Capitolo 9. In cerca di risposte - Parte Quarta

«Hai intenzione di rivolgermi la parola prima o poi, o dobbiamo continuare in silenzio fino all'isola?»

Galatea si fermò bruscamente al centro della via, lasciando che i passanti la superassero, diretti al mercato poco più avanti. Si voltò verso il druido, che fino a quel momento aveva camminato qualche passo dietro di lei, e lo fissò, aspettandosi una risposta o almeno un'occhiata da parte dell'uomo; lui però la raggiunse e andò oltre, continuando a guardare il cielo terso, all'apparenza indifferente al suo sfogo.

«Ehi, mi hai sentito?» riprese lei, alzando leggermente la voce. Accelerò il passo, portandosi al fianco di Spock e ripeté la domanda, questa volta scandendo lentamente ogni parola.

Il druido sbuffò. «Ti avevo sentita anche la prima volta. Pensavo che il silenzio fosse una risposta sufficiente» borbottò infine, abbassando il volto ma evitando di incrociare lo sguardo dell'elfa. Lasciò invece che la vista scivolasse tra i caotici palazzi e la folla assiepata intorno alle bancarelle cariche di mercanzia, dalle quali supponeva provenisse quel miscuglio di odori penetranti e soffocanti che iniziava a dargli la nausea. Riservò loro un'occhiata carica di irritazione e rammarico, poi espirò a lungo, per allontanare il più possibile quell'effluvio dalle narici disabituate, e si concentrò sulle guglie che iniziavano a stagliarsi oltre il ponte e il corso d'acqua sottostante.

Per nulla turbata, Galatea continuò a camminargli accanto. «Forse dalle tue parti funziona diversamente, ma da dove vengo io è cortesia rispondere, quando ti viene posta una domanda».

«Meno male che non veniamo dallo stesso luogo, allora.»

Un gemito sfuggì dalle labbra dell'elfa e per un attimo, la ragazza fu tentata di piantare Spock in mezzo a quella strada e di proseguire da sola fino alla sua meta, per risparmiarsi l'ostilità che sentiva fluire, quasi tangibile, dal corpo dell'uomo. Lo osservò contrariata, cercando di intravederne l'espressione attraverso la cortina di capelli lunghi e disordinati nella quale era racchiuso, ma riuscì solo a intuire la forma del naso, leggermente sporgente, e un velo di barba incolta che contribuiva alla confusione sul viso contratto dell'uomo.

Le era chiaro che soffrisse a muoversi per quelle vie trafficate, lo notava dal modo in cui Spock solcava il terreno, con passi larghi e frenetici, e dal tremito che percorreva il suo capo quando lo spostava dal terreno al cielo, in continua ricerca di un'armonia familiare nella quale fuggire dalla cromia disordinata della città. Eppure, nonostante capisse e in parte condividesse il disagio dell'uomo, non riusciva a sopportare di essere ignorata così a lungo e così tenacemente come le stava succedendo da quando avevano lasciato la taverna.

«Si può sapere perché ce l'hai tanto con me?» sbottò infine, esausta della ritrosia dell'uomo e decisa a costringerlo a emergere dal guscio che si era eretto intorno. «Perché non vuoi parlarmi?»

«Non ce l'ho con te.» Spock sospirò, questa volta più a lungo e, per l'ennesima volta quella mattina, si domandò perché avesse acconsentito a quella camminata logorante.

«E allora perché non mi rivolgi mai la parola? L'hai fatto veramente di rado, da che ci conosciamo. Non ti interessa sapere qualcosa in più delle persone con cui ti muovi?» riprese Galatea con tenacia.

«Veramente no.» Doveva essere stata la colazione troppo abbondante, realizzò il druido in quel momento. Probabilmente lo aveva stordito al punto da farlo cedere alla richiesta di Galatea di muoversi insieme per la città. Non c'era altra spiegazione plausibile per quel tormento auto-inflitto, se non una debolezza data dallo stomaco troppo pieno. Ecco perché di solito evitava di mangiare appena sveglio. Avrebbe dovuto ricordarsi di non ripetere un errore del genere in futuro.

«Non è possibile, non puoi davvero essere così menefreghista» si lagnò l'elfa.

