12. PALADINI DEL BENE
Le stecche diradate delle tapparelle lasciavano entrare una flebile luce. Le lenzuola fucsia frusciavano inseguendo i piccoli movimenti di un corpo non più tanto addormentato. Una chioma castana emerse da sotto il cuscino pochi istanti prima che la sveglia trillasse, come al solito.
Un esile braccio si allungò per zittirla. Un mugolio, uno stiracchiamento e, alla fine, scattò seduta sul letto. I piedi nudi e ben laccati scivolarono dentro le ciabattine pelose e si diressero verso il bagno. Un largo sbadiglio, prima che l'acqua fresca sul viso completasse il risveglio; e l'animo gioiva sollevato, per aver scoperto che era tutto un sogno. Il più bizzarro della sua vita, certo, ma semplicemente un sogno.
Scelse con cura i vestiti da mettere. Si pettinò per bene prima di mettere l'ombretto rosa perlato sulle palpebre, il lucidalabbra colorato e le vistose campanelle alle orecchie.
Zaino in spalla, uscì dalla camera.
-Buon giorno tesoro!- disse la mamma dalla cucina.
-'giorno mami!- rispose lei, dirigendosi verso la porta d'ingresso.
-Non mangi nulla?
-Sono in ritardo, ma tranqui, lo farò a scuola.
Nel frattempo una bambina col suo pelouche stava montando sopra un letto non suo, gridando 'Sveglia fratellone! Sveglia!'.
-No! Silvietta, è presto, lasciami dormire ancora un po'..la sveglia non ha ancora suon... Come non detto. –e con un colpetto sul pulsante snooze fece smettere l'antipatico trillo.
-L'ho mandata io!-disse la mamma affacciatasi alla porta- Coraggio pigrone, fuori dal letto o non ti faranno entrare!
La sorellina prese a fargli il solletico sul naso con la zampetta pelosa dell'orsacchiotto, divertendosi un mondo.
-Sì, sì ho capito. Ora però esci.. che mi devo vestire.
-Vieni Silvia, andiamo intanto noi a fare colazione.
Come al solito si era dilungato troppo e l'orologio inclemente di cucina segnava già le otto meno un quarto; confidando nei semafori verdi forse sarebbe arrivato a scuola appena in tempo.
In sella al motorino, ancor prima di partire, accusò un lieve giramento di testa e deboli voci iniziarono a risuonare nelle sue orecchie. Si concentrò meglio sulle parole e qualcosa come "Cosa mi succederà stamani?", "Ho paura.", "Un giorno o l'altro ci morirò!" si distinsero con maggiore nitidezza. Sopraggiunse un mancamento e contemporaneamente la sensazione che il suo corpo venisse sfilato via come un vestito. Per non cadere si agguantò forte alle manopole del motorino e dopo alcuni lenti respiri ritornò fortunatamente in sé.
Nel quartiere vicino un altro bambino era in vena di dispetti.
-Se non tieni fermo quel piede non posso farti il fiocco. Per favore!-seduto sulla sedia, troppo alta per lui, si divertiva a dondolare le gambette in avanti e indietro, facendo penare il povero fratello.
Mentre le dita di quest'ultimo tentavano di annodargli quei lacci, il piccoletto esclamò 'Bellooo!'; e tolta di bocca la manina, ancora salivante, gli accarezzò il bracciale che faceva giusto capolino dalla manica.
-Mamma! -la voce scocciata della sorella- Diletta si è messa la mia gonna senza permesso!
-Non è vero, te l'ho chiesto ieri pomeriggio ma tu l'hai dimenticato!-replicò stizzosa.
Arianna rincorreva Diletta per toglierle la gonna di dosso; ma c'era ben poco da scappare in quei pochi metri quadri di appartamento.
-Finitela! Non possiamo perdere tutto questo tempo, la mattina soprattutto!-gridò il fratello mentre chiudeva il giacchetto al piccolino.
-A scuola e poche storie! –intervenne la mamma-Tu, Arianna, stamani metterai un'altra cosa e rimandiamo la discussione a dopo pranzo. Grazie. Sapete che la nostra sopravvivenza dipende dagli incastri perfetti. Forza, e senza musi!
-Hai ragione. Scusa.- Ammise lei, remissiva.
Diego entrò sparato nel cortile della scuola, si tolse il casco mentre ancora correva verso le scale; le salì furiosamente; divorò il corridoio e si gettò in classe affannato. Appena lo videro, i ragazzi alzarono i polsi e i loro bracciali furono la prima risposta ai suoi quesiti.
