Capitolo 5. Il piacere è tutto mio - Parte Terza
«Allora fratello, non dovresti raccontarci qualcosa?».
CJ, Daniel e Jord procedevano qualche passo avanti al carretto, insieme a Galatea, mentre il resto della compagnia affiancava il mercante e la famiglia.
Lo stregone aveva trascorso la prima ora di cammino separato dagli altri, con solo il suo destriero a fargli compagnia, perso nei suoi pensieri e deciso a evitare il mercante e i familiari; i tre lo avevano appena raggiunto, notando la sua strana solitudine.
Al risveglio, Carthana aveva preso da parte la figlia, e al mezz'elfo non era sfuggito né quel gesto, né lo sguardo di confidenza che la ragazza gli aveva rivolto, prima di seguire la madre; lo stesso sguardo, misto a una punta di soddisfazione, lo aveva sfiorato al loro ritorno, e questo gli era bastato per capire che la donna non sospettava nulla di ciò che era avvenuto il giorno precedente. Nonostante questo preferiva evitare ogni rischio, tenendosi lontano dalle due e riservandosi del tempo per riflettere sulla sua prossima mossa.
Era stato abbastanza chiaro con la ragazza da non provare alcun rammarico all'idea di doverla lasciare alla fine di quel viaggio, e nonostante l'avesse sedotta usando tutto il fascino di cui era capace, e che aveva messo a punto con una discreta schiera di conquiste passate, non si pentiva di ciò che era successo la notte prima; in cuor suo anzi sperava di avere l'occasione di rivivere ancora quel momento, prima di separarsi da Annah. Se le sue prime intenzioni erano state tutt'altro che nobili, nel rapportarsi a lei aveva usato tutta la gentilezza, e la tenerezza di cui era capace, e alla fine la giovane era riuscita a scavarsi una piccola nicchia nelle sua scorza, colpendolo con l'entusiasmo e la vitalità che emanava; era sicuro che avrebbe custodito il ricordo della notte precedente a lungo, come avrebbe fatto con il fazzoletto, che teneva al sicuro dentro un risvolto della tunica.
Per questo, a differenza di come avrebbe fatto in altre occasioni, non era per nulla incline all'idea di raccontare della notte precedente ai compagni, e soprattutto all'halfling, che lo fissava curioso, in attesa del suo racconto. L'elfa fingeva di provare disinteresse, ma allo stregone non sfuggì che pareva incuriosita dal discorso. L'unico del tutto ignaro sembrava Jord, che, immaginò, aveva seguito gli altri solo per sincerarsi che lui stesse bene.
«Non mi pare» rispose quindi «A meno che tu non ti riferisca alla bella giornata e all'incanto di queste foreste».
«Eh eh, molto scaltro. Ma non la si fa al vecchio CJ. Avanti, slacciati per bene con i tuoi fratelli». Gli fece un occhiolino, e Daniel sospirò, rammaricandosi di non aver scelto, la notte prima, una via più lontana dal luogo dove il compagno faceva la guardia.
«Non vedo come la cosa possa interessarvi» si schernì, tirando le redini e aumentando il passo insieme alla sua cavalcatura. Gli altri lo raggiunsero nuovamente, e Jord prese la parola.
«Di cosa state parlando? Va tutto bene Daniel?» chiese, sinceramente preoccupato.
«Secondo me non è mai stato così bene» intervenne Galatea, ridacchiando. Il solito tono altezzoso era svanito, sostituito dalla gioia di potersi prendere gioco dello stregone. Jord la guardò, prima lievemente confuso da quel cambio di intonazione e dal sorriso che faticava a nascondere, poi incuriosito dalle sue parole.
«In che senso? Hai scoperto qualcosa? Magari sul dio del fuoco?» chiese, rivolgendosi a lui. Daniel lanciò un'occhiataccia all'elfa, cercando di immaginarsi in quale momento dovesse aver visto lui e Annah la notte prima.
«No» sbuffò, in direzione del chierico «Niente di così esaltante».
«Be' fratello, dipende dai punti di vista» ridacchiò ancora l'halfling «Visto l'impegno degli ultimi due giorni, spero sia stato esaltante come meritava».
In quel momento la risata leggera di Annah li raggiunse, accompagnata dalla voce del piccolo Nor, e Jord notò un leggero sorriso spuntare sul volto dello stregone, che fu sufficiente a fargli capire di cosa stessero parlando i compagni. Ridacchiò anche lui per la tortura alla quale era sottoposto il mezz'elfo, e continuò a osservarli.
«Ahem...». Daniel mascherò in fretta il sorriso, tornando a fissare CJ. «In ogni caso, ripeto che non sono affari che ti riguardano».
