Punizione



- Molto astuto, Lysandro. Un vero peccato che non sia lui quello nei guai. -

Furono quelle le ultime parole che ricordavo. Quella frase e il sorriso di Alaister, prima che un dolore fitto alla nuca mi cogliesse impreparato. Di certo non mi aspettavo che il Re degli Assassini mi colpisse così forte, anche perché non l'avevo neppure visto muoversi. Eppure, lo fece senza neanche esitare. Dopo, c'era stato solo buio.

Un penetrante, doloroso e fitto buio.


Delle braccia mi stringevano, mi tiravano via e mi allontanavano, strattonandomi dolorosamente. Ma io urlavo. E le mani sporche di fuliggine premevano contro la mia bocca per impedirmi di gridare, per far in modo che la mia voce non si sentisse. Ma io mordevo, e scalciavo, e piangevo.

Con la forza di un'esplosione, l'allarme magico della gioielleria mi pugnalava le orecchie con brutalità, spingendomi ad urlare ancor di più, e a divincolarmi da chi mi stringeva con maggior impeto. Ma la scena che mi si stagliava di fronte mi faceva desiderare di sgusciare via dalla mia stessa pelle per andare da lui. Lui.

Morsi la mano che mi tappava la bocca.

- HELIAS! - liberai un grido, che squarciò la confusione di quella prestigiosa via di lusso e che sovrastò l'ululato di quell'allarme magico. Non sembrava la voce di un ragazzino, non sembrava la mia voce.

Ed intanto ciò che i miei occhi guardavano attraverso un velo offuscato di lacrime era lo scenario peggiore che potessi mai immaginare: il ragazzino, colui che avevo accolto nella banda di ladruncoli, colui a cui piano piano mi ero affezionato, a cui facevo riferimento, il ragazzino che mi proteggeva, il mio amico; la persona che amavo, ora era lì, fuori dalla gioielleria. Non aveva fatto in tempo a scappare.

Aveva provato a correre, aveva provato a confondersi fra la folla. Ma l'allarme era scattato troppo velocemente, le guardie reali erano troppo vicine. E adesso era tardi per scappare, perché il ragazzo dai capelli d'oro, nascosti sotto la coltre di sporcizia, era circondato da un innumerevole gruppo di guardie.

Ed io invece ero tenuto stretto dai ragazzi della banda, che mi impedivano di andare ad aiutarlo. Un suicidio, sarei stato ammazzato con lui e avrei esposto l'intera banda al pericolo. Ma a me non importava. Non potevo lasciarlo solo al suo destino.

Morire con lui mi sarebbe bastato.

Eppure, mentre il biondo veniva portato via, trascinato con la forza mentre gridava, io venivo pian piano costretto ad arretrare verso le stradine di Skys Hollow, lontano, in modo che non potessi intervenire. Lo guardavo scontrarsi contro il suo destino, mentre io invece mi ci allontanavo. Sentivo che quel destino comune, pian piano, si divideva in due futuri diversi. Due futuri che si allontanavano sempre di più. Ed io non volevo, non sopportavo questo pensiero. Volevo che il mio futuro fosse assieme a lui.

Tesi il braccio verso di lui, un puntino biondo in lontananza, sovrastato dalle guardie. Sentii le lacrime che continuavano a rigarmi il volto. Volevo andare da lui. Andare da lui.

- HELIAS! -


Spalancai gli occhi.

Erano umidi, e feci una leggera fatica per mettere subito a fuoco la scena che mi si parava di fronte. La testa mi faceva stranamente male, ma avevo le braccia rigide, addormentate. Questo perché erano legate. Legate alla testiera del letto, poiché infatti ero steso lungo il baldacchino. Completamente nudo.

Le braccia erano sollevate e i polsi ben annodati in modo che non potessi liberarmi. Chiusi gli occhi, lottando per non sospirare per la stanchezza, per non tremare per il terrore. Divincolai le braccia, sperando che le corde non fossero troppo strette. Invece mi stringevano così forte che la pelle mi bruciava, ed ogni mio tentativo non faceva che peggiorare la morsa.

