Capitolo 1. In movimento - Parte Terza

«Ora che tutti se ne sono andati, direi che è il caso di decidere cosa fare» Jake finì la birra rimasta nel boccale, poi lo appoggiò nel tavolo e si guardò intorno. La sala era completamente vuota fatta eccezione per il loro tavolo; oltre la porta sul retro del bancone si udivano John e Ada sistemare la cucina e parlare piano, probabilmente dell'avvincente racconto fatto dallo stregone poco prima alla folla e fuori, per le strade del villaggio, si sentivano gli ultimi canti dei contadini ubriachi di ritorno alle loro case.

Daniel sedeva alla sinistra del ranger, con la sedia leggermente sollevata all'indietro, e accarezzava il serpente arrotolato sul bastone, che per l'intero pasto era rimasto posato sul tavolo; quando Jake parlò alzò lo sguardo, attento. Ben accanto a lui terminava la terza porzione di carne della serata e Jord faceva lo stesso dall'altro lato del tavolo, ma anche loro guardarono il ranger interessanti, come anche Spock e CJ, che avevano già terminato di cenare e aspettavano quel momento.

Solo Galatea pareva del tutto disinteressata a ciò che Jake sembrava avere da dire, i freddi occhi chiari che guizzavano da l'uno all'altro senza celare l'insofferenza che provava a trovarsi lì con loro.

"Sarà il caso di coinvolgerla in questa storia?" si chiese Jake, osservando il suo altezzoso portamento; sospirò ma alla fine decise che, nonostante tutto, lei aveva iniziato quella storia con loro, e come minimo aveva il diritto di sapere cosa avevano trovato. Prima che potesse parlare però, lei aprì la bocca:

«Sono perfettamente d'accordo. È proprio il caso che mi mettiate a parte su ciò che avete trovato lì sotto. Avete scoperto cosa apriva quella chiave? Quali tesori celava la dimora del "terribile" dio del fuoco? Direi che è giunto il momento di spartirci qualunque cosa abbiate portato in superficie» e detto ciò incrociò le braccia, cercando di trasmettere tutto il fastidio che provava per il fatto che ancora non avessero condiviso con lei i frutti dell'esplorazione. L'elfa rimpiangeva un po' la scelta di aver lasciato la fortezza anzitempo, e quel fastidio trapelava dalle sue parole, ma poi le tornò in mente la terribile sensazione di essere sepolta sotto strati di terra che aveva provato, e il rimpianto svanì.

«Parleremo anche di quello» intervenne Ben, ripulendo il piatto con l'ultimo pezzo di pane e stendendosi sulla sedia «Prima però, c'è qualcosa che devi sapere» e detto questo fissò lo sguardo sul ranger, in cerca di conferma. Lui annuì, e il guerriero con un sospiro continuò:

«Quello che abbiamo trovato nel cuore della fortezza non è esattamente ciò che ci aspettavamo... Daniel, puoi farle vedere?».

Galatea spostò lo sguardo da lui allo stregone e quando lo vide estrarre una sottile pergamena dallo zaino, la delusione si dipinse sul suo volto:

«Tutto qui? Una pergamena?» esclamò, contrariata.

«Si, ma non è una pergamena comune, e non si tratta neanche di un incantesimo. Guarda» e detto questo lo stregone le allungò il foglio, che lei prese con fastidio e srotolò con poco garbo davanti agli occhi. Arrivata a metà della profezia però, il suo volto assunse una sfumatura turbata, e preoccupata e quando terminò guardò Jord:

«Cosa significa?» gli domandò, nella voce non più un segno dell'arroganza mostrata fino a quel momento.

Il chierico scosse il capo, con lo sguardo deluso:

«Non ne ho idea. È questo che intendeva Jake dicendo che dobbiamo decidere come proseguire. Se anche una sola delle cose che sono scritte lì sopra è vera, allora non possiamo starcene certo con le mani in mano».

«Esatto. Non possiamo far finta di non aver letto quello che c'è scritto lì sopra» confermò Jake.

