02. Valerie e Lucien
Un ricciolo, sempre quel maledetto ricciolo, continuava a cadergli di fronte agl'occhi.
Il discorsetto intimidatorio del comandante andava avanti da qualche minuto e Valerie l'aveva già sentito una volta e ora non gli faceva nessun effetto. Rinvenne dai suoi pensieri solo quando sentì pronunciare il suo nome.
«Connor, al centro»
Valerie fissò i piccoli occhi viola sul sergente istruttore. Non aveva seguito una parola di quel che aveva detto fino a quel momento, chissà cosa voleva da lei. Quando Valerie lo raggiunse, il sergente continuò a parlare.
«Ho saputo che alcuni di voi ritengono inutilmente duro l'addestramento dell'esercito di sua maestà. Aprite bene le orecchie: Qui non siamo nella fanteria, qui si addestrano Incursori. Se siete venuti fin qui perché non siete stati in grado di trovarvi un lavoro vero allora ho brutte notizie per voi. E se pensate di essere i migliori perché siete stati ammessi mi impegnerò per farvi rimangiare ogni singola parola. Per mia fortuna ho un modo efficace per dimostrarvi quanto vi sbagliate. Il cadetto Connor viene dal Clan dei Cacciatori e se pensate di essere degni dei migliori ranghi dell'esercito di Re Olivander, il livello da raggiungere è quello di Valerie»
Dimostrazione di lotta corpo a corpo, pensava la ragazza, una noia mortale.
Il sergente superò la fila di reclute degli aspiranti Incursori per raggiungere una rastrelliera piena di spade di legno. Ne raccolse una mezza dozzina e le distribuì a tutti, tranne che a Valerie.
«Voglio che attacchiate il cadetto Connor. Chiunque riuscirà a mettere a segno un colpo vero e proprio per oggi può considerarsi libero» Valerie guardò il sergente con un sorriso malizioso, misto tra curiosità e divertimento.
Il primo allievo attaccò a testa bassa, seguito qualche secondo dopo da altri due. Valerie fermò il primo contrattaccando con un calcio che prese il coraggioso ragazzo in pieno petto mentre gli afferrava la spada e gliela strappava dalle mani. Il ragazzo, preso di sorpresa, crollò addosso agli altri due, e Valerie vibrò un fendente basso al quarto, ancora immobile e in attesa del suo turno. Allo stesso tempo, con un gesto fulmineo, colpì in piena faccia il quinto con un calcio potente e preciso, mandandolo a tappeto.
La quarta recluta, dopo aver parato il primo fendente, aveva ripreso l'attacco, ma Valerie sembrava prevedere ogni sua mossa, rispondendo colpo su colpo senza scomporsi. Il sesto infine provò un affondo, che schivò la ragazza di pochi centimetri. Approfittando di quel momento, Valerie si gettò a terra e raccolse la spada del ragazzo svenuto dopo aver preso quel tremendo calcio in faccia.
Anche i primi due sfidanti si erano rialzati, e ora erano rimasti in quattro. Valerie fece volteggiare le due spade di legno, invitandoli a riprendere l'attacco.
Indecisi sul da farsi, i quattro capirono immediatamente che bisognava collaborare per riuscire a colpirla.
Valerie li vide allargarsi pian piano per circondarla e afferrò una delle due spade d'addestramento come fosse un pugnale, quando quel dannato ricciolo nero gli ricadde di nuovo sugli occhi.
La recluta alle sue spalle e quelle ai lati attaccarono contemporaneamente. Valerie si abbassò in avanti, alzando le spade sopra la testa per parare i colpi laterali, sferrando al tempo stesso un calcio potente alle sue spalle.
Tre contro uno.
Una discreta folla di allievi si era soffermata a osservare lo scontro. Valerie, ora, stava volteggiando tra i colpi degli avversari rimasti senza grosse difficoltà, parando e affondando, allungando stoccate precise e potenti alla gola, alle giunture e alla bocca dello stomaco. In pochi minuti anche gli ultimi tre erano a terra, doloranti.
Dal cortile si levarono degli applausi e dei cori per Valerie la quale, voltandosi verso i suoi sostenitori, fece qualche plateale inchino.
«Siete imbarazzanti» commentò con tono stentoreo il sergente ai sei ragazzi a terra mentre raggiungeva la ragazza.
«Ottimo lavoro Connor»
«Grazie signore – rispose lei sorridendo – Magari la prossima volta potrebbe sottopormi una sfida alla mia altezza. Magari lei, Signore»
«Attenta con quella boccaccia, Connor, potrei anche accettare la sfida. Ora vai a renderti presentabile, hai visite»
«Ma, signore...»
«Niente ma Connor. Vatti a cambiare, è un ordine»
Dopo essersi lavata e cambiata raggiunse le stanze del centro di comando. Quando vide Norman Flynn con dei fogli in mano, in piedi al centro della saletta privata, l'esaltazione provata pochi minuti prima scomparve immediatamente. Si affrontarono solo per qualche secondo, in silenzio.