-Sappiamo già come ti senti, è stato così per tutti.- lo incoraggiò Samantha mentre le passava vicino, muto e confuso, in direzione del suo posto.
-Non è stato un sogno eppure sembra che le nostre vite non siano mai state interrotte. -gli disse Alberto, dalla sedia accanto.
Seduto con la coscia destra sul lato corto del banco, Federico pose un dubbio -Ma siamo davvero scomparsi?
-Però questi bracciali parlano chiaro!- replicò Marta, giocherellando con le sfere di quarzo.
-E invece, non potremmo aver avuto tutti lo stesso sogno?-domandò Bianca, guardando furtivamente Valerio e dispiacendosi in cuor suo di aver probabilmente perso quella parte romantica del viaggio.
-Non direi.. ti sono mai arrivati oggetti materiali da un sogno?-replicò Filippo
-Tuttalpiù numeri.. da giocare al lotto!-sortì Jessica in una battuta.
-Ciao ragazzi!-era appena entrato Valerio, tutto trafelato, sul gong della campanella. -Visto?-disse mostrando il suo polso- E' stato facile rientrare nella vita di sempre.. qui il tempo si era fermato. La totale sicurezza di Valerio li lasciò spiazzati; un'ipotesi a cui nessuno aveva finora pensato e che allargò immediatamente il sorriso di Bianca.
-Grande Valerio!- si complimentò Alberto, proprio mentre la professoressa di Italiano stava varcando la soglia.
-Bene! Buon giorno ragazzi! Per che cosa è grande il nostro Valerio?- domandò lei in tono affettuoso.
Scoppiò una risata generale ma, visto che nessuno ne voleva parlare, cominciarono la lezione come nulla fosse.
Nove di loro non erano ovviamente interessati alle teorie medievali di Dante Alighieri. I loro Inferni, Purgatori e Paradisi al momento sembravano più concreti e urgenti di quelli del Sommo Poeta.
-'Lasciate ogni , o voi ch'entrate.' -recitò a mente l'insegnante- siamo nel terzo Canto dell'Inferno. Vi ricordate?
-Quando Dante, accompagnato da Virgilio, si trova all'ingresso dell'Inferno. –intervenne Laura dal secondo banco.- Poco dopo incontrerà Caronte, il traghettatore dei dannati sul fiume Acheronte.
-Esattamente.- si compiacque la prof.
Nel bigliettino, che i poveretti si passavano freneticamente da sotto i banchi, si racchiudeva il sordo struggimento di chi vuol dare presto una collocazione a tutti gli straordinari eventi di cui continuavano ad essere gli attori.
-'ll mio bracciale ha dei poteri. I vostri?'- scrisse Jessica, che nel tragitto casa/scuola, a seguito di una premonizione stimolata dal bracciale, aveva sentito mutare in sé il desiderio di comprare il consueto pacchetto di sigarette.
Passando di mano in mano il foglietto si riempiva di cenni paranormali. Quando ritornò a lei, alzò lo sguardo e incrociandolo con quello degli altri si rese conto che non c'era più bisogno di scrivere: avevano scoperto di saper comunicare telepaticamente. Sebbene il luogo, disturbato per voci e rumori, non fosse stato perfetto per una connessione del genere riuscirono comunque a trasmettere l'essenziale.
-'Dobbiamo capire come funziona! Alla ricreazione tutti in palestra.' -comunicò Federico.
-Va tutto bene, Marta?- domandò preoccupata l'insegnante- hai lo sguardo perso.
I suoi occhioni azzurri sbatterono le palpebre per due volte prima che potesse risponderle. Marta era entrata completamente in connessione con l'orologio a muro affisso giù nell'atrio della scuola e, riconoscendolo come un prolungamento di sé, ne aveva comandato il meccanismo analogico al suo interno. Così, all'insaputa del bidello, la lancetta più lunga aveva guadagnato terreno dentro al quadrante.
-Sì, sì sto bene.- riuscì a dire nello stesso istante in cui ci fu il suono della campanella delle dieci e trenta che, con dieci minuti di anticipo, annunciava la fine della lezione.
Senza dare troppo nell'occhio, i nove adolescenti raggiunsero la palestra. Il solito matto di Diego si lanciò sulla parete opposta all'ingresso e con due falcate sul muro dette spettacolo con una capriola all'indietro. Le ragazze si sistemarono sulla panca sotto il finestrone, noncuranti della performance di Diego che forse aveva solo bisogno di sfogare quell'irrequietezza che un po' tutti avvertivano. Poco dopo, sia lui che gli altri le raggiunsero.