- Inutile. - rispose una voce, poco più lontana, elegante e fredda come un pezzo di ghiaccio che scivola lungo la colonna vertebrale. Rabbrividii ed aprii gli occhi. Avevo già capito a chi apparteneva, ma volevo guardarlo, per un attimo, solo per osservare fugacemente la sua espressione. Sbattei le palpebre, mi sforzai nel curvare il collo, per cercare di capire la sua collocazione nella stanza.

Era seduto ai piedi del letto, ancora vestito a festa: i pantaloni perfettamente stirati e neri come il carbone, nessuna giacca ma la camicia arrotolata sulle braccia, il colletto appena sbottonato e il nastro giallo-dorato sciolto che penzolava da un lato all'altro del collo. I capelli neri e lucidi come piume di corvo non erano più legati, ma lasciati liberi ad incorniciargli il viso. La sua espressione era freddamente composta, agli angoli della bocca carnosa c'era un mezzo sorriso che si manifestava specialmente quando, con le lunghe dita callose, mi accarezzava le caviglie, in un gesto di falsa dolcezza che aveva un qualcosa di inappropriato e grottesco. Mi faceva venire i brividi. E intanto i suoi occhi gialli, con quella pupilla un po' più sottile del normale, da coccodrillo, mi fissavano quieti, come una bestia feroce che valuta, immobile, la qualità della preda prima di divorarla.

Abbassai lo sguardo, senza più riuscire a sopportare la sua vista, mentre speravo che mi togliesse le mani di dosso. Quella sensazione era quasi ridicola. Chiunque, a Skys Hollow, avrebbe detto che Alaister Noir fosse l'uomo più seducente e affascinante dell'intero Continente Magico. Chiunque avrebbe dato di tutto pur di farsi semplicemente toccare da lui. Ma, a dir la verità, io provavo un'incredibile, paralizzante e profonda paura. Era facile atteggiarsi, fare gli occhi dolci e sbattere civettuolo le ciglia, quando nei paraggi c'era Helias. In fondo, non volevo altro che mi guardasse. Ogni fibra, ogni particella del mio corpo desiderava che i suoi occhi di ghiaccio si soffermassero su di me, a riflettere su chi fossi davvero. Ma lui non l'aveva fatto neanche per un momento e tutto ciò che mi rimaneva era quella relazione malata col Re degli Assassini.

Che fosse il prezzo da pagare per il mio comportamento?

- Perché? - sussurrai, tenendo gli occhi così bassi da intravedermi i lati del naso. Sembrava quasi che chiedessi il perché della mia sventura. - Perché questo? - continuai, invece, muovendo appena i gomiti e abbassando velocemente gli occhi sul mio corpo, come se non capissi proprio la ragione dell'essere stato legato e denudato. Eppure, dentro di me, seppi che mi aspettava una bella lezione.

Il corvino piegò appena la testa, facendosi un po' più vicino, tanto che la sua mano sottile e callosa passò dall'accarezzarmi le caviglie, alle ginocchia. Un brivido mi percorse le gambe, ma non ebbi il coraggio di muovermi. Rise sommessamente e quel suono morbido e cavernoso risuonò nel silenzio della camera da letto.

- Oh, Lysandro. - esordì mentre si alzava e mi si sedeva accanto, scostandosi con la punta delle dita una ciocca di capelli per riporsela dietro l'orecchio. Lo osservai restando pacatamente in silenzio, aspettando la sua risposta senza neanche immaginare cosa potesse dirmi. Allungò una mano verso di me ed io mi ritrovai a stringere istintivamente gli occhi, come se mi aspettassi di ricevere uno schiaffo in pieno viso. Al che, lui rise nuovamente, una risata bassa e gutturale, e mi accarezzò la guancia con la punta delle dita. - Io e Sophia siamo soci da sempre. - continuò, mentre mi passava il pollice sul labbro inferiore, delicatamente, come se volesse saggiare la morbidezza delle mia bocca. Feci una gran fatica a non ritrarmi, ma non riuscii a non deglutire, e il rumore della mia gola risuonò echeggiando nel silenzio. Mi maledii. Ma lui non ci fece caso, semplicemente continuò a parlare, alzando appena un angolo delle labbra. Pareva divertito. - Cosa ti ha fatto pensare che preferisse tenerti come suo cortigiano, invece che lasciarti all'unica persona che conta nei suoi affari? - I suoi occhi color topazio intervallavano dal mio sguardo alla mia bocca, con un'intensità tale che credetti fosse sul punto di baciarmi. Eppure, quel che fece fu, lentamente, abbassare la mano verso il mento, per poi accarezzarmi l'incavo del collo, come se fossi il suo animaletto domestico, un gattino da domare. Non capivo proprio dove le sue parole volessero andare a parare. Aveva tutta l'aria di essere una domanda, ma io non mi azzardai a rispondere. Ed infatti, dopo qualche minuto, continuò. - Sai, Lysandro, non avrai creduto che io sia venuto da te, stasera, perché ti ho incontrato per caso. -

