Capitolo 13. Mandare i nemici gambe all'aria - Parte Prima

«Nella casa accanto, al piano di sopra» mormorò il vecchio Lerov, accasciandosi sull'unica sedia presente nell'ambiente ridotto. «È lì che li tengono.»

L'anziano bottegaio si guardò intorno con aria stanca, lasciando che gli occhi scorressero per l'ennesima volta sugli avventurieri riuniti nel piccolo stanzino interno. Sui loro volti percepiva ancora i segni del combattimento appena terminato, gli stessi che poteva leggere sulle loro armature e sulle vesti.

Nella bottega al di là della porta, ora chiusa al pubblico e con l'halfling a sorvegliarne l'accesso, il pavimento assorbiva a poco a poco il loro sangue e quello dei loro avversari, tingendosi di macchie che difficilmente sarebbe riuscito a mandare via. Ma in quel momento non gli importava tanto delle macchie; erano piuttosto i corpi privi di vita che giacevano raggruppati solennemente in un angolo a invadere i suoi pensieri a ondate.

Il ranger davanti a lui sospirò rumorosamente, riprendendo a percorrere la stanza con nervosismo. «Sa quanti sono?» gli domandò poco dopo, con l'espressione assorta di chi si trova nel presente solo in parte, mentre la mente vaga in piani futuri.

«Dovrebbero esserci due uomini di guardia. Attendono nella camera dei ragazzi, si vedono dalla finestra del solaio» rispose Lerov, quasi in un gemito. Spostò poi lo sguardo verso il mezz'elfo, ricercando nella sua espressione impassibile un segno di condanna, o di rimprovero, per l'imboscata tesa contro di lui e contro i suoi compagni. Non trovò nessuno dei due ma anzi, notò per la prima volta come lo stregone osservasse il ranger e il guerriero con una punta di nervosismo, sebbene mascherata con abilità dietro un sorriso tirato e orgoglioso.

Il vecchio non era uomo di mondo, e non pretendeva nemmeno di essere definito tale, ma l'aver lavorato a stretto contatto con la clientela per oltre quarant'anni gli aveva garantito un ottimo spirito d'osservazione e, in quel momento, fu certo che l'agitazione del mezz'elfo fosse dovuta in buona misura alla sua fuga silenziosa, per la quale aveva offerto qualche sagace e ponderata scusa e si era guadagnato, se non l'approvazione, almeno un'accettazione stanca da parte dei compagni. Ciò nonostante, l'altro non sembrava del tutto rassicurato, perché lo vedeva lanciar loro qualche occhiata preoccupata, come a volersi sincerare che le sue parole fossero state accettate senza ulteriori domande o richieste di chiarimenti.

Era un peccato che il giovane provasse tanta agitazione, pensò Lerov con una punta di divertimento, perché era stato piuttosto bravo a inventare una scusa plausibile e comprensibile e, se lui stesso non ne avesse letto il terrore nello sguardo e nel corpo rannicchiato dietro il bancone, probabilmente avrebbe accettato come gli altri l'ipotesi che fosse davvero uscito in cerca di soccorsi, rientrando per dare manforte non appena aveva percepito le sorti raddrizzarsi in loro favore.

«Non si preoccupi.» La voce del grosso guerriero lo ridestò da quelle riflessioni, e lo spinse ad alzare lo sguardo per seguirne il movimento. L'altro si avvicinò e si inginocchiò davanti alla sedia, mormorando piano. «Glieli riporteremo sani e salvi.»

Lerov annuì quasi meccanicamente, osservando i grandi occhi nocciola dell'uomo e notando come fossero tornati limpidi e privi dei riflessi sanguigni di poco prima.

Quel volto tirato ma pacifico si scontrò, per un attimo, con l'immagine di lui che Lerov aveva scorto di sfuggita da dietro il bancone, senza che il vecchio riuscisse a trovare una conciliazione tra la bontà di quello sguardo liquido che tentava di rassicurarlo, e la ferocia che lo aveva ghermito durante il combattimento.

«Vi... Ringrazio» riuscì a sussurrare, scrollando appena il capo e riportando il pensiero alla moglie e ai nipoti, sorvegliati in quel momento dagli stessi uomini che quel mattino avevano invaso la sua bottega in cerca di informazioni sul mezz'elfo, e sulla comitiva che viaggiava con lui. «E sono desolato per questa imboscata» aggiunse poi, abbassando il viso e sospirando piano.

«Non se ne faccia una colpa» intervenne il chierico del dio del sole, muovendo anch'egli verso di lui e fermandosi a un passo dalla sedia. «Ha fatto ciò che era necessario per tenere in salvo la sua famiglia.»

«Lo pensiamo tutti» si intromise il ranger, senza porre fine alla passeggiata per la stanza e riservandogli solo un sorriso gentile. «Nessuno di noi la incolpa per quello è che successo. Cercavano noi, quindi semmai è colpa nostra se hanno rapito la sua famiglia.»

«Per questo faremo di tutto per farglieli riavere» concluse Ben con un'espressione decisa, facendo poi forza sulle ginocchia per sollevarsi e voltarsi verso il compagno. «Jake, ci serve un piano, e in fretta.»

«Uno ce l'ho» annuì il ranger, ponendo fine al movimento nervoso. «Ho bisogno di dare un'occhiata al solaio, prima di tutto. E poi ci serve ogni informazione possibile sulla casa e sulle sue entrate.»

***

Jord fremeva, fermo al centro della via davanti all'uscio segnato dal tempo.

Il modesto edificio a due piani pareva tranquillo, eppure era certo che all'interno, i due bambini e l'anziana donna stessero vivendo uno dei momenti più spaventosi e bui della loro esistenza.

