II. - Aristea
Il sole comincia a fare capolino tra le vette dei monti.
Sulla cima dell'altura più imponente dell'isola di Lemno si stagliano i primi raggi che paiono giocare a nascondino con un cielo ancora ricoperto da una sottile foschia mattutina.
Questo è il segnale che la mia caccia può iniziare.
Afferro il mio arco e la faretra in cuoio ricolma di frecce, quindi mi incammino per recuperare la mia colazione.
Avanzo sicura guardandomi attorno per poi proseguire spedita verso il torrente più esteso di questa regione. L'isola è in gran parte collinosa e secca, mentre sono poche le vallate fertili e il cibo non è sempre abbondante. La popolazione si concentra nella costa occidentale sulle sponde di un porto naturale. Qui la gente vive di pesca e di commercio grazie alla posizione strategica di questo atollo nei pressi degli stretti del mar di Propontide.
Mi lego i capelli strettamente con un nastro di pelle e stringo con risolutezza i lacci dei miei consunti sandali.
Inspiro a pieni polmoni l'aria umida creatasi dallo scontro di correnti calde e fredde trasportate dal vento.
Adoro questo momento della giornata, quando il tempo è ancora sospeso tra il giorno e la notte, la natura è ancora cullata dal suo dolce sonno e gli animali, dormienti, non si aspettano un possibile attacco da noi predatori, desiderosi di sfamare la nostra fame viscerale.
Scivolo furtivamente nel sottobosco, attenta a non produrre eventuali rumori che potrebbero spaventare le mie prede e, con calma, mi apposto dietro degli alberi caduti; in attesa.
I miei nervi sono in tensione e i miei muscoli iniziano a fremere insistentemente al solo pensiero di ciò che sta per succedere.
Il silenzio è snervante; gli ultimi echi delle civette risuonano nell'aria e i miei sensi sono allerta.
Ho il cuore che batte a mille per l'enorme scarica di adrenalina che mi sta scorrendo nelle vene.
Spero che quest'oggi la fortuna sia dalla mia parte: è da cinque giorni che mi nutro solo di lepri ed erbe amare e di certo non ho intenzione di mescolarmi tra la gente che vive nel grande villaggio solo per elemosinare cibo; dopo anni di vita da fuorilegge non godo di una buona reputazione. Se capitassi a tiro di coloro che ho derubato, sono sicura che mi troverei con un bel laccio intorno al collo a penzolare nel vuoto con i corvi come unica compagnia.
Mi auguro solo di trovare qualcosa di grande e più sostanzioso che sia in grado di sfamarmi per almeno un paio di giorni.
Un lieve rumore mi distoglie dai miei nebulosi pensieri e i miei occhi si concentrano sulla riva del fiume.
Artemide ha ascoltato le mie preghiere.
Davanti a me si staglia l'enorme figura bruna di un cinghiale impegnato ad abbeverarsi.
Un sorriso trionfante mi compare sulle labbra.
Questo è mio, solo mio.
Non mi farò sfuggire questa occasione.
Scivolo a terra di soppiatto estraendo una delle mie frecce dalla faretra e trattengo il respiro tendendo l'arco per prendendo la mira.
Poi scocco.
Il dardo dalle piume vaporose parte a tutta velocità ma, il fruscio che provoca, spaventa il cinghiale che, atterrito, compie un balzo venendo così ferito solo di striscio al costato.
L'animale grugnisce mentre minuscole gocce di sangue scuro gli imbrattano la folta pelliccia.
Trattengo un'imprecazione e fuoriesco dal mio nascondiglio nello stesso istante in cui il cinghiale si dà alla fuga nella boscaglia.
Mi getto i capelli oltre le spalle e con un sospiro mi metto al suo inseguimento.
Gli zoccoli del cinghiale battono senza tregua il terreno ricoperto di muschio. L'animale è più veloce di me, specialmente ora che è ferito e spinto dall'istinto di sopravvivenza; percepisco la sua paura.
