Capitolo 3. La discesa nell'oscurità - Parte Prima

Qualunque sensazione avessero provato, osservando il baratro a distanza, era nulla in confronto a ciò che sentirono quando vi furono accanto. Fermi all'imboccatura del vuoto fissavano quella tetra oscurità senza riuscire a staccare gli occhi. La cosa peggiore era l'aria che respiravano là sopra: quando filtrava verso l'alto, l'odore diventava così forte da essere quasi insopportabile, costringendoli a trattenere il fiato fino al termine dell'esalazione. Pareva quasi di trovarsi davanti alle fauci di un gigantesco mostro e di sentirne il fiato fetido risalire lungo la gola.

Fu Spock a riprendersi per primo e a parlare. «Avremo bisogno di una corda e di luce per scendere lì sotto. Alla seconda posso pensarci io, immagino che tu avrai almeno una fune, vero ranger?»

«In realtà non avremo bisogno di funi, guardate lì» rispose Daniel, indicando l'estremità opposta del baratro. Assicurata con un rampino al terreno, una corda pendeva sul bordo, sparendo nel buio qualche metro più sotto. «Sembra che qualcuno ci abbia davvero preceduti» borbottò poi, visibilmente contrariato.

Il gruppo aggirò il baratro cautamente, fino ad arrivare a quell'unico segno di vita. Jake si sporse e soppesò la resistenza della canapa, annuendo poi soddisfatto. «Reggerà, ma è meglio non appesantirla. Scendiamo piano e uno alla volta. Pensate di farcela?» chiese, muovendo lo sguardo su ciascuno di loro. Gli altri confermarono. «Allora vado avanti io, se siete d'accordo.»

«Bene, nel frattempo mi preparo per illuminare quell'oscurità» rispose il druido, prima di allontanarsi di qualche passo dal baratro e afferrare una delle tante pietre che ne disseminavano i contorni. Chiuse quindi gli occhi, cercando di allontanare la mente da ciò che gli succedeva intorno; sentiva ancora lo scambio di parole tra i compagni, così come il suono dei primi passi del ranger sulla parete friabile, ma concentrandosi e respirando si sforzò di eliminare ogni rumore e di portare la mente ad una condizione di calmo vuoto.

Quando fu sicuro di non avere distrazioni, cominciò a cantilenare alcune parole, dal principio sussurrate poi sempre più forti, fino a sentirsi colmato lui stesso del potere che stava evocando. Riaprì gli occhi, stringendo sempre in pungo il sasso appena raccolto e, per un momento, il suo sguardo parve infuso del riflesso di una fredda luce. Poi, mentre pronunciava le ultime parole, quel riflesso scomparve lentamente e lui sentì che l'energia appena richiamata veniva trasmessa alla sua mano e poi al sasso che stringeva. All'ultima parola guardò il sasso e quello cominciò a brillare della stessa luce che poco prima aveva illuminato i suoi occhi.

Le voci dei compagni ripresero il loro posto nella sua mente e riportando l'attenzione sul dirupo vide che il ranger si trovava sulla corda, al limitare della zona illuminata dai raggi solari. Si avvicinò dunque al precipizio e lasciò cadere la pietra; questa scese velocemente oltre il compagno, illuminando la parete sulla quale puntava i piedi, per poi impattare contro il terreno sotto di lui dopo un paio di secondi. Ora, tutti loro erano in grado di distinguere, in fondo al baratro, un pavimento di pietra artificiale e una scalinata, che da esso proseguiva verso il basso, perdendosi nell'oscurità. I loro sguardi si spostarono su Jake che dopo aver controllato la presenza del piano sottostante, procedette cautamente lungo la corda, usando la parete per darsi la spinta e scendere in modo controllato.

I suoi piedi toccarono terra dopo qualche minuto e il ranger lasciò la fune, per afferrare il sasso luminoso e rischiarare i tre costoni rimanenti: la base di pietra, sulla quale camminava, si estendeva per tutta la superficie della voragine e culminava nella scala, larga a sufficienza perché due uomini scendessero insieme in quelle profondità. Da lì filtrava l'odore che li investiva a tratti, quando l'aria riusciva a insinuarsi in quel passaggio.

