Giorno Novanta
25esimo giorno di quarantena. Ore 23:54.
E con oggi fanno 90 giorni che non esco.
Non so nemmeno più perché sto continuando a scrivere questo stupido "giornale di bordo", come è solito chiamarlo il Dottor Cometisentioggi.
Non poteva scegliere nome peggiore.
Prima di tutto perché non è un giornale, ma un diario con sopra dei fiori stilizzati, regalatomi probabilmente al mio nono compleanno da zia Ottavia. E seconda cosa non mi trovo su una nave, il mare più vicino è ad almeno un'ora di macchina da casa mia, se si è fortunati con il traffico.
Fissai la pagina bianca del diario e sospirai.
Cosa avrebbe voluto sentirsi dire il Dottor Comestaioggi se fosse stato qua con me?
Afferrai la penna in mano e ricominciai a scrivere.
Sento che la mia vita sta prendendo un'ottima piega. Sono felice per come si stanno sviluppando le cose.
Ma che cavolo stavo scrivendo?!
"Sono felice per come si stanno sviluppando le cose"? Seriamente?
C'è una pandemia globale in corso e tu, Olivia, scrivi che sei felice per come si stanno sviluppando le cose?!
Sei assolutamente geniale.
Tirai una riga sopra e ricominciai.
La quarantena non è poi così male. È come se lo Stato avesse deciso di far provare a tutti quello che ho provato io negli ultimi tre mesi.
Tirai di nuovo una riga sopra. Il Dottor Comestaioggi mi avrebbe sicuramente chiesto di elaborare il pensiero... E se c'era una cosa che odiavo fare era elaborare i miei pensieri.
Sentii l'orologio emettere un bip, che catturò la mia attenzione: era appena scattata la mezzanotte. Era quasi ora.
Decisi di ricominciare per un'ultima volta:
26esimo giorno di quarantena. Ore 00:00.
E con oggi fanno 91 giorni che non esco.
Lo so che starete pensando che sia pazza a tenere il conto, ma è l'unico modo che ho per non cadere davvero nella pazzia.
I giorni iniziano ad essere uno uguale all'altro, soprattutto ora che anche i miei genitori sono a casa per via della pandemia. Almeno prima riuscivo ancora a capire la differenza tra week-end e giorni infrasettimanali... adesso invece li sento litigare dal mattino alla sera, sette giorni su sette, e non ho più niente che possa farmi capire se sia lunedì oppure sabato.
Ok. Forse stavo esagerando. Sapevo esattamente a che giorno della settimana eravamo, ma mi serviva un po' di patos. Così si sarebbero messi tutti il cuore in pace una volta che avrebbero letto il diario in cerca di risposte.
Inizia a fare caldo... Dicono che con le temperature estive il virus dovrebbe smetterla di spandersi così velocemente, io però non ci credo. Dicono anche che questa pandemia è stata un'idea degli Stati Uniti, per far perdere la guerra commerciale alla Cina.
Certo come no.
E io sono la Regina d'Inghilterra ringiovanita e in incognito.
Che poi a dirla tutta non mi interessa poi così tanto, che pensino quello che vogliono. Quello che deve accadere accadrà.
Il suono leggero di una chitarra entrò nella mia stanza dalla finestra lasciata aperta. La canzone sembrava Fix you dei Coldplay, non ero sicura che fosse quella però.
Qualcuno con una chitarra sta suonando un'ultima serenata sotto la mia finestra.
Penso proprio che lo ingaggerò per suonare al mio funerale.
Ho sempre voluto imparare a suonare la chitarra...
Rilessi le ultime righe: erano completamente sconnesse tra loro e se avesse dovuto leggerlo la mia professoressa di lettere quel diario mi avrebbe dato un cinque per pietà, ne ero sicura.
Afferrai il cellulare ed entrai su Instagram.
Cercai l'account di Elisa e andai a vedere le storie che aveva caricato durante il giorno.
Lei che cucinava; lei che si lamentava della quarantena; lei che faceva yoga; lei e Marco che parlavano su Skype.
Sentii la stretta allo stomaco farsi più intensa. Cercai di concentrarmi sul mio respiro e di reprimere quella sensazione che ormai da mesi mi schiacciava e mi attorcigliava le budella ogni singolo istante della giornata.
La vocina, che da tempo ormai era diventata la mia più fedele consigliera, continuava a sussurrarmi nell'orecchio di tenere sotto controllo il tempo, facendomi notare che i minuti continuavano a scorrere.