Eppure non demordo.
Continuo il mio inseguimento ignorando i rami bassi degli alberi che mi sferzano il viso e i polmoni che bruciano per lo sforzo.
Salto un fosso, evito una serie di rocce appuntite e mi immergo nella piccola radura dove le tracce terminano.
Il cinghiale scarta di lato per provare a nascondersi nuovamente nel sottobosco ma un attimo prima che scompaia dalla mia vista scocco una seconda freccia.
La bestia si accascia a terra ansimante, una pozza scura si forma in corrispondenza del suo addome ferito.
Avanzo respirando profondamente.
Basterebbe poco per non far più soffrire questo animale; un colpo ben assestato lì, all'altezza della gola, dove la giugulare trasporta a tutto il corpo l'essenza della vita.
Stringo le labbra e, senza distogliere lo sguardo dal cinghiale morente, estraggo il mio coltello da caccia da un calzare.
Le corte zampe dell'animale tremano in un ultimo spasmo di agonia e, nello stesso istante, una serie di latrati mi blocca sul posto.
Mi irrigidisco un momento prima che i miei riflessi agiscano per me; mi metto istantaneamente alla ricerca di un possibile nascondiglio per evitare un eventuale scontro.
Questa volta vincerebbero: questo è il loro territorio.
In fretta e furia mi arrampico sull'albero più vicino e mi nascondo tra le sue fronde: mi creo un piccolo spiraglio tra le foglie per poter osservare ciò che sta accadendo a pochi passi da me.
Due grossi cani da caccia spuntano dai cespugli azzuffandosi tra loro latrando insistentemente.
Poi un secondo movimento nella boscaglia attira la mia attenzione.
Stringo gli occhi con ostilità quando due figure appaiono nella radura.
Mi ci vuole meno di un battito di ciglia per riconoscerle: Karpos e Tholos, due delinquenti che non sanno come spendere il tempo delle loro insulse vite.
Tholos è un energumeno dalla mascella storta e gli occhi porcini; ha un cervello di gallina e basta pochissimo per circuirlo e trasformarlo nel proprio burattino.
Karpos è tutt'altra storia.
Lo conosco da quando eravamo adolescenti; un ragazzo forte dagli stupefacenti occhi verdi, muscolatura asciutta e soprattutto dall'acuta intelligenza. Sfortuna vuole che il suo bell'aspetto non riesca a mascherare il suo carattere orgoglioso e a tratti crudele.
Da quando suo padre è morto e tutti i suoi averi sono stati ceduti al fratello maggiore, ha preferito andarsene di casa abbandonando ogni cosa per intraprendere la vita da fuorilegge.
I nostri anni di convivenza sono stati presto dimenticati ed eclissati dalla nostra ostilità reciproca.
Oramai siamo divenuti nemici reciproci.
Nel frattempo vedo Tholos avvicinarsi alla mia preda e cominciare a caricarsela in spalla.
Stringo la mascella con ira e la voce del giovane giunge alle mie orecchie.
- Karpos questo cinghiale è stato ucciso da qualcuno. Ha due frecce conficcate nello stomaco - esclama Tholos.
Rabbrividisco.
- Fammi vedere. -
Osservo Karpos avvicinarsi al suo compagno per analizzare la freccia e poco dopo i suoi occhi saettano lesti nella boscaglia.
- Aristea - grida - so che sei qui. Vieni fuori, avanti. Lo so che ti sei nascosta. -
Mentre Karpos finisce di parlare i cani cominciano ad agitarsi avanzando verso il tronco dell'albero su cui sono rifugiata.
Karpos alza il capo. - Aristea, sei lì sopra, non è vero? -
Affondo le unghie nella corteccia di un ramo del tutto consapevole di quanto sia ormai inutile portare avanti questa farsa.
Non mi farò braccare come il cinghiale che ho appena cacciato.
Con un balzo salto giù dall'albero atterrando davanti al giovane.
