Le fantasie di un ricercato

Louis Tomlinson aveva una taglia sulla propria testa da sette giorni, fuggiva da qualche giorno di più. 

In totale, tredici giorni di malavita.

Era diventato famoso, e tutti parlavano di lui, da quando era riuscito a svuotare le gioiellerie – una ad una – di Doncaster e a farla franca. 

Era famoso da più di dieci giorni, la sua faccia era in ogni Televisione, e lui ne aveva già abbastanza. 

Il giorno di Natale, subito dopo la fine del suo compleanno, aveva salutato i suoi parenti, inconsapevoli di tutto, ed era andato a scassinare la prima gioielleria, quella più grande. Aveva agito da solo, all'interno del negozio, con il solo aiuto di Niall, fuori, ad attenderlo in macchina e a fare la guardia.

Così aveva continuato fino al 26, in silenzio, senza farsi beccare; e soltanto il giorno dopo, quando tutti ritornarono a lavoro dopo le feste, si accorsero dei furti.

Sedici gioiellerie. Era entrato in ben sedici fottuti negozi.

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"Megalomane" tossicchia.

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Nessuno avrebbe avuto modo di scoprirlo, in realtà, perché Louis aveva pensato a tutto: dai codici per non far scattare l'allarme, alle chiavi per aprire i negozi e alle videocamere improvvisamente guaste per non farsi riconoscere.

Aveva pensato a tutto, tranne al fatto che il suo unico socio potesse essere acciuffato, mentre rivendeva la sua parte, e che, dopo vari interrogatori, potesse dire la verità.

Così era scappato.

Louis aveva agito per aiutare la propria famiglia, in crisi da quando il patrigno li aveva abbandonati  con troppi figli a carico, ma, a discapito della sua ingenuità, non aveva affatto pensato che, dopo tali furti, avrebbe dovuto abbandonarla.

Prima che diventasse, per così dire, "famoso", Louis aveva fortunatamente venduto un po' della sua roba e gran parte dei soldi li aveva dati subito alla madre, Johannah, dicendole di aver vinto alla lotteria – d'altronde non era mai stato bravo a dire le bugie. 

Una parte, altra fortuna, l'aveva tenuta per sé, per farsi un regalo per i suoi ventidue anni; regalo che poi era diventato necessario per mantenersi in quelle giornate da ricercato.

Vagava da un paesino all'altro da giorni, senza la possibilità di radersi, né lavarsi. E lui odiava la barba e la sensazione di sporco addosso. 

In realtà, con i soldi che si era procurato, si era lavato in tutti i motel in cui si era soffermato ma "il bagno di casa è tutta un'altra storia" si giustificava con una smorfia. 

La barba, invece, doveva tenerla per potersi camuffare in una identità che non era la sua.

Quel giorno si trovava a Holmes Chapel, senza nemmeno sapere come ci fosse arrivato. Era seduto davanti a una tazza calda di tè e al telegiornale della cittadina passavano la solita notizia: Louis W. Tomlinson, 22 anni, ricercato dalla polizia di Doncaster dal giorno 27 Dicembre 2013 per aver rubato in ben sedici gioiellerie. Taglia sulla sua testa: 80 mila sterline.

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"Non è un po' troppo?"

"Sta' un po' zitto!"

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Indossava un cappello rosso, aveva la barba lunga e il cappuccio sulla testa, nessuno lo avrebbe riconosciuto a meno che non lo avessero osservato con estrema attenzione.

Così, quando si alzò per andare in bagno, lo fece svogliato e stanco: non dormiva bene lontano da casa; aveva la costante paura di essere beccato, nel cuore della notte, ed essere spedito in gattabuia.

E la galera era l'ultimo posto dove voleva finire.

Quando arrivò davanti alla porta del bagno, era distratto e non si rese nemmeno conto che quest'ultima nel frattempo si era aperta. 

Lo capì soltanto quando gli finì sul viso, colpendo e dolendo il proprio naso. 

"Cazzo!" sbottò, tirandosi indietro, con una mano a coprire il viso. "Ops" fu la risposta che ricevette.

Oops?! Sul serio? Mi rompi il naso e tutto quello che hai da dire è un fottuto 'oops'?

Alzò lo sguardo, furente, sullo stangone davanti a sé, con tutta l'intenzione di incenerirlo con i suoi occhi – perché, a detta di sua madre, aveva un colore capace di riuscirci – ma quando incontrò quelli dell'altro, l'unica cosa che fu capace di dire fu un esile "ciao", che velocemente si sbrigò a camuffare con una tossicchiata.