Straniti, accarezzarono a lungo i loro bracciali facendo scorrere di continuo le dita sulle perle di quarzo. Le rotolavano avanti e indietro sulla pelle, traendo piacere da quel lieve massaggio. Nessuno sembrava però decidersi a parlare.
-Non capisco,- finalmente Marta aprì la conversazione- ma chi siamo diventati? Stamani, con la sola forza della mente, ho modificato la traiettoria di una grossa scatola che stava cadendo proprio sulla testa di mia sorella Anna, e qui con voi mi accorgo che posso comunicare con il pensiero... Per non parlare delle lancette dell'orologio di scuola..
-Ah, ora mi spiego... Sei stata tu, a spostarle in avanti.. Notevole!- commentò Filippo.
-Volete sapere una cosa per me davvero strana?
-Che dici, Jessica, qui sembriamo far collezione di cose strane! Altro che "una"!- replicò Samantha alzandosi in piedi di scatto; liberò i capelli dall'elastico a molla e i folti ricci scesero fino alle spalle, come a volersi ribellare ad una situazione che si faceva sempre più ingarbugliata.
Dolcemente solidale al suo malessere, Federico le si avvicinò, senza dire niente. La seguiva premurosamente con lo sguardo, pronto a sostenerla qualora avesse degenerato nel pianto.
-Hai ragione.. –replicò Jessica- allora diciamo che è una delle cose strane che mi stanno capitando. Vi interessa sapere oppure no?
-Sentiamo..
-Incredibilmente,- confessò lei con un po' d'imbarazzo - il silenzio mi attrae..
-Tu!- esclamò Diego, interrompendo bruscamente la sua confidenziale narrazione- La "frantumatrice d'orecchie umane"! Questa è bella davvero!
Il tono con cui le si rivolse non fu per niente gentile e il quarzo ialino si illuminò, distribuendogli un lieve pizzicore; allora le chiese scusa e si mise a lisciare il bracciale come se volesse rassicurarlo di aver capito l'errore commesso. Trasformare l'indole aggressiva non sarebbe stata una cosa semplice e consolidare la nuova abitudine ad usare frasi assertive avrebbe richiesto il suo tempo. Ad ogni modo, la cosa positiva fu vedere Diego sinceramente interessato al proprio cambiamento e perciò ben disposto a farsi guidare dal sapiente cristallo.
Jessica, ispirata dalla sua ametista, non sentì neppure il desiderio di contrattaccare come solitamente avrebbe fatto; non dette peso all'insulto di Diego e rimase stupita delle scuse che ebbe in cambio.
Le dinamiche stavano decisamente cambiando. In cuor suo, Jessica sapeva molto bene che in quel preciso momento la cosa più giusta da fare era proteggere la propria autostima dai giudizi altrui, ai quali bastava solo non dare credito e sarebbero rimasti al mittente come una lettera mai consegnata.
-E' la stessa cosa che ho notato su di me. –si accodò Filippo- E' come un richiamo, sordo ma intenso.
-Per due chiacchieroni come voi- osservò bonariamente Valerio– è normale che questa voglia di silenzio vi lasci, per così dire, senza parole.- ridacchiando mentre lo diceva.
-Sì Vale, ho capito la battuta; ma quello che vivo è veramente difficile da raccontare..- e mentre Jessica ricercava seriamente le parole più adatte, Filippo le venne in aiuto.
-Perché dentro ci sta una forza di cui ignoriamo l'esistenza. Io personalmente ho sempre avuto paura del silenzio, perché assomiglia al nulla: un vuoto, in cui sembra mancare perfino l'ossigeno per respirare. Ma ora, incomincio a credere che il vuoto non esista; nel vuoto si nascondono infinite possibilità.
-Ben detto, Pippo!- disse lei facendogli l'occhiolino- E' esattamente così: un vuoto pieno di forza. Ma io, riempiendolo di parole, gli ho sempre chiuso la bocca.
Quella sintonia fra di loro, la stessa che era già apparsa dentro il gioco, si ripresentava ora con maggiore evidenza.
-Scusate ragazzi, torno subito. -interruppe Alberto abbandonando all'istante il proprio corpo.
Sensibile ai suoni del mondo, aveva udito di nuovo quella vocina richiedente aiuto. Questa volta però il viaggio astrale era stato perfezionato e la proiezione di Alberto raggiunse senza intoppi il bagno della scuola, dove un ragazzino stava per essere ancora una volta bullizzato da tre suoi coetanei.
-Cosa state facendo!- gridò a bruciapelo, alle spalle dei bulli.
-Di che t'impicci! –tuonò minaccioso quello che sembrò essere il capo- Ti conviene andartene..