Gli occhi smeraldo di Karpos si spalancano per la sorpresa ma decido di non dargli il tempo di riaversi; stringo il pugnale nel palmo e lo aggredisco.
Balza all'indietro quando la lama gli passa a poca distanza dal petto ma pochi istanti dopo scorgo un sorriso di sfida solcargli il viso.
Mi irrigidisco meravigliata quando la sua mano mi afferra il polso e con uno strattone mi fa piombare a terra.
L'impatto mi toglie il respiro e in un attimo mi ritrovo immobilizzata con il viso premuto contro il terreno secco.
La risata sguaiata e gracchiante di Tholos mi perfora i timpani e il volto di Karpos compare a poca distanza dal mio.
- Cosa pensavi di fare, mh? - Ghigna compiaciuto non curandosi del fatto che mi stia schiacciando con tutto il suo peso.
- Lasciami - sibilo secca cercando di levarmelo di dosso.
Karpos aggrotta la fronte - Ne sei convinta? -
Avverto la sua mano callosa farsi strada tra i nostri corpi scivolando sopra la mia tunica.
Il fiato mi si mozza in gola quando i suoi polpastrelli si avvicinano pericolosamente al mio seno.
- Lasciami andare, razza di schifoso bastardo - protesto nuovamente dimenandomi.
Lo sguardo di Karpos si fissa di nuovo nel mio: gli piace vedermi così, impotente e inerme.
Lo desidera da tanto tempo, forse da sempre.
Colgo un movimento a lato del mio campo visivo e Tholos si avvicina con l'evidente intento di separarci ma un gesto del compagno lo trattiene.
Con mio sollievo e stupore il ragazzo si sposta da sopra di me per poi alzarsi in piedi.
Lo imito rivolgendogli uno sguardo truce.
- Per quale motivo sei qui? - mi domanda Karpos diretto.
Mi chino per raccogliere il mio coltello e riporlo nel mio calzare. - Questa è stagione di magra. Dovrò in qualche modo nutrirmi - replico sfidandolo con lo sguardo.
Tholos compie un passo avanti con aria minacciosa - Non nel nostro territorio. -
- Taci - Karpos lo zittisce con un cenno brusco della mano. Nei suoi occhi chiari c'è un nuovo lampo di malizia mentre torna a rivolgersi nuovamente a me.
- Hai riflettuto sulla mia proposta? - domanda sfregandosi il mento.
Inspiro.
- Sì - mormoro.
Karpos aggrotta le sopracciglia. - Dunque cosa hai deciso di fare? -
Abbasso lo sguardo consapevole di non avere più alcuna possibilità.
Scendere a patti con questo verme viscido è probabilmente l'unico modo che ho per sopravvivere. La selvaggina scarseggia sempre più di anno in anno e tornare al villaggio sarebbe un suicidio. Ormai il mio volto è conosciuto e anche le tattiche che utilizzo per derubare gli aristocratici e i mercanti.
Quale sarebbe il destino di una ragazza senza famiglia e protezione?
Solo uno, e non intendo assolutamente cedere a questo fato infausto.
- Lo sai che ne gioveresti immensamente - Karpos mi si avvicina. - Ed io con te - sussurra.
Le sue dita mi sfiorano la mascella in una carezza lasciva.
Reprimo un brivido di disgusto sottraendomi al suo tocco. - Non ho bisogno di ascoltare queste tue moine - esclamo. - Accetto. -
Tholos, a poca distanza da noi, spalanca gli occhi incredulo.
Karpos mi scruta sforzandosi di nascondere la sua espressione compiaciuta.
- Ne ero sicuro - dice poi avvicinandosi al mio orecchio.
- Sei una ragazza intelligente, Aristea - mormora con le labbra che sfiorano la mia pelle.
L'impulso di allontanarmi mi colpisce come una potente ventata ma riesco a sedarlo.
- Tholos, prendi il cinghiale - ordina Karpos al suo compagno che immediatamente si appresta ad obbedire.
