28. Il Prezzo da Pagare
Bisbigliare era l'unico modo per comunicare.
«Nauru» chiamava Lucien. L'Aladel ero stato chiaro, una volta nella palude bisognava fare silenzio. Bestie e Non Morti erano a guardia del perimetro, impossibile affrontarle tutti insieme, in tre, in mezzo a nebbia e pozze marcescenti che potevano ingoiarti vivo. Lucien, tuttavia, era abbastanza intelligente da capire che in effetti, non esisteva nessun buon piano per attraversare quella palude indenni, senza contare che lui, con l'allenamento nell'Arena, aveva acquisito delle abilità in combattimento assolutamente inutili in quel campo di scontro così ostico.
Bisognava stare stretti e vicini, e non solo per la presenza di nemici.
Le pozze erano profonde e esalavano mefitiche effusioni di gas tossici in grado di uccidere anche gli abitanti del Mondo delle Tenebre. Inoltre, i sottili corridoi di terra umida e molle, cambiavano continuamente la loro forma, disegnando percorsi pieni di vicoli ciechi e strettoie su cui bisognava procedere un passo di fronte all'altro. Infine, alcune di quelle pozze scendevano in profondità, incontrando sacche di gas e di magma, nelle profondità della terra, rendendo quelle acque acide e bollenti. Caderci dentro era una condanna a morte.
Era la sola strada, da fare in silenzio, con una mano sull'arma, pronti a combattere.
Come se non bastasse, quella zona umida era immersa nella foschia dei miasmi e dell'acqua che evaporava. Nauru aveva detto loro che, dalla parte opposta alla palude, si estendeva una foresta di alberi di ferro e pietra, fitta e priva di vita, un incubo peggiore di quello che tentavano di lasciarsi alle spalle, oltre il quale si trovava Thorynrad, la Porta Rossa. Dovevano affrontare la palude, procedere con cautela e stare vicini.
Nauru e Valerie procedevano di fronte a lui, all'inizio. Poi, la nebbia si era fatta sempre più fitta. Bagliori violacei spuntarono di fronte a loro, impedendogli di proseguire. Per Nauru non doveva essere la prima volta che tentava quella strada. Sapeva esattamente dove mettere i piedi, quali pozze evitare e quali attraversare su quel contorto fazzoletto di terra che affiorava qui e la. Lucien, riflettendoci, si rese conto che Nauru non aveva mai specificato da quanto aveva cominciato la sua nuova non-vita al fianco degli Spiriti, nella lotta contro la Dama. Per lei e sua sorella era stato un incubo arrivare fin lì, e, nonostante le difficoltà nel capire quanto tempo era passato, non poteva essere più di qualche mese. Nauru era sicuramente lì da molto più tempo.
Ma ora Nauru era sparito, Valerie forse era morta, e lui aveva una ferita aperta sulla fronte e nessuna idea di dove fosse e come uscirne, è il verso della Bestia si avvicinava sempre più.
Altre fiaccole viola sbarrarono la strada da un lato, poi dall'altro. Tornò indietro, o, forse, proseguì dritto, impossibile esserne certi. Lucien faceva difficoltà a tenere il passo. Superò un arbusto rinsecchito, inciampò su una radice e quasi cadde in una pozza. Una volta ripresosi, si guardò attorno.
Non capiva da dove era venuto, dove stava andando. Ombre violacee apparivano da ogni lato, di Nauru nemmeno l'ombra.
Si era perso.
Nauru tenne d'occhio il Minotauro per tutto il tempo, finché non lo vide sparire dietro un ammasso di rocce nere.
«Se questa palude è così pericolosa perché non tentiamo un'altra strada?»
«No – rispose Nauru continuando a cercare altre guardie – Ti ho già spiegato cosa c'è dalla parte opposta. Rimangono le coste di sabbia nera del Grande Mare a Sud, senza ripari e col rischio di finire in quelle acque infide»
«Si è scelta un posticino niente male» commentò Valerie.
«I miei vecchi fratelli che erano venuti in esplorazione per primi e avevano trovato questo posto lo avevano chiamato Perno del Male»
«Appropriato» disse Lucien.
«Sentite – ricominciò Nauru rivolgendosi ai fratelli – La palude non ha percorsi precisi, ma se mi state dietro e non vi distanziate troppo possiamo farcela. Da quanto dicono gli Spiriti, dalla parte opposta della palude c'è la dimora della Dama Sorridente, ma state attenti a dove mettete i piedi. Bisogna scendere giù per un dirupo, sul fondo del quale Lei ha sepolto dei Morti Viventi i quali, appena ci passerete accanto, si sveglieranno e tenteranno di mangiarvi vivi»
Lucien, sconfortato da tutto quel resoconto, cercò qualcosa a cui aggrapparsi, aprendo lo zaino e frugando tra le sue invenzioni. Niente.
«Ora capisco perché nessuno è mai riuscita ad ucciderla»
Partirono piegati, seguendo le tracce del Minotauro. Fusti di alberi grinzosi e rinsecchiti disegnavano contorte strutture che, come corridoi appena accennati, disegnavano imprecisi labirinti in cui perdersi era quasi assicurato. Nauru, inizialmente, sembrò in difficoltà nel seguire le tracce. Valerie, invece, era impressionata. La ragazza aveva capito subito che Nauru non stava semplicemente cercando le tracce del Minotauro per seguirlo. Stava contemporaneamente cercando una via parallela per proseguire, accertandosi, allo stesso tempo, che nessun altro li seguisse o fosse troppo vicino da poterli vedere.