Avevo lo sguardo lontano, stavo fissando il candeliere sul comò alle spalle di Alaister. Eppure, seppi che i miei occhi si erano spalancati molto più del dovuto. Come avevo fatto a non capirlo? Quanto ero stato stupido a cascarci? Era ovvio che Sophia avesse informato Alaister della mia bravata.

- Insomma, il nostro era un piccolo test. - continuò, lasciandosi andare ad una risata bassa e compiaciuta, che fece intravedere attraverso uno scorcio di labbra rosse e tumide la fila di denti perlacei. - E tu l'hai brillantemente fallito. - Sorrise. Quelle parole furono peggiori di un pugno nello stomaco, tanto che mi lasciarono senza fiato nei polmoni.

Era premeditato.

Sophia mi aveva dato quel lavoro apposta, magari l'aveva scelto assieme ad Alaister, per assicurarsi che io lo accettassi e che, una volta fatto, lo tradissi. E dopo, che venissi punito come mi meritavo. Il ragionamento era così contorto e malato che non faceva una piega. Solo dopo un po' mi accorsi di avere la bocca spalancata, e la richiusi tanto velocemente che i miei denti fecero rumore, sbattendo gli uni contro gli altri.

- Eri tanto ansioso di tradire il tuo padrone? - domandò, mentre le sopracciglia gli si incurvarono in quella che pareva un'espressione dispiaciuta, e la mano dalle dita lunghe e sottili si posava sul cuore, come se lo avessi trafitto e stesse impedendo al sangue di fuoriuscire dalla ferita. A quel punto, l'altra mano, quella che mi accarezzava il collo, mi strinse la gola tanto forte da sbattermi contro la testiera del baldacchino. Senza volerlo, dalle mie labbra fuoriuscì un singulto strozzato che manifestò il mio dolore. Il Re degli Assassini però non lasciò minimamente la presa, né l'affievolì.

Per un momento ebbi l'impulso di correre con le mani alle sue, per staccarmele dalla pelle. Ma, quando ci provai, le corde mi strattonarono i polsi e ricordai di essere legato. Sentii gli occhi inumidirsi di lacrime, probabilmente lacrime di paura. Continuava a stringere, tanto forte che pensai che gli occhi potessero schizzarmi via dalle orbite. Eppure, quasi come se ci avesse ripensato, aprì di scatto la mano, lasciandomi respirare. Non aveva uno sguardo minaccioso, si limitava a sorridermi come se mi avesse annunciato le sue nozze un momento prima.

- Dunque, se ti stai domandando il perché della circostanza in cui ti trovi ora, Lysandro... - si fermò, con una mano si ravvivò i capelli all'indietro. Ora che non erano legati dal nastro nel tipico codino basso, aveva un'aria forse meno elegante, ma decisamente più sensuale e selvaggia. -... dovresti sapere che ti spetta una punizione. - concluse, mettendo in mostra un grande, smagliante sorriso, che lo rendeva incredibilmente bello, ma bello in un modo un po' cupo, un po' da psicopatico. A quelle parole, mi si ghiacciò il sangue nelle vene.

- Punizione? - ripetei, senza riuscire a frenare la lingua, troppo sconvolto da qualsiasi cosa potesse comportare.

- Sai, quando qualcosa mi appartiene, non apprezzo che altri la tocchino. - replicò, con un tono volutamente allegro, che ebbe il risultato di spaventarmi ancora di più. Probabilmente aveva fatto quel "test" non tanto per mettermi alla prova, quanto per pregustarsi il momento della punizione. Perché sapeva benissimo che io gli avrei disobbedito, accettando subito quel lavoro. E lo stava facendo per puro divertimento.

