Capitolo 12. La terra trema - Parte Quarta

Qualche istante prima...

Quando la lama del guerriero era corsa verso il volto del chierico, e si era scontrata con il fodero avversario, i tre fermi davanti all'uscio erano scattati, superando Daniel e caricando con furia coloro che si trovavano al centro della sala. Jake era stato il primo a intercettarli, e con maestria aveva parato il primo affondo della donna, spezzandone poi la guardia e arrestandone la carica impulsiva. CJ e Jord lo avevano affiancato subito dopo, impegnando gli altri due e costituendo una barriera tra loro e Ben, che fronteggiava il chierico all'ingresso della bottega.

Daniel aveva approfittato della distrazione per raggiungere il vecchio Lerov, che ancora sostava, terrorizzato, accanto alla scrivania, e gli aveva intimato di nascondersi dietro il mobile basso, per non rischiare di essere travolto dallo scontro; poi aveva lasciato che il pizzicore alle membra si propagasse, assumendo la consistenza familiare di una potente scarica di energia; l'aveva riversata sulla sacerdotessa e, a contatto con le vesti rosse della donna, i dardi avevano sfrigolato, lambendole il corpo e strappandole sussulti feroci di rabbia e dolore.

Eppure, nonostante la stoffa bruciata e la pelle erosa dalla magia, l'aveva vista continuare ad attaccare il ranger con foga, dirigendo con sicurezza le corte e affilate lame negli interstizi scoperti dal cuoio, con il preciso intento di raggiungere e recidere i punti vitali dell'avversario.

Mentre una nuova ondata di magia riecheggiava nel suo corpo, in attesa di essere sprigionata, lo stregone si era concesso di osservarla con attenzione, paragonando la sua ira quasi disperata al misurato contegno dei due che l'affiancavano: dove loro erano parsi precisi, equilibrati e sicuri negli affondi delle lunghe lame, lei era sembrata quasi disperata, morsa all'interno da un demone all'apparenza senza nome. Neanche i successivi due colpi magici che le aveva scagliato contro erano riusciti a indebolirla e anzi, a contatto con quelle scintille brucianti il corpo della donna si era come caricato, quasi che la sofferenza la alimentasse anziché infiacchire il suo spirito.

Solo quando la spada di Jake l'aveva costretta a piegarsi, danzando sopra il suo corpo arcuato nella schivata, Daniel aveva potuto osservare quegli occhi glaciali, resi scarlatti e accesi di una luce tutt'altro che naturale: l'abbraccio del dio del fuoco scorreva e fremeva nelle vene della donna, il mezz'elfo ne era stato certo solo in quel momento, e il suo effetto la rendeva terribile e implacabile.

Prima che potesse comunicare tale convinzione ai compagni, aveva sentito il richiamo quasi disperato del chierico nemico, e benché pronunciato quasi flebilmente, il nome della sacerdotessa era riecheggiato fino a loro, raggiungendo la sua proprietaria e spingendola a interrompere bruscamente il duello con il ranger per precipitare lo sguardo su chi l'aveva invocata.

Jake aveva approfittato di quella distrazione, e mentre ella afferrava il ciondolo dorato, la spada lunga del ranger si era fatta strada fino al suo fianco, mordendole la carne e strappandole un gemito di dolore più deciso e prolungato dei precedenti. Eppure, Daniel era rimasto basito nel vederla proseguire quella preghiera al dio come incurante della ferita e, mentre il sangue le bagnava lentamente la tunica, la voce della sacerdotessa si era levata alta e sicura nella stanza, impartendo l'ordine che aveva ribaltato le sorti del combattimento accanto all'ingresso.

Da lì in poi le cose erano precipitate irrimediabilmente, e Daniel aveva visto i compagni soccombere pian piano alla furia degli avversari, condividendo il loro sconcerto e la loro preoccupazione per l'incantamento sul guerriero. Ma non era rimasto a condividerne anche la sorte: appena l'incantesimo della donna aveva fatto il suo effetto, e il chierico si era voltato per schernire Ben, lo stregone si era infatti precipitato dietro al bancone, al fianco di un Lerov ancora tremante e terrorizzato. Da un rapido e sussurrato scambio con l'uomo, aveva appreso che la porta aperta alle loro spalle portava in un altro piccolo ambiente, collegato all'esterno da un'uscita secondaria.

