Capitolo 10. Il fuoco ci renderà liberi - Parte Prima

Il desiderio di tornare al tempio di Ehlonna era nato in Spock già dal giorno precedente, quando vi si era recato per la prima volta in cerca di informazioni con il resto del gruppo. Intento a parlare con un giovane officiante della dea silvana, all'esterno della cortina di amenti che spandeva il suo delicato profumo verso di lui, il druido aveva sentito la parte più profonda e selvaggia di sé venire come richiamata, attratta da quello squarcio di natura indomita che sembrava spiccare fieramente sulle colture ordinate e sulle architetture circostanti. Quasi non aveva sentito il diniego del chierico alle loro richieste, avvinto com'era da quel richiamo familiare e rassicurante che prometteva ristoro e protezione qualora vi si fosse lasciato avvolgere.

L'aveva percepita per un breve momento, il tempo di ricevere l'ennesimo cortese rifiuto, eppure quella promessa di sicurezza e calore lo aveva ossessionato per tutta la sera restante e per la notte seguente, assumendo con il passare delle ore la parvenza sempre più vivida di una cima di salvezza, lanciata a un naufrago perso in una distesa di mare in tempesta.

E, a ben pensarci, mentre percorreva il sentiero tra i giardini che ancora lo separavano dalla sua meta, il druido era abbastanza certo di non sentirsi molto differente dal marinaio vinto dalla forza implacabile dell'acqua, con l'unica eccezione che la città rumorosa e popolosa era il suo oceano, e quello squarcio di natura selvaggia e vitale la sola fune alla quale si sarebbe potuto aggrappare per trarsi in salvo.

Procedeva rapido e a testa bassa, ormai quasi del tutto dimentico dell'elfa che si muoveva accanto a lui, così come dei fedeli che percorrevano i suoi stessi sentieri, e percepiva sempre più chiaramente ogni fibra del proprio corpo tendersi, nello sforzo di raggiungere al più presto quella zona di salvezza; così, quasi non si rese conto di esservi giunto finché il maestoso salice non occupò l'intera visuale, come una gigantesca nuvola verdeggiante adagiata con dolcezza sul leggero pendio erboso. La vista lo colse impreparato e, per qualche secondo, Spock non poté che osservare stupito quella cascata di sottili foglie disposte a spirale, che sembravano erette a protezione del cuore stesso della dea dei boschi.

Tutto in quel tempio richiamava l'essenza della natura e della sua protettrice: il salice era il santuario ma al contempo ne era il protettore, con i rami tesi a celarne l'interno e al tempo stesso a celebrarne la preghiera. L'elfa al suo fianco non apriva bocca dal loro ultimo scambio, eppure il druido era certo che sarebbe ammutolita in ogni caso davanti a quella vista: sotto il sole di metà mattina, il tempio scintillava di una vita che la sera prima era parsa, a confronto, pallida e sfocata. O forse, erano loro ad esserci giunti con animi differenti, e il salice era solo in grado di riflettere le speranze e le gioie di coloro che vi si trovavano davanti.

Qualunque ne fosse il motivo, Spock si trovò ad avvicinarsi al maestoso albero adagio e con rispetto; non si fermò, come il giorno precedente, in cerca di un chierico all'esterno con il quale parlare, ma si lasciò avvolgere dall'abbraccio aromatico degli amenti e dal fruscio leggero delle foglie appuntite. L'albero lo accolse al suo interno, e quando ebbe infine superato la cascata fiorita, il druido poté ammirare il guscio e l'anima di quel figlio dei boschi, giovane e vitale nei suoi rami arcuati, tesi a creare una nicchia, e un rifugio, per coloro che vi giungessero in cerca di ristoro.

Poco dopo, una piccola vibrazione nella cortina annunciò l'ingresso di Galatea che, come lui, si perse ad ammirare la fitta e soffice volta, sotto la quale alcuni fedeli sedevano in posizione di riposo e meditazione, lasciandosi cullare dal leggero mormorio del vento che accarezzava le foglie.

