28. L'Assassino ed Ender
L'umile carro in legno sobbalzò appena quando la ruota incontrò un sassolino sulla strada. L'alba del terzo giorno di viaggio aveva appena colorato il cielo di tenui toni rosati. Io, Yul e altri cinque assassini della Gilda eravamo partiti in anticipo verso Ender, per poter preparare il nostro colpo ai cancelli di quel terribile campo di lavoro. Quando i sicari si erano presentati alla nostra porta, la mattina di tre giorni prima, Yul non aveva detto nulla in merito, né si era mostrato sorpreso. Semplicemente, se ne era rimasto in silenzio con un'espressione pericolosamente torva.
I cinque uomini se ne stavano acciambellati su un lato del carro, a studiare rotoli di mappe tracciate sui boschi che circondavano Ender, parlottando animosamente fra loro. Dall'altro lato invece, Yul teneva in mano un'altra cartina, come a voler evidenziare che non voleva neppure condividere un pezzo di carta con loro.
Accanto a lui, mi limitavo ad affilare la punta di una freccia contro una pietra, unico intrattenimento durante tutto il viaggio. Quasi mi mancavano gli esasperanti libri d'amore da leggere mentre mi recavo verso l'obiettivo, come avevo fatto durante il terribile caldo di Costantinopoli. Nel carro però faceva freddo: ormai eravamo quasi arrivati nel villaggio rupestre in cui risiedeva Ender.
«Perfetta.» sussurrai, quando premetti l'estremità acuminata contro un dito e per poco non mi procurai un taglio bello profondo. Poi la riposi dentro alla faretra che sarebbe spettata a Yul e passai alla prossima freccia.
«Grazie.» iniziò l'assassino dai capelli cremisi, gli occhi che ancora si muovevano rapidi sulla piantina.
«E' il minimo.» sospirai.
La strategia era semplice: Yul e i cinque membri della Gilda avrebbero avuto bisogno solo di qualche freccia veloce e silenziosa per mettere fuori combattimento il conducente della carrozza, la maggior parte delle guardie e Ciril Crow. In quel modo sarei potuto penetrare nel carro degli schiavi e liberarli.
Avevo insistito fino alla fine per combattere al fianco di Yul e mandare uno degli assassini a svolgere quel compito, ma non mi era stato concesso né dal rosso, né dai tirapiedi di Alaister. Ero il più veloce, il più agile e il più furtivo. Nonostante ciò, avevo un nodo d'ansia stretto nella gola, che non riuscivo in alcun modo ad inghiottire.
Trattenendo a stento l'apprensione e l'irritazione, continuai a sfregare la pietra contro alla punta di una nuova freccia, ansioso di vederla mortalmente affilata come l'altra.
«Ricordami quali sono i punti da cui scappare una volta conclusa la missione.» mormorai. Volevo stamparmelo bene in mente, così da essere pronto una volta sul campo.
«Qui.» puntò il dito. «E qui, anche.» L'indice picchettò la carta in diverse zone. Il nucleo dove avremmo agito era il sentiero sterrato di fronte ai monumentali cancelli blindati: le possibilità erano a destra oppure a sinistra. Avevamo anche contrassegnato degli alberi in particolare, segnati sulle mappe come i più alti ed imponenti, da cui scagliare armi per distrarre i nemici, così da aprirci delle vie di fuga alternative nel peggiore dei casi.
«Per favore, Yul.» avevo la voce bassissima, perché l'ultima cosa che volevo era che gli uomini di Alaister mi sentissero implorare. Sapevo che il mio tono si era fatto incrinato e un po' lamentoso, ma era inevitabile. «Permettimi di combattere insieme a te. Non è giusto che io sia il solo a restare in disparte.» Eravamo divisi e la cosa non mi faceva stare tranquillo.
«Hel...» sospirò, ma con dolcezza. «Hai un compito ben più importante. Devi liberare gli schiavi.» Lanciò uno sguardo di sbieco agli assassini dall'altro lato del carro. «E non mi fido di loro.»
«Non vedo l'ora di chiudere questa missione e andarmene.» sibilai, scoccando un'occhiata ai sicari, che sembravano essere separati da noi attraverso un muro invisibile, nonostante fossimo sullo stesso mezzo di trasporto.
«A proposito di questo...» Yul si massaggiò la nuca, come a disagio, improvvisamente. «Ho comprato un biglietto, partiamo tra quattro giorni.» Facendo un conteggio, ci sarebbero voluti tre giorni per tornare a Skys Hollow. Ci restava il tempo per incassare il nostro guadagno, fare sbrigativamente i bagagli e andarcene.
«Un biglietto per dove?» domandai, curioso per la destinazione ma anche per la sua reazione strana.
«Il Continente Meridionale.» proseguì, il tono monocorde e gli occhi fissi sulla piantina, forse temendo di incontrare il mio sguardo allibito.
