ᴄᴀᴘɪᴛᴏʟᴏ ɪ
«Non credo sia la strada giusta Sadr»
lo sconforto era palese negli occhi di Deneb, futuro erede della costellazione del Cigno, colui che avrebbe dovuto riportare ai fasti dell'antica gloria la propria gente. I tratti somatici erano quelli che ci si aspettava dalle sue origini, bell'aspetto ed un'altezza invidiabile.
Sadr in compenso, non era altro che il fratello più piccolo, e qualunque Osservatore di Astro avrebbe intuito subito la luce di minore intensità che risiedeva all'interno del suo cuore. Non perchè ne fosse del tutto sprovvisto, semplicemente non aveva avuto modo di svilupparla e di farla maturare, destinato a tenerla relegata nel profondo dell'animo per far spazio a quella più luminosa ed apprezzata di Deneb. Ma faceva comunque del suo meglio per essere d'aiuto, e il volerlo accompagnare nella capitale di Astro per l'invito ricevuto ne era un chiaro esempio
«Ho controllato più volte, sembra che sia questa, solo che è più lunga di quanto preventivato»
disse con un fil di voce, a tratti incerto, e non perchè lo fosse davvero, anzi era alquanto sicuro delle proprie parole, quanto per l'abitudine ed il timore costante di non essere nella ragione. Temeva semplicemente di risultare più inutile di quanto già non fosse. Fortuna volle che la strada fosse effettivamente quella giusta, cosa che non fece complimentare Deneb nei confronti del fratello, ma che in compenso portò entrambi a destinazione.
Solaria, la capitale di Astro, era in fermento per la novità di quei giorni: un Consiglio in cui si sarebbero riuniti tutti i rappresentanti delle varie Costellazioni che si disseminavano per il vasto territorio di Nebula, di cui Astro era solo una minima parte, evento che non avveniva da almeno duecento anni.
Deneb era uno di questi e il suo arrivo nella capitale non fece altro che incrementare le voci in merito al fatto che quel giorno sarebbe stato tra i più meritevoli per finire sui libri di storia. Avanzava fieramente sul suo destriero, con Sadr al seguito, lungo la via principale della città così come altri rappresentanti prima e dopo di lui diretti al Palazzo del Sole, il luogo dove le decisioni più importanti del Regno venivano prese.
Giunti al Portone Grande dovettero scendere per procedere a piedi verso il cortile interno ed attendere che fossero tutti al completo, per poi essere indirizzati verso la prossima tappa. I rappresentanti delle costellazioni maggiori e minori affollavano il cortile; c'era chi come capofamiglia era giunto da solo, chi aveva mandato figli, e chi mogli. L'importante era che ce ne fosse almeno uno per famiglia, in fondo si trattava solo di capire cosa stesse succedendo, e il perchè di quella urgenza.
Al momento giusto, il Portone Grande venne chiuso e al chiacchiericcio generale si sostituì il suono di una tromba che portò i presenti ad alzare lo sguardo in direzione del torrione centrale, dal quale faceva capolino il suonatore
«Benvenuti al Palazzo del Sole»
esordì con una voce squillante, quasi al pari di quella dello strumento appena utilizzato
«Siamo lieti di ospitarvi per questo grande evento, siete pregati di seguire il Comandante degli Antichi Mantelli Dorati Altair dell'Aquila all'interno del Palazzo»
concluse, tornando all'interno del torrione e scomparendo dalla vista degli astanti.
Altair dell'Aquila era il figlio maggiore di Alshain, un uomo ormai anziano e prossimo a lasciare il suo ruolo di capocostellazione. Come il resto della sua gente era caratterizzato da un certo orgoglio insito nella propria luce, che gli consentiva di ricoprire una carica alquanto preziosa nel Regno. Il Comandante degli Antichi Mantelli Dorati, infatti, non era un semplice uomo militare che faceva della strategia il suo punto di forza, era qualcosa di più. Era una personalità in grado di poter decidere delle sorti del Regno in mancanza del sovrano, abbastanza forte e potente da poter aspirare a quella stessa carica. Al momento un tale destino non era il desiderio di Altair, votato alla fedeltà e alla lealtà più di ogni altra cosa. Si limitava a fare ciò che gli veniva detto da chi gli era superiore, come gli era stato insegnato fin dall'infanzia, senza mai distogliere la propria attenzione dal forte codice morale che gli era innato. Guidare gli altri all'interno del palazzo non era altro che uno dei tanti compiti affidatogli, e lo fece come sempre con diligenza e una certa fierezza.