«Sembra... Non so definirlo, ma è come se mi sentissi a casa» mormorò l'elfa e Spock annuì, realizzando di condividere con la ragazza quella sensazione di familiarità. Non rispose, ma si mosse piano seguendo il contorno del rifugio e lasciò che il dolce sentore di gemme in fiore e il più intenso e pungente aroma di resina e corteccia rilassassero il suo corpo, prostrato dalla città a dagli odori confusionari dei quali era impregnata.

Il suo sguardo si posò sulle persone riunite in cerchio intorno al sottile tronco biforcato, sui cui volti leggeva diverse sfumature delle stesse emozioni che quel cerchio arboreo iniziava a trasmettere anche a lui: pace, profonda appartenenza e comunione. Fu quasi tentato di raggiungerli e unirsi a quella silenziosa preghiera condivisa, ma poi scelse di tenersi in disparte, partecipe a distanza della loro muta meditazione.

Galatea gli si accostò, e contemplando a sua volta la pacifica riunione, mormorò: «Non avrei mai immaginato di dirlo, ma ho sentito la mancanza di tutto questo.»

«Era così nella tua foresta?» sussurrò il druido distrattamente.

«Più o meno, sì» rispose piano l'elfa, meravigliata di ritrovare quell'armonia naturale in un santuario eretto nel cuore di una cittadina come Riverwood. «Aveva la stessa atmosfera di pace. Credevo di odiarla, ma mi appartiene più di quanto pensassi.»

Spock annuì, ascoltando solo in parte la sensazione che Galatea descriveva, e concedendosi nel frattempo di osservare quei volti distesi davanti a lui, dai tratti così differenti tra loro ma affiancati come fratelli sotto la protezione di Ehlonna. Il suo sguardo si fermò su un paio di occhi della sfumatura delle foglie del salice, gli unici aperti in quel mare di visi riservati e palpebre socchiuse. Appartenevano a un elfo anziano, nodoso e antico forse più dell'ulivo secolare dedicato a Obad-Hai che sorgeva poco oltre la cortina fiorita. L'elfo sedeva in cerchio accanto agli altri fedeli, all'apparenza identico a ogni altra esistenza presente accanto a lui; eppure, qualcosa nel suo sguardo trasmetteva a Spock la certezza di avere davanti un sacerdote della dea, nonché la sensazione che fosse uno dei pochi custodi della memoria rimasti su Irvania.

Erano rare le creature sul continente capaci di proteggere e trasmettere a lungo il ricordo dei tempi passati, eppure ogni ruga sul volto e sul corpo dell'elfo, avvolto in una tunica di leggera stoffa verde smeraldo, pareva essere il segno di numerosi anni trascorsi a respirare l'aria del mondo, e a calcare il suolo benedetto dalla sua divinità, assorbendone in parte l'essenza e l'eredità per poterla diffondere.

Quando gli occhi luminosi del chierico incrociarono quelli di Spock, il druido vi lesse un muto saluto, accompagnato dalla sensazione che l'elfo fosse in grado di leggergli l'anima, comprendendo il turbamento che lo aveva condotto fino al salice e alla sua congrega. Quel contatto durò poco, poi l'anziano tornò a concentrarsi sui fedeli raccolti intorno a lui, unendosi alla lieve preghiera che cominciava a diffondersi tra le loro labbra. Ma Spock rimase ancora a osservarlo, in disparte, chiedendosi quanto folle fosse l'idea che aveva iniziato a prendere forma nella sua mente appena gli occhi dell'elfo avevano incontrato i suoi.

