La Cerimonia dell'Offerta


Il rumore del martello, una voce tuonante, la luce delle candele negli occhi; il velluto della sedia, i vestiti di seta, il profumo di rose; i commenti di chi mi stava accanto, gli sguardi lascivi degli spettatori, le cifre urlate a gran voce: tutto, in quel momento, mi scivolava lentamente addosso, come un eco ovattato che entrava nelle orecchie e riecheggiava nella testa. L'unica cosa che sentivo era il battito sordo del mio cuore che lottava per schizzare via dal petto, l'unica cosa che mi interessava era l'esito di quella serata. 

Da anni, da quando ero nato, da sempre, attendevo quel momento. I miei diciotto anni, il momento in cui si sarebbe compiuta la Cerimonia dell'Offerta, quando il miglior offerente si sarebbe aggiudicato la mia verginità. 

Alcuni cortigiani mi sedevano accanto, sorridevano al pubblico, si mettevano in vendita anche loro. Ma sapevano tutti benissimo che ero io il protagonista della serata.

Le palette si alzavano, le offerte aumentavano vertiginosamente ed io sorridevo cordiale, arricciavo il nasino all'insù, sbattevo le palpebre orlate dalle ciglia scure. Sophia, la tenutaria del mio bordello, stava in prima fila, sorridendo trionfante. Sapeva che ben presto il suo prezioso giocattolino sarebbe stato comprato, usato e poi rotto. Magari riciclato per qualcun altro. I suoi sforzi e il suo denaro sarebbero stati ripagati abbondantemente e il bordello avrebbe presto goduto di tutti i soldi che io avrei guadagnato.

Allargai il sorriso, inclinando la testa in modo che la luce delle candele si riflettesse nei miei pallidi occhi verdi. Qualche brillantino, spruzzato qua e là per rendere le ciocche più luminose, cadde dai capelli color castagna e si mescolò alla spolverata di lentiggini sul mio naso. Incrociai le gambe, fasciate da un paio di pantaloni di un lucido color inchiostro e mi sfiorai con il bordo dell'unghia il panciotto, di un carico color carminio. Nessun gesto spontaneo, ma tutto studiato per rendermi appetibile, per fare della seduzione la mia arma. 

Mi arrotolai intorno al dito una ciocca castana, appoggiando appena il capo sul dorso della sedia. Le offerte aumentarono. I miei occhi corsero a cercare qualche volto già visto, qualche sguardo familiare, qualche figura riconoscibile. Notai alcuni clienti fissi del bordello, diversi nobili già conosciuti a vari balli, alcuni assassini della Gilda. 

E poi vidi lui: occhi gialli e freddi come dure pietre preziose, capelli corvini e mossi che incorniciavano un viso maturo e affascinante, lineamenti simili a quelli di un dio greco. L'equilibrio perfetto fra bellezza e crudeltà: il Re degli Assassini. Mi bastò guardarlo per capire che lui e solamente lui, mi avrebbe posseduto per quella sera, e forse anche dopo.

Non aveva fatto neanche un'offerta, ma questo non mi preoccupava. Lo capivo dalla piega della sue labbra, che si curvavano all'insù: non un sorriso, ma la certezza che aveva tutto sotto controllo, che giocava con gli altri acquirenti, che si divertiva a vederli urlare e scalpitare per qualcosa che era suo in partenza.

Le offerte proseguirono e non si fermarono, ma non appena la soglia raggiunse una somma considerevole, nessuno fu più in grado di proseguire l'azzardo. L'acquirente, un nobile dall'aspetto vecchio e viscido, che aveva gridato l'ultima folle offerta, gongolava sulla sua sedia. Il banditore batté una volta il suo martello. Nessuno fece nulla. Batté una seconda volta.

Guardai accigliato verso Alaister Noir, che osservava la scena compiaciuto, come se si crogiolasse nei miei attimi di panico. Non riuscivo a capire se volesse davvero lasciarmi nelle mani di quell'uomo disgustoso, non riuscivo a comprendere perché non facesse alcuna offerta. Avevo capito male? Era venuto per vedermi comprato da un patetico maniaco? Era venuto per ridere? Il banditore sollevò il martello e il mio cuore fu sul punto di fermarsi.

Ma poi lui alzò la paletta e la sua voce esclamò una cifra esorbitante. E allora mi diedi dello stupido: per quel misero attimo, aveva giocato con me. Ed io mi ero semplicemente lasciato ricadere nella sua ragnatela, ben sapendo quanto gli fosse naturale muovere i fili dietro a quello spettacolo di marionette.

Il banditore batté tre volte il martelletto e nessuno ebbe il coraggio di ribattere a quella sola parola, che bastò a farmi sobbalzare il cuore: - Aggiudicato. -

Sophia aprì le labbra in un grande sorrisone. Alaister, il suo amico di vecchia data, colui che aveva speso ingenti somme di denaro per finanziarmi e fare di me il miglior cortigiano di Skys Hollow, aveva deciso di comprarmi. E non semplicemente urlando una cifra esorbitante di denaro, ma addirittura sbattendo in faccia a tutti i nobili presenti due grosse casse ricolme d'oro fino all'orlo. 

Come se le era procurate? 

Perfino pensarci poteva essere considerata una perdita di tempo, perché tutto quello che coinvolgeva il Re degli Assassini rimaneva un vero e proprio mistero. Eppure, quelle due casse riempite da grossi pezzi d'oro se ne stavano sul palco, fra un servitore e il banditore della Cerimonia dell'offerta, sotto gli occhi di tutti.