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"Ma non stancherà questo solito primo incontro fatto di 'ops e hi?"

"Ti ho detto di stare zitto!"

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L'altro, con un sorriso sghembo, gli si avvicinò afferrandolo per un braccio e lo condusse dentro il bagno: "Vieni, bisogna bagnarlo con acqua fredda" consigliò, avvicinandosi ai lavandini.

Lo sconosciuto fu più veloce dei suoi momenti, sempre fin troppo poco scaltri, perché Louis si ritrovò col cappuccio calato e senza cappello. Ma giustificò la sua lentezza con la botta che doveva – per forza – averlo rintronato. 

Ringraziò il cielo quando l'uomo, che lo stava sciacquando, sembrò non riconoscerlo; quindi si rilassò, un poco, mantenendosi guardingo e sul punto di scappare da un momento all'altro.

Cazzo! Lo zaino con i soldi l'ho lasciato nella stanza! Fottiti, Louis, fottiti!

"Harry" gli si presentò – era decisamente troppo alto per i suoi gusti, perché per guardarlo negli occhi doveva piegare appena il capo. 

Louis aggrottò la fronte, mentre si massaggiava il naso e faceva un passo indietro da quelle mani affusolate che lo avevano toccato in viso, senza farsi troppi problemi. 

"Il mio nome" precisò. Aveva capelli ricci e senza una precisa acconciatura. Esistevano, piuttosto, su quella testa, e avevano vita propria – perché stavano dove volevano stare.

Come se mi interessasse!

"È buona educazion-" convenne ancora Harry, ma Louis lo interruppe con un "mi hai sbattuto una porta in faccia" alquanto ovvio.

Harry alzò le sopracciglia, depositando le sue mani sui fianchi poco pronunciati. Louis lo studiò, con l'occasione, e cazzo, che gambe!, pensò, provando una profonda invidia perché, diamine, lui era basso e le sue, di gambe, erano due piccoli prosciutti.

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"Mi lusinghi"

"Smettila"

"E poi adoro le tue gambe, per non parlare del tuo culetto..."

"Quando ho detto che potevi commentare, mh?"

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"Ti ho chiesto scusa" 

"Quando esattamente?" forse era un po' troppo, mh, scontroso ma aveva sicuramente un naso rotto e quel tizio aveva avuto la sfrontatezza di presentarsi! In un bagno!

Lo squallore...

"Scusa" lo sentì dire, mentre sorrideva e gli si avvicinava. "Ora lo posso sapere il tuo nome?" soffiò, sul viso, mentre lo afferrava ancora per un braccio, avvicinandolo di nuovo al lavandino.

E poi non ho proprio tempo per queste stronzate...

Louis si lasciò condurre vicino all'acqua, a causa di due occhi verdi che l'avevano colto impreparato, assieme a quei ricci e a quelle gambe.

Ma chi cazzo è quest'uomo? E perché si diverte a fottermi la testa? 

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"Qui un commento su cosa vorrei fotterti, ci sta"

"Ti prego, mi stai facendo passare la voglia..."

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"Allora, il tuo nome, posso saperlo?" insistette ancora, Harry, mentre con un pezzo di carta tamponava il naso di Louis.

"William" mentì, perché era da considerarsi uno sciocco se, ricercato, avesse dato ad uno sconosciuto il suo vero nome. 

Anche se, beh, William era parte del suo nome, ma dettagli.

"William, mh" commentò. "Non hai la faccia di uno che si chiama così"

Louis sgranò gli occhi e, afferrando il malloppo di carta bagnata, e un po' rossiccia, si affrettò ad allontanarsi. "Ah, no?" domandò, riacciuffando anche il cappello rosso per calarselo sulla testa. "E che faccia ho, allora?" domandò.

"Devo pensarci..." fu la risposta di Harry che, intrecciando le braccia al petto, iniziò a guardarlo per studiarlo.

Louis si incatenò nuovamente a quelle due iridi e per un po' – troppo – si lasciò osservare. Ricordandosi, poi, che ciò non era proprio possibile, scattò sul posto e, tirandosi su il cappuccio della felpa, "tic, tac, tempo scaduto! Addio" lo salutò, uscendo dal bagno.

