7. Eredità Di Famiglia

Le prigioni di Folkrith erano state costruite riadattando l'antico avamposto militare. Le file interminabili di celle erano ricavate dagli antichi magazzini sotterranei di pietra e arenaria, che garantivano una temperatura perfetta per mantenere i viveri d'estate e d'inverno e che, ora, accoglievano un migliaio di posti per i criminali come Will. A dire il vero, di tutte le facce sporche e segnate da brutte cicatrici, quella di Will sembrava la più pulita e innocente di tutte. Pensava a questo mentre teneva d'occhio ogni mossa del suo compagno di cella.

La prima notte fu la peggiore.

Dopo l'arresto, Will venne caricato su un carro rinforzato da sbarre di ferro. Durante il viaggio verso Folkrith, aveva sperato di veder spuntare Widon o il Grigio perché lo salvassero dalla galera, anche se il ricordo della storia di Vernon e quello della pietosa fine di Ruben lo convinsero che forse era meglio non essere salvato da loro.

Quando le guardie lo sbatterono in cella conobbe Ricon, stupratore seriale in attesa di giudizio. Faceva quasi paura, sembrava non mangiasse da un mese. Quando vide Will non disse nulla, si limitò ad occupare l'unica branda disponibile e ad affilare il suo coltello, costituito da un paletto di legno in cui aveva conficcato una scheggia di vetro rotto. E lo fissava, con quegli occhi rotondi e pallidi che gli uscivano dalle orbite. La disperazione del ragazzo giunse al culmine, dopo interminabili ore di veglia dominate dal terrore. Non sarebbe sopravvissuto questa volta, Ricon lo avrebbe accoltellato nel sonno e le guardie si sarebbero sbarazzate del suo corpo in qualche modo. La paura riuscì a tenerlo in dormiveglia per altri due giorni filati. Ricon non disse una parola, finchè una guardia non giunse a prenderlo per comunicargli la sentenza.

Venne condannato a morte per impiccagione, sentenza che venne applicata il giorno stesso, prima del tramonto. Rimasto solo, ci mise qualche giorno per appropriasi della branda. Il seme della follia che si stava insinuando in lui gli suggeriva scenari inquietanti e oscuri. Nei giorni che seguirono diverse persone vennero portate alle celle ma da lui non si fermò nessuno. Una sera, scoppiò una furiosa lite in una delle celle e qualche decina di minuti dopo vide le guardie portare via i cadaveri di due detenuti. Fu in quei giorni che i dubbi cominciarono a insinuarsi nella sua mente. Perché non mandavano più prigionieri nella sua cella? Perché le altre celle erano sovraffollate e la sua vuota? Queste e altre domande cominciarono a girargli in testa, sempre più insistente, sempre più concrete. Stava sicuramente succedendo qualcosa di strano.

Dopo quasi una settimana, si rese conto che nessuno gli aveva fatto un processo, non c'era una condanna, era semplicemente finito dietro le sbarre e li doveva rimanere. Provò a fermare una guardia, per saperne di più, per chiedere spiegazioni, ma le guardie non sembravano molto inclini al dialogo. Avevano tentato di svaligiare un deposito dei Nani, era un reato al pari di quelli di Ricon, perché era ancora vivo?

Costretto a rimanere solo e pensare, giunse, infine, al mistero più inspiegabile.

Aveva programmato ogni mossa, con tempistiche e ruoli per ognuno di loro, era stato scrupoloso, e soprattutto, non si era affidato come al suo solito a dei dilettanti come Ruben e Josh. I fratelli meraviglia e Widon erano esperti nei loro campi, erano sospettati di almeno una dozzina di reati maggiori e si erano fatti un paio d'anni di galera a testa. Il Grigio e Golìr, comunque, non si sarebbero mai affidati a degli incompetenti. Widon era un infiltrato, ma lo aveva lasciato andare, non c'entrava nulla con la sua incarcerazione, era stata un'idea del Grigio, o forse di Golìr. Che Golìr c'avesse visto qualcosa di buono in lui per il futuro della sua attività?