No, la sua non era affatto gelosia. Sebbene avesse pagato casse d'oro per me, io ero stato soltanto il mezzo per far arrabbiare Helias. Ora che se ne era andato, non potevo far altro che intrattenerlo in quanto suo nuovo giocattolo. Aspettava solo il momento giusto per rompermi.

- Davvero? - sbottai, e volevo che la mia voce trasudasse più sdegno possibile, invece il mio fu un verso stridulo e rauco, per niente convincente. Ma lui non rispose nulla, anzi, quel che fece dopo mi fece sussultare.

- Davvero. - replicò, infilando la mano nell'apertura della camicia, per estrarne qualcosa che, al bagliore delle candele, baluginò d'argento. Un coltello.

Strabuzzai gli occhi, mentre il mio corpo cercava di stringersi più che poteva contro la testiera del letto, come se allontanandomi da lui di giusto qualche centimetro, avrebbe potuto fare la differenza. Sapevo di essere impallidito, ma non mi aspettai la risata nervosa che invece emerse dalle mie labbra tremanti.

- Che... che cosa vuoi fare? - Anche questa volta volevo che il mio tono fosse sicuro, sprezzante, beffardo. Ma la voce mi tremava chiaramente ed avevo perfino balbettato. Senza contare il sottotono stridulo che pareva isteria, ma era semplicemente il mio modo di mascherare la paura.

In tutta risposta, sulle labbra tumide si colorò un sorriso perverso. Mi saltò il cuore in gola, mentre lui allungava la lama verso di me, prendendo ad accarezzarmi le guance con il dorso della lama. Ma io non guardavo l'arma, guardavo i suoi occhi gialli che le candele facevano splendere come oro colato. Un po' come quelle persone che, al primo incontro con un lupo, sono costrette a non abbandonare il loro campo visivo, perché facendolo la belva sarebbe saltata su di loro, uccidendoli.

- Ma guardati – esclamò, con gli occhi che gli scintillavano di cattiveria, ma con un tono allegro che mi fece ghiacciare il sangue nelle vene. Il coltello passò lentamente, molto lentamente, sulla mia guancia, abbassandosi poi fino alla gola e seminando una serie di brividi freddi che scorrevano sulla pelle. La lama era gelida. - stai tremando. - Gli bastava un solo movimento secco della mano, per sgozzarmi. Non risposi. Forse perché in quel momento mi ero praticamente ghiacciato sul posto, paralizzato. In effetti, la situazione faceva proprio intendere che fossi sul punto di essere scuoiato come un maiale al macello. Nudo, legato, di fronte ad un pazzo che brandiva un coltello.

Ma no, Alaister Noir non era affatto pazzo. Era proprio questo il punto. Sapeva esattamente cosa stava facendo.

Rimasi per un attimo a guardarlo, cercando di far cessare il tremore, o impedendo agli occhi di inumidirsi di lacrime. Che cosa aveva spinto Alaister Noir ad essere l'uomo che era? Come era diventato il Re degli Assassini? Quella, perfino per un mercenario, era una nomea piuttosto pesante.

Mentre il coltello scivolava dal mio collo alle clavicole, con la calma e la tranquillità di un serpente che ti striscia attorno al collo prima di strangolarti, io mi chiesi quale fosse il passato di quell'uomo. I suoi occhi erano sempre stati così scintillanti e spaventosi? Era sempre stato così privo di pietà o dolcezza? Cercai di immaginarlo da adolescente, ignorando la carezza della lama che scendeva verso il petto, sfiorandomi i capezzoli e stupendomi con un brivido che parve, più che di paura, di piacere. No, non riuscii ad immaginarlo. E non riuscii neanche ad evitare di sentire quella brevissima scintilla di paura ed eccitazione che pian piano mi stava facendo formicolare le dita dei piedi.

Quando il coltello proseguì lungo il ventre, mi divincolai appena. Alaister teneva il manico con la mano e, mentre la lama era fredda e sottile, le sue dita, che continuavano a sfiorarmi la pelle, erano bollenti. La stanza era pervasa dal silenzio: lui si limitava a stare seduto accanto a me come se avesse voluto leggermi una storia; le labbra erano increspate in quel sorriso perfido e al tempo stesso malizioso, mentre gli occhi intervallavano dal mio sguardo al coltello. Io, invece, ero semplicemente immobile, ancora legato, le mani oramai insensibili ed addormentate, ma il corpo che percepiva ogni movimento, ogni tocco e ogni carezza di quella mano e di quell'arma.