«Il che-?!» emisi un verso strozzato e per fortuna nessuno del gruppo di Alaister si mise a prestarci attenzione, evidentemente disinteressati al nostro parlottare basso.
Il rosso si voltò a guardarmi, corrugando la fronte con intensità, un chiaroscuro di emozioni. «Non è meglio così? Lasciamoci tutto alle spalle. Skys Hollow. Darlan. L'Impero. Ci serve un nuovo inizio.» Ero basito. Da quanto gli frullava in mente un'idea del genere? E perché non mi aveva consultato?
«Ma è assurdo, Yul! Io non...» Inghiottii a vuoto. «Non ero preparato ad un cambiamento simile, avresti dovuto chiedermelo. Quanto meno avresti dovuto dirmelo prima di comprare i biglietti!» ribattei, parlando piano, pur di non farmi sentire da quei cinque scagnozzi. Non sopportavo condividere la missione e il carro, figuriamoci se avrei permesso loro di capire dove eravamo intenzionati a trasferirci per sempre. Interessati o meno, l'avrebbero spiattellato senza ombra di dubbio al Re degli Assassini. «E se ci fosse un altro gruppo di sicari attivo, là?»
«Be'...» Il mio compagno di vita, il mio amato, quello che un tempo era il mio rivale, batté lentamente le palpebre, fissando un punto del carro di fronte a lui. «... Hai pensato all'idea di abbandonare del tutto questo lavoro?»
«C-cosa?» balbettai, sentendo all'improvviso il morso dell'angoscia azzannarmi lo stomaco, all'idea di perdere ogni mio punto di riferimento. Ero bravo nell'assassinio. Anzi, ero il migliore. Che altro potevo fare? Anche se mi divertivo ad immaginarmi pianista, era solo uno stupido gioco. «E' una pazzia. Cosa ti aspetti di diventare? Tu un falegname ed io un sarto?» alzai un sopracciglio, gettando con furia la freccia nella faretra.
«Per lo meno, qualcosa che non ci costringa a tutti i costi a sporcarci le mani e a metterci sempre a rischio.» sentenziò, con un tono calmo, fermo.
«Cazzo, Yul. A prescindere da ciò che diventeremo dopo, comunque potremmo farlo in qualsiasi altro posto di questo Continente.» sottolineai, sbattendo un indice sulla cartina, perentorio.
Yul spostò meglio il peso del corpo sul sedile di rigido legno, strofinandosi le mani per il freddo. Lanciò un'occhiata agli assassini, colmo di biasimo. «E' per Alaister, non è vero?»
«Ma che cosa stai dicendo?!» sbottai, alzando la voce talmente tanto che gli assassini si girarono nella nostra direzzione, canalizzando l'attenzione sulla nostra discussione. Mi schiarii la gola, lanciando loro un'occhiata di avvertimento che li spinse a tornare sulle mappe.
«Penso tu lo sappia. Cambiare continente significa che con lui abbiamo chiuso davvero. Per sempre.» sussurrò quindi Yul, fissando un punto indefinito del pavimento, con la mascella contratta. Strinsi i pugni.
«Senti, Yul. Me ne infischio di cosa fa quell'uomo. Per me può anche morire.» Ed era vero, nonostante tutto ciò che aveva rappresentato per me, prima dell'arrivo di Yul nella mia vita. Alaister era la mia famiglia: padre, fratello, capo, amante... Era tutto e al tempo stesso mai abbastanza per diventare qualcosa di tutto ciò. Adesso, però, era niente.
«Ma davvero? E allora perché non mi hai parlato della premurosa visitina che ci ha fatto, qualche giorno fa?» Aveva lo sguardo cupo. «In casa nostra.» Il fatto che lui sapesse, che non fossi riuscito a dirglielo, che l'avesse appreso da qualcun altro... Fu un colpo nello stomaco.
«Come lo sai?» sfiatai, stringendo i pugni.
Sospirò, combattuto. «E' successo mentre giravo per le zone malfamate della città, corrompendo e parlottando con i vari contatti di Crow.» Strinse le labbra. «Ad un certo punto Alaister si è avvicinato, raccontandomi di essersi molto dispiaciuto di non avermi trovato in casa e di averti lasciato solo. Solo con lui.» Notai lo spasmo che gli attraversò i muscoli del braccio, quando serrò una mano come se si aspettasse di stringere il collo di Alaister.
Che bastardo. Quello stronzo non cambiava mai: aveva parlato dei suoi errori, del fatto che provasse qualcosa per me... E poi aveva rigirato la frittata per usarla contro Yul. Contro il nostro rapporto.