Pagò velocemente alla signora la sua tazza di tè immacolata e si affrettò ad uscire senza voltarsi indietro. 

Louis era un bravo ladro, ma un pessimo fuggitivo, e avrebbe dovuto ammetterlo a se stesso. Non lo fece, perché, quando Harry "tu non sei di qui" gli disse alle spalle, per richiamare la sua attenzione, Louis saltò nuovamente sul posto, schiaffeggiandosi subito dopo.

"Mi stai seguendo?"

"Sei interessante, William" 

"Non è una risposta, questa"

"Sì"

"Sì, cosa?"

"Sì, ti sto seguendo"

"Beh, allora smettila"

"No"

"No...?"

"No, non la smetto. Dove vivi?"

Louis sbuffò e si fermò all'improvviso, imitato poi dal riccio che non aveva avuto nessuna difficoltà nel seguirlo – grazie alle sue falcate che messe a confronto con quelli di Louis facevano ridere.

"Non vivo da nessuna parte" fu la risposta.

"Ottima scelta di vita, posso vivere da nessuna parte con te?" domandò con un sorriso lungo e sincero che portò Louis a capitolare per l'ennesima volta.

Un paio di ricci, gambe lunghe, occhi verdi e due fottutissime fossette ai lati della bocca... 

Cos'altro poteva avere di più, quello sconosciuto, per far innamorare, più di quanto fosse lecito – e totalmente sbagliato in quel particolare tangente della sua vita –, quel povero disadattato, ricercato dalla polizia, che aveva mentito sul suo nome, di un Louis Tomlinson?

"No" 

"Sei un tipo difficile" fu il nuovo commento di Harry. Louis aveva provato a rispondere ma quando "da quando qualcuno non ti bacia?" aveva proseguito l'altro, avvicinandosi per arpionare il suo viso, era rimasto senza parole. 

Ricci, gambe lunghe, occhi verdi – che incatenano – due fottutissime fossette – che rincoglioniscono – e labbra carnose, perfette, rosse come una ciliegia, che avvelenano anima e cuore. 

Era da tanto che a Louis non accadeva, in realtà; ma quando Harry accostò le proprie labbra sulle sue, pensò di non averlo fatto mai: baciare sul serio qualcuno.

Baciarlo, poi, nel momento più sbagliato, in mezzo alla strada, dando spettacolo...

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"Aw, sei un tenerone!"

"Questa cosa dovrebbe essere una fantasia erotica..."

"Oops, scusa, ma tu mi fai deragliare!"

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No! urlò nella propria mente, allontanandosi dal Paradiso e tornando in Purgatorio. Non poteva proprio permettersi di far accadere una cosa del genere.

"Ma che cazzo ti dice il cervello?" sbottò, arrossendo e tornando a vagare per le strade sconosciute di quella cittadina. 

Doveva tornare nel suo motel, prendere lo zaino e defilarsi da lì prima che gli fosse balzata la malsana idea di baciarlo ancora e restare assieme a quello sconosciuto.

"La mia politica è fare ciò che voglio!" commentò, seguendolo ancora. "Avevo voglia di baciarti e l'ho fatto"

Louis si fermò ancora, interdetto da quelle parole. "Tu baci tutti gli sconosciuti?" replicò.

"Solo quelli che si chiamano William, ma hanno la faccia di un altro nome" rispose, confondendolo. 

Glissò quella risposta e "Potrei denunciarti per molestie, non pensi? Potrebbero farlo tutti gli William di questo mondo" commentò.

"Non bacio tutti gli William del mondo, anche perché fra questi ci sarebbe il principino e, ew, no, non è proprio il mio tipo" 

"Che cazz...?"

"Io bacio solo quelli che dicono di chiamarsi William, ma hanno la faccia di un altro nome" insistette. 

La sorpresa di Louis e il suo stato dall'erta lo fecero dubitare nuovamente sul quel tipo così importuno e tornò a camminare a passo svelto, sapendo di essere seguito – ancora.

"Vedi? Se volessi denunciarmi mi diresti di smetterla di seguir-"

"Smettila di seguirmi"

"Te l'ho detto io, non vale!"

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"Ma sono davvero così petulante ai tuoi occhi?"

"Un petulante che ador-

 ARGH! Smettila di interrompermi... E non ti azzardare a ridere!"