Il coltello che il corvino impugnava si fermò poco prima di arrivare all'intimità, che mostrava, seppur debolmente, lievi tracce d'eccitazione. Lui indugiò in quella zona per un po', disegnandomi poi con la punta della lama dei cerchi invisibili nell'interno coscia. Finalmente, distolsi lo sguardo dai suoi occhi per posarlo sulla lama. Deglutii, di nuovo.

- Cosa stai... aspettando? - chiesi, con la voce tremante. Ancora una volta il mio tentativo di dimostrarmi superiore e strafottente non andò a buon fine. Al contrario, fu solo un nuovo modo di divertire Alaister, che sfoderò uno dei suoi micidiali sorrisi, assottigliando le labbra suadenti e mostrando la dentatura perfetta.

- Oh, mi sto solo godendo la tua paura. - replicò, scostandosi con la mano libera una ciocca morbida e nera, che gli arrivava a metà collo e gli stava scivolando dinnanzi all'occhio destro, impigliandosi nelle ciglia folte. Erano così lunghe che proiettavano un'ombra scura sugli zigomi alti e pronunciati. - Ma se insisti. - concluse, alzando il braccio armato, la lama rivolta verso il basso. Verso di me. Inevitabilmente, strinsi di scatto gli occhi e dalle labbra mi sfuggì un suono stridulo.

Eppure, quando non sentii alcun colpo arrivare, sbirciai cautamente fra le palpebre la situazione, per poi aprire gli occhi. Il coltello giaceva accanto a me, conficcato nel materasso. Solo allora mi accorsi di aver trattenuto il respiro per così tanto tempo che fu un sollievo lasciar andar via l'aria dai polmoni.

Ma non ebbi il tempo di tranquillizzarmi, che le mani di Alaister mi fecero trovare a gambe aperte davanti a lui. Le lunghe mani eleganti e callose, quelle mani tanto esperte nel maneggiare armi, nello strappare vite, adesso mi tenevano saldamente le ginocchia piegate e le gambe sollevate. Rimase a guardarmi con un sorriso indecifrabile per qualche minuto, ed io mi ritrovai a digrignare i denti per la vergogna, ma anche per il fastidio di non essere toccato. O forse il fastidio per il pensiero stesso.

Il fatto che il mio corpo desiderasse l'attenzione di quelle mani e di quell'uomo mi provocava un'assurda repulsione e al tempo stesso bramosia, con ogni fibra e particella del mio essere. Volevo che mi toccasse. Volevo toccarlo.

- Mi vuoi, Lysandro? - domandò, mentre abbassava il capo per leccarmi languidamente un capezzolo. Strinsi i denti. Lo stava facendo apposta. Voleva sentirselo dire, per umiliarmi ancora di più. Continuò a leccare e a mordicchiare, e il suo tocco era umido e al tempo stesso caldo a contatto con la pelle, facendomi scorrere una lunga serie di brividi elettrici che mi spinsero a chiudere gli occhi.

- Sì. - risposi, senza più essere capace di frenare le mie parole, di ragionare a mente fredda. Un debole, ecco cos'ero. E lo sentivo sprigionarsi ad ondate dal Re degli Assassini: il trionfo.

Una mano s'allontanò dalla mia gamba e Alaister armeggiò con la cintura dei suoi pantaloni d'alta sartoria. Il mio corpo fremette e tutta la paura, tutta l'incertezza e la rabbia, vennero sostituiti da un altro tipo di sentimento. Un sentimento che non mi piaceva, che mi faceva sentire arrabbiato, ma che in quel momento fu l'unica cosa di cui avevo bisogno. Il desiderio.

- Alaister – La mia voce aveva un tono di supplica. Mi pentii immediatamente di aver aperto bocca, e conficcai le unghie nei palmi delle mani, stringendo i pugni per cercare di allontanare il torpore alle braccia. Schiusi le labbra, mentre lo fissavo, accorgendomi d'avere il fiatone. E invece lui era controllato, maturo, perfettamente padrone di se stesso, portando quell'eccitazione con la classe di un mantello color cremisi bordato d'ermellino. Proprio come il Re che tutti dicevano che fosse.

