Capitolo 1. Collediquercia - Parte Quarta
Fuori, un gruppo di persone si era riunito a capannello intorno a qualcosa, e guadagnandosi un po' di spazio, Jake intravide una donna, sorretta dagli altri abitanti e in evidente stato di agitazione; la riconobbe subito come Sara, la vedova che viveva nella fattoria più periferica del villaggio. Gli fu chiaro che fosse disperata ancor prima di poterla raggiungere: i suoi capelli castani erano sfuggiti da sotto il fazzoletto che portava sul capo, e le cadevano sul volto, contratto in una maschera di preoccupazione e dolore; era rossa in viso e due rigagnoli di lacrime le correvano ai lati delle gote.
Le persone intorno a lei cercavano di capire il motivo della sua agitazione, ma la donna faceva fatica a parlare, in preda a una sorta di frenesia che la spingeva a spostare lo sguardo, come impazzito, da una persona all'altra. Facendosi largo tra la folla, Jake avanzò fino ad arrivarle davanti, poi le prese le mani tra le sue e le parlò, cercando di trasmetterle sicurezza, e dolcezza. «Sara stai tranquilla, siamo qui. Dicci cosa succede, possiamo aiutarti.»
Vedendo il suo volto, la donna sembrò tranquillizzarsi un poco, e prese a respirare profondamente, per controllare la voce il tanto sufficiente da poter parlare. Jake continuò a stringerle le mani in una delle sue, mentre con l'altra le massaggiava dolcemente una spalla. Da quando era morto il marito, in un terribile incidente con l'aratro, e lei era rimasta sola con un bambino piccolo, il ranger aveva cercato di offrirle tutto il suo aiuto, dividendo con loro le prede che cacciava, e facendole visita quando possibile, per aiutarla con i compiti più pesanti. In quel momento, prese a sussurrarle parole di conforto, aiutato da qualche altra donna del villaggio, che provvedeva ad asciugarle le lacrime, e a sistemarle i ciuffi sfuggiti dalla stoffa.
Dopo qualche secondo e qualche respiro più regolare, Sara finalmente si calmò abbastanza da poter parlare. «Jake, è Timmy» mormorò, guardandolo con gli occhi lucidi. «È uscito per giocare questa mattina, e non è ancora tornato. Io.... io...»
«L'hai cercato nel villaggio? Tra i campi?» le rispose subito lui.
Lei annuì sommessamente. «Sì, ho cercato in ogni angolo. Ho anche chiesto alla rimessa e alla legnaia, ma nessuno mi ha saputo dire niente.»
Lui annuì, notando di sfuggita i forestieri sporgersi tra la folla, attirati dal trambusto. Li ignorò, riportando l'attenzione sulla donna. «Potrebbe essere andato a giocare nella foresta. Vado subito a cercarlo, vedrai che starà bene. Non c'è niente di pericoloso là dentro.»
Sara scosse la testa «Ho già cercato, ho girato la foresta per ore e... non ho trovato nulla.» Singhiozzò leggermente, poi continuò «Jake, temo sia andato al baratro.»
Alla parola baratro, alcuni degli abitanti si ritrassero dalla donna e dal ranger, e i tre stranieri videro passare sui volti dei contadini e delle mogli un'ombra di paura. Anche CJ avrebbe potuto afferrare quel dettaglio, se non fosse stato impegnato in ben altre faccende: lo scaltro e amorale halfling, infatti, stava approfittando della confusione creata dalla donna per esplorare le tasche degli uomini, riuniti al centro della strada, e tale era l'attenzione di questi, che l'halfing poté intascare qualche moneta indisturbato mentre il dialogo andava avanti.
«Come fai a esserne certa? È parecchio lontano da qui, perché avrebbe dovuto andarci?» chiese Jake alla donna. Nel frattempo, la sua mente cominciava già a lavorare alacremente, valutando la possibilità di recarsi sul luogo per controllare, portando con sé alcuni degli abitanti del villaggio.
Sara chiuse gli occhi, e nuove lacrime le bagnarono il viso. «È colpa mia» mormorò «gli ho raccontato qualche leggenda, storie per fargli paura e convincerlo a non andare a giocare in quella zona». Tirò su con il naso, nascondendo poi il viso dietro una manica della tunica, vecchia ma pulita. «Volevo che lo temesse, invece l'ho incuriosito. Negli ultimi giorni non ha fatto che farmi domande su quel posto. E io, come una stupida, ho aumentato il numero di pericoli e ombre nascoste all'interno. È sempre stato curioso, lo sai. Ho solo peggiorato le cose, attirando la sua attenzione su quel posto.»
A quelle parole, il ranger cercò di portare alla mente i pochi dettagli che conosceva dell'orrenda voragine, chiamata dagli abitanti del luogo "il baratro", che sorgeva sull'antica strada maestra, qualche centinaio di metri oltre le ultime case. Possibile che il piccolo Timmy fosse giunto fin lì a piedi, da solo? Probabile, pensò. Un'intera mattina era più che sufficiente anche per un bambino, per raggiungere quel posto. Ammesso di avere la sua temerarietà infantile, viste le leggende che la gente del posto mormorava a riguardo.
«Va bene Sara, adesso non ti preoccupare, ci penso io. Tu vai a casa e aspettalo lì, nel caso dovesse tornare da solo. Io radunerò alcuni uomini e andrò a cercarlo nel baratro. Gli altri continueranno le ricerche nel bosco, e nel villaggio.» Lei lo abbracciò stretto, colma di gratitudine e nessuno dei due notò che alle parole del ranger, il gruppo di persone si era ritratto ulteriormente, lasciando davanti a loro solo i tre stranieri e l'halfling, che ora fingeva indifferenza.