«Ma... Ma... Insomma, potrebbe essere finta... O così vecchia da non avere più alcun peso. Magari è stata abbandonata lì dentro proprio perché si sono accorti quanto sbagliata fosse» provò Galatea, cercando di calmare la paura che in piccola misura stava lentamente facendosi strada in lei.

«Può essere. Ma se non fosse così?» le chiese gentilmente Ben «Potrebbe essere vera, e noi potremmo essere gli unici a sapere che questo dio sta per tornare a distruggere Irvania».

«In realtà non possiamo sapere se è davvero questo che intende: "il mondo che gli ha voltato le spalle" potrebbe non essere Irvania; non sappiamo quando è stata scritta e la sua previsione potrebbe già essersi avverata» intervenne Daniel, raddrizzando la sedia per sporgersi sulla pergamena, che ora giaceva poggiata nel tavolo «Ci ho riflettuto ancora mentre giungevamo sin qui, e mi sono chiesto: che senso avrebbe creare un profezia per poi abbandonarla dentro una fortezza?».

«Magari non l'hanno abbandonata. Potrebbe essere stata lasciata lì dopo la Grande Guerra. Forse quando Dóiteáin è stato sconfitto, quella stanza è semplicemente stata chiusa e dimenticata» osservò Jake, ma Jord scosse la testa in risposta:

«Dubito che se avessero saputo della sua esistenza, i chierici del mio ordine l'avrebbero semplicemente lasciata lì, alla portata di chiunque. A meno che non avessero pensato che fosse falsa, avrebbero fatto di tutto per scongiurarla, di certo non per dimenticarla».

«Però tu stesso ci hai detto che hanno cercato di deviare le tue ricerche; forse non volevano che arrivassi alla fortezza e la scoprissi» suggerì Spock.

«Be', allora direi che gliel'hai fatta vedere, fratello!» esclamò CJ, facendo un occhiolino all'indirizzo di Jord, per poi scomparire di nuovo dietro un enorme boccale ancora semi pieno.

«In un certo qual senso... Abbiamo la pergamena certo, e abbiamo scoperto che effettivamente c'era qualcosa nascosto nella fortezza. Ma non sappiamo ancora di cosa si tratti, né perché fosse tutto celato dietro tanta segretezza.» Jord sbuffò, pensando a quante domande irrisolte avesse aperto quella svolta «Non ho idea di cosa potremmo fare adesso».

«Potremmo cercare qualcuno che sappia qualcosa» propose Jake, che ottenne immediatamente l'attenzione dell'intero tavolo.

«Potremmo...?» rispose Galatea, guardandolo. «Da quando contiamo come un "noi"?».

Ben indicò la pergamena:

«Da quando siamo quasi morti dentro un'antica fortezza, e ne siamo usciti indenni con una pergamena tra le mani. Ha ragione Jake, ci conosciamo da poco, ma in questa faccenda ci siamo dentro insieme». Gli altri annuirono, diverse sfumature di condivisione di quel "noi" leggibili sui loro volti; in tutti però c'era curiosità per la proposta del ranger, che dunque riprese a parlare:

«Se speriamo di ottenere qualche indizio semplicemente parlandone tra noi, allora difficilmente troveremo una soluzione. Ma se ci spostiamo da questo borgo, verso una delle grandi città del continente, magari saremo in grado di trovare qualcuno che conosca maggiori dettagli sul dio del fuoco e sulla sua "parola"».

«Dove proponi di andare? Hai qualche città già in mente?» chiese Daniel.

Jake rimase qualche secondo in silenzio, cercando di ricostruire a mente la geografia di Irvania:

«Non molto distante da qui, sorge la città di Riverwood» disse infine, tracciando con un dito un'invisibile percorso sul tavolo «Si tratta di un centro abitato notevole, con un gran numero di contatti con la capitale, ma soprattutto è sede di una confraternita religiosa molto importante. All'interno delle mura della città sorgono infatti dieci templi diversi, ognuno dedicato a una delle divinità protettrici. Se c'è un posto che può avere informazioni su questo dio, allora è quella città».

«Stai proponendo di chiedere aiuto a un tempio? Non pensi che sia rischioso, vista la reazione dei superiori di Jord alle sue domande?» domandò Spock, perplesso.