Sollevò velocemente la mia gamba sinistra posando l'incavo del ginocchio sulla sua spalla. E poi, quando sentii qualcosa di caldo sfiorare il mio cerchietto di muscoli, strinsi i pugni tanto forte da ficcarmi le unghie nei palmi.

Non c'era più quella paura congelante anzi, i miei occhi erano lucidi, verdi e liquidi per l'intensità del desiderio che montava. Nello stomaco, il calore dell'eccitazione mi rendeva sciolto, come se non avessi più alcun modo per mascherare ciò che volevo o che provavo.

Mentre entrava dentro di me, continuò a guardarmi fisso, con quegli occhi dorati e gelidi, con quell'espressione elegante ed indecifrabile, permeata da uno strato di lussuria che non si prendeva la briga di nascondere. Socchiusi gli occhi, avvampando per l'umiliazione e la vergogna.

- Uh...? - fui appena confuso quando sentii quel qualcosa di estraneo scivolare in me, ma mi rilassai, sciogliendomi quasi, inarcandomi verso il corvino. - Oh. - dissi soltanto, senza fiato, in un sussurro mozzato, poco a mio agio sopra quel mare di lenzuola di seta che mi accarezzavano piano e non facevano nulla per coprirmi. Schiusi le gambe per fargli posto, per lasciarlo incuneare con facilità. Se avessi ammesso che non faceva male, avrei mentito. Sentivo una sorta di dolore fastidioso, che pian piano si acquietava e si mescolava al piacere, sensazione che mi portò a chiudere gli occhi, stringendoli, e a schiudere le labbra per lasciar andare un gemito lungo e silenzioso.

Invece, Alaister aveva la solita espressione fredda, da squalo, che si mescolava ad uno sguardo intenso che mi faceva capire che, nonostante tutto, gli stava piacendo. Mi teneva sollevata la gamba destra, mentre il corpo prendeva a muoversi contro di me, lasciandomi sospirare. Ma continuava a fissarmi negli occhi ed io avvampai, con le mani addormentate e doloranti legate alla testiera del baldacchino, mentre un rosso rivelatore mi tingeva la pelle di una tenue sfumatura color pesca.

A quella reazione, il Re degli Assassini si lasciò andare ad una morbida risata sensuale, che si tradusse con un colpo di reni piuttosto improvviso, tanto che quasi mi fece sbattere la testa contro la testiera, tanto che lanciai un guaito indeciso fra il dolore e il piacere.

Ma più aumentava la velocità, più io mi sentivo strano. Il mio corpo tremava, rabbrividendo sino alla punta dei piedi, la mia voce si faceva più acuta, pigolando note eccitate quanto impaurite. E la mia virilità si risvegliava, facendo capolino, desiderosa di attenzioni, mentre io mi mordevo le labbra e cercavo in tutti i modi di contenermi.

Eppure, sapevo che non sarei stato in grado di fermare quel piacere crescente. Così pensai all'eventualità di lasciarmi semplicemente andare, permettendo ad Alaister di prendere il sopravvento sul mio corpo e sulla mia mente. Reclinai la testa all'indietro, chiusi gli occhi e, quando credetti di non poter più resistere, sentii un dolore lancinante all'altezza del cuore.

Probabilmente urlai o forse tenni semplicemente la bocca spalancata perché la voce non riusciva ad uscirmi, lasciando che quel grido mi morisse dentro. Spalancai gli occhi realizzando che il maledetto coltello adesso era conficcato nel petto.

Boccheggiai, sconvolto, alzando gli occhi dalla punta della lama infilata nella mia carne ad Alaister, che stringeva l'elsa e non sembrava volerla lasciare. No, continuava a muoverla, come se tesse incidendo la mia pelle. A quel punto, gridai davvero. Qualcosa di caldo iniziò a percorrere il mio petto. Sangue.

- Una punizione è una punizione. - il Re degli Assassini sorrise, io persi i sensi.




❃ ❃ ❃ ❃ ❃




Quella notte, credetti di essere stato ucciso. Forse sarebbe stato meglio così.

Invece, quando aprii gli occhi, il sole era già alto e filtrava dalla finestra ferendomi gli occhi con i suoi raggi splendenti. Sbattei le palpebre, sollevandomi appena a sedere.