Dopo pochi attimi ci stiamo addentrando nella boscaglia: Karpos in testa, successivamente io ed infine Tholos.
Le viscere mi si attorcigliano in un blocco opprimente e non riesco a fare a meno di domandare a me stessa se ciò che sto facendo sia la decisione giusta.
Una parte di me si ostina a non volersi piegare davanti a niente e nessuno.
Quando Karpos si ferma di colpo per poco non vado a scontrarmi con il suo dorso.
- Aristea, dimenticavo una cosa. - afferma voltandosi e fissandomi truce.
- Prova a giocarci qualche scherzo e giuro su Apollo che ti sgozzo con le mie stesse mani. -
Esitante annuisco e qualcosa nel mio petto si smuove; un inaspettato senso di ribellione comincia a farsi strada dentro di me.
Impiego poco meno di un attimo per comprendere che non posso arrendermi così.
Alzo gli occhi verso il cielo quasi del tutto occultato dalle fronde fitte degli alberi.
Nessuno mi priverà mai della mia libertà.
Nessuno.
—-
La notte è giunta lentamente, oscurando l'ambiente circostante. Mentre proseguiamo verso quello che ho imparato a riconoscere, durante le mie battute di caccia, come il rifugio dei miei due carcerieri, continuo a guardarmi attorno in allerta. I miei occhi si abituano velocemente all'oscurità e così il mio senso di orientamento.
Cammino lentamente, i pugni stretti lungo i fianchi e l'alito fetido di Tholos in continuo contatto con il mio collo.
La sua vicinanza mi disgusta così come i suoi modi rudi e fin troppo eloquenti.
Rabbrividisco e non faccio neppure in tempo a percepire un principio di movimento che due enormi mani mi afferrano i fianchi e mi caricano in spalla.
Un urlo strozzato mi sfugge dalla gola quando il mio mento si schianta contro una scapola dura come la pietra.
- Per tutti gli Dei, Tholos! - Protesto cominciando a scalciare come una dannata. - Vi ho dato la mia parola che non sarei scappata. -
Gli occhi di Karpos mi squadrano divertiti mentre aumenta il passo per arrivare a poca distanza dal mio volto.
Il cinghiale che regge sulle spalle non pare intranciarlo minimamente.
- Scusami Aristea ma è solo una piccola precauzione, sai con il buio non si è mai troppo prudenti. In ogni caso, anche se riuscissi a liberarti ti ci vorrebbe tutta la notte per raggiungere la prossima radura e i nostri cani sono molto veloci. - Mormora con un sorriso malizioso scostandomi una ciocca castana dalla fronte.
- Ti do solo un consiglio: cerca di agitarti il meno possibile. Tholos non vedere ma soprattutto non tocca una donna da anni e non saprei proprio come salvarti nel caso risvegliassi la bestia che è in lui - conclude con un ghigno quasi selvatico.
Deglutisco un fiotto acido di saliva trattenendo la lingua già pronta a ricoprirlo di insulti mentre Tholos mi indirizza un grugnito di scherno.
Non molto più tardi arriviamo al loro piccolo accampamento e in un battito di ciglia mi ritrovo a terra su un tappeto di stracci.
La radura è immersa nella semioscurità, le costruzioni decadenti che fungono da nostro unico riparo sono appena intravedibili nell'ombra.
Stringo le labbra massaggiandomi un gomito dolorante e udendo i passi pesanti di Tholos allontanarsi.
Karpos, a pochi passi da me, è intento ad accendere un piccolo fuoco per riscaldarci e per cucinare la cena.
Crea qualche scintilla battendo fra loro due ciottoli finché un sottile filo di fumo e una fiammella tremolante scaturiscono dal mucchietto di muschio secco.
Mi stupisco a osservarlo attentamente notando come, in effetti, non sia cambiato molto dall'ultima volta che ci siamo incontrati.
