Capitolo 3. La discesa nell'oscurità - Parte Terza

L'oscurità li avvolgeva, vinta solo in parte dalla torcia che portavano con loro. Camminavano uno dietro l'altro, in formazione. L'halfling davanti, in cerca di trappole, il ranger al suo fianco attento alle tracce nel terreno. Poco dopo veniva lo stregone, gli occhi spiritati, la mente persa in un incantesimo. A vederlo da fuori sembrava in trance, ma in realtà sentiva e vedeva tutto quello che aveva intorno, anche ciò che gli occhi normalmente non avrebbero notato. Con l'ausilio del potere appena invocato, nessuna energia magica gli sarebbe sfuggita. Così come nessuna trappola creata da mani arcane, che il ladro avrebbe potuto perdere, ingannato dai suoi stessi occhi esperti.

L'elfa camminava a qualche passo di distanza e dietro di lei il druido reggeva la torcia, illuminando il cammino senza che la luce lambisse il ladro, rivelandolo a occhi estranei.

A chiudere la fila il guerriero, lama alla mano, occhi e orecchie tesi verso il minimo rumore, il più piccolo spostamento intorno a lui. Ma a quanto pareva le precauzioni erano state superflue: da quando erano scesi dalla grande scalinata in pietra, penetrando nelle profondità del baratro, non avevano ancora incontrato alcun segno di vita; nessun roditore, e purtroppo nessun bambino. Il terreno, un grande pavimento di antica pietra, era ricoperto da polvere e detriti e interamente segnato da orme di molti tipi; Jake aveva riconosciuto i segni dei topi, che avevano percorso quella strada al contrario poco prima, insieme a tracce che ricondusse a un gruppo di goblin, passati ripetutamente per quella via come fossero di pattuglia.

Nessun impronta di piedi piccoli di bambino era distinguibile in quel garbuglio di segni ma, accanto alle tracce di quelle creature, una fila di orme umanoidi scendeva le scale e si inoltrava nella sala, proseguendo dritta, senza particolare attenzione alla presenza di trappole o nemici. Non serviva un indovino per capire che quelle impronte, fresche di poche ore, appartenevano con grande probabilità alla stessa persona che aveva lasciato la corda agganciata sul bordo del precipizio. Che fosse un segno buono o cattivo era ancora presto per dirlo. Potevano solo continuare lungo quella che ormai erano sicuri essere una vasta sala, dalle pareti ampie e in cui circolava aria ora un po' stantia, ma pulita.

Avevano passato la fonte delle correnti marcescenti già da un po', ma ancora ricordavano quell'orribile effluvio, che si era impresso indelebilmente nelle loro narici; la sua origine era un grosso varco nella parete accanto alle scale, grande a sufficienza da permettere a tutti loro di attraversarlo contemporaneamente e che si apriva in un corridoio troppo buio per distinguerne i contorni. La forma di quel varco e le esalazioni erano per Spock e Jake chiari indizi della presenza di una tana di un abitatore di quelle profondità, che sarebbe stato meglio non disturbare.

La fredda lucidità del druido aveva messo in chiaro fin da subito che, se il bambino si fosse realmente inoltrato all'interno di quella tana, per lui non ci sarebbe stato molto da fare. Erano poche le creature capaci di scavare un varco tra pietra e terra di quel tipo e nessuna di esse avrebbe risparmiato la vita a una creatura gracile e succulenta come un cucciolo umano. Tanto valeva proseguire per la sala, sperando che l'odore e il minaccioso aspetto del varco avessero scoraggiato anche il piccolo Timmy.

Così si erano lasciati il varco alle spalle e i primi passi erano stati tesi, attenti, silenziosi. Poi, quando avevano percorso una distanza sufficiente da non sentire più quell'odore così intenso, o almeno da sentirne solo i residui, la tensione si era allentata e avevano osato creare quello schieramento, con solo il guerriero a proteggere loro le retrovie.