Ero stato evidentemente slegato e qualcuno mi aveva coperto con le lenzuola in modo che non prendessi freddo, dato che ero ancora nudo. Non ero certamente in ottima forma: i miei polsi erano cerchiati di lividi viola, mentre un'ampia benda mi circondava il petto. All'altezza del cuore, la garza era lievemente macchiata di rosso. Quando mi ricordai gli avvenimenti della notte prima, trasalii e barcollai fuori dal letto.

L'unico aspetto positivo, era che il fondo schiena non faceva tanto male come la prima volta. Passandomi una mano fra i capelli scarmigliati, andai verso lo specchio per controllare le mie condizioni. Mi fermai dinnanzi alla superficie riflettente, osservando con occhi inferociti la fasciatura. Me la strappai letteralmente di dosso, aiutandomi con le unghie. Poi, rimasi a guardami, basito. Lì, all'altezza del cuore, incisa in modo tanto profondo da poter sanguinare ancora, c'era una grossa "A".

Quella era la sua punizione? Essere marchiato come una bestia?

Digrignai i denti ma, in quel momento, udii il suono basso di voci che dialogavano. Abbastanza lontane, ma non così tanto da non poter essere udite.

Non sembravano venire dal corridoio, ma erano stranamente vicine. Poi, ricordai. La fessura nel pavimento. Gettai rapido uno sguardo sul parquet, senza ricordare chiaramente quale fosse la tegola da sollevare. Era una fortuna che ci fosse quel buco, altrimenti non avrei udito affatto delle voci.

Quindi, mi chinai sul pavimento ed iniziai a battere leggermente sul legno, avvicinando l'orecchio per capire in che punto le voci diventassero più forti. Infilavo le unghie fra le tegole, facendo leva nelle fughe per capire se si potessero sollevare. Per un momento mi persi d'animo, perché nessuna dava segno di volersi staccare dal parquet, e quasi temetti che l'avessero aggiustata. Invece, ad un certo punto, le unghie fecero pressione nel legno e la tegola saltò via con un leggerissimo click.

Avvicinai l'occhio alla fessura per intravedere ciò che già mi aspettavo ci fosse sotto di me: l'ufficio di Alaister. E fu proprio così, perché il Re degli Assassini era seduto con grazia felina dietro alla scrivania e, dinnanzi a lui, un uomo che non potei vedere in viso fumava da una pipa di legno. L'odore intenso del tabacco miscelato all'Earl Gray mi arrivò sino alle narici.

- Vi dobbiamo ancora ringraziare. - esordì l'uomo, tirando una boccata di fumo. Da quel che potei vedere, era molto alto, dalle spalle larghe ed ampie, e i suoi capelli scuri erano tirati indietro con del gel. Indossava un elegante abito gessato e grigio; portava con sé un bastone da passeggio con il pomo d'argento a forma di becco di corvo, ed era posato in obliquo sulla sedia accanto. - Per le armi che ci avete donato. - La voce era dura, un po' roca. Cosa probabilmente dovuta al fumo. - E' stato un onore. - prese un'altra boccata di fumo e il suono del suo profondo respiro pervase il silenzio. - Un vero onore. - Da come lo diceva, sembrava che stesse parlando di un litigio finito male. - Vi è piaciuto il mio regalo? - chiese, muovendo la mano con la pipa per evidenziare le sue parole. Inclinò la testa verso destra. - Un bel regalo. - continuò. Aveva assunto un tono un po' più divertito.

- Oh, sì. Hai eseguito egregiamente i miei ordini. Ci sono cascati in pieno. - rispose Alaister, posando i gomiti sulla scrivania. Gli occhi dorati quasi lampeggiavano, mentre le labbra si increspavano in un sorriso cattivo. Fra me e me, mi chiesi chi fosse quell'uomo, ma soprattutto di cosa stessero parlando.

- Per il problema che mi avete posto la scorsa volta... - si portò la pipa alle labbra e una nuvola di fumo, densa e bianca, si levò dinnanzi a lui. - .. credo di aver recepito il messaggio. Ci pensiamo noi. - Di nuovo, mi interrogai sull'identità di quell'uomo. Perché parlava al plurale? Noi chi?