Inginocchiato dietro al legno accanto all'anziano, lo stregone si era sentito percorso da una buona mescolanza di raziocinio e feroce istinto di autoconservazione: la porta lo aveva chiamato, promettendo di fargli lasciare quello scontro indenne; e se c'era una cosa alla quale teneva, più di ogni altra, era la sua stessa vita, soprattutto se paragonata a quelle di persone conosciute da troppo poco per essere dichiarate familiari. Inoltre, la consapevolezza di avere ancora con sé la pergamena, al sicuro dentro lo zaino alle sue spalle, lo aveva spinto a credere che varcare l'uscio fosse la scelta più saggia, nonché la più sicura. Convinto di poter pensare a una strategia d'azione una volta uscito, magari cercando rinforzi o, ancora, aggirando i nemici per sorprenderli alle spalle in un secondo tempo, Daniel aveva realizzato che la cosa importante fosse mettere al sicuro la profezia, e che al resto avrebbe potuto pensare in seguito.

Così, mentre oltre il legno tarlato la voce imperiosa del chierico ordinava ai suoi compagni di consegnare la pergamena in cambio della vita, il mezz'elfo era gattonato fino all'uscio, sotto lo sguardo basito del bottegaio che cercava di intuire quali fossero le sue intenzioni.

Un ringhio feroce della donna gli aveva impedito di sentire la risposta pronunciata da Jake alla richiesta del chierico, ma Daniel ne aveva percepito comunque l'inflessione di scherno, prima di superare la soglia e lasciarsi stanza e compagni alle spalle.

***


 Ben osservava la scena, immobile, sentendo la frustrazione invaderlo a ondate, mista a una rabbia che non pensava di aver mai provato prima di allora.

L'immagine presente, con i suoi compagni minacciati dalle lame e dal potere del dio del fuoco e le guardie ferme tra lui e loro, si sovrapponeva a un'altra altrettanto dolorosa e oscura, che aveva cercato di cancellare con tutto se stesso fino a quel momento: si rivedeva, inginocchiato davanti alle macerie della sua esistenza, a respirare le ceneri di un intero villaggio raso al suolo senza nessun motivo apparente. La sensazione era la medesima, bruciante e dilaniante: impotenza.

Era arrivato tardi allora, quando della sua famiglia aveva trovato solo i resti di una casa e qualche abito ustionato, e sarebbe arrivato in ritardo anche questa volta, con la differenza che in questo momento aveva lo spietato privilegio di assistere alla morte dei suoi compagni, e non solo di piangere sui loro cadaveri insanguinati.

Neanche le voci del chierico e di Jake, impegnati in uno scambio dai toni accesi, riuscivano più a penetrare la coltre d'ira nella quale stava sprofondando. Tutto ciò che desiderava era spezzare le invisibili catene che lo tenevano sigillato, e lasciare che la lama affilata del suo spadone facesse il resto, mettendo fine a quell'agonia. E invece, lo scambio andava avanti indisturbato, e i suoi muscoli rifiutavano di riprendere a funzionare, formicolando solo leggermente.

Immerso nei ricordi nefasti, Ben ebbe bisogno di qualche secondo per realizzare quanto quella sensazione di intorpidimento quasi doloroso fosse nuova, e giungesse inaspettata dopo minuti di immobilità placida e priva di sensazioni.

Quella consapevolezza arrivò come una ventata d'aria gelida su un fuoco sopito, riattizzandolo e costringendo il guerriero a concentrarsi sulle sua dita, che sentiva piacevolmente pizzicare sempre più spesso. Pur non essendo un esperto di magia, Ben fu certo che l'incantesimo fosse vicino a terminare il suo effetto, e che dunque presto la sacerdotessa avrebbe cercato di rinnovarlo, o una delle guardie sarebbe arrivata a mettere definitivamente fine alla sua vita. Fu conscio di avere un margine sottile, e di poter contare solo sulla speranza che la discussione irata davanti a lui tenesse occupati i nemici abbastanza da distogliere la loro attenzione dalla sua imminente liberazione.