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Lo sconosciuto probabilmente era ignaro della facilità di Louis nello spazientirsi, così, quando questo si girò velocemente per afferrarlo per il colletto della maglietta e sbatterlo sul muro della piccola via, dove aveva appena voltato, Harry sgranò prima gli occhi e poi sorrise, sagace e divertito.

"Smettila di seguirmi, non mi conosci e potrei farti fuori. Qui, adesso!" esclamò a denti stretti, in quella che doveva apparire come una minaccia e che sembrò, più che altro, una velata richiesta a continuare – sia per il tono di voce, poco sicuro, sia per il modo in cui ora lo guardava, come se volesse mangiarselo lì, al buio. 

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"Cannibale"

"Mangiarselo non in quel senso" si schiaffeggia.

"E in che sen-...

oh"

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"Aw, mi stai facendo innamorare, William" commentò. "Posso essere la tua principessina?" ironizzò, mentre questo, sorpreso e nuovamente imbarazzato – oltre che furibondo –, lo lasciava andare con l'intenzione di tornare a camminare.

"Oggi deve essere sicuramente la mia giornata sfortunata" commentò il più basso, facendo un passo indietro.

"La mia è di certo fortunata" replicò, avvicinandoglisi e invertendo le posizioni per schiacciarlo contro il muro.

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"Io non sono manesco, né una principessina"

"Io, sì. Tutte e due."

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"Dai, in fondo lo so che ti piaccio anch'io..." soffiò ancora. 

"Piacermi? Per te è tutto così facile?"

"Credi nei colpi di fulmini?"

"Lo sai che non si risponde ad una domanda con una domanda?"

"Credi nell'amore a prima vista, Willy?"

"Da quando siamo arrivati ai nomignoli, Harreh?" lo canzonò, sorridendo finalmente.

"Lo sapevo che ti eri innamorato anche tu..." concluse, affabile, baciandolo infine. 

*****

Restò a Holmes Chapel più del dovuto, in quel letto di un motel, a conoscere la pelle di quell'uomo che aveva incontrato per sbaglio e che era rimasto senza un motivo. O forse c'era, ma Louis non lo ammetteva.

Per una settimana fu William e lo fu per Harry. Per una settimana non pensò nemmeno più di essere un ricercato, né di aver mentito.

Per una settimana fece l'amore con quell'uomo senza pensare a chi fosse e da dove provenisse.

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"Ti rendi conto che  finiamo col darci dentro anche senza conoscerci?"

"Shh, Harry, rompi il pathos!"

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Su quel letto, sul quale presto avrebbero fatto le ragnatele, fecero l'amore come solo due sconosciuti potevano farlo per scoprirsi e conoscersi.

Baciare Harry fu la conquista e la meraviglia di Louis. Possederlo, la vittoria. 

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"Ma poi perché devo sempre essere io il passivo?"

"Io immagino, io dirigo, HARRY"

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Quel giorno, sdraiato e coperto da un solo lenzuolo, lo attendeva mentre il riccio si era rintanato nel bagno. 

Quando si allontanava, come un drogato in piena astinenza, Louis si sentiva senza ossigeno, o meglio, a rota. E questo lo conduceva a pensare che, una volta che si fossero detti addio, sarebbe stato difficile, per lui, dimenticarsi di quell'uomo.

Quando tornò, però, dimenticò quei pensieri così tristi e gli sorrise con la bocca ma soprattutto con i suoi occhi.

Illuminato da quello sguardo, Harry ricambiò con le sue fossette, che avevano imparato a destabilizzare Louis, sempre, senza mai farci l'abitudine. Con un solo paio di boxer addosso, poi, gli si era avvicinato e sdraiato sopra, per abbracciarlo e ridere.

In silenzio, gli chiese un'altra volta.

"Non ti stanchi mai?" aveva finto disapprovazione, quando le intenzioni di Harry erano quelle di farlo ancora. "Sto recuperando il tempo perso..." rispose. 

Louis gli rise in faccia e "ma se ci conosciamo da una sola settimana?" replicò.

"Appunto" continuò, convinto, baciando il suo addome con la sua bocca carnosa e invitante. Louis era già eccitato, e questo era un dato di fatto sia per lui, sia per Harry che sentiva l'erezione schiacciata sul suo ombellico. "Dobbiamo recuperare tutti gli anni in cui non ci siamo incontrati..."

"Come sei romantico" rispose, mentre si scioglieva in un brodo di giuggiole.