«Sei reclute al tappeto senza nemmeno un livido, impressionante, anche per te. Hai anche un discreto seguito di ammiratori»
«Non si smette mai di stupirsi, giusto signore?» Norman poggiò i fogli.
«A quanto pare, la maggior parte delle volte no. Sono venuto per farti una proposta, vorrei che ci riflettessi prima di rispondere, è una possibilità che non capita a tutti e che personalmente non do a nessuno. Ho bisogno di te per una caccia, diciamo, la tua seconda occasione»
«Non voglio una seconda occasione, mi sono fatta buttare fuori dal Clan. Insubordinazione, La lettera diceva 'Incapacità di sottostare alle più semplici regole di comportamento' ricordi?» il tono era sempre quello, sfacciato e impudente.
Norman aveva affrontato le peggiori teste calde, sia come compagni di caccia che, in seguito, tra i nuovi arrivati nel Clan. Valerie aveva un talento particolare e unico, sia nell'usare il suo arco di Maggiociondolo, sia nell'irritare i suoi superiori. Era ben consapevole, tuttavia, che doveva provarci lo stesso, era troppo importante.
«Da quello che vedo qui, però, sei la migliore tra gli Incursori dell'esercito di sua maestà, sono eccellenti risultati»
«Non torno indietro» sentenziò Valerie.
Norman raccolse le varie carte, consegnando il tutto al suo assistente, un pallido giovanotto che emerse alla luce e ritornò nell'ombra in pochi istanti. Norman aveva avuto anche troppe discussioni con Valerie nel breve periodo in cui l'aveva addestrata. Le dava sui nervi, e il motivo principale erano, ovviamente, le sue eccellenti capacità. Parlò con sufficienza, con quel tono che sapeva perfettamente l'avrebbe irritata.
«Solo una caccia, è quello che ti propongo. Se poi vorrai restare bene, altrimenti potrai tornare qui a... infrangere primati e sprecare il tuo talento. Non so se nel tuo breve soggiorno col sergente lo hai capito, ma l'ultima minaccia rimasta in questo mondo sono le Bestie, e di quelle se ne occupano i Cacciatori del Clan e gli Esploratori Aladel. L'esercito regolare si limita a tenersi in forma. Voglio essere sincero con te: Sono qui perché mi servono i migliori, non quelli che mi stanno più simpatici, e anche perché tuo nonno mi ha caldamente consigliato di fare un tentativo.
Tuttavia, come hai giustamente detto tu, sei tu stessa ad essertene andata. Scelta legittima. Tra due giorni partiamo per il Sud dal Quartier Generale, con o senza di te» poi, senza attendere risposta, infilò la porta, lasciando Valerie sola e impegnata a trovare un motivo per non accettare la proposta.
La porta del laboratorio, un capanno di legno alto e largo, si aprì cigolando.
«Un attimo» urlò Lucien a chiunque fosse appena entrato nel suo laboratorio, da qualche parte in mezzo agli scaffali di ferro e legno, tra le beute e le variopinte erbe appese e appoggiate dovunque.
Il giovane inventore aprì la bussola che aveva in mano con cura, mordendosi le labbra e pregando gli Dei in cui non credeva. La lancetta era immobile. Schiacciò a uno a uno tutti e tre i tasti, componendo una sequenza ben determinata. In seguito, fece fare un intero giro alla levetta sul lato destro della bussola.
La lancetta cominciò a vibrare come impazzita, oscillando a destra e a sinistra. Lucien non credeva ai suoi occhi. Funzionava. Si mise a correre tra le sedie e gli scaffali, sotto i tavoli ricolmi di oggetti strani solo per chi non era un alchimista.
«Dove sei maledizione» ripeteva in continuazione.
Un topolino sfrecciò di fronte a lui. Lucien lo seguì con tanta foga che finì gambe all'aria, facendosi cadere addosso un intero tavolo pieno di oggetti da laboratorio strani e dalle forme contorte e il suo inseguimento finì. Riemerso dalle macerie, si trovò di fronte al suo avventore.
«Nonno? Che ci fai qui?» esclamò con gioia.
«Che diamine combinavi nipote?» chiese Lucas incuriosito.
«Oh, è una bussola, ma non segue il Nord, segue lui» disse indicando il topolino che sfrecciava nel marasma di confusione che Lucien chiamava laboratorio. Lucas non aveva mai avuto molta immaginazione, nemmeno suo figlio Andreas, padre di Lucien, era mai stato uno molto fantasioso. Doveva aver preso dalla madre.
«Hai creato una bussola... per seguire i topi?»
