negli occhi.
So di avere qualche probabilità con lui, devo solo utilizzare la mia astuzia.

Tholos si inginocchia davanti a me e con uno spintone mi rigetta a terra aspettandosi che io rimanga inerme, perciò rimane interdetto quando mi alzo di getto facendolo barcollare e cadere a sua volta.
La mia mano si avventa ad afferrare il pugnale che ha legato alla cintola. L'arma che è mia di diritto e di cui Karpos ha osato privarmi per evitare un possibile scontro.
In pochissimo tempo, poiché l'effetto a sorpresa deve essere veloce e rapido, con un solo colpo ben assestato e deciso affondo il pugnale nel suo fianco, ferendolo in profondità.
Tholos emette un grido di dolore premendosi la ferita con entrambe le mani ed io comprendo di avere la mia occasione.
Senza indugiare oltre riprendo a correre disperatamente.

Solo ora capisco come si devono sentire le mie prede quando le inseguo; terrorizzate e pronte a tutto pur di non rinunciare alla vita.
Ma adesso sono io a essere l'animale in trappola.
Aver ferito Tholos al fianco non mi assicura di averlo ucciso e di certo non è mia intenzione tornare indietro a verificare.

Il mio unico scopo è trovare un rifugio sicuro per potermi nascondere e pensare a cosa fare successivamente.
Tornare al mio vecchio nascondiglio sarebbe una follia, sarà il primo luogo che Karpos setaccerà. Spingersi a nord è da incoscienti senza scorte di viveri.
L'unica speranza che mi rimane è quella di raggiungere la spiaggia e mescolarmi alle famiglie di pescatori. Dopodiché, una volta calmate le acque, potrei crearmi un nuovo rifugio nella costa orientale oppure imbarcarmi clandestinamente per la penisola e abbandonare per sempre quest'isola piena di dolci e amari ricordi.
Queste sono le uniche alternative che ho, perciò non ci penso due volte, e mi dirigo alla spiaggia.

—-

Giunta davanti al mare non posso non trattenere un sospiro di sollievo.
Le onde trasparenti si increspano e ricoprono il bagnasciuga brillando di mille riflessi sotto il sole di tarda mattina.
Adesso non mi rimane altro che trovare un luogo in cui dove mi venga offerta ospitalità e successivamente potrò ricominciare tutto nuovamente.
Il villaggio è ancora molto lontano ma so con certezza che entro sera lo avrò raggiunto, se camminerò a passo sostenuto.

La sabbia fine e calda mi trasmette una sensazione di pace e di abbandono.
Dopo molti passi, con le labbra aride e le pelle bruciata dal sole, le mie gambe cedono per lo sforzo.
Scorgo a pochi metri da me una sporgenza di roccia naturale che si staglia a picco sul mare.
Raccolte le poche forze rimaste mi trascino verso quel nascondiglio naturale e ringrazio gli Dei per la loro generosità.

—-

Dopo esser caduta in un sonno profondo perdo la cognizione del tempo e la mia mente naviga tra antichi ricordi e strane visioni.

Mi ritrovo distesa su un immenso prato ricoperto da fiori profumati.
Il forte odore mi intontisce tanto che stento a credere di avere accanto lei.
Batto le palpebre sbigottita, poi un sorriso nostalgico mi solca le labbra.
Sono insieme a Clio.
Lei è bella come sempre, un volto ovale e un sorriso che farebbe impazzire chiunque.
Occhi cristallini che sanno scrutare persino nell'animo più tenebroso, è sempre volenterosa nell'aiutare il prossimo.

Conosco Clio da quando eravamo bambine e il nostro rapporto si è rafforzato con il tempo, specialmente dopo la morte di mia madre. Ritrovandomi sola al mondo e senza nessuno su cui contare, è stata proprio lei a riportare la luce e la speranza nel mio cuore.

