13.4 Promesse

« Chi sei? » ripeté, non riuscendo a nascondere un tremito alla mano che stringeva l'elsa. Era consapevole di essere isolato, in una torre poco ampia che non permetteva errori di calcolo nei fendenti e munito di un'arma che sapeva usare solo in parte. Se quanto la sua coscienza gli suggeriva era vero e quell'uomo lo voleva uccidere, lo avrebbe fatto. Nemmeno la sua Viverna poteva prestargli soccorso, non con quelle fenditure tanto strette da cui non sarebbe passato neppure un braccio.
« Mi chiamano Erial, altezza. Ma ho molti altri nomi, credetemi. E vi potrebbero essere utili. » lo sconosciuto si proferì in un inchino, abbassandosi a tal punto da mostrare la schiena per intero; una posizione così fatale se Ferni avesse colpito, che si trattenne dal conficcargli la punta nelle vertebre per fiducia. L'atmosfera carica di tensione stava cominciando a sciogliersi come vetro tra le fiamme ed il Rekkar era sempre più incuriosito dal suo interlocutore.
« Assiolo. Ti chiamano assiolo » Ferni rimase teso, il braccio in avanti a brandire la spada, ma la voce si fece più sicura e la lama smise di oscillare nell'aria gelida « perché ti chiamano assiolo? »
« Sono piccolo, silenzioso, vivo nell'ombra e mi nutro della vita altrui. Ho vestiti marroni, come il bruno piumaggio del rapace, e niente sfugge ai miei occhi; il mio lamento è funesto per chi lo ode. Posso adocchiare un topo nella notte e sviscerarlo prima ancora che si accorga di essere morto. » replicò l'uomo, sputando a terra e chiudendo il sorriso tra le labbra secche. Il viso improvvisamente fattosi serio diede al re un moto di piacere.
« Deduco i topi non sono l'unica tua preda, o non saresti qui. » Ferni rinfoderò l'arma, mantenendo una distanza di sicurezza da Erial eppure impastando i palmi nelle sue parole. Intuiva la razza a cui apparteneva l'inseguitore silenzioso, ne aveva visti assai pochi del suo genere ma sapeva della loro esistenza per sentito dire. Si vociferava tra i bassifondi di uomini voraci di denaro e disposti a tutto pur di averlo. Non si sapeva mai realmente a chi fossero fedeli, se a colui che li nutriva o a qualcuno che aveva loro offerto di più, ma conquistarne uno voleva dire conquistare la muta lealtà di un infaticabile lavoratore ingordo della propria remunerazione. Non gli sarebbe costato nulla, se non materialmente, tentare di affidarsi ad Erial per compiere qualche incarico più sporco di altri. Il prezzo che lui poteva offrire raramente sarebbe stato superato da altri. Mancava solo una questione da chiudere, poi Ferni gli avrebbe avanzato un'offerta che, con ogni certezza, sarebbe stata accettata.
« Perché mi stavi seguendo? » gli chiese, socchiudendo gli occhi in due fessure guardinghe. Poteva averlo già ingaggiato qualcun altro per spiarlo e la prudenza non era mai troppa. Doveva essere sicuro di ciò che stesse per intraprendere.
« È da molto che vi osservo, signore. Ed è da molto che vedo il bisogno di uno come me. Necessitate di qualcuno a cui... Dare fiducia. Posso essere io qualcuno a cui darla, c'è solo una condizione. » Erial sfregò indice e pollice, coperti da spessi guanti in pelle, per indicare la propria condizione. Ferni annuì.
« Posso darti quante monete desideri, ma ho anch'io una condizione » fece una pausa per riflettere e riprese « non tradirmi. Non sarebbe piacevole, per te. »