«Ha anche insistito a dire che dovessi chiederti cosa nascondi veramente, cosa è successo quando ti ha trovato vicino a Treblin.» Il mio cuore si attorcigliò su se stesso in un'unica capriola, mentre lui si avvicinava a me, spalla contro spalla, avvolgendomi la vita con un braccio. «Gli ho detto che poteva andare a farsi fottere, comunque. Solo che ha continuato ad infierire. Usava il passato per raggirarmi e sosteneva che noi due fossimo diversi, che non avrei mai potuto capirti.»
La mia faccia doveva essere una maschera di rabbia, adesso, ma non osai interromperlo. Come aveva fatto a tenersi dentro tutto quanto, senza farmi accorgere di nulla, mentre io quella sera combattevo con gli stessi demoni e lui era lì per consolarmi? «Quando mi ha finalmente lasciato in pace, la prima cosa che ho fatto è stata cercare una nave diretta verso il posto più lontano. Non ho resistito dal comprarlo con gli ultimi risparmi. Perché sappiamo entrambi che se non ce ne andiamo molto, molto lontano, lui continuerà a perseguitarci.»
Avevo il fiato corto e la nausea che mi martellava la bocca dello stomaco. «Cosa ti ha detto? Cosa... Cosa ha menzionato di me e di Treblin?» sentii le mani tremare.
Non potevo dimenticare. La mia fuga da Treblin, i miei vestiti intrisi del mio stesso sangue, il mio corpo totalmente privo di ferite. Cosa avrebbe fatto Yul se avesse scoperto che non ero umano?
Trovò subito l'angoscia e il terrore che mi solcavano gravemente il capo e scosse la testa, pieno di mestizia.
«Non ho idea di cosa stesse parlando, ma quando arriverà il momento di saperlo sarai tu a dirmelo. E sarà bellissimo sapere di aver guadagnato la tua fiducia fino a quel punto. Ma fino ad allora, rispetterò i tuoi segreti: non riguardano Alaister, non riguardano me. Sono tuoi e solo tuoi.»
Il sollievo mi cosparse dolcemente il corpo, come il calore dopo aver bevuto una bevanda calda. «Te ne parlerò, te lo prometto.» sussurrai, allungando una mano per colmare gli spazi fra le sue dita, in una presa sincera e sentita.
«Lo so. Ecco perché ciò che ha detto Alaister non mi ha fatto vacillare nemmeno per un momento.» rispose, allungando le labbra sulla mia tempia, per depositare delicato un bacio. «Quell'uomo non conosce sentimenti, è per questo che continua a sottovalutarli.»
Aveva ragione e la sua riflessione mi fece sorridere. "Provo qualcosa per te" aveva detto, ma non era vero. Il Re degli Assassini era sempre stato un maestro dell'inganno e se sperava di farci vacillare con i suoi trucchetti, ormai era troppo tardi.
«Va bene. Sono pronto a fare questo passo con te... Il Continente Meridionale.» Saggiai il sapore della nostra nuova casa sulla punta della lingua. «Ho un po' paura, però.» ammisi, dopo qualche minuto di silenzio.
«E' l'effetto che fanno i cambiamenti. Penso che...» Aggrottò la fronte, arricciando le labbra in un sorrisetto dei suoi, che finalmente aveva ricominciato a mostrare. «... Dovremmo mettere a frutto quel metodo segreto che mi hai insegnato.»
«Ce ne sono molti...» mormorai, abbassando gli occhi sulla sua bocca con un risolino.
Rise anche lui. «Intendo dire: mi chiamo Yul Pevensie e non ho paura.»
«Mmh.» mormorai, vicino al suo viso. «Serve la giusta dose di trasporto, per dire quella frase.» replicai, con un pizzico di divertimento, mentre lui mi accarezzava la guancia.
Mi persi nei suoi occhi di zaffiro come se, al loro interno, nel blu infinito in cui sguazzava tutta la devozione e tutto l'amore che provava nei miei confronti, potessi anche avere una visione del nostro futuro. Una casa sicura. Un letto da condividere insieme. Un lago in cui fare il bagno. Bosco e sole sotto cui rischiare di bruciarsi la pelle. E magari sì, un lavoro senza spargimenti di sangue, senza dover guardare l'orologio e preoccuparsi se uno dei due tardava troppo.
«Ti amo così tanto.» sussurrò.
E in quel momento non m'importò nulla della missione, degli assassini a qualche metro da noi, delle guardie, del nostro status, di Alaister.
Gli gettai le braccia intorno al collo, inalando il suo profumo. Poggiai le labbra sulle sue, leggermente, quasi come una carezza. «Mi raccomando, una casa nella natura, ma nemmeno troppo lontana dai negozi di lusso!» scherzai, affermando con gioia che andava bene. Il Continente Meridionale o qualsiasi altro posto al mondo, purché con lui.
I suoi occhi brillarono come due stelle, quando capì. Stava per rispondere, ma poi il carro raggiunse la destinazione.