Spock alzò lo sguardo verso la fine della via e l'imboccatura del ponte, notando con sollievo i templi e i bagliori di natura accogliente farsi sempre più vicini e nitidi sotto il sole di mezza mattina. Non rispose, sperando che la discussione cessasse e che l'elfa lo lasciasse tranquillo fino all'isola.

Galatea però non era dello stesso avviso. Si mosse leggermente più rapida e gli si parò davanti, cercando di intercettare il suo sguardo. «Non puoi continuare a ignorarmi. Dimmi perché non ti interessa parlare con me.»

Spock gemette, sentendosi sempre più ingabbiato in un discorso che non desiderava in alcun modo sostenere.

«Avanti, spiegami. Sono tutta orecchie» insistette l'elfa.

Le parole lasciarono la sua bocca prima che il druido potesse trattenerle. «Perché sei lagnosa, e infantile. E non stai zitta un momento» le disse con schiettezza, evitando di incrociare il suo sguardo.

L'elfa si paralizzò al centro della strada, colpita dalla sincerità spiazzante dell'uomo e dalla semplicità con la quale l'aveva appena insultata. Un'espressione triste e delusa le si dipinse sul volto, ma lui non parve farci caso, perché la superò e proseguì lungo la via, mantenendo lo stesso passo deciso e veloce.

Galatea rimase a fissare la schiena dell'uomo che si allontanava, mentre una delusione cocente risaliva fino a intaccare l'impressione di sicurezza che si trascinava sempre dietro. Aveva davvero creduto di poter stringere un legame con il druido, nel quale rivedeva parte delle sue stesse ansie e dei suoi stessi tormenti; per quello aveva deciso di accompagnarlo in visita al tempio di Ehlonna, sperando di avere l'opportunità di conoscere meglio l'uomo riservato con il quale aveva viaggiato in quelle ultime settimane.

Ora quell'idea non le sembrava più tanto grandiosa, e l'elfa iniziò a valutare l'ipotesi di separarsi dal druido e passeggiare in solitudine per le vie più rumorose e frequentate di Riverwood, dove avrebbe potuto annegare la tristezza nel chiasso e nella felicità altrui. Si voltò verso i banchi ai margini delle strade e si soffermò a osservare quel tripudio di colori che emergeva in forma di stoffe, o di cibi che non aveva mai visto e verso i quali era stata curiosa fin dal primo momento in cui era entrata in città.

La voce di Spock la sorprese, proprio mentre iniziava a notare il fermento vitale che le si muoveva intorno, fatto di volti allegri ed espressioni gentili. «Se continuiamo così, al tempio non ci arriviamo più». L'uomo si era fermato a diversi passi da lei e si era girato, ma manteneva lo sguardo su un punto distante, perso nella volta celeste sopra la città.

«Come?» mormorò, incerta.

«Ho detto che se ci fermiamo ogni quattro passi, il tempio lo raggiungiamo a notte già calata» ripeté il druido, con tono leggermente infastidito.

Una punta d'orgoglio le impedì di raggiungerlo subito, così come di esultare per quella che le era parsa a tutti gli effetti una resa. Si mosse però di qualche passo in avanti, per non dover urlare. «Avevo capito che non volessi proseguire con me» gli rispose, incrociando le braccia e guardandolo con espressione di sfida.

Spock gemette ancora, ma questa volta, Galatea vide il suo sguardo posarsi su di lei, forse per la prima volta da che avevano lasciato la locanda. «No, ho solo detto che parli troppo.»

«E che sono lagnosa e infantile.»

«È vero. Ma non mi hai ancora dato l'occasione di ricredermi.» La indicò con una mano, mettendo in evidenza la posa forzatamente rigida che aveva assunto e facendola sentire a tutti gli effetti un pelo ridicola. «In ogni caso, sarei lieto se volessi proseguire con me. Contenta ora?»

Un sorriso leggero le sfuggì dalle labbra, ma Galatea cercò di mascherarlo prima che l'uomo lo vedesse. Mosse un altro passo in avanti. «Lo stai dicendo solo per essere gentile.»