Tuttavia, la nebbia si faceva più fitta, le pozze più larghe e profonde. Cambiarono strada diverse volte, e non serviva essere dei segugi come Nauru per capire che avevano abbandonato le tracce del Minotauro e speravano solo di uscirne indenni. Valerie lo aiutò diverse volte a rimanere in piedi.
«Maledizione» bisbigliò Nauru arrestandosi all'improvviso. I fratelli Connor si strinsero attorno a lui. Sulla riva opposta di un'ampia pozza, quattro orchi stavano tentando di liberare una Bestia simile a una tigre. Il pelo ispido e ricoperto di piaghe aveva strani colori sfumati nel blu e nel verde.
«Un Herwell, un lupo muta colore, una delle Bestie native del Mondo delle Tenebre. Può mimetizzarsi perfettamente con l'ambiente circostante e diventare praticamente invisibile. E' così che molti Aladel hanno trovato giusto riposo. Se quei folli aprono quella gabbia è finita» Fece giusto in tempo a terminare quella frase, che uno degli Orchi, con un urlo potente scardinò le grosse catene che tenevano la gabbia di ossidiana sigillata.
L'Herwell balzò fuori ruggendo. Gli orchi si resero conto troppo tardi dell'errore commesso. Solo uno su quattro riuscì a estrarre la propria arma per difendersi, inutilmente. La tigre multicolore li aggredì tutti, con una furia e una precisione impressionanti. Nauru e i fratelli fecero in tempo a defilarsi e sparire nel muro di nebbia alla loro destra, prendendo la strada che stavano cercando così accuratamente di evitare. Le urla degli Orchi avevano attirato i rinforzi che sembravano sbucare da dovunque. Cercavano l'Herwell, nessuno sapeva della loro presenza e, per quanto possibile, dovevano tenerla nascosta. Un Orco spuntò dal muro di nebbia e Nauru lo abbattè senza grossi problemi. Altri due fecero la stessa fine, svanendo nel nulla in pochi istanti.
Un orco spuntò alle sue spalle, afferrandolo per il collo e facendo roteare un coltellaccio nero davanti alla sua gola. Il coltello di Nauru trafisse l'Orco in mezzo agli occhi. Lucien, ripresosi, vide ciò che stava succedendo. Gli orchi li avevano trovati.
Valerie stava combattendo come una furia, accecata dall'odio per quelle creature, dalla rabbia per quel posto e per tutto quanto sofferto nell'Arena e prima. Perché ce l'aveva nel sangue. Nauru, senza armi, stava affrontando due Orchi senza troppe difficoltà quando, con un balzo prodigioso, l'Herwell fece la sua comparsa, sventrando un Orco e gettandolo nelle acque nere. Nauru riuscì a recuperare una di quelle spade sbeccate degli Orchi prima di affrontare la Bestia.
Decise di aiutare sua sorella.
Valerie vide il fratello recuperare un arma e correre in suo aiuto. Non si era accorto del Minotauro che stava per colpirlo a morte con un martello enorme. Spinse un suo avversario e ne trapassò un secondo. Non c'era tempo per estrarre l'arco e tirare. Buttò fuori tutta l'aria dai polmoni, un profondo respiro e poi scattò veloce come mai era stata prima di allora.
Raccolse uno degli scudi degli orchi morti.
Riuscì a spostare Lucien in tempo, gettandolo a terra per poi nascondersi dietro lo scudo. Si era preparata all'impatto, ma non poteva immaginare la forza con cui il Minotauro colpì lo scudo. Valerie si sentì sollevare da terra.
Lucien la vide volare via, lo scudo in frantumi, uno sguardo colmo di terrore e un urlo strozzato in gola. Vide sua sorella cadere nelle acque nere, sprofondare quasi all'istante in quella melma mortifera. Urlò il suo nome disperato. Sentì una mano che lo afferrava e lo sollevava.
Era Nauru, ricoperto di sangue nero e inseguito da diverse creature, ferito e con occhi così luminosi che lo accecavano. Parò un colpo che avrebbe ucciso Lucien, poi trafisse due di quei mostri. I loro sguardi s'incrociarono per un istante solo.
«Scappa» gli ordinò l'Aladel con un urlo potente.
E Lucien era scappato, si era perso nella nebbia, vagava senza meta nella palude. Disperato e solo arrancava con le mani protese in avanti, cercando un appiglio che lo tirasse fuori da quell'incubo, trovando solo un dirupo nel quale scivolò senza nemmeno rendersene conto. Quando la caduta terminò, il dolore era l'unica cosa che sentiva. Aveva qualcosa di rotto, era confuso, il cuore pompava come impazzito. Di fronte a lui, steso a terra a mangiare la polvere, vide un'orrenda struttura di vetro e ossidiana nera nello sfondo di un cielo malato, accerchiata da una spianata vuota dove mani cineree e scheletriche erompevano dal terreno e si agitavano come alberi morti squassati dalla tempesta. Si sentì sollevare, trasportare a peso morto sopra quella distesa di mani in decomposizioni, i volti sfigurati, ricoperti di sangue e di morte.
Quando venne lasciato nuovamente a terra, vomitò. Ora si trovava su un pavimento lastricato di pietre ruvide. Provò a rimettersi in piedi, avanzò carponi di qualche passo. Alzò lo sguardo.
Una lunga tunica nera le cadeva leggera sul corpo slanciato, la copriva dalle spalle alle caviglie. I suoi occhi azzurri lo fissavano, le sua labbra carnose e rosse come il sangue, la pelle nivea.
«Nondovresti essere qui» disse la Dama Sorridente.
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