Quando Jake si alzò e si voltò verso gli spettatori, vide che molti di loro si stavano allontanando piano, cercando di non farsi notare. Qualcuno borbottava che avrebbe cercato ancora tra i campi, altri che avrebbero setacciato la foresta. Ma nessuno fece accenno al baratro. L'irritazione iniziale che provò per quella mancanza palese di coraggio venne presto mitigata dalla comprensione di quanto profonde fossero le radici della paura, in quelle persone: la superstizione degli abitanti di Collediquercia, per quell'antica apertura nel terreno, era fin troppo solida, per pretendere che scemasse facilmente. Con un sospiro irritato, ma deciso a proseguire in ogni caso verso il baratro, puntò lo sguardo sui quattro rimasti intorno a lui e chiese: «Qualcuno di voi è disposto ad aiutarmi a trovare il bambino?» Lo disse in tono frettoloso, deciso a muoversi il prima possibile, ma poi gli venne in mente che, se voleva il loro aiuto, doveva dargli maggiori informazioni, e delle buone motivazioni. D'altronde, cosa poteva importare a quei forestieri, della scomparsa di un bambino? Prima che potessero rispondergli dunque, continuò: «Vi avviso in anticipo, non sarà una cosa semplice. Non so cosa troveremo all'interno, e potrebbe trattarsi di qualcosa di pericoloso.» Come si aspettava, arrivò la prima rimostranza.
«E dovremmo rischiare senza neanche la certezza di una ricompensa?» chiese l'halfling in modo provocatorio.
Lui pensò rapidamente, poi fece appello a quello che, immaginava, sarebbe stato un buon argomento per qualunque avventuriere: la sfida. «Perché vuoi dirmi che hai paura per la tua pelle, piccoletto?» gli rispose, in tono provocatorio. Fu sufficiente.
«Io non ho paura» ribatté l'altro, guardandolo negli occhi. «Dove si trova questo baratro?»
Jake nascose un sorriso. Fuori uno. «Non molto distante da qui, vi ci porterò io» continuò, poi si rivolse agli altri tre. «Possiamo contare sul vostro aiuto? Sono sicuro che il borgo ve ne sarebbe grato.»
I forestieri si guardarono, soppesando la richiesta del ranger. Il guerriero fu il primo ad annuire. Quello che Jake non poteva sapere era che, per Ben, un bambino veniva sempre prima della gratitudine di qualunque villaggio, o città: non poteva lasciare un innocente in pericolo, non fintanto che aveva la possibilità di aiutarlo, perché la sua coscienza glielo avrebbe impedito. L'uomo fissò dunque lo sguardo sul mezz'elfo, che in quel momento era a tutti gli effetti il suo datore di lavoro. Nell'attesa di una sua risposta, si chiese se sarebbe stato disposto a perdere i soldi e la compagnia dello stregone, per aiutare quel bambino. E subito dopo si rispose che sì, non avrebbe esitato a farlo: avrebbe abbandonato quel lavoro, se l'altro si fosse rifiutato di farsi coinvolgere. Per sua fortuna, Daniel sorrise, ed esclamò: «Un'avventura ricca di insidie e pericoli? Come potrei tirarmi indietro? Chissà cosa troveremo lì sotto, magari antichi tesori sepolti!». Il ranger lo squadrò, infastidito da quelle parole, ma si trattenne dal ribattere. Se lo avessero aiutato a trovare Timmy potevano pure coltivare tutte le speranze sul baratro che desideravano. «Ovviamente la vita del bambino è la cosa più importante,» continuò il mezz'elfo «ma perché non considerare la possibilità? Sei d'accordo, Ben?». Guardò il guerriero, che confermò con un cenno del capo «E tu elfa che ne dici, te la senti?»
Lei sospirò. Non era esattamente ciò che aveva immaginato di fare appena uscita dalla sua foresta, ma almeno era un inizio; quell'avventura poteva essere utile per dimostrare di che pasta era fatta al resto del mondo. «Andiamo, non vorremo rischiare che il povero bambino si faccia male» rispose, dunque. Nessuno parve notare il tono sarcastico della sua frase, fatta eccezione per Ben, che la guardò in modo strano. L'elfa lo ignorò, infastidita dal sospetto che quel rude guerriero avesse una coscienza fin troppo severa, nonché una perspicacia fin troppo sviluppata.
«Vi ringrazio» riprese il ranger. «Vi consiglio di prendere tutto ciò che vi serve, partiamo subito.» Poi si voltò verso Sara, che per tutto quel tempo era rimasta a qualche passo da loro, avvolta tra le braccia di due donne del villaggio, che l'avevano confortata e rassicurata sugli esiti di quella contrattazione. Jake le dedicò qualche secondo, per garantirle che, se Timmy si fosse trovato davvero nel baratro, lo avrebbe trovato e riportato in salvo.
Nel frattempo, i forestieri rientrarono al Vecchio Cinghiale, presero il loro equipaggiamento, e dopo aver messo al corrente l'oste e la moglie dei fatti, tornarono dal ranger, che li aspettava al centro della via.
«Devo passare al mio rifugio per prendere le armi» esordì lui, quando li vide pronti, e armati. «E sono convinto che avremo bisogno di tutto l'aiuto possibile, dentro quel baratro. Ho un'idea.»
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