Spostandosi nuovamente sotto la corda, Jake gridò agli altri compagni: «Ci siamo, il pavimento qui è solido, potete scendere!» Poi trattenne il fiato qualche secondo, sopraffatto da una nuova esalazione. Quando cessò, riprese a parlare, alzando nuovamente il capo e scorgendo i compagni in controluce. «Uno alla volta, mi raccomando. Non è il caso di rischiare.» Ne distinse alcuni movimenti e ipotizzò che si stessero accordando sull'ordine di discesa.

«Scendo prima io, meglio essere sicuri che non ci siano trappole» stabilì l'halfling, dopo una veloce consultazione con gli altri rimasti in superficie. Poi ripeté lo stesso a voce alta, in favore del ranger, che confermò che lo avrebbe aspettato, prima di spostarsi per esplorare. Soddisfatto, CJ afferrò la corda e si inginocchiò per cominciare la discesa.

«Avvertici come tocchi terra, così scende il prossimo» lo istruì Spock, ricevendo un cenno d'assenso con la mano dall'altro, prima che questi sparisse oltre il bordo.

Il piccolo halfling si mosse agilmente lungo la fume e Jake lo osservò scendere, pronto ad aiutarlo in caso di necessità. Finché non sentì un rumore di zampe in direzione delle scale, e quando si voltò, puntando nervosamente il sasso in quella direzione, nella penombra riuscì a distinguere due lunghe code, prima che queste scomparissero nella zona non illuminata. Mosse un passo verso le scale, e un grattare frenetico e qualche squittio lo raggiunsero subito dopo; ebbe appena il tempo di mollare il sasso per estrarre le sue spade, prima che sull'ultimo gradino scintillassero tre paia di occhi rossi. Un secondo dopo apparvero i loro possessori, già in corsa verso di lui.

Il ranger li riconobbe subito, non era la prima volta che incrociava quelle creature. Si mise in guardia e gridò ai compagni: «Ci attaccano, topi crudeli!» poi venne assaltato dai roditori si trovò a retrocedere, per evitare di essere circondato. La taglia degli avversari, ben più simile a quella di un canide, gli impediva di muoversi lateralmente e fu costretto dunque a retrocedere e a tenerli lontani con le lame, per impedire a ciascuna creatura di raggiungere il suo corpo e di lasciarvi l'impronta del proprio morso infetto.

Dall'alto, gli avventurieri sentirono il grido del compagno e si sporsero, individuando i nemici appena sopraggiunti e valutando rapidamente come intervenire. Dopo aver guardato di sfuggita verso il basso, CJ prese ad accelerare la discesa, mentre Daniel e Galatea estraevano delle componenti dalle borse alle cinture, cominciando a salmodiare parole cariche di potere.

Nel baratro, il più grosso dei roditori scattò verso il fianco destro di Jake e tentò di superare la protezione offerta dalla sua spada lunga, ma questa saettò rapidamente verso il basso, incrociò la pelliccia dell'assalitore e portò via con sé una fetta di pelle ricoperta di peli, dipingendo il pavimento di sottili macchie scarlatte. Uno squittio di ira e dolore si levò dall'assalitore, mentre le esalazioni delle profondità si tingevano di una nota ferrosa e persistente.

Approfittando del movimento del ranger, un'altra delle creature si insinuò oltre la lama più corta e tentò di azzannargli la coscia. Percependo lo spostamento, Jake lasciò scivolare la gamba all'indietro e ruotò il corpo, mentre i denti dell'aggressore scattavano incontrando solo aria e polvere.

Nello stesso momento, le invocazioni dei due stregoni si fusero e scontrarono, creando una cacofonia di voci discordanti che si propagò nell'aria come un fremito e sovrastò gli stridii delle creature e i sussulti del ranger.

Dalle dita tese della giovane elfa si staccò un dardo di energia, diretto verso il fianco di uno dei roditori. Quando la freccia magica attraversò la spessa pelliccia, uno squittio intenso abbandonò le fauci della creatura. Un secondo dopo, un altro dardo lasciò le mani del mezz'elfo, passò a pochi centimetri dal braccio del ranger e impattò sul muso del topo a lui più vicino, che si preparava a balzare nuovamente. Un odore acre di carne bruciata raggiunse le narici del ranger e questi prese a tossire, mentre la creatura uggiolava di dolore e retrocedeva di qualche passo.