-E in fretta!- si unirono gli altri due scagnozzi.
Intanto, nella palestra, i suoi compagni cercavano di rianimare quel corpo inspiegabilmente afflosciato sul tappeto. Marta era in lacrime e Jessica, sconvolta, stava pensando di fargli la respirazione bocca a bocca, quando Samantha gli si inginocchiò di lato e con sollievo poté constatare che il battito c'era e il respiro appariva lento ma regolare. Eppure, sembrava senza vita. Perciò guardò i ragazzi e, tenendogli ancora la mano, chiese loro se fosse il caso di chiamare l'ambulanza.
Improvvisamente la mente di Alberto entrò nei loro pensieri ordinandogli di aspettare. Considerarono allora che ci dovesse essere una spiegazione paranormale anche in questo caso e con fiducia pazientarono.
-Devi mettere fine a questo comportamento- suggerì con molta calma al bullo- la prepotenza e la violenza non ti daranno quel valore e quella sicurezza che stai cercando. Fatti aiutare da persone di cui ti puoi fidare.
-Ma cosa dici stronzetto!- e non sopportando la verità di quelle parole, il ragazzo gli si avventò contro con tutta la rabbia che stava montando nel suo cuore . Era carico come una molla e per un po' si sentì fiero della propria collera ma, un attimo dopo, fu attanagliato dal terrore quando vide Il suo pugno attraversare il corpo astrale di Alberto e sbattere rumorosamente sulla porta, causandogli un bel po' di dolore. Gli occhi fuori dalle orbite e il tremore nelle viscere, con i suoi tirapiedi fuggì a gambe levate.
Prima di ritornare fisicamente nel suo corpo, Alberto si trattenne ancora un po' per tranquillizzare la giovane vittima e dargli alcuni consigli.
-Io sono Alberto, e tu come ti chiami?
Il ragazzino era ancora molto scosso da ciò che aveva visto: apparentemente era stato salvato da un fantasma, o questa fu almeno la sua percezione visiva; non poteva certo immaginare l'esistenza di un corpo astrale in una persona viva.
Al meglio delle sue capacità, Alberto gli confidò questo suo segreto, raccomandandosi di tenerlo per sé; con tono da fratello maggiore, lo invitò poi a irrobustirsi nella mente e nel corpo con un'arte marziale di suo piacimento e a non ritrovarsi mai più da solo.
-Ora va' in classe e alla fine delle lezioni ti prometto che ti presenterò anche il mio corpo fisico. –disse ridendo- Va bene?
-Va bene.- rispose l'altro con un filo di voce e, con un timido sorriso, uscì dal bagno.
Alberto, osservando la rosa di volti sopra di sé, esordì gioioso: -Salve ragazzi! E' tutto a posto. Vedete? Sono tornato.. –e con un salto fu di nuovo in piedi- So che ora non capite, ma vi spiegherò.
Durante la descrizione del suo straordinario potere, i compagni si chiedevano se anche loro avrebbero potuto sperimentare la stessa cosa.
-Può darsi! –rispose Alberto telepaticamente- Perché no?
-Bene, ci proveremo anche noi; ma non ora.. -disse Samantha dopo aver dato un'occhiata al suo orologio- la ricreazione è finita; che facciamo?
-Torniamo pure in classe.. capire il perché e il come siamo diventati così è irrilevante.- concluse Alberto- Abbiamo un dono e ciò che più conta è saperlo usare bene per aiutare chi è in difficoltà.
Non si sollevò alcun parere contrario, pertanto ritennero suggellato il tacito accordo.
Nei mesi a seguire ebbero modo di esercitarsi nell'intimo dialogo con la Macrovita e, ben presto, vedere l'invisibile e credere l'impossibile divenne per loro una cosa normale. Infranti gli schemi mentali, i loro cuori si erano aperti sempre più al Mistico Silenzio, da dove potevano udire il sussurro della voce interiore e attivare i poteri dell'intuito, della telecinesi, della telepatia, della premonizione e della proiezione astrale.
Molte volte il quarzo citrino del bracciale di Samantha l'aiutò nella riprogrammazione del proprio inconscio. Dopo aver vissuto, per tanto tempo, nell'illusione di poter essere veramente felice solo se avesse cancellato dalla sua memoria il doloroso passato, l'intuito le diceva di concentrare sempre più la sua attenzione (fino a farla diventare una nuova abitudine) sui suoi successi e sul suo personale percorso di crescita. Così, dirottando il potere selettivo della mente verso il bene, uscì dall'orbita della sua sofferenza, fece pace con il passato e smise di rovinare il proprio presente.