I folti capelli castani gli ricadono sulla fronte ampia in piccole ciocche mentre la cicatrice sulla spalla, da quel che posso vedere, si è rimarginata senza problemi.
Le sue braccia si contraggono e si distendono mettendo in risalto i muscoli di un corpo che in un tempo lontano credevo di amare.
Un tempo molto lontano.
Era già troppo tardi quando capii di che cosa potesse essere capace.
Le sue mani sono fatte per uccidere e non per accarezzare.
Il suo non è mai stato amore, ma pura e abbacinante ossessione.
Mi ero illusa di essere importante per lui e che presto avremmo potuto ricominciare una nuova vita, insieme, senza scappare in continuazione come animali braccati.
Ma i suoi piani erano ben diversi da ciò che pensavo.
Ero convinta che provasse dell'affetto per me e pensarlo fu il mio errore più grande.
La verità è che Karpos ha sempre avuto un debole per tutte le belle donne, anche se una sola è stata capace di aprire uno spiraglio nel suo rude cuore.
Clio.
Una fanciulla giunta da Lesbo che, mentre io mi struggevo per lui, non ricambiò mai i suoi sentimenti.
Quando poi successe l'inevitabile non compresi se si trattasse più di una maledizione o di una benedizione.
Mi accomodo vicino ad Karpos, badando a evitare qualsiasi contatto e, lentamente, comincio a scuoiare l'animale accanto al focolare.
Dopo aver nascosto una parte della carcassa al sicuro da possibili predatori e ladri, ci concediamo il meritato pasto ma la mia mente continua a spaziare i ricordi e mentre Tholos sta già divorando la sua seconda razione, io non riesco a mandare giù neppure un boccone.
Continuo a darmi della stupida per aver ceduto all'offerta di Karpos, ma la verità è che quando il bisogno di cibo comincia a farsi sentire anche il più selvatico degli uomini abbassa la testa con rassegnazione.
In fin dei conti, considerando i bisogni primari, l'uomo è pari a qualsiasi altro animale; l'orgoglio e la mente non hanno alcuna speranza di vincere sugli spietati morsi della fame.
Karpos pare improvvisamente percepire il mio tormento e non mi stupisco quando si volta verso di me e posa una mano sulla mia spalla.
Respingo l'istinto di scrollarmela di dosso per evitare questo accenno di falso conforto.
L'espressione che increspa i suoi lineamenti mi fa immediatamente pensare che, in verità, non aspettasse altro che questo momento.
- Non disperare Aristea. Non ti può succedere alcunché se rimani con me - mormora con voce dolce come la bile.
Scuoto la testa alzando gli occhi dal fuoco per sfidarlo - Come è successo con Clio, non è forse vero? -
Karpos serra la mascella.
So bene quanto i ricordi possano ferire.
Posso fare più male di una qualsiasi ferita e spaventare addirittura più della morte.
- Clio non ha voluto collaborare - replica Karpos, furente - Era una ragazza testarda e ingenua. E poi aveva preferito una donna a me. Capisci? Una donna... Sono stato costretto a farlo. -
Non mi stupisco del fatto che dal suo tono di voce non si percepisca neppure una nota di rimorso.
L'ennesima conferma dell'avvenuto cambiamento del ragazzo che mi sta accanto.
- Sarai costretto ad usare la forza anche con me, immagino. -
La mia voce è venata di rassegnazione; mi sento improvvisamente stanca, priva di forze e di volontà.
Il futuro mi pare improvvisamente così incerto.
Le iridi di Karpos ritornano su di me e i suoi lineamenti si increspano in un'espressione confusa.
- No, no. Ma che dici? - mormora sporgendosi verso di me e prendendomi il viso tra le mani.
Trattengo l'istinto di ritrarmi mentre i pollici callosi del giovane mi scivolano sugli zigomi, eppure un angolo nascosto del mio cuore sussulta a quel contatto, mentre il mio corpo percepisce solo ribrezzo e orrore.