***
Eravamo scesi proprio all'entrata del piccolo villaggio di Bellhaven, in cui risiedeva Ender, in tutta la sua minacciosa grandezza.
Sarebbe stato fin troppo pericoloso addentrarsi oltre, perché nessuno viaggiava fino lì, a parte le guardie reali accompagnate dagli svariati carichi di schiavi.
In poco tempo, nascosti fra i boschi sulle montagne a ridosso del sentiero, avevamo aspettato il carro e, una volta individuato, avevamo incominciato a seguirlo. Svettavamo veloci fra gli alberi, pedinando in modo sempre più serrato il carico di schiavi ben nascosto nella vettura di legno. Quest'ultima era circondato da una ventina di guardie, più il cocchiere, ma nessuna di queste era Ciril Crow.
Dov'era finito?
Quando qualche minuto dopo scorgemmo l'imponente e immenso muro di pietra, il filo spinato sull'estremità, il cancello enorme di ferro battuto con la scritta "Ender", rallentammo ed iniziammo a scendere verso il sentiero.
Giunti ai lati della strada serrata, anticipando il carro di diversi passi, iniziammo ad organizzare il vero piano: Yul e altri due assassini si sarebbero nascosti fra gli alberi sul lato sinistro del sentiero, mentre altri tre sul lato destro. Insieme avrebbero lanciato frecce contro i punti vitali delle guardie.
Io, approfittando del clamore della lotta, sarei sgattaiolato silenziosamente nel carro degli schiavi e li avrei liberati. Poi avremmo preso possesso del carro, ci saremmo recati nel punto d'incontro concordato con il nostro contatto e lì avremmo lasciato gli schiavi. Infine, saremmo ritornati trionfanti a Skys Hollow.
Poteva funzionare bene come piano.
Potevamo farcela.
Prima di smistarci ai lati del sentiero, fissai Yul, col cuore in gola. Avevo provato ancora una volta a convincere il gruppo a far liberare gli schiavi da qualcun altro. E ancora una volta me lo avevano negato. Il fatto di separarmi da Yul non mi andava a genio, ma non avevamo scelta. Lo fissai a lungo, i capelli di uno splendente rosso sangue che brillavano alla luce del sole mattutino, gli occhi blu notte fissi nei miei, attraversati da un misto di apprensione e speranza. Ce la potevamo fare.
Sentii il rumore di zoccoli, il segnale che ci annunciava l'arrivo imminente del carro.
Afferrai il bavero della sua giacca e lo attirai verso di me. Mi impadronii della sua bocca, calda e dolce, della sua lingua, del suo sapore alla menta e caramello. Mi cinse il collo con una mano ed io gli infilai una mano fra i capelli. Poi, con uno strattone, lo allontanai.
«Non osare morire.» sussurrai, spingendolo verso l'altro lato del sentiero.
Ed ecco che dal fondo del colle sbucò il carro che doveva essere pieno di schiavi, diretto verso il cancello di Ender.
Mi acquattai fra i cespugli. Il resto degli assassini si coprì i volti con i cappucci e si arrampicò agilmente come gatti sugli alberi. Estrassero le frecce dalle faretre. Misero in tensione l'arco.
Le quindici guardie erano piuttosto annoiate, parlottavano tra loro, scherzavano, si davano spintoni, sbadigliavano. Non sembravano affatto consce di ciò che stava per succedere, e questo era un bene.
Ma dove diavolo era Ciril Crow?
Dalla mia postazione, se scrutavo con attenzione i rami dell'albero che avevo di fronte - a diversi metri di lontananza - potevo vedere la figura scura di Yul tendere l'arco. Dovevo stare tranquillo. Se gli assassini erano con lui, era impossibile che potesse succedergli qualcosa.
Presi un respiro, chiudendo gli occhi. Sarebbe andato tutto bene.
Sentii una freccia sibilare sopra la testa e aprii di scatto le palpebre. Una guardia, tutta intenta a ridacchiare con un altro soldato, si ritrovò con la gola perforata. Cadde a terra. E ne caddero altre cinque nello stesso momento.
I restanti scattarono sull'attenti, sfoderarono le spade, si guardarono intorno con circospezione. Presi un altro profondo respiro. Gli assassini si tuffarono dall'alto degli alberi e schiacciarono alcuni soldati, atterrando sulla strada con un balzo. Brandirono i pugnali o sfoderarono le spade. Mi riempii i polmoni un'ultima volta. Poi, con un salto, uscii dal mio nascondiglio ed iniziai a correre verso il carro incustodito. Gli assassini avevano iniziato a combattere e nonostante l'inferiorità numerica, erano loro ad avere la meglio.
Mentre correvo, una guardia mi afferrò per la spalla e cercò di affondarmi la spada nello stomaco, ma lo schivai e gli rifilai una rapida gomitata, continuando dritto per la mia strada. Subito arrivai davanti alla vettura in legno, scostai i tendoni pesanti che la coprivano e celavano gli schiavi all'interno, ed entrai.