- In che modo? - Alaister si fece serio. L'uomo di spalle si lasciò andare ad una risata roca.

- Dobbiamo aspettarli nel carro dinnanzi ad Ender. - Prese una boccata di fumo e questa volta lo trattenne nella gola per diversi minuti, finché non tornò a parlare. - A quel punto, Pevensie sarà nelle nostre mani, e faremo a modo nostro. -

- Come sarebbe a dire, a modo vostro? - domandò il Re degli Assassini, mentre la sua voce si faceva gelida. Ma anche il mio sangue si ghiacciò. L'uomo aveva detto Pevensie.

E chi poteva essere, se non Yul?

- I vostri nemici, sono i nostri nemici. - rispose, questa volta il tono si era fatto serio e la pipa era rimasta nelle mani dell'uomo senza essere fumata. - E dei nemici, ce ne occupiamo noi. - Mosse una mano verso Alaister, ed io lo vidi seguire con gli occhi dorati quel breve movimento, prima di tornare a prestare attenzione all'interlocutore. - Perché voi avete cose più importanti da fare. - Alaister annuì, ed una ciocca corvina gli sfuggì dalla coda.

- Questo è vero. Ma sia chiaro che il lavoro deve essere eseguito alla perfezione. Sfavillo non dovrà mai capire chi sta dietro alla faccenda. - esclamò, con uno sguardo talmente pericoloso che, se fossi stato nei panni dell'altro, avrei iniziato ad avere molta paura. A quel punto, mi sentii mancare l'aria.

- Ovviamente. - rispose, mentre si lisciava l'abito e si alzava. - Vieni cocca, saluta il Re degli Assassini. - parlò in direzione di qualcuno alle sue spalle, che dal punto in cui li spiavo, non riuscivo a vedere. Una donna si avvicinò, ed io la riconobbi facilmente come una delle cortigiane del mio stesso bordello.

- Arrivederci, signor Noir. - rispose lei, con un tono civettuolo ed in qualche modo monotono, come un pappagallo che ripete sempre le stesse cose. Gli occhi di Alaister scintillavano e, all'interno di essi, c'era ferocia, ma anche uno sguardo amichevole. D'intesa. Come se condividessero la stessa perversione.

- Signora. - fece un cenno del capo verso la donna, elegante come sempre, nonostante si trattasse di una cortigiana. - Arrivederci, Ciril. Porta i miei omaggi al Re. - E l'uomo annuì, prendendo fra le mani il bastone da passeggio e sotto braccio la sua accompagnatrice. Poi uscì, lasciando il silenzio dietro di sé.

Io, invece, evidentemente sconvolto, per la prima volta iniziai a chiedermi quali fossero i rapporti fra Alaister Noir e il Re di Darlan. Ma soprattutto, iniziai a chiedermi cosa c'entrassero Yul ed Helias. E non trovai risposta.




  ❃ ❃ ❃ ❃ ❃ ❃ ❃  

L'angolino mortificato della *shhh* autrice ~


Hola!

Shh- Lo so. Lo so. Sono una brutta persona. Non aggiornavo da un bel po'. MA, sono tornata, e questa volta davvero. Sarà che l'estate mi impigrisce ancor più del solito, sarà che mi ero bloccata allo scorso capitolo... Ma ho intenzione di portare velocemente a termine questa storia. Lo so che aspettate tutti il sequel del nostro Sfavillo. Ed in effetti, non siamo tanto lontani dalla conclusione di questa storia. (Credo che verso il decimo capitolo si concluderà, o poco più). Non appena la finirò darò il via alle danze del nostro seguito! Poi, ho altre novità da darvi: la prima, dato che vi faccio penare con i miei aggiornamenti a singhiozzi, ho aperto una sorta di "rubrica" - diciamo mensile - in cui scrivo i miei aggiornamenti, lo stato delle mie storie e bla bla (nel mio profilo, nella sezione "conversazioni"); il secondo avviso è che, per chi non l'abbia notato, ho iniziato una nuova storia (e ora starete dicendo: cousah?! Ebbene sì, l'ho fatto), che è pure interattiva, per cui chiunque voglia partecipare all'iniziativa o semplicemente leggere, be', mi farà felice xD  e basta, detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto!

Alla prossima! ^^ (che non sarà fra due mesi, tranquilli <3)

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top