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"Smettila di guardarmi a quel modo!"

"Perché? Come ti guardo?"

"Innamorato, e mi rincoglionisci, Harreh"

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Era così sbagliato perdere tempo con quell'uomo, era così sbagliato farci l'amore e volerne ancora. Era così sbagliato che Louis continuava a farlo, pensando – coraggioso – che anche se fossero arrivati i poliziotti, in quel preciso istante, ad arrestarlo, poco importava, perché aveva amato quel ragazzo dai capelli ricci che con la bocca ci sapeva fare, anche fin troppo bene. 

Ansimò, nel momento in cui Harry lo leccò sul linguine, con la chiara intenzione di scendere sempre più giù. Socchiuse così gli occhi e affondò il capo sul cuscino, quando si sentì lambire, delicato e lento, sulla punta del suo membro.

"Mhh" mugugnò, incapace di trattenersi. E Harry, allontanandosi appena, lo guardò, sorridendo malizioso, mentre una trottola ingarbugliava anche il suo, di stomaco.

Era così sbagliato anche per lui, perché se le sue intenzioni, fino ad allora, erano state quelle di arpionare quel ragazzo, sicuramente il suo fine ultimo non era quello di scoparci dalla mattina alla sera per sette giorni consecutivi.

Ma Louis era bello, d'animo buono e generoso, e sapeva fare l'amore come mai nessun uomo aveva saputo farlo con lui.

E Harry Styles ne aveva avuto tanti di uomini nei suoi pochi anni di vita. Era giovane, ma curioso, e amava amare ed essere amato, fisicamente.

Oltre al suo lavoro, ovviamente.

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"Ma io l'ho fatto solo con te!"

"Il mio adorato verginello..."

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Tutto quello che stava facendo con quel ragazzo era seguire la sua passione, ma andare contro il suo lavoro.

Ancora una volta, nonostante i suoi buoni consigli, presi nel bagno, glissò la ragione e avviluppò con le proprie labbra l'erezione di Louis, avvolgendola e succhiandola avidamente.

Gli piaceva quel modo lussurioso di far godere la persona al quale dedicava quelle attenzioni. E anche in quello, con Louis c'era una sottilissima eccezione, amava le piccole sfaccettature del suo volto, corrucciato in una smorfia di piacere, mista a frustrazione, gli piaceva sentirlo ansimare – oltre al fatto che lo inorgogliva sentirlo godere – e gli piaceva la sua pelle, assieme al suo profumo. 

Era diverso, amare lui.

Adorava il suo sapore nella sua bocca. Ed era assurdamente maniacale, in tutte le sue forme, sentirlo e provarlo.

"Harreh" ansimò Louis, alzando le mani sulla testiera del letto per afferrare le aste e stringerle, serrando ogni muscolo e vibrando per tutto il corpo, spasmodicamente, mentre il ragazzo continuava la sua magnifica opera. 

Ed ecco un'altra cosa che amava, Harry, di Louis: il suono delicato della sua voce, il tono, l'espressione al quale tendeva quando lo chiamava e storpiava quello che era il suo nome. 

Se fosse stato per lui, avrebbe speso ogni attimo rimastogli di quella vita umana nel far godere quell'uomo, solo per sentirlo chiamare così. 

"Harreh" lo invocò ancora, attirando i suoi occhi smeraldini su di lui.

Succhiò ancora, in profondità, e lo fece venire mentre lo guardava. Si sentì soddisfatto, e giurò convinto che non lo fosse solo lui.

Quando lo raggiunse, sovrastandolo ancora, Louis aveva ancora gli occhi socchiusi, ma i muscoli di nuovo rilassati e la pace dei sensi sul suo viso gioviale, coperto sempre da una barba incolta che solleticava ogni volta il suo viso.

Harry lo fissò avidamente, desiderando che quel momento potesse durare per sempre, invece di farlo finire come doveva.

Era passata una settimana, spesa completamente in quel letto, e l'aveva sprecata, perché avrebbe potuto sbrigare il suo lavoro in ogni momento. Invece, lussurioso, come non era mai stato nel campo lavorativo, si era reso capriccioso e aveva prolungato quel momento perfetto, più del dovuto.

Così, con una smorfia di disapprovazione, Harry si sbrigò ad afferrare le manette che aveva sempre a portata di mano – ora sotto il cuscino – e lo incatenò alle aste del letto.