Procedevano a passo cauto, senza far troppo rumore, avendo rispetto del luogo in cui si trovavano. Le pareti lisce e bianche del Palazzo del Sole riflettevano maggiormente la luce da un lato all'altro. Un lungo corridoio dal soffitto alquanto alto era il percorso da affrontare
«Credi ci vorrà ancora molto?»
commentava così Toliman del Centauro nell'avanzare, rivolgendosi ad Atlas del Toro, il quale per tutta risposta non faceva che sbuffare ad ogni affermazione dell'altro. Si intromise Anwar dell'Orsa Minore nella conversazione, moglie di Alifa al Farkadain, capocostellazione in carica
«Non credo Toliman, il sovrano è famoso per la sua poca inclinazione ai giri di parole, preferisce arrivare dritto al punto il più delle volte, credo che raggiunta la stanza del trono ci dirà il motivo di tanta urgenza senza troppi convenevoli»
un tono di voce altezzoso ne macchiava le parole, tipico di chi è consapevole della propria superiorità. Era nota in tutto il Regno la disputa tra Orsa Maggiore e Orsa Minore, il fatto che Anwar fosse disposta a condividere lo stesso spazio con Benetnash, figlio maggiore di Alcor, a pochi metri di distanza, indicava una certa sopportazione da ambo le parti in virtù di una responsabilità maggiore che pesava sulle spalle di entrambi e con la quale dovevano fare i conti.
---☆---
La stanza privata del sovrano risplendeva, la luce saltellava da una parete all'altra, arrivando al lungo abito che scendeva fino a toccare il pavimento. Era l'ultima erede di una lunga discendenza di sovrani uomini, per questo motivo probabilmente continuavano a rivolgersi a lei con aggettivi maschili, quasi non si riferissero a lei in quanto persona, ma a ciò che rappresentava con la carica che portava, più per abitudine che per altro. Helios dei Cinque Soli, sovrana di Astro e Protettrice degli Antichi Mantelli Dorati era dotata di una perspicacia quasi pari alla sua bellezza. Lunghi e mossi capelli nero pece ne incorniciavano il volto, in accordo con la pelle abbronzata e liscia. L'aspetto era tipico delle regioni meridionali del Regno, non solo perchè proveniva da lì, ma anche per il fatto che la lunga permanenza a Solaria le aveva donato un aspetto dalle sfumature, per così dire, dorate in ogni sua fattezza. Le iridi color miele osservavano l'esterno, in attesa che il momento di mostrarsi arrivasse.
Pochi istanti dopo la chiusura del Portone Grande qualcuno bussò alla porta, rivelando ben presto la sua identità
«Sono giunti»
era la voce di uno dei Cinque Soli, Secondo per l'esattezza, un uomo di mezza età temprato dalle battaglie a cui aveva partecipato, nato e cresciuto a Solaria, da sempre consapevole del futuro a cui era stato destinato.
Con la sua solita autorevolezza Helios voltò il capo, lasciando che le scintille dell'abito venissero smosse dal movimento rotatorio
«Arrivo subito»
sancì con fermezza tornando a guardare verso l'esterno per un' ultima volta, per poi emettere un profondo respiro e infine dirigersi alla Sala del Trono accompagnata da Secondo.
La sala del Trono fremeva di curiosità, il suono delle parole che rimbalzava da un astante all'altro creava una insolita atmosfera di attesa ed ansia. Atmosfera che venne brutalmente spezzata dall'apertura della porta dalla quale fece ingresso Helios, diretta al Trono posto al lato opposto dal quale era entrata. Un trono dalle dimensioni proporzionate a chi doveva sedere su di esso, realizzato con oro puro e con uno schienale avente le sembianze di un sole che mutava l'intensità della sua luce dall'alba al tramonto nel corso della giornata, irradiando con i suoi raggi l'ambiente circostante. Una volta accomodatasi, rivolse il proprio sguardo ai presenti, senza dire nulla, lasciando che la propria austerità circondasse il luogo. Acrux della Croce del Sud, come c'era da aspettarsi dall'irruenza della sua costellazione, fu il primo a prendere parola in quel silenzio reverenziale
«Eccovi dunque, adesso potreste dirci il motivo di questo incontro, oppure dobbiamo continuare a guardarvi in silenzio?»