Solo ora mi rendo conto con sgomento che una piccola parte di me non ha ancora totalmente dimenticato Karpos.
Come potrei.
Ma sono altrettanto consapevole che la frattura tra noi sia diventata ormai troppo profonda e che mai riuscirò a perdonare ciò che ha compiuto in passato.
- Con te sarà tutto diverso - continua Karpos, completamente ignaro delle mie riflessioni. - Tu mi ami ed io ricambio alla follia; possiamo essere felici insieme. Come una volta, ricordi? -
Un blocco di pietra mi si forma nel petto.
La presa della confusione che mi afferra i pensieri è talmente forte da consentirmi a mala pena di avvertire le sue mani che cominciano a scendere verso le mie spalle.
- Sarà tutto meraviglioso - afferma con una luce affamata nello sguardo - Tu sarai la mia donna ed io il tuo uomo. Mi donerai dei figli maschi, forti e robusti, e vivremo qui nella natura senza alcun contatto con quegli uomini che si definiscono società. Saremo finalmente liberi da tutto. -
Il disegno, nella mia mente, di una possibile vita con lui viene rimpiazzato crudelmente dall'immagine del corpo senza vita di Clio.
Ogni suo particolare riecheggia come un incubo grazie ricordi che ogni giorno spero in cuor mio di dimenticare.
Batto le palpebre per dissolvere il tutto ma il senso di smarrimento che provo non accenna a svanire.
Karpos mi osserva, dal suo sguardo percepisco la sua sicurezza di avermi in pugno.
Ma così facendo allenta le sue difese permettendomi di esalare un gran respiro e, con la poca forza rimastami, di colpirlo in pieno volto con una testata.
Il dolore mi fa danzare minuscole scintille davanti agli occhi ma lo schiocco e il grugnito che sento emettere dal Karpos mi da conferma del fatto che il suo sia molto maggiore del mio.
Con le ginocchia che tremano mi alzo in piedi, decisa a non farmi impietosire dalla vista del viso sanguinante di Karpos e dai dolci ricordi di un tempo che ancora confondono i miei pensieri annebbiando la realtà.
Fisso l'uomo che giace inerme ai miei piedi e mi rendo conto di non riconoscerlo più.
Lui non è più il Karpos che conoscevo, è solo una bestia che segue l'istinto, un predatore.
Ed io non starò qui ad assistere alla sua distruzione.
- Sei un folle. Non ti desidero più, non posso darti ciò che vuoi - scandisco tesa.
Un ghigno increspa le labbra di Karpos mentre si tasta il naso rotto sputando sul terreno un grumo di sangue e saliva.
Le sue parole sono taglienti quanto la lama del mio coltello da caccia. - Lo hai già fatto. -
Spalanco le palpebre.
Il ricordo delle sue mani su di me ora mi fa salire un singulto acido.
La gola prende a bruciarmi.
Pensieri confusi e decine di parole emergono dalla mia mente ma solo poche di esse giungono alle mie labbra.
- Tu prova solo a toccarmi - minaccio con uno sguardo di fuoco - e non vedrai più il Sole. Te lo prometto su tutti gli Dei. Non sono più la ragazzina spaventata che hai conosciuto. -
Karpos socchiude le labbra ma poi l'improvvisa meraviglia sul suo volto viene sostituita da un sorriso maligno che fa aumentare la mia tentazione di continuare a inveire su di lui fino ad ucciderlo.
Fino a vederlo rantolante ai miei piedi.
Deve comprendere che non sto scherzando come quando giocavamo al porto da bambini.
L'ho seguito per fame e disperazione, ma la mia vita appartiene a me soltanto. Il fato mi ha già tolto troppo e non starò ad aspettare che mi tolga quel poco che mi resta.
Quando mi volto immergendomi nel buio, con la rabbia a stringermi il ventre e la risata di Karpos nelle orecchie, provo la sottile impotenza di qualcuno che dentro di sé sa che, in realtà, è già troppo tardi.
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