Mi aspettai gruppi di uomini e donne stipati lì dentro come bestiame, vestiti di stracci e incatenati ai polsi e alle gambe. Invece no. Non c'era nessuno schiavo lì.
Strabuzzai gli occhi.
Contai almeno cinque guardie, armate fino ai denti.
Era una trappola. Merda.
Sfoderai i pugnali. Le guardie mi si avventarono addosso e, in un attimo, piantai le lame fra le costole di una. Saltai fuori dal carro e i quattro mi seguirono a ruota. Uno mi lanciò contro una freccia, ma rotolai a terra, e riuscii a schivare. Subito, uno degli assassini venne ad aiutarmi. Prima di tornare ad affrontare le guardie, mi diedi un rapidissimo sguardo intorno. Nessun guizzo di capelli rossi.
Dov'era finito Yul?
Per poco un soldato non riuscii a sgozzarmi con un solo movimento della mano, ma con uno scatto fulmineo della testa, il colpo andò a vuoto, e deviai il suo polso armato verso la sua gola, infilzandolo con le sue stesse mani. Mulinai la spada e con un'unica mossa spazientita, infilzai un'altra guardia fino al cuore. L'assassino della Gilda mise fuori gioco le ultime due guardie e ne rimasero solo un paio da eliminare. Esibii un sorriso trionfante e allo stesso tempo sollevato. Avevamo vinto.
Ma quando voltai la testa verso il lato sinistro del bosco il mio cuore si fermò. Nessun battito, nessun fiato. Rimasi ad occhi strabuzzati, la bocca spalancata, appena pronta ad urlare. Anche se il grido mi si era congelato sulla punta della lingua.
C'era un nuovo e numeroso gruppo di guardie. C'era Ciril Crow.
C'era Yul.
Uno dei due aveva la spada in mano, l'altro la lama puntata sulla gola. Crow teneva i capelli rosso sangue di Yul in una mano, tenendogli incurvato il collo, e nell'altra gli teneva la spada premuta sulla pelle, talmente forte che potevo vedere alcune gocce di sangue dell'assassino zampillare.
«YUL!» urlai, con tutto il fiato che avevo in gola. Perché diavolo gli assassini che erano dal suo lato del sentiero non lo avevano aiutato?
Forse non se ne erano accorti. No, era impossibile. Iniziai a correre. Veloce, veloce, sempre più veloce. Yul era vicino, non l'aveva ancora ucciso, potevo ancora salvarlo.
Ancora sei passi, ancora cinque, ancora quattro...
Qualcuno mi afferrò per la giacca, alle spalle, sbattendomi all'indietro. Un assassino mi tenne fermo, mettendomi una mano sulla bocca per impedirmi di urlare. Gli rifilai una gomitata, ma subito giunse un altro, e poi un altro ancora.
«Dobbiamo salvare Yul!» ringhiai contro al palmo che mi premeva sulle labbra, sgroppando come un diavolo e lottando per liberarmi dalle braccia che tentavano di bloccarmi. «Lasciami!» Morsi la mano dell'assassino così forte che sentii il sapore di sangue in bocca.
«Zitto Valentine! Ci scopriranno!» mi sibilò nell'orecchio quello, mentre mi trascinava coi suoi compari verso la parte opposta del bosco. Per qualche orribile ragione le guardie ci avevano visto, ma non si muovevano.
Era stata tutta una grande trappola.
E ormai, con Yul nelle loro mani, sembravano aver raggiunto il loro obiettivo. No, ci doveva essere un errore. Perché fra tutti, proprio Yul? Perché lui?
C'era sicuramente un errore.
Dovevo andare da Yul. Era solo a qualche passo da me. Solo qualche passo. Dovevo salvarlo.
«LASCIATEMI, CAZZO!» Un ultimo urlo colmo di rabbia. Lanciai calci e pugni alla rinfusa, così oltre a trascinarmi per le braccia, mi afferrarono anche i piedi, tenendomi fermo.
«Scusaci.» esclamò uno. L'elsa di una spada mi colpì dritto alla tempia. Sentii un dolore terribile alla testa. Prima che tutto divenisse nero, vidi quell'ultima, terribile immagine.
Il viso teso di Yul e Ciril Crow che gli puntava la spada al collo. Quel bastardo mi guardava.
E sorrideva, trionfante.
***
Spalancai le palpebre. Le stesse lenzuola di seta, gli stessi veli dai toni blu e bianchi, lo stesso sfarzoso baldacchino in mogano. Affondai le mani dentro alle lenzuola, arpionandomi ad esse come per recuperare la consapevolezza di quale fosse il sopra e quale il sotto. Riacquistando lucidità, finalmente conscio della realtà che mi circondava.