Fui affidata alla famiglia di Karpos che si prese la responsabilità di crescermi finché non fossi stata in grado di cavarmela da sola. Non ero ben voluta in quella casa ma risultavo utile per le faccende domestiche e per i lavori nei campi.
Quando entrambe compimmo quattordici anni la nostra vita cambiò radicalmente.
Clio venne promessa in sposa ad un ricco mercante di quest'isola ma, come la maggior parte delle volte, quello fu un matrimonio senza sentimenti.
A me, così, rimasero solo due scelte: sottomettermi completamente al volere della mia famiglia adottiva e accettare di essere usata come merce di scambio per estinguere un debito che portò al suicidio del padre di Karpos, oppure scappare e cercarmi una nuova via.
Scelsi la seconda e scappai verso l'interno dell'isola assieme a Karpos che non riusciva a darsi pace; sono sempre stata convinta che mi abbia ritenuta responsabile della morte di suo padre ma non lo ammise mai apertamente. Vivemmo per oltre quattro anni rubando, e l'unico contatto umano che mi rimase fu Clio.
Lei fu sempre l'unica persona a sostenermi durante questo periodo difficile della mia giovinezza e, dal canto suo, non giudicò mai il mio stile di vita come immorale e impuro.
Una volta ogni luna ci ritrovavamo in questa radura per aggiornarci e per scambiarci doni a vicenda. Lei mi procurava vesti e armi mentre io le offrivo erbe e selvaggina.
Eppure non seppi mai che, nel frattempo, aveva avuto contatti con Karpos e che quest'ultimo avesse perso la testa per lei.

Ci stiamo acconciando i capelli, ridendo e scherzando come al solito quando, improvvisamente il cielo si fa scuro e una folata di vento innalza una nuvola di polvere talmente scura da sembrare cenere.
Chiudo gli occhi avvertendo una sensazione di bagnato, e quando li riapro il mio cuore precipita in un baratro senza fondo.
Clio è tra le mie braccia, esanime, il sorriso sulle sue labbra stona con il sangue che inzuppa la sua veste e scorre in rivoli sulla sua pelle lattea. Mi sussurra qualcosa.
La morte è solo il principio.
Quando svanisce come un miraggio mi sento improvvisamente soffocare.
Una mano mi sta stringendo la gola e il volto di Karpos mi compare innanzi.
La sua espressione è distorta, segnata da una furia animalesca, mentre i suoi occhi sembrano pozzi ardenti.
- Se non fosse stato per te ora Clio sarebbe mia. - ringhia - Invece tu si sei messa in mezzo. Non ti è bastato uccidere mio padre? -
La sua mano stringe sempre più e il panico mi assale.
Ho i polmoni in fiamme e le forze cominciano a mancarmi sempre più. Mi lascio andare e lacrime di sangue iniziano a discendere dai miei occhi. Quando penso di stare per raggiungere la mia vera madre, l'oscurità mi inghiotte e una moltitudine di voci si accavallano tra loro.
Poche sono le parole che riesco a distinguere. Sangue... Ilio... fuoco... morte.

—-

Il sole ha superato il punto più alto nel cielo.
Ciò significa che ho dormito troppo e ho perso del tempo prezioso. Mi alzo e una serie di brividi mi congelano sul posto.
Quel sogno è stato strano ed inquietante allo stesso tempo.
Rivedere in sogno Clio mi ha destabilizzata. Mi ritengo ancora responsabile per la sua morte, per non averla aiutata e per averla lasciata in balia della pazzia di Karpos.
E ora lei non c'è più.
Con la confusione che ancora mi si insinua nelle ossa esco dalla spelonca in cui mi sono rifugiata e, una volta giunta sulla sua sommità, ammiro il mare infinito davanti ai miei occhi. Oltre questa immensa distesa d'acqua c'è una terra pronta ad accogliermi; devo solo trovare, in qualche modo, la forza per raggiungerla.