Gli occhi di Louis furono subito su di lui, stupiti e scioccati, ma non sembrarono capire immediatamente cosa stesse succedendo. "E queste quando le hai comprate?" gli domandò infatti con un sorriso malizioso. 

La tentazione di fingere ancora, soltanto per averlo, fu grande. Quando poi Louis si mise di fianco, dandogli le spalle, in un chiaro invito a farlo suo, Harry perse la ragione e non ci capì più nulla.

Lo accarezzò, sorridendo teneramente, lungo i fianchi, arrivò sull'inguine, dal quale proseguì salendo verso la pancia piatta ricoperta di alcuni peli e lo attirò verso di sé in uno scatto possessivo, schiacciandolo sul suo corpo.

Si giustificò, mentalmente, con quell'eccitazione latente che aveva addosso e nelle sue mutande.

Dovevano appartenersi ancora, doveva sentirsi dentro di lui una sola volta.

Ma quella era stata una scusa, come tutte le altre volte in cui si diceva 'devo appartenergli un'altra volta sola, devo sentirlo dentro di me ancora, ma per l'ultima volta' quando, invece, ne erano susseguite altre ancora.

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"Mi stai per rendere attivo o sbaglio?"

"Sono magnanimo oggi"

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Perciò mandò al diavolo il suo compito di acciuffarlo e "che si fottano" esclamò nella sua mente "un'altra volta"

Un'ultima. 

Quella volta, però, Louis sarebbe stato suo. Lo baciò su una spalla, poi sulla clavicola e salì, velocemente, sul suo viso. Dove, incontrando quelle due labbra, assaporò smanioso cercandone la lingua con la propria. 

Con una mano, invece, si adoperò ad abbassare i boxer e a introdurre il proprio membro fra le natiche sode e perfette dell'uomo che si stava donando devotamente a lui, ad occhi chiusi, con un sorriso celestiale stampato in faccia; per il quale Harry, catturato, pensò di essersi innamorato, in quell'istante, anche se  l'aveva visto per tutta una settimana.

Quel viso era perfetto, e un po' suo ora.

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"Narcisista"

"No, il mio sorriso è davvero perfetto"

"Sì, ma questo posso dirtelo solo io" 

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Harry lo penetrò pochi istanti dopo. Entrò piano in lui, riempendo le sue orecchie di ogni suo gemito, e mugugnò qualcosa anche lui, gutturale, nella bocca dell'altro, mentre con le mani si allungava su quelle di Louis incatenate alla spalliera di ferro. Spinse in un colpo secco tutta la sua lunghezza ed esultò con un altro gemito. Al quale seguì quello di Louis che, però, fu meno di piacere e più per il dolore.

Con le natiche contratte Harry si ritrasse piano e spinse ancora. Un altro ansimo, soppresso da quelle labbra che si baciavano, ancora, mordendosi e carezzandosi tra sorrisi fatti di 'ancora'.

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"Quanto manca?"

"Perché?"

"Che cazzo di domande, Louì"

  "..."

"Qui qualcuno si è svegliato con i tuoi racconti"

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Spinse e si sottrasse ancora, Harry, fino a quando non sentì sopraggiungere l'apice del piacere. 

E quando l'orgasmo lo travolse come un fiume in piena fatto di scosse elettriche e vibrazioni da pelle d'oca, ansimò ancora su quella bocca, a pochi centimetri di distanza, e non si trattenne dal farlo e dal chiamarlo per nome.

"Louis, Louis, Louis" lo avrebbe chiamato in eterno, se qualcuno gli avesse promesso che quell'immortalità era fatta di soli momenti come quello.

"Harreh" lo chiamò, calmo, in un sorriso, prima di accorgersi di come era stato chiamato. 

"Harry!" urlò, agghiacciato.

Il riccio lo guardò confuso e rintronato – d'altronde aveva appena concluso un amplesso, sveglio non poteva essere di sicuro.

"Perché mi hai chiamato Louis?" 

E solo a quella domanda, Harry capì l'errore che aveva fatto. Uscì da lui, controvoglia, perché nelle sue intenzioni, sarebbe rimasto dentro quel corpo per un altro po', solo per sentirsi ancora una cosa sola con quell'uomo che, in un secondo, a causa di un orgasmo, aveva scoperto le sue bugie.

"Perché è il tuo nome, no?" gli disse. "Non è così che ti chiami, Louis Tomlinson?"