Per un momento potevo quasi illudermi che nulla fosse cambiato. Che quella fosse ancora la mia stanza, che io fossi l'invincibile Sfavillo, che ancora non sopportassi Yul. Avevo tutti i miei privilegi e fra poco sarebbe stata servita la colazione in mensa, per cui mi conveniva svegliarmi subito per farmi un bel bagno caldo e scendere pulito e profumato nella sala comune.
Poi ricordai tutto, come un flash rapidissimo passato davanti agli occhi, l'apparire e scomparire di un fulmine.
Yul era stato catturato.
A stento soffocai un grido. Poi scostai le coperte e mi catapultai sul pavimento di marmo, gelido. Il cielo dalla finestra ostentava una splendida alba. Quasi non riuscii a crederci quando notai la data segnata sul calendario. Non poteva essere, non potevo aver dormito per quattro giorni. Sentii le gambe improvvisamente molli e caddi a terra, scioccato.
Quattro giorni.
Poteva succedere qualunque cosa in quattro giorni. Mi strinsi le mani sulla bocca, nauseato, scioccato. E se in quei quattro giorni Yul fosse stato torturato? E se fosse...
No, non potevo pensarci.
Improvvisamente, udii delle voci. Alcuni uomini discutevano animosamente proprio oltre l'uscio chiuso della mia stanza. Il loro sussurrare e confabulare sospetto scalzò il panico con la prontezza di spirito, che mi spinse ad accostarmi vicino all'alta per origliare.
«Di certo Crow si aspetta un nostro intervento tempestivo.» disse un uomo, che riconobbi come Jayden, uno dei tanti che avrebbero potuto rivaleggiare benissimo con me e Yul in quanto a bravura.
«Avrà dispiegato tutte le forze armate necessarie per tenerci lontani.» disse un altro, uno di quelli che aveva partecipato alla missione con me e Yul. Subito mi sentii invadere dalla rabbia. Come avevano potuto fermarmi? Era colpa loro, se Yul era stato catturato.
Era solo colpa loro.
«Non c'è dubbio. E poi, durante le esecuzioni c'è sempre un sufficiente numero di guardie per tenere a bada eventuali sommosse da parte dei ribelli.» fu a parlare Alaister, stavolta. Il respiro mi si mozzò nella gola.
Esecuzioni.
Capitavano una volta ogni due mesi, nella piazza principale, fra il Castello di Cristallo e il Teatro Reale. Alcune volte venivano fatte perfino più spesso, una volta al mese o due, a causa dei ribelli, ed erano volutamente pubbliche, in modo che i cittadini capissero l'autorità del Re e vivessero nella paura di essere uccisi per mano sua.
Ciò significava che Yul era vivo, ma che gli sarebbe spettata un'esecuzione. Mi sentii girare la testa e dovetti appoggiare la schiena al muro, per riprendermi. «Il piano è semplice. Uccidete le guardie a vista e, mentre le altre saranno distratte dal combattimento, qualcuno di noi prenderà Yul dalle grinfie del boia.» continuò il Re degli Assassini. Misero brevemente a punto gli ultimi dettagli.
«Colpiremo alle dieci di questa stessa mattina.» riprese con un ringhio Alaister, probabilmente la rabbia che qualcuno avesse messo in discussione la sua autorità, toccando uno degli uomini che aveva da sempre lavorato per lui, anche se ormai non faceva più parte di quella Gilda.
«L'esecuzione inizia verso quell'ora, nella piazza cittadina, non dovremo sbagliarci. Fate in modo che gli altri siano pronti a partire fra due ore. Ci metteremo in moto alle nove. E mi raccomando: massimo silenzio. Qualcuno deve averci traditi, se Crow è riuscito a tendere una trappola a Yul e Valentine.» concluse lui. I due collaboratori stettero agli ordini molto velocemente, allontanandosi per andare poi a trovare altri sicari disposti ad affrontare quell'impresa di salvataggio, che nemmeno mi sarei aspettato, da parte di Alaister.
Avevo ancora l'orecchio attaccato all'anta della porta, quando sentii cigolare il pomello: corsi verso il letto e mi infilai fulmineo sotto le coperte. Serrai le palpebre e regolarizzai il fiato.
Anche se tenevo gli occhi chiusi, fingendo di essere completamente addormentato, era difficile non riconoscere la caratteristica acqua di colonia costosa che spesso adornava la pelle di Alaister Noir. Il suono felpato dei suoi stivali s'arrestò quando raggiunse il mio capezzale.
Da dietro alle palpebre potei vedere la sua ombra coprire la luce del mattino, mentre si curvava su di me e mi baciava dolcemente la tempia, come avrebbe potuto fare un padre con un figlio che aveva avuto una giornata dura. «Riposati.» sussurrò, la voce arrochita appena e le dita ruvide passate delicatamente sulla mia guancia, non volendo svegliarmi, senza sapere che ero già sveglio e avevo sentito tutto.