Una smorfia seccata le suggerì che stava iniziando a tirare troppo la corda. «Non mi interessa essere gentile» borbottò il druido, in risposta. «Voglio solo arrivare al tempio e allontanarmi da questo posto puzzolente e caotico, il prima possibile. Pensavo volessi lo stesso.»

«In effetti sì. Ma non è poi così male neanche qui, se guardi bene.» L'elfa coprì la distanza rimasta e appena gli fu accanto, Spock si voltò e riprese a camminare, alla stessa velocità sostenuta di poco prima. «Perché odi tanto le città?» gli chiese, abbandonando del tutto la ritrosia e cercando di tenere il passo per procedere al suo fianco.

«Perché sono disordinate, sporche e rumorose. E perché concentrano troppa umanità tutta insieme nello stesso punto.»

«Sì, ma se ci pensi, sono anche colorate e ricche di sorpresa e mistero, ben più di quanto possa essere una foresta» continuò lei, mentre superavano le ultime case e il fiume emergeva in tutta la sua imponenza davanti a loro. Galatea rallentò leggermente, per abbracciare con lo sguardo la vista dell'isola circondata dalle acque placide, scintillanti sotto i raggi del sole. Attese di aver posato il primo passo sul ponte candido, prima di riprendere. «Prendi questo ponte. Non è solo utile e funzionale, ma è anche incredibilmente vivo; tutti quei volti incisi nella pietra, tutta la storia che paiono richiamare costantemente. Non trovi nulla del genere in mezzo agli alberi.»

Spock riservò un'occhiata distratta alla struttura, incrociando un delicato viso di donna scolpito con minuzia sul bordo della spalletta, poi tornò a guardare gli alberi che emergevano dall'isola, stagliati fermamente in mezzo alla pietra. «Non ho nulla contro le strutture, se è questo che pensi. Sono le persone che vivono al loro interno a crearmi problemi.»

Galatea sbuffò, richiamando il suono che poco prima era stato esclusiva del druido. «Come fai a dirlo? Non le conosci, non hai mai vissuto in una città. Magari potrebbero sorprenderti.»

«Sono sicuro di no» la freddò lui. «Vista una, le hai viste tutte.»

«Cosa, le città?»

Spock scrollò la testa. «No, le persone.»

«Che visione pessimistica» lo rimproverò l'elfa. «Ci vuole coraggio a dire che tutte le persone sono uguali. Prendi il nostro gruppo. Non ce n'è uno simile all'altro! Abbiamo il guerriero mollaccione, lo stregone arrogante...»

«Non serve che fai l'elenco, non mi riferisco a loro. Parlo delle persone che vivono nelle città. Quelle che comprano al mercato e popolano gli splendidi palazzi colorati che ti affascinano tanto. Loro sono tutti uguali. Tutti concentrati in qualcosa di effimero e superfluo, ignari del mondo che scorre e freme sotto i loro piedi.»

Il ponte terminò poco dopo e i due iniziarono a muoversi tra i prati curati dell'isola. Galatea rivolse un'occhiata rapida al maestoso salice che emergeva tra le strutture in pietra, in quell'equilibrio all'apparenza fragile e incomprensibile tra architettura e natura. Presa dalla discussione però, riporto rapidamente l'attenzione su Spock e scosse la testa, rievocando le sue ultime parole. «Trovo che tu sia fortemente ingiusto. Come puoi giudicare delle vite senza neanche conoscerle? Non sai cosa voglia dire vivere in una città come Riverwood, non hai neanche idea di cosa significhi abitare fuori dalla tua cinta di alberi!»

Un'espressione rammaricata e nostalgica comparve sul volto del druido e, per un momento, Galatea fu certa che l'uomo stesse per contraddirla. Poi però parve ripensarci e lo vide sospirare, rallentare e chiudere gli occhi qualche secondo, come perso in un ricordo. Quando li riaprì, era tornato a essere la stessa persona all'apparenza distaccata e indifferente di sempre. «Forse hai ragione. Ma dovresti fare attenzione a giudicare qualcuno senza conoscerlo realmente. Potresti diventare ingiusta a tua volta» le rispose, prima di riprendere a camminare spedito in direzione del tempio.

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