Erial, come previsto, non aveva avuto dubbi sulla proposta avanzata da Ferni. Il prezzo dato dal sovrano era stato così alto che il mercenario, nonostante il vizio del voltaspalle, aveva cantilenato un giuramento degno di un cavaliere. Aveva giurato sulla sua stessa arte, l'arte del predatore notturno, e sui soldi guadagnati in una vita di scelleratezze ed efferati incarichi.
Si erano poi allontanati insieme dal sepolcro di Solana per rifugiarsi in un posto che consentisse loro di parlare, senza che il re fosse distratto dall'eterea presenza della donna uccisa. Avevano riattraversato i corridoi che conducevano alla Sala delle Consultazioni, guardando in basso e tenendosi a distanza di sicurezza l'uno dall'altro: entrambi avevano concordato nell'apparire come sconosciuti agli occhi curiosi dei nobili di corte. Erial doveva rimanere un'ombra per chiunque, Yed in particolare. Era difficile tenere nascoste le cose a quell'uomo ed era impossibile che, una volta scoperte, rimanessero conosciute esclusivamente dai diretti interessati. Erano anni che Ferni dubitava che suo zio vendesse pettegolezzi e segreti ai più curiosi e, con le ultime fuoriuscite sui piani tra lui e Serhatan, era diventato ancora più sospettoso. Poteva quasi dire di esserne certo, mancavano solo prove evidenti. Pertanto aveva preferito fingere, come sua abitudine, di non avere nulla a che vedere con l'individuo cencioso che lo seguiva qualche passo più indietro. Sarebbe stato più semplice in futuro permettergli di aggirarsi all'interno del castello privo di grandi attenzioni. Dopotutto, i vagabondi raramente attirano grande interesse, ed Erial aveva tutta l'aria di aggirarsi tra la maestosità di Tellhana Koshra con l'unico interesse di trovare cibo ed elemosina.
« Entra, svelto. » Ferni si fermò davanti una porta semiaperta dalla quale fuoriuscivano spezzoni di luce e con un cenno del capo, attese che l'individuo si dileguasse all'interno. Solo dopo essersi accertato che nessuno fosse nei paraggi, lo seguì, chiudendosi l'imposta alle spalle e tirando un sospiro di sollievo. Nella sua stanza da letto avrebbero avuto la pace di cui necessitavano per discutere.
« Volete davvero parlare di affari in camera da letto? Sono una prostituta della morte, non del piacere. » Erial si guardò intorno, studiando l'eccessiva raffinatezza del luogo e ripugnandola. Il farsetto del Rekkar era perfettamente in tono con i ricami delle tende e delle coperte e fu tentato, per questo, di chiedergli se stesse indossando il medesimo tessuto. Si trattenne perchè distratto dal pesante arazzo appeso affianco al camino; per quale motivo posizionarlo così in basso, se non per nascondere qualcosa?
« È meglio se entriamo a parlare lì dietro, dubito che queste vezzose pareti trattengano i sussurri. » propose, cogliendo Ferni alla sprovvista, già intento ad armeggiare con asole e bottoni per levarsi di dosso il doublet e rimanere in camicia. Le lavorazioni del colletto avevano cominciato a dargli prurito e, nell'intimità delle proprie stanze, si era sentito libero di disfarsene. Non amava mostrarsi privo di eleganza in pubblico, ma non credeva nemmeno che ad Erial importasse qualcosa di come fosse vestito. Adagiò l'indumento all'interno di un cassettone al fondo del letto e gli rivolse un'occhiata di sbieco.
« Lì dietro non c'è niente. » obiettò, raggiungendo Erial a grandi passi e non permettendogli di spiare oltre il tessuto ricamato. Non era vero quanto gli avesse detto, sapeva di non poterglielo nascondere, ma non voleva neppure che fosse il suo personale aguzzino a decidere le mosse da compiere.
« Non cercate di farmi fesso, altezza. Conosco i cunicoli del verme di vostro zio meglio di lui » e così ribattendo, scostò l'arazzo e rivelò un'altra porta ricavata da un legno più scuro della precedente, probabilmente di noce « vi lascio l'onore di andare per primo. » lo sbeffeggiò, invitandolo a muoversi all'interno ed ignorando l'espressione sbigottita del suo interlocutore. Nessuno doveva mai avergli parlato con così poco rispetto da quand'era diventato re, e forse era anche a causa di tanta reverenza che Ferni aveva l'aria di una reginetta con la sottana impomatata.
« Sai troppe cose. » commentò Ferni prima di afferrare una candela accesa ed inoltrarsi nell'oscurità del corridoio nascosto. Pensava davvero che Erial sapesse troppo, e nel profondo temeva questa sua conoscenza così approfondita della sua stessa dimora, eppure non poteva negare di esserne contento. Aveva un significato, quel suo sapere così minuzioso; soltanto un uomo scaltro, attento ed abituato ai sotterfugi poteva essere in possesso di una mole così elevata di informazioni. E questa sua abilità non poteva che tornare utile, insieme all'indubbia intelligenza già dimostrata.
« Vivo con il sapere, altezza. » disse serio, accostando la porta al muro ed isolandoli dai baluginii delle numerose candele accese. Soltanto una tremula fiamma rimase ad illuminare il profilo dei loro volti, rubandoli alle tenebre.
« Ritieni che possiamo parlare, ora? » domandò Ferni, studiando le pareti grezze scavate nella roccia ed il pavimento polveroso, costituito di sola terra battuta.
« Ritengo che possiamo sussurrare in silenzio, ora. Perciò bisbigliate a questo rapace il proprio compito, egli sarà pronto a svolgerlo. » rispose Erial, alzando il cappuccio del mantello sugli occhi ed inoltrandosi nel cuore del passaggio segreto, nell'oscurità.
« Voglio sapere chi c'era insieme a Veer al funerale di Ermosed. Voglio sapere perché era lì. Voglio sapere quali sono le prossime mosse di Maitreya. Voglio sapere quando attaccherà e spalleggiato da chi. Torna da me con quanto ti ho chiesto ed avrai oro abbastanza da rifarti tutti i denti. »
Erial annuì, non pronunciando nemmeno una parola di assenso e voltandogli le spalle, ma Ferni ebbe la certezza che quell'uomo sarebbe tornato presto a reclamare la carne della propria preda. Rimase a guardare allontanarsi l'Assiolo nel buio del corridoio, socchiudendo gli occhi per scorgere il suo corpo strisciare esperto tra gli steli della notte. E quando nemmeno l'eco della sua presenza rimase a sfiorargli la pelle, tornò indietro lottando per riabituarsi alla luce tenue della camera. Chissà come doveva essere vivere nell'ombra ed affacciarsi al sole esclusivamente per uccidere.

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