solo il cenno di Helios fermò Altair dal dire o fare qualcosa per ammonirlo, bastava lei in fondo, la quale dopo l'ennesimo sospiro prese parola
«Osservatore Reale, vieni»
gli Osservatori, unici esseri in grado di vedere la luce all'interno di ognuno, di poterla scrutare e descrivere, un dono per molti, una maledizione per altri. L'Osservatore Reale non era altro che un uomo carico di troppi anni sulle spalle, ed era una cosa ben chiara dalla postura piegata e dalla gobba che vistosa si mostrava sulla schiena, facilitando la lunga barba grigia a sfiorare il pavimento. Avanzando a piccoli passi raggiunse il fianco della Sovrana, la quale prese nuovamente parola non appena per lei fosse il momento giusto
«Guardali Osservatore, guarda la loro luce, e dimmi la sua»
ed eccola indicare qualcuno in particolare, Algieba del Leone per l'esattezza. L'Osservatore Reale dopo qualche istante rispose prontamente
«Oh, è molto luminosa, veramente scalpitante in ogni sua estremità»
e nel dirlo mostrò una certa soddisfazione, come se fosse la sua. Il braccio disteso della sovrana si mosse, ponendo l'indice accusatorio proprio su Acrux adesso
«Bene, ora dimmi la sua»
il volto dell'Osservatore Reale si scurì di colpo, addolorato da quel che vedeva
«Sempre più fioca, debole»
nel sentire il verdetto Acrux si sentì punto nel vivo, offeso da una tale affermazione
«Cos' è questa storia? Cosa sta dicendo quel vecchio maledetto?»
nervoso, deciso a non far credere che una cosa del genere potesse essere davvero possibile, una tale vergogna proprio su di lui non doveva esserci, era una affermazione assurda. Altair gli si avvicinò, ponendogli una mano sulla spalla, e tutto fu chiaro, lui sapeva il motivo di quell'incontro prima di altri, ed era suo compito calmare gli animi in seguito a quella rivelazione.
Helios si alzò, senza distogliere lo sguardo dai presenti, cosa che fece solo quando iniziò a fare avanti e indietro davanti al Trono, meditando le parole con le quali proseguire, un discorso che si era già preparata, ma che risultava alquanto difficile adesso davanti a tutti
«Non devi preoccuparti Acrux della Croce del Sud, non è colpa tua»
ed eccola fermarsi, pronta ad assumersi le responsabilità di ciò che doveva per forza dire
«Non è colpa di nessuno, è il naturale corso degli eventi al quale dobbiamo porre fine. La fonte delle nostre luci, si sta esaurendo»
un misto di confusione e spavento colse la folla nella stanza, sguardi dubbiosi si scambiavano a vicenda opinioni contrastanti. Fu Deneb del Cigno infine a dire qualcosa
«Cosa intendete? Di cosa state parlando?»
Helios fu grata di quella domanda, le permetteva di continuare senza troppi sforzi
«Come tutti ben sapete, la nostra luce è da millenni la nostra fonte di forza e di vita, ci rende quello che siamo, è la nostra identità, la nostra essenza, la nostra stessa anima. Ebbene, un male ci affligge, del quale sappiamo ancora poco, ma che inizia a insinuarsi tra noi strappandoci ogni scintilla di luce. Pochi sono i casi per ora trovati a riguardo, ma sempre maggiori, in veloce crescita. Ho preferito aspettare a comunicarlo per averne prima conferma, e adesso che c'è, trovo giusto che voi sappiate. Stiamo morendo»
L'atmosfera nella sala si fece più pesante, incerte le espressioni sui volti che non capivano. Morire era normale, ma una sorta di epidemia di quella portata, in grado di spegnere ogni luce per sempre senza tramandarla di generazione in generazione, avrebbe portato Astro alla rovina, alla desolazione
«Come possiamo rimediare?»
