Capitolo 3. Nuove conoscenze - Parte Prima

«Che forza fratello, mi sono quasi fatto sotto dalla paura pure io a sentirti!» CJ apparve all'angolo della casetta e si avvicinò esaltato verso i compagni, seguito a pochi passi da Daniel «Dove hai imparato a torchiare la gente in quel modo?».

Anche il resto del gruppo si voltò verso il guerriero, mal celando la stessa curiosità dell'halfling verso quella sfumatura di carattere che nessuno di loro aveva ancora scorto.

«In caserma» sospirò stanco Ben, mentre la rabbia scemava lasciando il posto a un leggero sconcerto per ciò che era appena successo «Anche se non aveva mai funzionato così bene fino ad ora».

«Sono sicuro che aprire in due il suo amico abbia aiutato non poco» ridacchiò CJ.

«Assolutamente. Non avevo mai visto una persona talmente tanto impaurita da qualcuno» intervenne Jake «E non posso certo dire di essere uno spettacolo per lo sguardo, normalmente».

«Probabile, ma non era voluto» rispose Ben, cercando di ricostruire nella mente le ultime scene del combattimento «La mia idea era renderlo inoffensivo per evitare che facesse del male a qualcuno di noi. Non pensavo di ucciderlo».

«Sicuramente vedere il simbolo avrà contribuito» suggerì Jord, ripescando il medaglione dalla tasca e mostrandolo ai compagni, riuniti ora tutti quanti all'ombra del casolare «Anche per me è stata una scoperta poco piacevole, dalla quale ho faticato a riprendermi subito».

Ad eccezione di Ben e Jord, che avevano già scorto le quattro fiamme al collo dell'uomo, gli altri osservarono il medaglione con una punta di meraviglia, come se davanti a loro si fosse appena concretizzata quella che, fino a quel momento, era stata appena un'ombra accennata. "Certo, anche se le ombre non ti attaccano in mezzo a una strada deserta" pensò Jake, mentre i frammenti del breve interrogatorio dell'elfo si sovrapponevano alle vuote minacce del possessore di quel pendente.

Accanto a lui comunque, Ben scosse la testa alle parole del chierico:

«Non penso...» cominciò, prima di tornare con la mente a poco prima, e rivedersi caricare l'uomo con lo spadone teso davanti a sé e la volontà di proteggere gli altri da quell'attacco imprevisto «Possibile che il simbolo mi abbia spinto ad attaccarlo, in un primo momento. Ma trovare l'armatura, sotto quella tunica, è stata forse una rivelazione peggiore del simbolo stesso. Ero convinto di aver capito che tipo di avversario avessi davanti, e invece sono stato costretto a rivalutarlo velocemente» si passò una mano tra i capelli, quasi nervosamente, mentre cercava di ricostruire la successione di eventi «Stavo giusto cercando un modo di ostacolarlo, quando si è mosso verso di voi e ho notato un punto scoperto, tra il collo e l'armatura; a quel punto ho solo cercato di farci arrivare la lama prima che si spostasse di nuovo per attaccare. Non ho pensato che il fendente si sarebbe rivelato così efficace, non era una cosa che avevo lontanamente previsto». L'ultima frase recava una sfumatura tesa, quasi desolata, benché il dispiacere non fosse il sentimento preponderante nella mente di Ben. La sorpresa per quelle capacità inaspettate aveva al momento molto più spessore e presa sul suo turbamento.

«In ogni caso, non hai certo da rammaricarti per ciò che è successo» gli disse Jake, strappandolo dai pensieri nei quali stava nuovamente sprofondando «Siamo stati attaccati e ci siamo difesi. Non c'è nient'altro sul quale valga la pena rimuginare».

«Jake ha ragione. Noi stavamo solo camminando sulla nostra strada, e siamo stati minacciati e poi attaccati» si inserì Daniel con voce sicura «Nessuno potrebbe mai sostenere che siamo stati noi la causa di ciò che è successo».

«Non mi fraintendete...» riprese Ben, decidendo di mettere da parte quei pensieri per un momento più adatto «Non ho rimorsi per ciò che è successo; concordo con voi, siamo stati attaccati e ci siamo difesi. Non è la prima volta, e probabilmente non sarà neanche l'ultima».

CJ rise, prima di esclamare: «Qualcosa mi dice che li attiriamo, i guai».

«È molto probabile» gli sorrise di rimando il guerriero, per poi spostare lo sguardo verso la strada maestra e il cammino ancora da percorrere. «Ora però basta perdere tempo, direi di rimetterci in cammino». Gli altri annuirono, sollevando gli zaini da terra e rimettendoseli sulle spalle. Quasi per caso, lo sguardo di Jake cadde sull'elfa, ferma a occhi chiusi a qualche passo da loro: «Galatea, tutto bene?» gli chiese, preoccupato.