Un barlume di lucidità torno a farlo ragionare quando sentì i carri dei nani giungere alla spicciolata alle porte di Folkrith.

Doveva uscire da lì, quello era sicuro, e poi? Dove sarebbe andato?

Ma anche quel filo di pensieri inquietanti, col tempo, scivolò via senza lasciare traccia. Poteva essere successo di tutto, la realtà è che lo avevano incastrato e sarebbe marcito in prigione, che importava chi era stato e perché.

L'unica visita che ricevette, dopo più di due settimane, venne al mattino, prima di pranzo.

L'uomo procedette attraverso la guardiola, consegnando i documenti. Attese che il secondino facesse i suoi controlli, poi, in due, lo scortarono di sotto, dove c'erano le celle. Il sovrintendente degli affari legali lo informò che la cauzione era stata fissata per mille denari. L'uomo annuì ma non disse nulla a riguardo, voleva solo parlare col prigioniero.

Le guardie lo scortarono lungo i corridoi bui fino alla cella di Will, lasciandolo con la lanterna e dicendogli di fare attenzione. L'uomo, rimasto solo, andò a racattare uno sgabello e prese posto di fronte alle sbarre. Will, nel frattempo, aveva evitato accuratamente di guardare dalla sua parte.

"Possibile che dopo tutto questo tempo, devo ancora venire a tirarti fuori dai casini" Will strinse i denti, cercando di trattenere la rabbia per non dargliela vinta.

"E rubare dell'oro a un ricco professore qualsiasi posso anche capirlo, tu e quella tua banda di nulla facenti. Mettersi in affari con Golìr però, e il Grigio. Si può sapere cosa ti è passato per la testa?"

"E a te che ti importa? Se non mi arrestavano nemmeno sapevi che ero ancora vivo. Risparmiami il biasimo ipocrita. Se sei venuto qui solo per farmi capire quanto ti abbia deluso come figlio allora stai tranquillo, tu e la mamma me lo avete ripetuto da quando sono nato"

"Non parlare così di tua madre"

"Ah no? – scoppiò infine Will, colpendo le sbarre con le vene del collo che s'ingrossavano – E che cosa hai intenzione di fare a riguardo? Buttarmi fuori di casa un'altra volta?" Una guardia comparve sulla soglia, ma l'uomo lo fermò con un cenno della mano.

"Vorrei solo che la smettessi di odiarmi così tanto. Vorrei che potessimo ricominciare, che la smettessi di vivere come un disadattato e tornassi a casa"

"Stronzate" replicò d'istinto Will. Per pochi secondi, nessuno dei due disse nulla.

"Quindi è per questo che lo fai? Per punirmi per la morte di tua madre. Quante volte dovrò ripeterti che non è stata colpa mia, che io non centro nulla? La sua morte ha ferito anche me sai, cosa credi"

"Si certo, immagino ne parlerai spesso con la tua nuova compagna, vero, papà?"

In quel momento, l'uomo si accorse che suo figlio era diventato come era lui da giovane, intelligente e sfrontato, una di quelle persone che comprende a fondo le regole della vita e le affronta a viso aperto, fregandosene completamente delle ripercussioni sugli altri. Ora capiva la difficoltà che avevano fatto tutti coloro i quali avevano provato a ragionare con lui. Per sua fortuna, comunque, sapeva come colpire a fondo un ribelle con la testa di un genio.

"Quindi è così. Per tutto questo tempo avevo pensato che fossi solo arrabbiato e deluso. La realtà invece è che sei solo immaturo e opportunista. Di opportunità con cui sfruttarmi te ne ho date più di quante ne abbia avute io nella mia vita, che tu lo voglia ammettere o no. Ora però basta – disse alzandosi e andando a poggiare lo sgabello – Ero venuto qui con l'idea di pagarti la cauzione, come sai, i soldi non mi mancano. Però, alla luce del fatto che per l'ennesima volta hai sputato in faccia a me e alla tua famiglia, voglio fare qualcosa per te, qualcosa di diverso dal solito salvataggio che rimette a posto i tuoi casini. Come padre forse ho fatto schifo, ma essendo sangue del mio sangue ti tratterò come qualcuno avrebbe dovuto fare con me quando ero giovane e stupido come sei tu ora. Se preferisci le tue spacconate alla verità fa pure. Io me ne lavo le mani" concluse mettendosi in ordine e andandosene. Will rimase attonito a guardare il padre che usciva senza voltarsi indietro.