Accanto a lui, anche Ben e Daniel attendevano, guardandosi spesso intorno e incrociando lo sguardo dei passanti, incuriositi dalla presenza di tre figure completamente armate ferme sotto il balcone di un'abitazione qualunque.

«Quanto è passato?» mormorò il chierico, adocchiando nervosamente all'edificio adiacente, e all'unica finestra aperta al piano superiore della bottega. Non vi scorse che una leggera ombra, ma questa bastò a tranquillizzarlo della presenza del ranger, già in posizione con l'arco teso.

«Manca ancora mezzo minuto» sussurrò Daniel, interrompendo il conto il tempo necessario a rispondere.

Jord sbuffò, sentendo la tensione aumentare e prendere a poco a poco il controllo dei suoi muscoli e del suo pensiero. Tra le mani, il simbolo sacro era diventato caldo e scivoloso, e sembrava pulsare della stessa energia trattenuta che irradiava anche le sue membra.

Il combattimento di pochi minuti prima era stato frenetico al punto da impedirgli di invocare l'ausilio del dio del sole, costringendolo a difendersi solo con l'arma che ora giaceva riposta al suo fianco. Aveva usato il potere per curare le ferite riportate dai compagni, certo, quando la pace era tornata sulla piccola bottega, ma il simbolo pizzicava ancora, come a volergli suggerire di appellarsi un'altra volta alla sua forza per mettere fine alla prigionia della famiglia di Lerov.

In parte, il chierico si stupiva di provare tanta agitazione, così insolita per un uomo abituato alla riflessione e alla tranquillità com'era sempre stato. Eppure, l'imboscata tesa ai loro danni aveva messo a dura prova perfino lui, benché non ne avesse tirato fuori i lati più brutali com'era invece successo al guerriero. Il ricordo della temibile arma che mulinava ferocemente nella stanza, mietendo vittime al suo passaggio, lo allontanò per un attimo da quella strada e dalle elucubrazioni nelle quali stava sprofondando, riportandolo alla bottega e rievocando l'odore aspro e pungente del sangue che la mortale lama aveva sparso nell'ambiente, garantendo la loro salvezza ma lasciando l'impronta della furia cieca del suo possessore nella mente di tutti i presenti.

Jord ebbe un brivido, e non seppe dire se dipendesse dall'ansia dell'attesa o dalla consapevolezza di viaggiare con un uomo capace di tanta devastante ira. E insieme al fremito, venne il pensiero della fine che sarebbe potuta toccare agli uomini dentro la casa dell'anziano, se il guerriero avesse perso nuovamente il controllo.

Il piano elaborato dal ranger avrebbe dovuto limitare le azioni cruente al minimo, permettendo all'halfling di sfoggiare, ancora una volta, la sua affinità per le ombre e per il silenzio. Loro non dovevano far altro che attirare uno degli uomini dabbasso, bussando alla porta e fingendosi guardie cittadine. E CJ, che in quel momento doveva essere penetrato dalla porta sul retro per nascondersi dietro la scalinata, lo avrebbe semplicemente sorpreso alle spalle, impedendo che allertasse il compagno della loro presenza prima del tempo.

A quel punto, sbarazzarsi dell'altro sarebbe stato facile, e Jake avrebbe solo dovuto vigilare dal solaio che nessuno dei prigionieri venisse ferito, sfruttando la sua posizione semi-nascosta e la precisione nel tiro per rendere inoffensivo l'uomo fino al loro arrivo al piano di sopra.

Questo era il piano, eppure più ci rifletteva, più Jord era certo che fossero troppe le variabili a loro sfavore e che, in qualche modo, il fato sarebbe riuscito a metterci lo zampino, facendo scivolare il tutto in un ennesimo spargimento di sangue.

***

«Ci siamo, è il momento» mormorò Daniel, lanciando un'ultima occhiata dietro di sé.

Ben annuì e mosse un passo in avanti, salendo il primo gradino per bussare sul legno tarlato. «Guardia cittadina, aprite» esclamò il guerriero.

Nessun suono dall'interno superò l'uscio, e dopo qualche secondo, Ben ripeté il gesto, con maggiore impeto. «Aprite o saremo costretti a sfondare la porta. C'è stata segnalata la presenza di un ladro nella zona, dobbiamo controllare di persona.»

Attese qualche altro secondo e, questa volta, udì distintamente dei passi leggeri e rapidi in avvicinamento. «State pronti» mormorò il guerriero, avvicinando la mano all'elsa dello spadone.

Il chiavistello della porta scattò, e mentre questa cominciava lentamente a ruotare sui cardini, un tonfo sordo e un'imprecazione giunsero da dietro il legno. Solo che, al contrario dell'aspettativa, a pronunciare quest'ultima fu la voce acuta del piccolo ladro.

Prima ancora che la porta terminasse il suo arco, Jord stringeva già con fermezza il simbolo sacro e cominciava un'invocazione a Pelor, sicuro che qualcosa fosse andato storto. Quando l'uscio si aprì del tutto, il sole ormai al tramonto mise in luce la sagoma di CJ, riverso a terra al centro del corridoio con un piede incastrato sul bordo di un morbido tappeto. Al suo fianco, una figura messa in ombra dalla porta e con il braccio ancora posato alla maniglia, dava loro le spalle e fissava l'halfling dietro di sé.

Quando anche l'ultima parola dell'invocazione sacra terminò, e accanto a lui Ben e Daniel facevano per scattare, Jord sentì il potere del sole liberarsi dalle sue dita, e vide la figura afflosciarsi sulla soglia con un gemito appena accennato.

Ebbe appena il tempo di distinguerne una chioma lunga e grigia, prima che dalle scale interne arrivasse un tramestio di voci e il suono leggero di una freccia in volo.

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