Accanto al druido, Galatea si era persa ad ammirare la volta cadente e fiorita, del tutto ignara di quello scambio silenzioso di sguardi. Si sorprese dunque, quando pochi minuti dopo i fedeli si alzarono per lasciare il santuario e Spock si diresse verso il vecchio sacerdote, scansando i corpi che incrociava lungo la via; notò che il druido manteneva lo sguardo teso in avanti, in direzione della figura che ora sostava con una mano posata delicatamente sul tronco ricurvo, e il volto rilassato rivolto verso di loro. Inizialmente perplessa, l'elfa scelse di avvicinarsi di qualche passo, per poter osservare i due senza però intromettersi in quella conversazione, curiosa di conoscere cosa guidasse Spock verso il chierico.

Giunto a un passo dall'anziano elfo, il druido mosse il capo in un leggero saluto e l'altro ricambiò con un sorriso, prima di anticiparlo e iniziare a parlare.

«Ehlonna ha guidato i tuoi passi fin qui, giovane ragazzo» mormorò piano il sacerdote. «Ma dubito che tu sia venuto solo in cerca di una benedizione.»

Il druido sorrise a quelle parole, coprendo la distanza rimasta e posando una mano sul tronco ruvido, accanto a quella esile e nodosa del vecchio. «Sono giunto in cerca di riparo» rispose gentilmente, alzando lo sguardo sull'albero e seguendo il profilo dei rami ricurvi. Fece una pausa, lasciando che il fruscio del vento sulle foglie scandisse lo scorrere di quei pochi secondi di attesa. Si domandò, ancora una volta, se condividere con l'elfo i dubbi e i quesiti che assillavano la sua mente fosse una scelta saggia, visti i risultati e le minacce ottenute solo il giorno prima. Quando abbassò ancora il capo però, qualcosa nello sguardo dell'altro lo spinse a rischiare, e a fidarsi della luce tenue che vedeva riflessa nel verde dei suoi occhi. Sospirò, prima di riprendere. «Avevo bisogno di sentire ancora un contatto con la terra, di farmi avvolgere dalla sua protezione.» Inspirò lentamente, lasciando che il sentore di terra raggiungesse le sue narici e gli trasmettesse la sicurezza che cercava mentre volgeva lo sguardo al rifugio per ammirarne la delicatezza. Poi sospirò, riportando il viso preoccupato sull'anziano e strappandogli un sorriso comprensivo. «Ma, a dire la verità, sono qui soprattutto in cerca di risposte» concluse infine, titubante.

L'elfo annuì, mantenendo lo sguardo fisso in quello di Spock e donandogli una sensazione di comunione rara, alla quale il druido non era più abituato da tempo. La sua esistenza solitaria lo aveva allontanato da molti aspetti negativi del suo passato, ma solo in quegli ultimi giorni iniziava a notare quanti aspetti preziosi della vita avesse perso, in quegli anni vissuti chiuso nella sua foresta. «Te lo si legge negli occhi, figliolo» sussurrò ancora il sacerdote, con voce morbida e arrochita dagli anni. «Sei tormentato dalla ricerca di quelle risposte, come lo sei dal timore di ciò che potrebbero rivelarti.»

«È così» mormorò Spock, affatto sorpreso dalla perspicacia del suo interlocutore. Quell'elfo gracile, dai capelli candidi sciolti sulle spalle e intrecciati finemente dietro le orecchie, era capace di trasmettere forza con la sola intensità del suo sguardo; non lo meravigliava dunque che fosse dotato di tanta perspicacia, come neanche che nella sua lunga vita avesse imparato a leggere così attentamente le emozioni e i gesti delle persone che lo circondavano.

Il druido era certo di trovarsi davanti a una creatura non comune, custode di segreti antichi e dimenticati, e dunque forse anche delle riposte che lui e i suoi compagni cercavano.

Conscio di quanto quell'occasione fosse preziosa, e rara, e deciso a non farsela sfuggire dalle mani, Spock mise da parte ogni altra riserva e si sporse verso l'elfo, per sussurrare lentamente nella lingua madre dell'altro: «Tá mé anseo toisc go bhfuil eagla orm ar an Dóiteán a dhólann Irvania.*»




*Sono qui perché ho paura del Fuoco che brucerà Irvania

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