Ora mantenevano quella disposizione da un tempo che all'halfling pareva infinito; a furia di camminare chino, attento al minimo segno sul pavimento, alla più piccola sporgenza tra le rocce, iniziava a sentirsi stanco e dolorante. Quella sala pareva immensa, sempre uguale, quasi innaturale. Camminavano ai lati, evitando il centro dove il ladro presumeva si sarebbero concentrate le difese – se ce ne fossero state, cosa di cui iniziava a dubitare – e continuavano a superare grandi pietre sbeccate in più punti, che parevano resti di antiche costruzioni. Peccato che lì intorno non vi fosse nulla che somigliasse a un'antica costruzione: avevano trovato la parete laterale tagliando verso destra appena entrati in quella sala, ma oltre alla fredda pietra che la costituiva – ben più simile alla parete rocciosa naturale di una grotta che a un'opera artificiale – non vi erano altri luoghi da cui potevano provenire quei resti. Eppure erano lì, semi-distrutti, ingombranti, e li costringevano a deviare continuamente la marcia, spostandosi dalla parete verso il centro, per poi trovare il modo di ritornarvi. Le tracce che Jake aveva individuato come umanoidi si trovavano proprio lì, nel centro e le avevano scorte in una delle deviazioni obbligate. Come se il loro proprietario non temesse le difese di quella grotta o come se non avesse neanche pensato all'eventualità.

"Povero idiota" pensò l'halfling, continuando a guidare il gruppo lungo la parete. "Spero solo che non abbia fatto scattare tutti gli allarmi del posto, allertando gli abitanti". Perché, nonostante l'evidenza, CJ era sicuro che lì qualche trappola ci fosse stata, com'era sicuro che avrebbero presto incontrato una delle pattuglie che Jake aveva ipotizzato. Quella sala puzzava di pericolo, se lo sentiva sotto la pelle. Una trappola poteva ancora attenderli nell'oscurità e lui doveva solo essere abbastanza pronto da disattivarla prima che colpisse.

Dovettero percorrere tutta la sala, fino al versante opposto all'ingresso, prima l'halfling avesse la sua conferma. Davanti a loro si stagliarono all'improvviso le rigide pareti di un complesso difensivo, probabilmente un'antica fortezza. La torcia non riusciva ad illuminarne i merli e il camminamento superiore, ma l'ingresso, un portone di legno massiccio alto più di due metri, e la forma delle due torri ai suoi lati, erano inconfondibili. Per qualche secondo il gruppo rimase immobile a contemplare quella struttura, così estranea in quel baratro. Chi mai poteva aver deciso di costruire un'opera di quella portata lì sotto?

L'halfling archiviò la questione e si diresse al portone, cominciando ad esaminarne ogni dettaglio, in cerca di segni di una trappola. E li trovò, facendo scorrere una mano sul lato dei cardini; sul metallo dei sostegni inferiori era agganciato un sistema di leve, che sembrava svilupparsi oltre la porta, nella stanza a cui dava l'accesso.

"Lo sapevo!" pensò CJ, con soddisfazione.

«C'è un sistema difensivo in questa porta. State indietro, cercherò di disattivarlo» disse ai compagni, voltandosi. Nessuno di loro però gli prestava ascolto; li vide a pochi passi dal portone, raggruppati sotto la torre destra. Fissavano qualcosa nel muro, e l'halfling si avvicinò per capire di cosa si trattasse.

All'angolo tra il torrione e il muro difensivo, poco prima che le pietre iniziassero a curvare, Daniel indicava un segno, inciso in modo da essere pressoché invisibile. Se lo aveva scorto, era solo grazie all'ausilio dell'incantesimo che manteneva attivo. Era un incisione realizzata probabilmente da mani esperte nonostante il suo aspetto stilizzato: chi l'aveva creata si era preoccupato di delinearne i contorni con precisione, senza imperfezioni, ma si era limitato a quello; nessun dettaglio, nessuna decorazione aggiuntiva, solo un insieme di linee precise sufficienti a far sì che vi si riconoscessero quattro fiamme curve, levate verso l'alto.