Fece dietro-front e quando si chiuse la porta alle spalle udii l'inconfondibile scatto della chiave dentro alla toppa. Mi misi a sedere sul letto con tanta velocità che le molle cigolarono, mentre fissavo furente la porta sigillata. Quando mi alzai per controllare, notai che la maniglia, dal mio lato, era stata completamente rimossa.
Perché quei bastardi volevano farmi questo? Per impedirmi di partecipare con loro, credendo che essendo coinvolto avrei mandato le cose a puttane? Per impedirmi di salvare la persona che amavo? Per impedirmi di sventrare Crow e strappargli la sua faccia trionfante ad unghiate?
Cosa poteva aver fatto a Yul?
Ciril Crow era un maledetto sadico. Raggirava di giorno e torturava di notte. Era il maledetto capo di un campo di morte. Un uomo rispettato dal Re di Darlan. Sentii la terra rotearmi sotto ai piedi e dovetti appoggiarmi contro al muro per non cadere. Non mangiavo da tempo: se questo era il quarto giorno, i tre precedenti dovevo averli passati addormentato nel carro, per il viaggio di ritorno da Ender. Senza ombra di dubbio, i cinque assassini avevano fatto in modo di tenermi in vita, facendomi bere qualcosa nel sonno.
Ma lo stomaco si lamentava e io mi ostinai a non ascoltarlo: la fame poteva aspettare. Tutto poteva. Perché Alaister e i suoi sicari volevano accorrere all'esecuzione di Yul, di lì a poco. Volevano lasciarmi indietro esattamente come avevano fatto durante la missione, separando me e l'uomo che amavo.
Stavolta le cose sarebbero andate diversamente.
Mi infilai le mani fra i capelli, indirizzandomi le ciocche d'oro all'indietro sulla testa. Vagliai velocemente tutte le opzioni che avevo: potevo sfondare la porta a calci, non era poi così resistente ed io ero abbastanza arrabbiato da riuscirci. Però avrei allertato mezza Fortezza.
Potevo anche scassinare la serratura riuscendo ad aprirla pur senza maniglia. Tuttavia, scommettevo che Alaister aveva messo almeno un paio di guardie nel corridoio e ce ne sarebbero state molte altre, piuttosto abile, ad ostacolare la strada fino al portone d'ingresso.
E infine, avevo la finestra, da cui penetrava il chiarore mattutino. Non era sigillata in alcun modo, perché non era stata presa in considerazione come via di fuga: il secondo piano era così alto che valutare l'idea di saltare da lì era un po' come ponderare di uccidersi, spezzandosi l'osso del collo nella caduta. Le grandi altezze però non spaventavano uno come me.
Scelta la via di fuga, non mi restò che prepararmi. Con la camicia di seta bianca indosso - di certo qualche domestico doveva avermela cambiata mentre ero svenuto - non potevo andare da nessuna parte. Per fortuna, quella era la mia vecchia stanza e non avevano sgomberato del tutto ciò che rimaneva. Evidentemente Lysandro non aveva trovato di suo gradimento gli ultimi capi restanti.
Afferrai un paio di pantaloni neri e una camicia scura, insieme a stivali al ginocchio. Niente di tutto quell'abbigliamento era molto comodo, a differenza di una tuta da combattimento, ma per il mio caso erano semplicemente perfetti: mi serviva soltanto che fossero scuri per non spiccare quando mi sarei calato dalla finestra.
In quella stanza non erano rimasti però solo vestiti che avevo scartato, inadatti da portarmi dietro durante il trasferimento. C'erano anche diverse armi, tutte nascoste e mimetizzate all'interno della stanza: due spade celate in un doppio fondo segreto dell'armadio; un buon numero di pugnali nascosti dietro alla toeletta, fra le intelaiature del letto e in alcuni tomi spessi che in realtà erano delle scatole mimetizzate nella libreria.
Mi fissai i pugnali nella cintura lungo il fianco, un paio anche negli stivali, con l'impugnatura che sporgeva da dietro ai polpacci. Le spade invece finirono incrociate a X sulla mia schiena e ben presto fui armato e pronto.
Avrei eliminato qualunque guardia mi si fosse parata davanti. Avrei trovato Crow e l'avrei ammazzato a mani nude, con gusto. E poi avrei finalmente potuto riabbracciare Yul. Mi sarei accontentato di quel misero gruzzolo che avevamo, ed insieme saremmo partiti per il Continente meridionale. Forse eravamo ancora in tempo.