Se accedere alla dimensione della Purità era possibile solo se la mente fosse stata calma, per Bianca fu un lavoro davvero impegnativo zittire quella mente logorroica incline alla preoccupazione; tuttavia, con l'aiuto delle amiche, anche lei poté conoscere i benefici di una nuova abitudine, arrivando perfino a sostituire la preoccupazione con la preGioia. Sorrideva molto di più e riusciva a far sorridere anche gli altri attorno a sé; la sua energia vitale era diventata contagiosa. Insieme a Valerio, con cui ormai faceva coppia, andava a trovare gli ospiti della Casa di Riposo, regalando loro la sua compagnia, la sua vitalità e il suo bel canto.
Fu grazie alle premonizioni che Jessica riuscì a salvare molte delle sue nuove amiche. Lo splendido shooting fotografico che Filippo le aveva fatto, per superare il provino per modella, aveva aperto una strada lavorativa ad entrambi. Lui fu molto apprezzato dal direttore di produzione che, a sorpresa di tutti, decise di tenerlo in prova per un anno come aiuto fotografo, mentre lei si stava finalmente affacciando al mondo dello spettacolo, come aveva sempre desiderato. Presto però scoprì quanto facilmente l'ossessione per il proprio corpo possa condurre alla perdizione.
Qualcuna delle sue colleghe era diventata anoressica e altre abusavano con l'alcol durante le feste, quando non andava peggio e qualcuno abusava di loro; e lei, non più protetta dal suo vecchio cinismo, non poteva starsene ferma a guardare.
Sì, proprio lei che in passato faceva dipendere la propria felicità dall'essere accettati dal gruppo, adesso, riconosciuto il proprio valore a prescindere, desiderava liberare da quelle stesse catene anche le altre. Ogni volta che stava per succedere qualcosa di irreparabile, lo vedeva in anticipo; in alcuni casi bastava guardare le amiche negli occhi, altre volte le si manifestava l'intera scena come in un sogno.
E dopo averle salvate, si prendeva cura del loro cuore non smettendo mai di ripetere "Sei tu l'artefice della tua felicità. Gli altri sono solo comparse."
Le perle di quarzo citrino aiutarono anche Filippo ad armonizzare le proprie emozioni. Aveva perfino pensato ad una relazione sentimentale con Jessica, se lei glielo avesse permesso; ma il suo cuore, come un giorno gli disse in risposta alle sue avances, batteva soltanto di un amore fraterno.
Filippo era comunque diventato molto più aperto e tollerante, accettava serenamente di poter essere in disaccordo con le persone e perciò non si ostinava più a voler vincere su ogni discussione. Quest'animo accogliente aveva attirato a sé nuove amicizie anche da quel mondo artistico, tanto patinato quanto insidioso; ma ora quando qualcuno finiva nei guai, poteva fortunatamente contare sul suo aiuto.
Quella vecchia signora che aveva soggiogato Federico fin dalla scuola primaria, della quale portava ancora addosso il profumo, era la conoscenza perfetta per entrare in empatia con altri ragazzi e ragazze che vivevano la stessa condizione di schiavitù. Una volta dentro le loro menti poteva facilmente leggere pensieri, paure e ossessioni; e nel momento in cui rievocavano la sua ansia passata, non poteva fare a meno di liberarli per tornare libero lui stesso.
Un giorno, durante l'ora di matematica, il suo compagno di banco Leonardo aveva ricevuto un voto medio alla verifica e per questo si era molto incupito. Federico lo intercettò subito nella sua testa: la pressione psicologica del compagno aumentava e innescò una pressione sanguigna tale da diventare fisica, irrigidendogli spalle e collo; mentre un solito pensiero martellava le tempie e contemporaneamente il cuore. Fallire non era tollerabile, né in classe né altrove.
Ottenuto il permesso di uscire dal professore, Leonardo si diresse in bagno. Federico restò sintonizzato con il suo cuore; riuscì persino a vedere la routine di quel ragazzo: la scuola, lo sport, i compiti, le lezioni di chitarra, di inglese e di tedesco; scuola sport compiti chitarra inglese e tedesco; scuolasportcompitichitarrainglesetedesco. E quando non raggiungeva il massimo in tutto, intensificava: più studio, più allenamento, più compiti, di più, sempre di più.
Fu a questo punto che Federico ebbe una premonizione: Leonardo avrebbe continuato così per sempre, alla maturità, alla laurea e poi nel lavoro. SE avesse trovato un lavoro, perché, dopo tutto il sacrificio accumulato negli anni, un lavoro qualsiasi non sarebbe andato bene, sarebbe dovuto essere quello giusto, quello ben remunerato, quello per cui aveva studiato così tanto, insomma, quello perfetto.