Un intenso strepito mi distoglie improvvisamente dai miei pensieri e mi costringe ad abbandonare la promessa di un futuro migliore.
Il mio sguardo vaga verso la fonte di tutto quel rumore e ciò che vedo mi paralizza.
Un manipolo di navi si sta dirigendo verso il porto dell'isola mentre solo una è attraccata a poca distanza dal mio nascondiglio. Cercando di essere il più silenziosa possibile mi stendo sulla nuda roccia e osservo ciò che accade dall'alto.
Pensieri nebulosi si scontrano tra loro nella mia mente. A prima vista sembrano delle semplici navi ma, osservando i suoi passeggeri, lo escludo immediatamente.
Gli uomini che riesco a scorgere sulla spiaggia sono armati. Ognuno di loro dispone di uno scudo con armatura in legno rivestito da pelli bovine e sorretto da una striscia di cuoio che consente di portarlo appeso dietro la schiena. Oltre allo scudo ogni uomo possiede una lancia pesante e una spada a lama diritta e sottile in foggia di foglia.
Da bambina ho sentito narrare di condottieri greci che portano questo genere di armi in quanto sono efficaci sia nelle stoccate che nei colpi di taglio. L'impugnatura dell'arma, detta xiphos, e il fodero possono essere di semplice materiale per i soldati di basso rango fino a materiali preziosi come l'oro e l'argento per i comandanti. Si dice che il manico dello xiphos di Agamennone di Micene sia inanellato d'oro mentre quello di Achille con chiodi d'argento.

Ma, oltre ai racconti che ho raccolto durante la mia infanzia spiando i pescatori al porto devo ringraziare ancora il padre di Karpos per le poche conoscenze che dispongo sull'arte della guerra. Il genitore del ragazzo che un tempo ho amato non è stato sempre un semplice contadino. Per anni ha combattuto come oplita in prima linea finché, un giorno, è ritornato a casa zoppo e con il viso sfigurato. Non ha mai raccontato cosa gli fosse successo per essersi ridotto così, ma ricordo che spesso le sue grida straziavano anche la notte più oscura e tenebrosa. Dopo quell'incidente si è dedicato all'agricoltura e alla sua famiglia e, nelle lunghe sere d'inverno accanto al fuoco, raccontava con estrema enfasi ai suoi due figli maschi tutte le sue avventure sui campi di battaglia. A me questo non era concesso perché femmina ma Karpos aveva creato per me un foro nella parete della stanza così che potessi essere partecipe anche se indirettamente. Quante nottate ho passato accanto a quel foro solo per ascoltare quelle grandi avventure e quante strigliate al mattino successivo perché non ero in grado di reggermi in piedi dalla stanchezza.

Un sorriso mi solca le labbra per quei ricordi ma scuoto la testa per ritornare alla realtà e stringo le labbra: solo riuscissi a rubare e vendere una di quelle spade avrei abbastanza denaro per scappare e crearmi una nuova identità lontano da quest'isola.
Il solo pensiero mi distoglie dal mio piano originale.
Karpos deciderà sicuramente di cercarmi al villaggio e se, per ora, rimango qui potrei evitarlo facilmente con l'aiuto di Zeus.

Improvvisamente la mia attenzione viene catturata da una scena che non riesco a spiegarmi.
Alcuni soldati stanno trascinando un uomo sulla sabbia. Da quello che posso scorgere è in pessime condizioni e le sue urla di dolore mi perforano il cervello.
Osservo l'uomo venire viene gettato in malo modo sulla spiaggia mentre gli altri tornano alla nave.
Solo uno rimane accanto al povero disgraziato. Forse è il comandante della nave; lo posso intuire dallo scintillio che proviene dalla sua armatura. Pare essere ornata di argento.
Lo vedo accucciarsi vicino al sofferente e sussurrargli qualche parola, quindi si rialza in fretta e furia e con un cenno richiama un suo subordinato. Esso accorre e getta ai piedi dello sciagurato delle vesti, del cibo e un arco con una faretra ricolma di frecce.
Dopodiché, come se non avessero abbandonato un uomo sofferente ma solo un animale in procinto di morire, ripartono e si dirigono verso il porto.