Louis sgranò gli occhi e si animò sul posto, tornando velocemente sdraiato, perché altra posizione non poteva assumere, a causa delle manette. E si sentì un pollo, braccato, e acciuffato. Presto Harry gli avrebbe tagliato il collo.

"Louis William Tomlinson, 22 anni, ricercato dalla polizia di Doncaster dal giorno 27 Dicembre 2013 per aver rubato in ben 16 gioiellerie. Taglia sulla sua testa: 80 mila sterline." recitò a memoria, mentre si metteva a sedere, guardandolo rattristato, con i suoi ricci – come sempre – ingarbugliati e fuori posto.

"Ma ti ha dato di volta il cervello? Che cazzo dici?" sbottò, fingendo, con una pessima recitazione. Strattonò i polsi invano, tentando di liberarsi, ma rimase dov'era, senza la possibilità di sentirsi libero.

"Dico che sei dato per scomparso da, mh, ad oggi sono venti giorni e io sono Harry Styles, cacciatore di taglie. Ti sono dietro da Liverpool..." 

Un cacciatore di taglie? Esistono ancora?

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"Già, esistono ancora?"

"Che cazzo vuoi che ne sappia!"

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"Te lo hanno detto che sei un bravo ladro, Louis, ma un pessimo fuggitivo? Chiunque saprebbe chi realmente sei, anche con quella barba addosso" commentò beffardo. 

"Comunque, mi vali ben ottanta mila sterline!" esclamò ancora, finalmente soddisfatto al pensiero di così tanti soldi. "Ci campo per un bel po'!" continuò, sorridendo.

"Brutto figlio di puttana!" fu l'esclamazione dell'altro. 

"Ah, quindi lo ammetti?" 

"Stronzo! Ti sei approfittato di me!"

"Ora non fare la donna, Louis"

"Vaffanculo! Toglimi queste fottute manette!"

"E lasciarti scappare? Diavolo, no! Mi prendi per scemo?" 

"Abbiamo scopato, non è contato niente?"

"Non ci provare, Louis, a farmi pena! È stato bello fare l'amore con te, ma il tempo è scaduto, ciò che ti aspetta è la cella"

E fu così che Louis Tomlinson, dopo venti giorni di latitanza, fu consegnato alla giustizia. 

Harry però non lo dimenticò mai e Louis, d'altro canto, chiuso in cella, ci provò con tutto se stesso, a dimenticarlo, ma con scarsi risultati.

Quando uscì, infatti, diverso tempo dopo, Harry si fece trovare fuori, ad attenderlo, e dopo una bella litigata e una gran scazzottata, i due furono di nuovo insieme.

E le manette le usarono ancora, giusto per dire.

*****

"Ho da ridire su questa storia" è il commento di Harry, sdraiato sul letto accanto a Louis, con la testa poggiata su una mano.

Louis lo guarda e aggrotta la fronte, mentre si gira di lato per guardarlo. "Cosa?"

"Io ti avrei lasciato libero" Louis sorride, alzando gli occhi al cielo, in uno sbuffo divertito. "Lo so, perché tu mi ami" gli risponde.

"E allora perché invece finisci in cella?" replica contrito. Il divertimento di Louis si amplifica. "Perché è una storia, Harry, e mi piace così..."

"Ora non ci dormirò stanotte..." brontola poco dopo il riccio, distendendosi supino su quel letto per guardare il soffitto. "E chi ha detto che devi dormire?" è la replica di Louis che, gattonando piano, lo sovrasta per baciarlo celere.

Harry sbuffa su quelle labbra e poi lo abbraccia con le mani e con le gambe, costringendolo a sostare più del lecito sul suo corpo.

Se deve esistere una gabbia per Louis, l'unica approvata è quella di Harry quando lo abbraccia in quel modo. 

"Forse dovremmo dare segni di vita al resto del mondo, siamo sul serio scomparsi dalla circolazione..." farfuglia poco dopo, tra un bacio e l'altro.

"Ma anche no" risponde Louis, cercando nel cassetto del comodino il pacchetto di preservativi. 

"Chi era quello che non vedeva l'ora che la storia finisse per darci dentro?" gli domanda, cambiando argomento e direzionando l'attenzione di Harry su qualcosa di più interessante.

"Io!" urla eccitato il ragazzino. "Posso fare l'attivo?" domanda con lo stesso entusiasmo.

"No, Harry, scordatelo!"

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