Davanti alla grande finestra del bagno Leonardo era visibilmente agitato, a tratti si fermava e guardava giù in strada. Macchine ferme al semaforo e altre che andavano da qualche parte. Alcuni pedoni attraversavano.. Poi lo sguardo cominciò a indagare il cielo. Libero da nubi, perfettamente azzurro, perfettamente luminoso.. la sua perfezione, invece, era stata inquinata da quel voto in matematica e, chissà, forse ce ne sarebbero stati altri così..
Aprì la finestra. Aveva bisogno di aria fresca sulla faccia, avrebbe voluto respirare tutta la libertà di quel cielo senza confini e senza pesi; d'un tratto un pensiero nuovo lo attraversò, forse aveva trovato la soluzione per tutto.
-Fermati Leo!-gli urlò Federico nella mente - quella non è la soluzione!
-Sto deludendo tutti..-mugugnò tra i denti.
-Non è affatto vero!-il bracciale di ametista continuò a pulsare e Federico respirò profondamente per far decelerare il proprio battito e riuscire a parlare con la calma necessaria- E poi, c'è una cosa molto importante che devi fare.
-E quale?- chiese incuriosito, ma senza staccare lo sguardo dal cielo.
-Devi assolutamente deludere il tuo demone della perfezione; perciò deludilo, adesso! -L'ametista si illuminò di nuovo.
-Ma... che strana sensazione - e si girò verso Federico, sbalordito- sento la tua vita, come fossi il tuo gemello.
-Per certi versi lo sono. Anch'io ho la tendenza a vivere come te, ma fortunatamente qualcosa o qualcuno mi ha fatto capire che posso equilibrare meglio la mia vita. La nostra crescita è un piacevole viaggio dove la perfezione non c'entra nulla. –Leonardo, ancora sul parapetto, alzò le sopracciglia mentre Federico osservando ogni suo piccolo movimento continuò il suo incoraggiamento-E' un viaggio che a volte scorre in pianura, altre volte in salita o in discesa, ma può anche curvare a destra o a sinistra, può fermarsi ad un bivio per un po' prima di proseguire.. ma anche tornare indietro, se occorre. Non esistono né perfezione né fallimenti, credimi. Sono solo esperienze di un percorso di crescita personale. –Leonardo si rivolse ancora verso il cielo e Federico, preoccupato che le sue parole non avessero scalfito le dannose convinzioni dell'amico, gridò- Perché buttarsi via? Ti perderesti le montagne russe della tua splendida vita.
Leonardo scese lentamente dal parapetto e, dopo aver ringraziato il suo salvatore, volle sapere di più sulla storia del demone. In una calorosa risata Federico lo accolse sotto il suo braccio destro e, accompagnandolo verso l'aula, lo invitò a incontrarsi più spesso, perché ci sarebbero voluti dei tempi supplementari alla narrazione di questa storia.
Anche Diego mantenne fede al patto siglato dal gruppo, diventato ormai inseparabile. Aveva sempre a che fare con giovani in pericolo di vita: alcuni tentavano di soffocarsi in vari modi (con corde, cinture o sacchetti di plastica) per sperimentare il brivido della morte apparente, altri li trovava sull'orlo del balcone più alto di un hotel, pronti a lanciarsi nel vuoto per centrare la piscina sottostante, e altri ancora intenti a surfare sul tetto di una macchina in corsa per dimostrare agli "amici social" di saper restare in equilibrio molto a lungo.
Per scongiurare finali raccapriccianti, grazie anche alle sue capacità telecinetiche, Diego interferiva prontamente sulle loro azioni che, seppur incoscienti, erano state volontariamente scelte da loro per collezionare il maggior numero di followers, grazie ai selfie sempre più pericolosi.
Era comunque ben conscio che non sarebbe bastato salvare quelle vite una volta soltanto; in questo modo avrebbe curato solo l'effetto di un evento la cui vera causa era da ricercare nella fragilità emotiva di chi ne rimaneva coinvolto. Così decise di creare un legame con tutti i ragazzi che avrebbe salvato e, donando loro la sua amicizia, avrebbe cercato di risvegliarli alla lucida realtà dei fatti.
Nei dialoghi pazienti che mantenne con ciascuno di loro vennero alla luce delle motivazioni che ad una persona psichicamente equilibrata sarebbero apparse assurde; comunque Diego non assunse mai un atteggiamento giudicante nei loro confronti ma, con spirito accogliente, li fece sempre parlare ampiamente di sé fino a quando non fossero riusciti onestamente a scendere dalla punta dell'iceberg delle loro giustificazioni e trovare, nella dolorosa profondità della loro vita, la vera ragione che stava alla base di tutto.