Fu la giusta domanda di Sham della Freccia, alla quale Helios rivolse un mesto sorriso di rassegnazione
«I Cinque Soli hanno trovato una cura, o meglio, hanno scoperto che esiste»
emise una piccola pausa prima di continuare
«Ma starà a voi trovarla, è per questo motivo che vi ho convocato qui oggi, per spiegarvi cosa sta succedendo ed affidarvi questo compito»
solo una volta finite tali parole, Toliman del Centauro ebbe l'ardire di fare un' ulteriore domanda
«Di che cosa si tratta?»
Il silenzio regnò nuovamente, l'intera folla era desiderosa si sapere
«Non di cosa, ma di chi»
lo stupore si fece presente in quei pochi istanti che precedevano una spiegazione più ampia
«Esiste qualcuno nel Regno, che porta con sè una luce speciale, per così dire. Una luce in grado di rigenerarsi in eterno, e di alimentare anche quelle di altri, finora non c'era motivo di ricercarla, ma esiste, e occorre trovarla per poterla usare e rinvigorire le nostre prima che sia troppo tardi»
la speranza data diede una certa rassicurazione ai presenti, permettendo a Kraz del Corvo di porre una nuova questione
«Perdonatemi, ma non basterebbe allora mandare tutti gli Osservatori del Regno alla ricerca di questa luce?»
Il volto di Helios a quelle parole si fece più serio
«Una giusta domanda, alla quale corrisponde una risposta non altrettanto giusta ma comunque veritiera. Una luce tanto forte non può essere vista da un Osservatore qualsiasi, per una luce speciale occorre un Osservatore altrettanto speciale che possa individuarla»
l'ennesimo sospiro poco prima di rivolgere le ultime parole necessarie di quell'incontro
«Dovete trovare entrambi, portarli qui e salvarci»
e fu con queste ultime parole che i presenti compresero finalmente la gravità del problema ed il bisogno di fare ognuno la propria parte. Ma quel giorno una persona mancava all'appello.
---☆---
«Ehi vecchio, manca ancora molto a Solaria?»
una voce morbida e giovane si rivolgeva ad un allevatore di Guebor - animali poco intelligenti ma molto produttivi che assomigliavano a dei grossi alpaca - sulla strada che portava ad Orione, una delle città più grandi ed importanti di Astro. Si trattava di un ragazzo che non poteva avere più di venticinque anni, dallo sguardo furbo e l'atteggiamento vispo, che si era evidentemente perso
«Beh direi, da qui sono almeno più di cinquecento parsec a passo svelto»
la risposta dell'allevatore portò un certo sconforto a dipingersi sul volto del ragazzo, il quale sospirando non potè fare altro che lamentarsene
«Davvero? Così tanto?»
corrugando la fronte con fare decisamente poco incline a voler accettare tanta difficoltà nel raggiungere la propria meta
«Ok senti, per Orione invece?»
restando sul proprio destriero appariva recalcitrante a voler proseguire il cammino, quasi ne fosse costretto in qualche modo
«Per Orione è molto più breve, sempre dritto e in giornata ci si arriva agilmente»
la risposta in qualche modo rincuorò il giovane, il quale dopo un profondo sospiro andò a smorzare un piccolo sorriso sollevato sulle labbra
«Ma chi siete?»
chiese infine il vecchio, notandone il vestiario di fine fattura che non poteva appartenere ad un viandante qualunque
«Hai davanti a te Anser, esponente della costellazione della Volpe»
rispose con una certa fierezza il giovane, andando a mettere meglio in mostra lo stemma cucito sul petto del proprio vestiario, ricamato con fili dorati e rossi a richiamare il colore dell'animale
«Oh la costellazione della piccola volpe, la Volpetta!»
esclamò l'allevatore in un guizzo di entusiamo, ricevendo nient'altro però che lo sguardo indispettito di Anser
«Ho detto della Volpe»
un tono deciso nel voler rimarcare un nome certamente più rassicurante e imponente dal suo punto di vista, e che fin troppe volte era stato storpiato diventando più comune al modo pronunciato dall'allevatore. Infine, con un ultimo sospiro rassegnato e senza aggiungere altro, tornò sul suo cammino, diretto lì dove sarebbe già dovuto essere da giorni.
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