Fu in quel momento che la sacerdotessa si piegò sul ranger e tirò la sua testa all'indietro, cominciando a segnarne il collo con il pugnale. Quando le prime gocce di sangue presero a solcare la pelle di Jake, l'immagine presente e quella passata presero a sovrapporsi nuovamente nella mente del guerriero, e lui sentì il proprio sangue pulsare nelle orecchie e battere al ritmo tribale di una danza di morte. La sensazione di impotenza si fece cocente ed eruppe in una scarica d'ira che invase e bruciò le sue vene, spezzando gli ultimi brandelli di magia che ancora lo tenevano avvinto.

Ben scattò, mulinando la lama in direzione della guardia a lui più vicina. Prima che l'urlo sprigionato dalla sua gola lo raggiungesse, il combattente ancora di spalle sentì il freddo acciaio incidergli la giugulare, in una linea perfettamente parallela a quella appena abbozzata sul collo del ranger. Preda della furia accumulata, che accendeva il suo sguardo di bagliori sanguigni, Ben non attese che il corpo senza vita toccasse terra, ma ruotò rapidamente il corpo e scivolò verso l'altra guardia, ferma in piedi accanto a CJ e Jord. Questa tentò di parare il successivo e mortale affondo con la sua lama, ma lo spadone scintillò nell'aria e incontrò la spalla dell'uomo prima che questi potesse pararlo, affondando nella carne e portandosi via ogni rimasuglio di scintilla vitale nel passaggio.

La sacerdotessa raggelò, e il pugnale si fece freddo e scivoloso nella sua mano; il guerriero si era mosso così velocemente che non aveva fatto in tempo a percepirne la presenza, prima che i corpi senza vita delle sue fedeli guardie scivolassero a terra in un lago di sangue. In quel momento, il pensiero di essersi fatta controllare dalla rabbia, perdendo di vista il guerriero e l'incantesimo che lo teneva legato, la colse come un fulmine a ciel sereno.

Ma non ebbe il tempo di maledirsi per la propria stoltezza, perché il ranger approfittò della sua distrazione per lanciare il corpo all'indietro e allontanarsi dal pugnale, rotolando poi sul pavimento per rialzarsi in posizione di guardia. Il piccolo halfling, sentendosi libero dalla minaccia della guardia, aveva nel frattempo recuperato la sua lama e la più lunga del ranger, e gli lanciò quest'ultima con un fischio, prima di dirigersi con il compagno rimasto verso il chierico del dio del fuoco, che con la mano al medaglione cominciava a intonare una nuova invocazione.

La donna non ebbe modo di vedere lo scontro del compagno, perché il ranger la incalzò subito, ma percepì chiaramente l'assenza di effetti magici nell'aria, e capì che l'incantesimo era stato spezzato dagli attacchi avversari. Deviando una stoccata, estrasse nuovamente il pugnale gemello e incrociò entrambi all'unica lama del suo nemico, che però riuscì a scalzarla con una spinta, aprendole la guardia.

Nonostante la rabbia le infiammasse ancora il corpo, la vista del guerriero e della fine riservata alle sue guardie aveva infiacchito il suo spirito, e iniziava a incrinare la sua certezza di uscire viva e vittoriosa da quello scontro. Parò con sempre meno sicurezza le successive due stoccate del ranger, poi avvertì il gemito dell'unico compagno rimasto in piedi e, quasi involontariamente, il suo sguardo corse verso di lui, in tempo per vederlo cadere sotto il temibile spadone.

Quell'attimo fu per lei altrettanto fatale: la lama di Jake si insinuò oltre la spessa armatura, scavando in profondità e spezzando ciò che trovava lungo il suo passaggio. Nello stesso momento, una scarica di energia magica le lambì la pelle della schiena, bruciando la carne e congiungendosi all'acciaio che già la percorreva.

Con un ultimo, flebile, sospiro, la donna di nome Tara si accasciò al suolo, trattenendo tra le labbra il nome del compagno che non aveva fatto in tempo a pronunciare.

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