Il roditore ancora illeso approfittò della distrazione del ranger per insinuarsi nella sua difesa, e riuscì ad afferrarne il fianco prima che questi potesse spostarsi; i denti si strinsero però sul cuoio spesso dell'armatura dell'uomo e il loro possessore fu costretto ad allentare la presa, per evitare di venire trascinato da una nuova rotazione del suo avversario. Squittì la sua irritazione, e Jake rispose con un ringhio di sfida, prima di sentire il tramestio di nuove zampe sul pavimento, al di là dell'aria illuminata. «Ne arrivano altri, serve più luce!» urlò, mentre parava un altro assalto, e portava un conseguente affondo al corpo del roditore dal fianco ustionato. La lama questa volta incontrò la morbida pelle e quando la riestrasse, con uno strattone, il corpo della creatura si accasciò al suolo, esanime.

In alto, accanto ai due stregoni, il druido afferrò un nuovo sasso e riprese a cantilenare, irradiando la pietra di freddi bagliori azzurrati; la lanciò poi verso le scale e nel punto in cui cadde, le ombre si ritrassero, mettendo in luce i corpi di una nuova coppia di roditori.

«Jake, altri due dalle scale!» gridò Ben dall'alto, poi si mosse rapido verso la corda e guardò in basso, scorgendo l'halfling in movimento, ancora però a diversi metri dal terreno. «Avanti CJ, più veloce!» urlò, mentre i nuovi arrivati raggiungevano il ranger, facendosi spazio tra i compagni. Due dardi infuocati li colpirono, ma non riuscirono a scoraggiarne l'avanzata; sopraffatto dalla furia dei quattro roditori, Jake riprese ad arretrare, tenendo a stento lontane le fauci delle creature con le sue lame.

Dal bordo del dirupo, Ben vide una di queste riuscire a superare la difesa del ranger e svincolare al suo fianco, per tagliargli l'unica via di fuga rimasta. A quel punto, la frenesia si impossessò di lui, e dopo aver scartato l'ipotesi di scendere dalla corda senza attendere l'halfling – per timore di causare una rottura e una caduta del compagno - accolse l'unica idea che gli sorse in mente, senza darsi il tempo di ragionare sulle sue conseguenze. Si sporse ad osservare la parete, individuò degli appigli in essa e, prima che i compagni potessero scoraggiarlo, si voltò e iniziò a calarsi, pregando in cuor suo di riuscire ad arrivare in fretta e indenne fino alla piattaforma.

Scalò i primi metri con facilità, aiutato dalle numerose sporgenze rocciose della parete e soprattutto dalla risposta dei suoi muscoli allenatati. Per non farsi distogliere dalla concentrazione che quell'impresa necessitava, ignorò le grida dei compagni e le loro litanie, così come i dardi che sentiva sfrigolare sopra di sé; si isolò dal mondo, lasciando che fossero il suo respiro e il raschiare della pelle delle mani sulle pietre, gli unici suoni ad avere rilevanza.

Prima di potersene rendere conto, aveva superato metà della parete, e già si avvicinava all'halfling, calatosi prima di lui ma molto più piccolo e dunque penalizzato in quella discesa.

Poi però, un grido di dolore del ranger lo distrasse, e lui si sporse in basso per un'istante, breve ma sufficiente a fargli mettere il piede in fallo; lo stivale destro franò sulla parete, mancando l'appiglio che cercava e l'altro non riuscì a sorreggere il peso di quel corpo massiccio. Senza sostegno per i piedi, il guerriero fu schiacciato dalla gravità e le sue mani persero la presa, facendolo precipitare giù, verso il fondo del baratro.

Udì a malapena le urla dell'halfling, poi la sua caduta si arrestò all'improvviso e l'impatto con il terreno fu terribile. Fu solo grazie ad un buon allenamento, se riuscì a non rompersi alcun osso nella caduta: rotolò su un fianco per attutire il colpo alle caviglie, ma non riuscì ad evitare di sbattere cosce e ginocchia sulla pietra. La capriola salvò anche la testa dall'incontro con il terreno, ma purtroppo lo spadone che portava allacciato alla schiena non lo aiutò nell'acrobazia, e nel ruotare, l'elsa lo colpì alla nuca, rendendo sfocato l'intero mondo intorno a lui.

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