Non lo avevano mai visto, ma doveva avere un significato importante se qualcuno si era preoccupato di inciderlo e poi camuffarlo magicamente.

Qualunque fosse il suo scopo, la porta per CJ aveva la priorità. Vi tornò e cominciò a lavorarci, armeggiando con i suoi attrezzi finché fu sicuro di aver reciso ogni collegamento tra i cardini e il sistema difensivo. Poi si dedicò alla serratura, che si rivelò quasi più complessa della trappola: era arrugginita e qualcuno l'aveva forzata per chiuderla, rovinando il delicato sistema di dentini che la tenevano in funzione. Dovette armeggiare a lungo con il grimaldello per sollevarli tutti, facendo leva per agganciare quelli spezzati, prima di sentire la sottile eco familiare dello scatto dell'ultimo blocco.

«La porta è sistemata. Possiamo entrare» disse infine al resto del gruppo, che ora attendeva il segnale alle sue spalle.

«Va bene, tu apri la porta, io terrò sotto tiro qualunque cosa si muova» rispose Jake, rinfoderando le spade e slacciando l'arco dalle spalle. «Voi entrate uno alla volta, io vi copro.»

«Vado avanti io» si offrì il guerriero. Gli altri annuirono.

CJ spinse piano la grossa anta in legno e Spock fece lo stesso su quella accanto, creando così una sottile fenditura. I vecchi cardini cigolarono leggermente e il suono si riprodusse all'interno. Tutti si bloccarono, le orecchie tese in cerca di rumori estranei. In un primo momento l'unica risposta al cigolio fu il silenzio. Poi un lamento flebile giunse fino a loro e Jake puntò l'arco nell'apertura, cercando di fendere l'oscurità. La torcia rischiarava i primi passi oltre l'uscio e neanche la vista sviluppata dell'elfa riusciva a identificare l'origine di quel suono. La porta si aprì ancora di qualche centimetro e i contorni di un corridoio stretto iniziarono a delinearsi; sul lato destro, una porta socchiusa e nessun movimento fin dove la torcia riusciva ad arrivare. Oltre, solo oscurità.

«Aprite ancora, il tanto da farmi entrare» sussurrò il guerriero, infilandosi poi nella stanza quando il passaggio venne allargato. Dietro di lui, Jake tese l'arco, pronto a difenderlo.

Il guerriero mosse i primi passi nella stanza, si avvicinò alla porta socchiusa e guardò all'interno. Nella penombra riconobbe un sacco, poggiato alla parete. Spinse leggermente la porta per lasciare che la torcia lo illuminasse, ma quello si mosse e il guerriero puntò lo spadone davanti a sé. Il sacco si lamentò ancora.

«C'è qualcuno qui dentro». Mosse un passo leggero dentro la stanza, al quale ne fece seguire un altro, lo spadone sempre in pugno. Dietro di lui, i due stregoni si infilarono nell'apertura e la torcia, ora in mano a Galatea illuminò l'entrata della struttura, per poi fare lo stesso con la piccola stanza con il sacco, quando giunsero piano alle spalle del compagno. Spock e CJ li seguirono e Jake rimase all'imboccatura, puntando la fine del corridoio.

«Qualcuno si lamenta dentro quel sacco» ribadì Ben, indicando davanti a sé. «Che facciamo?» un altro gemito accompagnò le sue parole.

«Potrebbe essere una trappola» osservò Daniel.

Ben intercettò il suo sguardo, poi fece un cenno. «Hai ragione, vado a controllare. Voi tenetevi pronti, potrebbe servire uno dei vostri incantesimi». Il guerriero si mosse verso il sacco, coprendo la poca distanza che li separava. Si chinò e reggendo lo spadone con una mano aprì con l'altra il laccio che lo teneva chiuso.

Due occhi spaventati incrociarono i suoi e la torcia mise in luce un uomo legato all'interno, che lo guardò terrorizzato. Non poteva parlare, a causa di un bavaglio di tela grezza che gli bloccava la bocca. Ben glielo sfilò.

«Ti prego, per Pelor, non uccidermi!» furono le sue prime parole.

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