Per tutta la durata dell'interrogatorio, e poi per quel breve momento di raccoglimento intorno al guerriero, l'elfa era rimasta in disparte, seduta sul prato accanto all'unico cavallo rimasto. Non prestava alcuna attenzione al gruppo, bensì lasciava che i cupi pensieri che l'avevano avvinta alla vista dei due sconosciuti continuassero a ronzarle nella testa, terrificanti e invitanti al contempo. "In cosa mi sono cacciata?" continuava a chiedersi, la paura una sottile ma tenace lama che scavava la pelle e si insinuava all'interno, bloccando il respiro e paralizzando i muscoli. Quella stessa sensazione l'aveva ghermita quando l'uomo con il medaglione aveva ordinato l'attacco, impedendole di assumere un ruolo più rilevante di quello di semplice spettatrice; tutto intorno a lei aveva assunto delle tinte sfuocate, imprecise, e solo quando la vita era sfumata da quegli occhi scuri e penetranti, il mondo aveva ripreso il suo pieno colore. La paura era svanita solo un attimo, sopraffatta dalla sensazione di sicurezza emanata dai compagni, prima di ripresentarsi, ancora più tenace, quando la loro attenzione si era spostata sull'elfo e sulle sue parole. "Perché ho così tanta paura? Ho affrontato ben di peggio dentro quello stupido buco". Si tormentava, alla ricerca della vera origine di quel terrore irrazionale e pesante. "Nessuna delle minacce del baratro era conducibile a un dio che vuole distruggere il mondo" le sussurrò infine una voce nei recessi della sua mente. Era quello, dunque? si chiese ancora; era forse l'idea di essere troppo piccola, troppo insignificante per combattere contro un dio? E allora, se davvero non era coraggiosa come sperava, cosa le impediva di tornare nella sua foresta e riprendere la vita sicura che aveva lasciato?

Per un momento, l'immagine della sua casa protetta dagli alberi si impose sopra la realtà di quel campo incolto al margine della strada, rassicurandola nella sua presa calda e confortante, acquietando il tormento interiore nel quale stava sprofondando. Poi la voce di Jake si inserì in quel ricordo, strappandola dal rifugio e rigettandola per le strade polverose di Irvania:

«Galatea, sei con noi? Va tutto bene?» lo sentì dire, a un soffio dal suo viso. Doveva essersi avvicinato mentre si lasciava cullare dai ricordi, perché non ne aveva sentito i passi, né aveva percepito la sua presenza così vicina. Aprì gli occhi, trovando quelli caldi dell'uomo inchinato davanti a lei, leggermente curvati in un segno di preoccupazione.

«Si, sto bene...» mormorò titubante, prima di schiarirsi la voce e indurire lo sguardo in una maschera di fastidio. Quella posa familiare le permise di accantonare in un angolo le paure, riprendendo l'apparenza di freddezza che l'aveva protetta fino a quel momento. «Ti spiacerebbe evitare di starmi così attaccato? Mi togli l'aria».

Una punta di rimpianto la investì quando lesse delusione negli occhi del compagno, prima che questi si alzasse, obbedendo al suo desiderio.

«Scusa se mi sono preoccupato per te» le rispose lui, e Galatea si stupì di non sentire alcuna traccia di fastidio nel suo tono di voce. Solo un velo dello stesso dispiacere che aveva letto nei suoi occhi. «Comunque siamo pronti a ripartire. Tu?».

Lei annuì, alzandosi e raccogliendo lo zaino con le poche cose che si era portata appresso.

«Allora andiamo, non ha senso sostare qui. Il cammino è ancora lungo, e abbiamo cose di cui discutere per strada».

«Cose? Quali cose?» gli chiese lei, mentre lo seguiva verso la strada e i compagni in attesa. Li vide discutere, riuniti intorno a Daniel e all'unico cavallo rimasto, che avevano portato fin lì dal campo dove brucava poco prima.

«Be', per esempio sul fatto che la pergamena non sembra più così finta come avevi suggerito» le ribatté lui, prima di affiancarsi al resto del gruppo, lasciandola indietro di qualche passo.

«Cosa fate con quel cavallo?» gli sentì chiedere appena giunto accanto a Ben e Daniel. Quando anche lei li raggiunse, nessuno di loro le parlò o le prestò attenzione, troppo presi dalla discussione.

«A quanto pare il nostro stregone sente il bisogno di portarsi dietro una cavalcatura degna del suo retaggio» stava dicendo Ben, con un sorriso sincero che pareva aver sostituito definitivamente lo sguardo teso di pochi attimi prima «Così potrà finalmente guardarci dall'alto in basso come ha sempre desiderato».

«Non ho certo bisogno di un cavallo per farlo» ribatté Daniel stizzito «Però almeno viaggerò comodo. E visto che sono l'unico a volerlo portare, direi che posso anche evitare di proporvi di cavalcare a turno».

«Perché, altrimenti ce lo avresti offerto?» rise Jake accanto a lui.

«Certo. E avete perso la vostra occasione. Avanti Ombromanto, allontaniamoci da questa gentaglia» rispose con sdegno il mezz'elfo, prendendo le redini del purosangue moro del quale era appena diventato il padrone.

«Ombromanto?» lo prese in giro Spock «Un nome bizzarro».

«Tutt'altro. È un nome leggendario. Il suo primo possessore era una creatura splendida, libera e cavalcata solo dai più grandi. Non avete mai sentito la storia?».

«No fratello, è una favola della buona notte? La mia vecchia nonna me ne raccontava qualcuna, ma solo su giovani halfling in cerca di tesori, nessun cavallo».

«Per quanto le mie fossero meno originali, concordo con CJ. Nessun cavallo leggendario ad arricchirle» ribadì Jord, e anche gli altri confermarono di non aver mai sentito la storia di Ombromanto e delle sue meravigliose gesta.

«Lasciatevelo dire. Avete avuto davvero un'infanzia infelice» concluse Daniel indispettito, prima di montare in sella. «Comunque, propongo di andare. Sperando di non incappare in nuovi incontri sgraditi».

«Anche se succedesse, dovrebbero essere i nostri nemici a temere la possibilità». La sicurezza trasmessa dalle parole di Jake li rassicurò, mentre l'idea della solidità del gruppo iniziava a farsi strada nelle loro menti. Per quanto così diversi e male assortiti, cominciavano a sentire che quell'unione poteva rivelarsi potente come mai si erano immaginati.

Così ripresero il cammino, lasciandosi alle spalle i resti di quel nemico inaspettato, sapientemente nascosti in mezzo ai campi affinché non spaventassero i futuri viaggiatori.

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