«Ehm ... no, non segue i topi, è un po' più complicato di così. Senti, lascia stare, allora, cosa ti porta da questa parte del mondo?» disse azzannando i resti di un panino raccattato chissà dove.
«Come te la passi Lucien?»
«Bene, nonno. Ho le piante, i miei giocattoli. Non mi lamento. A breve arriveranno i Nani e potrò prendere gli ultimi pezzi per completare le mie ultime invenzioni. Se solo mi prendessero con loro. Potrei studiare come costruiscono quegli enormi colossi di rame e acciaio» non serviva che lo guardasse in faccia per percepire il disagio del nonno.
«E tu, vecchio, come te la passi? Te ne stai ancora rintanato in quel buco a Pine Street?»
«Vorrei dirti di no – sorrise – Ho saputo che tua sorella se la cava bene nell'esercito. Voi due vi tenete in contatto?» Lucien mollò quello che stava facendo e recuperò due sgabelli dalla confusione generale.
«Non ci vuole la mia intelligenza per capire che non è solo una visita di cortesia. Troppi convenevoli indicano che stai prendendo tempo per chiedere quello che sei venuto a chiedere. E siccome tu sei tu, voglio darti la possibilità di fare un tentativo, anche se forse so già di che si tratta» Lucas trasse un profondo respiro.
Che tentare di convincere Lucien fosse inutile lo sapeva, come sapeva che avrebbe avuto maggiori possibilità se glielo avesse chiesto lui, piuttosto che Norman.
«Il Clan avrebbe bisogno delle tue competenze e del tuo aiuto per una caccia. Una singola caccia e poi potrai tornare alle tue pozioni e alle tue invenzioni» Lucien lo fissò per interminabili secondi.
«No» Lucas rimase stupito da quella risposta secca. Senza spiegazioni, senza il minimo dubbio.
«No e basta?»
«No e basta. Cos'è? Avete finito i maniscalchi e gli arrotini che vi rivolgete a me?»
«Lo sai che sono in pensione. E' un favore per un amico»
«Norman?» chiese Lucien con tono sarcastico, cominciando a sistemare il disordine che avevano attorno. Lucas era abituato a parlare con persone ragionevoli come Norman o Valerie. Lucien, tuttavia, era troppo intelligente per sottomettersi come facevano tutti gli altri.
«Ti stava simpatico»
«Quando veniva a trovarci e ci portava le zanne dei Licantropi? Si ma aveva sei anni, nonno»
Lucas abbozzò un mezzo sorriso, non la sua parte migliore.
«Ti piacevano anche le sue storie»
«No, nonno, mi terrorizzavano – il tono di Lucien non lasciava dubbi sui suoi sentimenti a riguardo – Ai bambini si raccontano le fiabe de "Il Nano e la pentola d'Oro" o "I Gnomi dispettosi", non "Il terrificante resoconto di come vengono divorati i Cacciatori del Clan". Anche mia madre te lo diceva sempre, ricordi?»
Lucas non avrebbe mollato così facilmente.
«Tua madre ha fatto la sua scelta, ma lei non era di sangue Connor...»
«Piantala» insorse Lucien scagliando a terra i fogli che ricoprivano il tavolo su cui era poggiato.
«Lucien...»
«No. Mia madre se n'è andata perché tu hai costretto mio padre a crescerci come dei Cacciatori, e la tua ossessione per la caccia ha costretto Valerie a crescermi da sola. E tutto questo per cosa? Sei finito nel tuo buco in periferia ad affogare i ricordi nell'alcol, con che coraggio ti presenti qui a chiedermi di tornare a quella vita?» Scosse la testa, nervoso e arrabbiato, al limite della sopportazione.
«I Connor hanno versato abbastanza sangue per la causa»
Non c'era altro da dire.
Andandosene, avrebbe voluto dirgli molte cose, tra cui un tentativo di scuse che, comunque, non avrebbe fatto molta differenza. Qualcosa doveva fare, però, per dare un senso alla vita che aveva dedicato al Mondo della Luce, per lasciare quel compito a chi ne avrebbe comunque ereditato il peso, nel tentativo di non sentirsi troppo sporco, per soffocare la bestia del rimorso che lo divorava.
«Norman è andato da Valerie a chiederle la stessa cosa. Lei è già stata nel Clan, lo sai che alla fine accetterà. Non farlo per me, o per il Clan, o per questo fottuto Mondo che nemmeno sa che esistiamo. Fallo per lei»
Lucien non riuscì a replicare in nessun modo.
Aveva le braccia tese, appoggiate sul tavolo, la rabbia che gli bloccava i muscoli. Maledetti Cacciatori, approfittatori. Perché non poteva vivere una vita normale come tutti, perché la sua famiglia doveva sempre scegliere un destino di sangue e morte?
In un gesto di rabbia afferrò la bussola e la scagliò contro la parete più vicina.
Avrebbe impedito a sua sorella di partecipare a quella follia.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top