Aprii lentamente la finestra e, dopo aver studiato per un paio di minuti il muro circostante, ripetendo nella mia testa il preciso percorso che avrei dovuto fare e quali appigli usare, lanciai un'occhiata alle guardie appostate sul retro, dove la mia camera affacciava. Prestavano attenzione alla cancellata e alla strada ove affacciava, non certo a me, che mi sporgevo da lassù. I pericoli venivano da fuori, non da dentro... Almeno, questo credevano.
Ignoravano il fatto che li avrei sgozzati se solo mi avessero ostacolato. Il salvataggio di Yul spettava a me. A nessun altro.
La speranza di poter avere ancora Yul fra le braccia, di sentire il suo profumo, il dolce solletico della sua risata sulle labbra, fu il carburante necessario a permettermi di compiere il passo finale. Abbandonare i freni inibitori e l'istinto di sopravvivenza per calarmi oltre la finestra alta.
Appoggiai i piedi negli interstizi fra le pietre e ringraziai il fatto che le unghie mi fossero cresciute abbastanza da permettermi di tenermi aggrappato alla parete esterna, come un felino contro la corteccia di un albero. Scalai il basso molto lentamente, prendendo leggeri respiri fra le narici, temendo che perfino fiatare troppo forte mi avrebbe fatto perdere l'equilibrio. Gli appigli erano quasi inesistenti.
Ma io ero determinato.
Raggiunsi la terra qualche minuto dopo, atterrando in piedi con un salto di mezzo metro: fu un rumore fioco, a malapena udibile. Rasente al muro sgusciai intorno al perimetro della Fortezza, appena un'ombra che si contrastava alla luce dorata. Tutto era silenzioso: una calma apparente. La voce dell'esecuzione imminente di Yul si stava diffondendo come una macchia di sangue su una camicia e molto presto la maggior parte degli uomini di Alaister si sarebbero messi in moto.
Ero molto vicino al cancello, riuscivo a vedere le carrozze trainate velocemente dai cavalli, i loro pennacchi dondolare dalle briglie luccicanti. Riuscivo a sentire il chiacchiericcio lontano delle signore che passeggiava con gli ombrellini di pizzo in mano. Ma prima di poter fuggire del tutto, una mano mi agguantò, schiantandomi contro la muratura che riparava la Fortezza dal resto della città.
Sussultai appena, ma ignorando il dolore alle spalle avevo già sfoderato una delle lame legate in vita, mostrando un volto talmente minaccioso che faceva paura. Fui sorpreso di scoprire che l'uomo ad avermi bloccato era Trill, la guardia di Alaister. Aveva un'espressione rabbiosa e cupa.
«Che cazzo vuoi?!» sibilai, mentre allungavo il pugnale verso la sua gola. Avevo sempre desiderato di arrivare alle mani con lui, solo per capire chi dei due fosse il più forte. Mi aveva sempre considerato un ragazzino frivolo: non aveva nemmeno idea di cosa avrei potuto fargli, adesso.
«Tu non vai da nessuna parte.» intimò, strattonandomi per la spalla per tenermi fermo. Gli bastava un urlo per allertare tutti e mettermi nei guai.
«Sei solo il patetico soldatino di Alaister. Se non mi lasci andare immediatamente, ti uccido.» avvertii, con un tono così feroce che sembravo un animale.
«E' proprio per questo che cerco di fermarti, dannazione! Smettila di partire in quarta, usa la testa invece e rifletti!» disse, il tono duro e concitato, le dita che premevano sulla mia pelle così forte che avrebbe potuto lasciarci dei lividi.
«Hai tre secondi per lasciarmi andare.» La pressione del pugnale sul suo collo esposto si aggravò. «Tre, due...»
«So che vuoi andare a salvarlo.» si affrettò a rispondere, quasi con un singhiozzo. «E anche io. Ma non...» Basta. Mi ero stancato di sentirlo farfugliare per far guadagnare tempo ai suoi colleghi: più minuti perdevo qui, più le occasioni per soccorrere Yul diminuivano. Gli colpii il braccio con cui mi tratteneva con una gomitata ben assestata. Mugolò: «Stupido. E' solo una...»
Non sentii altro. L'ultima cosa che volevo era farmi dare dello stupido, mentre lottavo per raggiungere l'unica persona che contava nella mia vita. Roteai il coltello e l'elsa di ferro pesante gli colpì la tempia, facendolo caracollare al suolo con un tonfo sordo. Rabbia e determinazione mi pulsavano nelle vene, mentre tutto il mio essere si trasformava nella lancetta di un orologio, che batteva ogni secondo, istante, minuto. Niente tempo da perdere.
Ignorai il cancello sorvegliato e mi arrampicai agilmente sul muro di cinta, scavalcandolo e raggiungendo l'altro lato. Un attimo dopo mi infiltrai per le strade di Skys Hollow, le spade sulla schiena, i pugnali sui fianchi, il viso coperto da un cappuccio nero, il mento alto.
Lo avrei salvato.
Avrei salvato Yul.
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