Alaister Noir ha comprato il cortigiano Lysandro.

Anche quello era sotto gli occhi di tutti. Deglutii. Un fremito di paura misto a qualcosa di sconosciuto, simile all'eccitazione e all'aspettativa, mi percorse la schiena.

Da quel momento, sarei stato la proprietà assoluta dello scaltro e crudele Re degli Assassini.


❃ ❃ ❃ ❃ ❃


Quella sera, misi piede per la prima volta negli appartamenti di Alaister Noir. Non erano affatto come immaginavo: mi aspettavo pesanti tende di velluto nero, lenzuola di seta rossa e petali di rosa sparsi per la stanza. Invece non era nulla di tutto quello.

La stanza era sobria ma al contempo lussuosa, seria ma elegante. Scrutai la curva sinuosa del letto a baldacchino in legno di quercia, i morbidi drappeggi nella seta delle tende candide, che parevano rivoli di latte caldo, le lenzuola beige che smorzavano quell'aria d'ostentata aristocrazia. Le fiammelle sui candelabri d'ottone tremolavano come le mie mani, proiettando sulle linde pareti bianche ombre e luci dalle forme indefinite.

Feci indugiare lo sguardo sul tappeto cremisi sopra il parquet, che pareva un'enorme macchia di sangue, sul camino di marmo bianco all'angolo della stanza, che se ne stava vuoto e silenzioso, su una piccola libreria di legno scuro, che recitava titoli dalla scrittura arzigogolata ed elegante. In quel momento, l'unica cosa che la ragione mi consentisse di fare era guardare ai dettagli, per non pensare a quello che sarebbe successo dopo.

Ma, quando entrò il Re degli Assassini e si richiuse la porta alle spalle, il mio sguardo precipitò inevitabilmente sul letto. E fu allora che capii.

Capii che non ero pronto. Tutto quello che mi era stato insegnato in quegli anni, tutto quello per cui altri avevano investito, tutto quello che mi aveva portato ad essere raccolto dalla strada e rinchiuso in un bordello, tutto quello per cui ero nato: tutto era inutile.

Perché non ero pronto. E non volevo che la mia vita dipendesse da quegli attimi, non volevo che la mia esistenza si riducesse a consumare la mia insensatezza in un letto.

Avevo paura.

Un'irrefrenabile, indescrivibile ed irrazionale gelo alla gola, la pesantezza di un macigno all'altezza dello stomaco. Tutte sensazioni che prendevano il nome di paura. Ed una paura talmente forte ed invasiva che non riuscivo neppure a muovere gli arti. Così rimasi immobile.

Immobile, ad osservare l'ombra di Alaister che si fondeva con la mia sul muro, mentre lui mi si avvicinava alle spalle molto, molto lentamente. La sua sagoma tremolava davanti al chiarore delle candele, ma lui no, lui non tremava affatto.

Lui pareva una bestia feroce che, lenta e micidiale, era riuscita a trascinare la preda nella tana e adesso aspettava di spolparla in tutta calma, pezzo per pezzo, ossicino per ossicino. Ed io, il pasto, me ne stavo fermo e con le zampe spezzate, impossibilitato alla fuga, mentre attendevo di essere divorato. Ma forse avere le gambe spezzate sarebbe stato più semplice. Non avevo chiesto io di diventare un cortigiano, di essere rinchiuso in un bordello, di essere abbandonato alla nascita. Non avevo chiesto io quello.

E forse, fino a quel momento, non avevo mai inteso davvero bene cosa volesse dire fare il cortigiano. Non lo avevo capito, fino a quel momento. E allora guardai il letto come un mostro orrendo e mi accorsi di esserne terrorizzato.

Feci correre lo sguardo alla finestra. Mi sarebbe piaciuto scappare, fuggire lontano da quella stanza, dall'aria del bordello, fuggire semplicemente dal mondo. Ma quando le mani sottili e affusolate di Alaister si posarono sulle mie spalle, fu come se i miei pensieri si ancorassero al suolo, come se le speranze crollassero come un castello di sabbia spazzato via dal vento.

- Stai tremando. - mormorò silenziosamente, con un soffio appena percettibile sulla pelle che mi riverberò lungo il collo con un brivido elettrico. Era un tono derisorio, crudele. Non c'era bisogno di altre parole perché capissi.

Stai tremando? Questo è solo l'inizio. 



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L'angolo dell'autrice assonnata~

Ciao a tutti, miei cari lettori! 

Sì, le cronache dell'Assassino sono tornate! Anche se, come vi sarete accorti, non sarà Helias il protagonista di questa storia. Ma non temete: sarà sempre lui il motore della vicenda, sìsì.

Comunque, ritrovarmi a scrivere una storia drammatica e allo stesso tempo un'altra storia quasi comica mi fa ridere xD. E poi, già sono lenta con gli aggiornamenti, sappiate che aggiungendo una nuova storia alla lista non ho fatto altro che scavarmi la fossa. Ma be', non potevo aspettare ancora.

Che altro? Sì, il protagonista è proprio quell'odioso di Lysandro. Ma è con questa storia che lo conosceremo bene... 

Spero che il primo capitolo vi sia piaciuto e mi raccomando, cercate di reprimere il vostro istinto omicida verso Alaister, perché non vi libererete di lui!

Un saluto e alla prossima!~ 

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