Dopo essersi fatto riconsegnare i documenti lasciò le prigioni in silenzio. Nel presidio ci fu un attimo di smarrimento quando videro Lucien uscire dalla prigione da solo.

Normalmente sarebbe andato al pub, a scolarsi un numero indefinito di birre, ma era presto anche per lui. Il baccano festoso dei Nani era quasi assordante, e tutta la città era inondata dell'odore delle braci che grigliavano pezzi di carne grossi e sfrigolanti. Non era in vena di festeggiare, e ormai le carovane dei Nani non erano più la sua attrazione preferita. La nostalgia, tuttavia, alla fine prese il sopravvento. Erano anni che non girava più tra le bancarelle, immerso in quelle cianfrusaglie d'ottone e rame, tra piccole leve arrugginite e ingranaggi dai dentelli sbeccati. Sentì nuovamente il brivido dell'ingegno solleticare la sua curiosità, quello che il tempo e la morte aveva rinchiuso nei recessi più oscuri della sua anima.

Gli aveva fatto male dover impartire una lezione così dura al suo unico figlio, e la giustificazione che si era dato non lo aiutava a sopportare meglio la cosa. Non era tagliato per fare il padre. Erano passati più di venti anni da quando sua sorella Valerie era misteriosamente scomparsa nel Mondo Oscuro, e ora il suo ricordo cominciava ad affievolirsi pian piano. Non quello di Lucas, però. Alla fine, aveva scoperto, condividere lo stesso sangue con i propri padri non significava solo avere una predilezione particolare per infilarsi nei guai, portava anche altre sorprese, brutte sorprese, fatte di dolore e sofferenza. Il filo dei suoi pensieri venne interrotto quando, giunto a una bancarella, vide una fila di cilindri esagonali, di vetro, con le estremità d'ottone. Ne prese uno e se lo girò tra le mani.

Erano ventanni che non ne vedeva uno.

"Oh, giocattolino interessante quello – Disse Otox pulendosi la giacca dalle briciole – Da maneggiare con cura" Lucien alzò lo sguardo sorridendo.

"Lo so bene, amico mio" Otox sgranò gli occhi quando lo riconobbe.

"Lucien Connor. E' una vita che non ti fai vedere. Pensavo fossi crepato amico mio. Vieni – disse trotterellando attorno al suo banchetto per prendere Lucien sotto braccio – Ci sono dei grossi pezzi di carne e boccali di birra che c'aspettano, ne hai tante da raccontarmi. Krix – gridò in direzione del suo carro – Vieni a sostituirmi somaro di un figlio. Io me ne vado a pranzo con un amico" Krix scese dal carro con un balzo e si affrettò verso la bancarella. Quando vide Lucien, sorrise.

"Signor Connor, che piacere vederla"

Signor Connor. Quel Nano aveva già ventanni più di lui e lo chiamava signore.

"Ciao Krix, è un piacere rivederti"

"Come sta Will?" Lucien perse il sorriso immediatamente.

"Ha avuto qualche problema, ma credo se la caverà, come sempre" scese un imbarazzante silenzio, e, mentre Krix si limitò ad ammutolire, Otox, da padre, conoscendo bene Lucien e la brutta aria che tirava da sempre nella famiglia Connor, intuì immediatamente il disagio del suo amico.

"Basta con le chiacchiere abbiamo fame – insorse Otox tirando uno scappellotto al figlio – Tu va a lavorare" dopo aver salutato Krix, Lucien rimase a guardarlo mentre si dava da fare, da buon figlio, per prendere le redini dell'attività estiva di famiglia.

"E' unragazzo di buon cuore – disse Otox parlando di Krix – Ma prego gli Dei che nondebba mai prendere in mano un'ascia. A ognuno il suo, Lucien" concluse dandogliuna pacca sulla spalla.    

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