«Sappiamo che i ministri del culto di Pelor nascondono qualcosa, è vero. Ma non possiamo dare per certo che lo stesso valga anche per gli altri» ribatté Jake.

«Si ma...» iniziò Daniel, ma Jake lo interruppe:

«Inoltre, se anche dovessimo fallire con loro, Riverwood brulica di saggi e studiosi. Troveremo senz'altro qualcuno che possa spiegarci in cosa ci siamo imbattuti».

«Jake ha ragione, vale la pena tentare. Se non troviamo nessuno disposto a darci risposte in tutta la città, possiamo sempre proseguire verso la prossima e poi quella dopo» intervenne il chierico, entusiasta di avere finalmente un abbozzo di strada da percorrere.

«Si, ma fino a quando? Non possiamo certo girare ogni singola città del continente in cerca di qualcuno che sappia di cosa si tratta!» protestò Daniel «Potrebbe volerci una vita intera».

«Perché, hai impegni nel frattempo?» lo prese in giro Ben «Avanti, dicevi di voler girare il mondo in cerca di avventura. Quale avventura migliore di questa?».

«Non hai tutti i torti... Se non dovessimo trovare alcuna risposta, potremmo sempre dividerci lì e proseguire ognuno per la propria strada...»

«Scherzi, fratello? Perché mai dovremmo dividerci? Andiamo forte come gruppo!» lo rimbeccò CJ, che preso dall'entusiasmo si issò in piedi sulla sedia e prese a indicarli uno per uno «Avanti: abbiamo il guerriero spacca-teste, il tiratore infallibile, il ricucitore, il carismatico incantatore, l'uomo amico delle piante e ovviamente l'incredibile scassinatore...»

«Non ti pare di dimenticare qualcuno?» lo apostrofò l'elfa, glaciale.

«Uh giusto, dimenticavo sorella. Abbiamo anche la scorta di aceto tascabile» le proteste di Galatea vennero soffocate dalla gioia nella voce dell'halfling «Ve lo immaginate? Potremo diventare i salvatori del mondo! E un giorno avremo anche un bardo personale, che ci seguirà e suonerà le nostre gesta. Sarebbe tostissimo, non trovate?».

«Non starai correndo un po' troppo?» rise Jake «Nessuno ha mai detto che ti avremmo portato con noi».

«Ma... Ma io...»

L'espressione che si dipinse sul volto di CJ fu esilarante al punto che tutti scoppiarono a ridere, suggellando con allegria quel patto improvvisato tra quasi sconosciuti.

La discussione proseguì ancora per qualche minuto, poi però la stanchezza fece capolino tra loro; scelsero dunque di ritirarsi nelle diverse stanze a riposare, chiedendo a John e Ada ospitalità per quelli di loro che ancora non ne avevano una.

Quando infine il sole sorse nuovamente, riscaldando ancora i prati e le case di Collediquercia, i compagni si risvegliarono risposati e pronti, nel corpo e nello spirito, per il lungo viaggio che li attendeva; si prepararono adagio, assaporando il piacere delle comodità della taverna, non sapendo se lungo la strada per la città ne avrebbero trovata un'altra pronta ad accoglierli; poi si riunirono ancora una volta nella sala dabbasso, per gustare l'ultima colazione nel borgo prima della partenza e fare scorte per i giorni a venire. Jake e Spock si diressero alle rispettive abitazioni per raccogliere le poche cose necessarie per il viaggio, poi, dopo aver saldato i conti con l'oste ed essersi congedati da lui e dalla dolce moglie, gli avventurieri si avviarono infine fuori dal villaggio, lungo la strada principale, in direzione della città di Riverwood.

La primavera li accolse ancora in tutto il suo splendore, e nel piacevole caldo della nuova giornata, il viaggio cominciò. In breve la tensione per la partenza si sciolse, e le prime chiacchiere esaltate si diffusero nel gruppo, alleggerendo l'umore e preannunciando l'atmosfera gioiosa che li avrebbe accompagnati.

Fu solo quando le ultime case del piccolo borgo scomparvero dalla vista, e la strada maestra si stagliò, contorta davanti a loro, che notarono due figure ferme al centro del cammino, un centinaio di passi davanti a loro.

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