Il compagno finse dispiacere, ma gli occhi continuarono a brillargli di divertimento «Eh, fratello. Che disdetta! E io che speravo in una bella storia per accendere questa camminata».
«Se non la finisci, è te che accendo» ribatté l'altro, con fastidio.
«Come sei riservato» si intromise Galatea «E pensare che ieri notte sembravi tutt'altro che tale». L'halfling scoppiò in una risata, guardando poi l'elfa con orgoglio «Non sei poi così noiosa quando ti ci metti, sorella!».
Lei sorrise, accettando di buon grado quel complimento, mentre CJ riprendeva a tormentare lo stregone. «Avanti rendici partecipi, siamo una compagnia, no?» lo punzecchiò ancora «I dolori di uno sono degli altri, e quindi anche i piaceri...»
«Maledizione a me e a quando ho scelto di viaggiare con voi!» esclamò Daniel, seccato «Ma continuerete così fino a Riverwood?».
«Magari non a Riverwood... Però la strada è lunga fratello, hai tutto il tempo!».
Daniel gemette, cercando una via d'uscita. Inaspettatamente, questa arrivò dal chierico:
«Guardate, si intravedono i campi di Mangwar» esclamò con voce all'apparenza entusiasta, «Chilometri di filari di lavanda, sono uno spettacolo per gli occhi». CJ e Galatea si voltarono nella direzione indicata, cercando con lo sguardo le macchie violacee che iniziavano a fare capolino in mezzo al verde e Jord fece un cenno a Daniel, che lo ringraziò con un sospiro di sollievo.
«Filari di lavanda?» domandò Galatea, perplessa «Che senso hanno?».
«Sono il cuore del mercato di fiori di Ileyn. In parte vengono mandati alla capitale, in parte ad Esterea, dove hanno origine i migliori profumi del continente. Nessuna dama della città con un minimo di buon gusto rinuncerebbe a farsene donare uno» continuò il chierico, sorridendo.
Era impossibile vivere nella capitale senza aver sentito parlare almeno una volta dei campi di Mangwar; anche nel suo tempio, molto distante dall'alta società di Ileyn per gusti e interessi, era arrivata quella voce, e alcuni dei suoi stessi confratelli facevano largo uso di quei prodotti.
Per Jord, erano più che altro un modo di mettersi in mostra, come anche una scusa per coltivare la propria vanità. Non che ci fosse nulla di male in questo, Pelor di certo non si curava di come i suoi seguaci si abbellissero, ma lui aveva sempre trovato quell'abitudine alquanto superflua, ed evitabile. Un conto era andare in giro puliti e con un aspetto curato, un altro profumare come un cespuglio, annunciando la propria presenza a grande distanza.
«Che idiozia...» borbottò l'elfa, contrariata «Che senso ha piegare la natura per uno scopo così futile?».
«Perché, non ti piacciono i profumi?» le chiese lui, gentile, cercando di tenerla occupata in quella conversazione per farle dimenticare quella precedente.
«Non così tanto, a giudicare dall'odore» si intromise Daniel, cogliendo l'occasione di vendicarsi di poco prima.
CJ riprese a ridere, sguaiatamente, mentre l'elfa arrossiva più di rabbia, che di reale imbarazzo «Guardate che voi non siete certo messi meglio». Poi sembrò avere un'intuizione, perché si rivolse al mezz'elfo con un sorriso di scherno «Almeno io non ho terriccio nei capelli».
«Cosa?» Daniel si portò una mano al capo, in cerca della terra, ma non trovò niente. La sua faccia preoccupata però fu emblematica, e anche Jord fu costretto a unirsi alle risate, nonostante il mezz'elfo stesso avesse appena vanificato il suo tentativo di aiuto.
«Ma guarda... Sembra che qualcuno abbia dormito per terra, stanotte» sghignazzò l'elfa, e CJ al suo fianco scosse la testa, divertito «Dormito... Si dice così dalle tue parti, sorella?».
Daniel aprì la bocca per rispondere a tono, per bloccare quella vena di divertimento a suo discapito, ma la voce di Gamos lo anticipò:
«Amici» li chiamò il mercante, allegro, e lo stregone scelse di rimandare le lamentele a un altro momento; rallentò il passo con i compagni, per farsi raggiungere dal carretto. «Guardate, Mangwar inizia ad intravedersi in lontananza. Propongo di fermarci ai campi di lavanda, così che le nostre dame possano godere della bellezza di queste zone».
«Mi sembra un'idea splendida» si impose di rispondere Daniel in tono cordiale. Ringraziò però silenziosamente Gamos, che aveva messo involontariamente fine a quella tortura.
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