-Volevo girare il video più figo di sempre e farlo diventare virale.- Gli disse Ettore prima di confessargli, tra le lacrime, di come nella sua famiglia si fosse sempre sentito invisibile; mentre sui Social era conosciuto come "L'impavido" e in molti costantemente lo seguivano.
-Era un modo alternativo per divertirsi! Un po' di brivido a condimento di una vita noiosa è assolutamente necessario, che dici?- Gli spiegò Riccardo, spavaldo, non riuscendo ancora ad ammettere che, in realtà, si sentiva schiacciato dalle aspettative degli adulti (i genitori, i professori..) e il dedicarsi unicamente al divertimento per fuggire da ogni responsabilità gli sembrò l'unico rimedio per alleggerire quella pressione.
-Tutti dicevano che avremmo provato una magnifica sensazione di incoscienza, e per di più gratis!- Iniziò così il racconto di Linda, ma alla fine anche lei affermò di non riuscire più a sopportare l'angoscia di ogni suo dannato giorno, pieno di fallimenti.– C'è più vita nella morte che nella mia inutile esistenza!- Concluse gemendo.
-L'ho fatto per poter saltare qualche giorno di scuola.- Alcuni erano arrivati perfino a questo tipo di ragionamento.
Altri, peggio ancora, non seppero dare neppure una prima falsa giustificazione alla domanda sul perché avessero partecipato a giochi così pericolosi.
Col tempo, gli adolescenti e preadolescenti trascinati dai Social Networks in queste e altre sfide autolesioniste sembrarono destinati ad aumentare di numero e Diego, da solo, non avrebbe potuto salvarli tutti.
Quando ne parlò al gruppo i quarzi di tutti i compagni si illuminarono; in quel preciso istante si resero conto che il fenomeno dei "Social Challenge", troppo diffuso e complesso, necessitava di un intervento di squadra.
-Ragazzi, questa società sta diventando un vero schifo!-Sbottò Alberto lasciandosi scivolare di poco sulla sedia, le gambe distese sotto il tavolo, le braccia penzolanti ai lati e la testa abbandonata all'indietro.
Quel giorno Federico li aveva ospitati a casa sua, tanto i genitori erano fuori città e così avrebbero potuto parlare liberamente. L'ampio open space, organizzato in una zona pranzo da un lato e il living dall'altro, accoglieva comodamente i nove ragazzi.
Jessica, seduta sul divano, si protese in avanti per poter mostrare a Diego, a cavalcioni sul pouf rettangolare davanti a lei, ciò che stava leggendo dal suo cellulare:- Guarda qua, la percentuale dei suicidi negli gli adolescenti tra i 15 e i 19 anni è aumentata del 70% . Pazzesco!
-Tanti suicidi sono causati da questi giochi on line, in cui si è obbligati a superare step sempre più difficili- spiegò lui - ma tanti altri si hanno anche per la smania di ottenere approvazione sociale.
-Avete sentito la notizia di quel bambino di dieci anni che prima di lanciarsi nel vuoto ha lasciato un biglietto con su scritto <<Mamma e papà vi voglio bene ma devo seguire l'uomo col cappuccio>>? Vi sembra normale tutto questo?- Domandò Filippo, seduto accanto ad Alberto.
-Per niente! – Replicò Samantha dal divano-Giusto ieri, la Prof. di Educazione Civica ha organizzato un incontro con una psicologa e un programmatore.- Disse guardando alla sua destra Bianca, che frequentava la sua stessa classe.
-Sono venute fuori delle cose mostruose!- aggiunse l'amica, sentendosi coinvolta nella narrazione.
-Sembra.. –continuò Samantha- bè, così riportano gli studi scientifici, che i Siti Social usino le debolezze umane degli utenti per manipolare la loro mente.
-E' chiaro, vogliono annientare il libero arbitrio.- Sottolineò Filippo, preoccupato.
-La psicologa ha chiarito che le vittime sono spesso persone che hanno una bassa autostima o che si trovano in un delicato momento di depressione, oppure sono degli evidenti narcisisti. -Proseguì Bianca.
-Il programmatore – riprese Samantha- ci ha spiegato quanto sia facile per un professionista esperto di neuroscienze e psicologia umana abbindolare persone dalla mente instabile. Abilmente, e molto subdolamente, dopo aver raccolto ogni tipo di informazione sulla personalità dell'utente, l'esperto andrebbe a stimolare bisogni e desideri non autentici.
