Giorno Novantanove
Il sole illuminava il balcone, creando quei giochi di ombre che mi piacevano tanto.
Cercai di imprimermi nella memoria ogni singolo dettaglio di quel posto: il tavolino in legno; le piante rampicanti sul pergolato; l'odore del caffè appena fatto da papà; la ringhiera di ferro davanti a me; il balcone di Federico con la panca per i pesi; la porta finestra con le tende bianche che dava sul suo salotto; la potenziale vista sul Pantheon che il palazzo di via delle Torrine 16 C toglieva al nostro.
Finii di mangiare pranzo seduta per terra, sulle piastrelle fresche. Andai in cucina, lavai il piatto e poi me ne tornai in camera.
Scrissi veloce un messaggio a Federico e poi mi cambiai e mi infilai il mio completo da yoga rosa cipria. Scavalcai il davanzale della mia finestra e mi misi seduta a terra, sul tappetino, ad aspettare che il ragazzo uscisse sul suo balcone.
Non passarono che 10 minuti che il ragazzo apparve in pantaloncini e canotta. «Non pensavo mai più di ricevere un messaggio del genere.»
«Come fai a diventare un guru dello yoga se non ti eserciti?», domandai con un sorriso.
«Touché», rispose lui stiracchiandosi un po'.
«Allora sei pronto?»
«Quando vuoi!», esclamò, mettendosi in piedi davanti a me e chiudendo gli occhi, come gli avevo mostrato la prima volta che avevamo fatto yoga insieme.
Quel pomeriggio facemmo esattamente le stesse cose della volta prima, per poi continuare con cose più difficili. Federico era sempre goffo nei movimenti e la cosa mi faceva divertire un sacco. Non aveva equilibrio e sembrava un pezzo di legno quando si muoveva.
Quel pomeriggio risi di cuore, e sentii tutto il peso di quella cosa sul mio corpo. Era come se per la prima volta dopo molto tempo tornassi a respirare per poi ricordarmi che era un peccato che ricominciassi proprio quel giorno.
***
Federico era appoggiato alla ringhiera e stava fumando una sigaretta. Avevamo appena finito con lo yoga, e io mi sentivo in pace con me stessa.
Mi passai un asciugamano sulla fronte, per asciugarmi dal sudore, e poi mi appoggiai anche io al mio balcone. Alzai lo sguardo al cielo, e osservai le nuvole rincorrersi veloci.
«Cosa c'è dopo la morte secondo te?», chiesi senza abbassare lo sguardo.
«Assolutamente niente», rispose lui immediatamente senza battere ciglio, come se si fosse fatto questa domanda un sacco di tempo prima e avesse raggiunto una conclusione dopo giorni di ragionamento.
«Secondo me ti sbagli», ribattei, girandomi a guardarlo.
Lui raddrizzò la schiena. «Non pensi che se ci fosse qualcosa dopo la morte, qualcuno avrebbe già trovato il modo per tornare indietro e dircelo?»
Scossi la testa. «Ed è proprio lì che ti sbagli», affermai, seguendo poi il suo esempio e raddrizzandomi. «Il motivo per cui nessuno è tornato, è proprio perché c'è qualcosa.»
Lui aggrottò le sopracciglia e mi esortò: «Continua.»
«Da qualche parte ho letto che quando muori, finisci nel Post Mortem –»
«Post Mortem? Cos'è?»
«Qualsiasi cosa ci sia dopo la morte», spiegai.
«Ok», disse lui annuendo e facendo un cenno verso di me con la mano per farmi continuare.
«Dicevo, quando muori finisci nel Post Mortem con nulla da perdere. Per fare in modo che tu rimanga, ti viene dato qualcosa di importante che tu possa perdere. Così, quando vuoi tornare nel mondo dei vivi, te lo chiedono indietro. Per questo nessuno ha mai lasciato il Post Mortem, il prezzo per un biglietto di ritorno è troppo caro», conclusi con il ragionamento e aspettai che Federico dicesse qualcosa.
«Quindi mi stai dicendo», iniziò dopo alcuni minuti, «che chi muore non ha più nulla da perdere perché... Bhé, è morto!»
«Esatto.»
«Una volta nell'aldilà, o come lo vuoi chiamare, gli viene donato qualcosa, qualcosa di così importante da tenere i morti... Morti, pur di non perderlo?»
«Sì», annuii. «Quando si ha perso tutto si è disposti a fare qualsiasi cosa pur di ottenere di nuovo qualcosa per cui valga la pena rimanere... Persino morire.»
Federico mi guardò a lungo.
Avrei dato qualsiasi cosa in quel momento per sapere a che cosa stesse pensando, del mio ragionamento e di me. Mi stava osservando come se cercasse qualcosa, alla fine sembrò trovarla, perché il suo viso si illuminò di un sorriso appena accennato e disse: «La tua mente deve essere un posto spaventosamente magnifico.»
«Cosa?», mormorai stupita.
«Non avevo mai considerato la morte in questi termini», continuò lui, senza davvero rispondere alla mia domanda. «Sono sempre stato piuttosto scettico su questa cosa della vita dopo la morte... Potresti appena avermi fatto cambiare idea, Olivia.»
Gli sorrisi, ma non dissi nulla.
Tornai ad osservare il cielo, finché non udii la voce di mia madre chiamarmi da dentro per la cena.
«Devo andare», dissi con il cuore che mi batteva a mille, senza però riuscire ad abbassare lo sguardo sul ragazzo.
«Certo», rispose lui.
Sempre cercando di evitare di guardare verso il balcone di Federico, mi chinai a raccogliere il tappetino che avevo lasciato a terra e lo ripiegai, fermandolo poi con un elastico.
Mi incamminai lentamente verso la porta finestra che dava sulla mia cucina, poi però mi accorsi che c'era ancora una cosa che dovevo fare.
«Federico?», lo chiamai voltandomi.
Lui non si era ancora mosso di un millimetro e aveva ancora la sigaretta stretta tra le labbra. «Mmm?»
«Dovresti smettere di fumare», mormorai.
Lui sorrise. «Potrei pensarci.»
Io annuii, incapace ancora di muovermi. Federico si tolse la sigaretta di bocca e la spense nel posa cenere. Poi mi sorrise e si voltò, per entrare in casa.
«Federico?», lo richiamai.
«Sì?»
«Sei il mio amore potenziale», dissi di getto, prima che potessi pensarci troppo e cambiare idea.
Lui rimase immobile, a fissarmi per qualche secondo, poi le labbra si distesero in un sorriso leggero. «E tu sei la mia persona, Olivia.»
Sentii il cuore diventare leggero e battermi all'impazzata.
«Ciao Federico.»
«Ciao Olivia.»
— — —
Ciao amici!! Come anticipato, questo era il terzultimo capitolo di questa storia breve :) spero che vi sia piaciuto!
Raumalainen!
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