Ed è nel momento in cui li vedo scomparire dalla mia vista che vengo sommersa dai dubbi.
Dovrei andare a controllare se quell'essere respira ancora, dal momento che ha smesso di agitarsi, oppure lasciarlo al suo destino e dargli il colpo di grazia per far finire così la sua agonia?
Un'idea meschina fa breccia nella mia mente. Perché aiutarlo dal momento che non so nulla di lui? Potrebbe essere un disertore come un comune ladro.
Chi meglio di me sa com'è crudele questo mondo e come esso può farti raggiungere la felicità per poi strappartela brutalmente.
Mi basterebbe poco per rubargli il suo arco e la faretra e dirigermi verso il villaggio. Dopo la fuga da Tholos l'unica arma che mi è rimasta appresso è il mio coltello perciò quell'arco farebbe proprio al caso mio.
Non ci penso due volte e scendo verso la spiaggia. La sabbia è sempre più calda a causa del sole e il vento pare essersi calmato.

Mi avvicino lentamente, non potendo prevedere la reazione dell'uomo, e mi sporgo verso di lui.
La prima cosa che mi colpisce è la ferita posta sul suo piede destro. Sembra un morso di serpente e dalla piaga esce del sangue nero e corrotto mentre tutta la carne attorno è gonfia e purulenta. L'odore è così asfissiante che mi costringe a fare un passo indietro. Strappo un pezzo di tessuto dalla mia tunica, ormai consunta, e me lo lego all'altezza del naso per attenuare il fetore. Quest'uomo sembra incosciente a causa del forte dolore perciò mi avvicino maggiormente per vedere se ha altri oggetti presso di sé. Nulla, completamente disarmato e in balia del fato.
Ha un viso squadrato, abbronzato e un ammasso di capelli ricci che discendono a coprirgli gli occhi.
Mi scosto da lui facendo per afferrare l'arco ma nel momento preciso in cui ne entro in possesso una fitta mi percorre tutto il corpo costringendomi a gettare a terra l'arma.
Un dolore lancinante si espande in tutto il mio essere e mi obbliga a sedermi per recuperare il respiro.
Il soldato accanto a me si agita e, in poco tempo, apre gli occhi e mi fissa intensamente. Cerca di allungare un braccio verso la mia direzione e solo una breve e lieve parola gli sfugge dalle labbra - Aiutami - prima di ricrollare a terra privo di sensi.

—-

Alla fine da quello strano incontro è passata una settimana.
Non ho abbandonato quell'uomo poiché ho scoperto che l'arco può essere maneggiato solo da lui, perciò mi sono presa la responsabilità di salvarlo e di curarlo anche per il fatto che non vorrei esser punita dagli déi per averlo abbandonato ad una triste agonia fino alla morte per disidratazione.
Con molta fatica l'ho trascinato all'interno della spelonca e l'ho curato come meglio ho potuto. Per poco tempo è rimasto sveglio e mi è bastato per carpire più informazioni possibili.
Il suo nome è Filottete figlio di Peante ed è stato abbandonato dai suoi compagni su quest'isola poiché ferito e inservibile alla guerra.
Una guerra che da qui a breve si scatenerà sulle spiagge della città di Troia solo perché la regina Elena, moglie del re Menelao, è stata rapita dal giovane principe troiano Paride.

Ancora non riesco a capacitarmi di ciò che sta per accadere. Tutte le polis greche si stanno riunendo per aiutare in massa il re Menelao e suo fratello Agamennone.
Mi chiedo come possano i troiani rimanere così tranquilli dietro le loro mura quando la più grande potenza bellica si sta per scatenare.
Certo che il dio Apollo si schiererà a favore di questi ma... Ciò può bastare? Oppure l'ordine delle cose verrà completamente stravolto?

Il mondo che conosco sarà più lo stesso?

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