Marta, dallo sgabello della cucina, ascoltava attentamente i suoi compagni. Federico, dal lato interno della penisola, le stava versando succo di mirtillo nel bicchiere quando lei chiese, angosciata:-E queste info da dove le prende?
-Purtroppo sono gli stessi fruitori di Internet che ogni giorno lasciano liberamente, e incautamente, tracce di loro stessi.- Le rispose Samantha- Perciò tutti noi siamo potenzialmente in pericolo, basta mettere un "like", una foto o cercare qualcosa sui motori di ricerca e la porta della nostra "casa virtuale" è aperta.
-Perciò, ogni traccia che lasciamo di noi stessi sui Social ci si ritorcerà contro! –replicò Marta-E' orribile!
-Volete anche voi del succo di mirtillo?-Domandò Federico.
-Forse una birra, ce l'hai?- Rispose Diego
-Grazie Fede.- Anche Valerio preferì la birra al succo, innescando così un rapido scambio di sguardi e sorrisini maliziosi fra le tre ragazze sul divano. Una volta ritornato al tavolo, disse:- Come faremo a salvarci? Dopo tutto, in Internet si trovano molte cose utili ed è uno strumento di comunicazione molto veloce! Non possiamo certo pensare di eliminarlo!
-Bè, noi abbiamo sviluppato una mente indipendente- sottolineò Federico, versando altro mirtillo alle ragazze- e grazie alla nostra connessione con la Macrovita cerchiamo di mantenerla pura e incondizionata ogni giorno; il punto è, come fare a tirar fuori anche gli altri da questo inganno.
-Credo che dovremmo lavorare su due fronti -intervenne Valerio- aiutare i ragazzi a diventare pensatori critici e renderli consapevoli di ciò che stanno usando e, contemporaneamente, guidarli nel ripristino della loro salute psichica ed emotiva. Dovremmo continuare, insomma, il lavoro che sta facendo Diego, solo che noi non lo faremo con le vittime. Agiremo di anticipo!
-Mi sembra un buon piano di azione. -Aggiunse Federico, aprendo anche la sua birra e sedendosi sullo sgabello accanto a Marta-Avere la consapevolezza che se non sto pagando per il prodotto può darsi che sia io il prodotto, rappresenta di per sé un potere importante che ci può garantire la libertà di azione.
-Nel documentario che ci hanno mostrato a scuola- si ricordò Samantha- hanno paragonato i Social Media ad un "ciuccio digitale" che ci hanno indotto ad usare ogni volta che siamo a disagio, o avvertiamo solitudine, o incertezza o paura, atrofizzando così la nostra capacità di affrontare le cose.
-Dobbiamo fare qualcosa o diventeremo una società di burattini!-Gridò Jessica indignata.
L'adolescente che, istigato dai coetanei a dare una prova di coraggio, ritiene normale accontentarli per essere accettato dalla "famiglia" social, come pure il ragazzo che vive il brivido come una droga e si diverte nel lanciare sfide sempre più estreme, avevano pari bisogno di aiuto e i Nove Paladini erano pronti per la missione.
Ogni settimana si riunirono in casa di chi, tra loro, era in grado di offrirla per dialogare nel Mistico Silenzio con la Macrovita. Grazie alla capacità di concentrazione e alla forza della fede, amplificata dalla loro unità di pensiero, riuscirono a trovare sempre argomentazioni utili ai ragazzi in pericolo.
Poiché non è mai facile conoscere a fondo le persone, intuire velocemente chi si nascondesse dietro l'assidua partecipazione a giochi autolesionisti suggerì ai Paladini come approcciarsi a quei ragazzi complessati; avrebbe potuto trattarsi di una cattiva gestione della noia o di una fame insaziabile di sensazioni estreme, e ciascuno necessitava di un appropriato percorso di crescita e rafforzamento.
La depressione, avvolta da un senso generalizzato di noia, e la presunta onnipotenza, con cui si va a sfidare continuamente la morte, appartenevano all'esercito dei demoni con cui l'essere umano doveva spesso fare i conti. Una mente distorta è come uno specchio appannato dai fumi dell'acqua calda dove non si riesce a vedere i confini tra il bene e il male.
Come una sorta di consegna, ai ragazzi in difficoltà, delle chiavi della propria vita, il compito più importante dei Paladini fu di indirizzarli al Mistico Silenzio perché solo grazie alla Purità avrebbero potuto conoscere gli invisibili ingranaggi della vita e conseguentemente sconfiggere i propri demoni dall'interno.
DI UN GRANDE INIZIO.
È IL PRIMO PASSO
LA FINE
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