Vi voglio bene,
Olivia.
Conclusi la pagina giornaliera del mio "giornale di bordo" con quelle quattro parole, richiusi il diario e lo lasciai sulla scrivania.
Afferrai la coperta e, cercando di non fare il minimo rumore, mi arrampicai fuori dalla finestra, lasciandomi poi cadere a piedi scalzi sulle pianelle della terrazza.
La mia famiglia non era nemmeno lontanamente ricca, ma se c'era qualcosa che dovevo ammettere, era che i miei si erano scelti bene la casa dove andare a vivere.
Non si trattava di una villa enorme e nemmeno di un attico: era un appartamento al quinto piano di un palazzo poco fuori dal centro, circondato dal verde. Essendo all'ultimo piano avevamo un balcone più grande rispetto a quello degli altri inquilini, coperto per metà da un pergolato, dove mia madre ci aveva fatto crescere delle rampicanti che d'estate facevano dei fiori bianchi bellissimi.
Mio padre era solito dire che da lassù si poteva vedere fino al Pantheon... se avessimo potuto buttare giù il palazzo davanti al nostro, che ci rubava tutta la vista. Quella era l'unica pecca di quel posto. Papà mi aveva detto che un paio di anni dopo il loro investimento, il complesso si era ampliato: davanti al nostro ne avevano costruito uno esattamente identico, creando così tra i due una specie di cortile interno. Non era molto grande però, dato che i metri che separavano effettivamente i due palazzi non erano così tanti. I nostri dirimpettai potevano benissimo vederci in casa, e viceversa.
Varie proteste da parte degli inquilini di via delle Torrine 16 A e B si erano levate contro l'ingrandimento del complesso, ma non erano servite a nulla, perché nel giro di poco tempo era nato l'interno C.
Camminai decisa fino alla ringhiera del terrazzo e, facendo attenzione, mi ci sedetti sopra, lasciando le gambe penzolare nel vuoto.
Strinsi le mani attorno al metallo freddo e guardai sotto.
Il cortile interno era deserto, solo alcune piccole luci, sistemate agli angoli delle aiuole, creavano ombre quasi spettrali sull'asfalto.
«Ciao.»
Alzai gli occhi di scatto e incontrai lo sguardo di un ragazzo, appoggiato alla ringhiera del balcone esattamente davanti al mio, con una chitarra a tracolla, girata sulla schiena.
«Eri tu che suonavi», gli dissi, accennando con la testa allo strumento.
«Sì,» rispose raddrizzandosi, «ti ho svegliata?»
Scossi la testa. «No.»
Tornai a guardare di sotto e iniziai a fare dei lunghi respiri.
«Come ti chiami?», mi chiese il ragazzo. «Non ti ho mai vista prima.»
«Non esco molto», risposi veloce, fissando l'asfalto sotto di me.
«Siamo in quarantena... Chi è che esce di questi tempi?», rispose lui in tono divertito e poi aggiunse: «Vi siete appena trasferiti?»
Non risposi, spostai velocemente lo sguardo sul mio orologio da polso.
00:22.
Sospirai, poi con attenzione scavalcai nuovamente la ringhiera e tornai con i piedi sulle pianelle fredde.
«Son 19 anni che abito qui», risposi quasi seccata alla domanda che mi era stata fatta.
Il ragazzo non si scompose, ma sembrò rilassarsi nel vedermi tornare con i piedi a terra. «Come è possibile che non ci siamo mai visti prima allora?»
Alzai le spalle e ripetei la stessa cosa che gli avevo detto prima: «Non esco molto.»
Alla debole luce delle lanterne del suo balcone mi sembrò che annuisse, come se le mie parole gli avessero rivelato tutto quello che c'era da sapere.
«Non mi hai ancora detto il tuo nome», disse dopo alcuni secondi di silenzio.
«Non è importante», risposi stringendomi la coperta al corpo.
«Come farò a chiamarti se avessi voglia di parlare con te?»
«Perché dovresti averne?», gli chiesi.
Lui alzò le spalle. «Siamo dirimpettai in quarantena, farebbe bene ad entrambi un po' di compagnia.»
Non risposi. Quel ragazzo era strano e non mi piaceva. Mi ricordava troppo Marco e decisamente non mi serviva la sua compagnia.
«Sono sopravvissuta fino adesso, penso che il non parlare con te continuerà a mantenermi in vita ancora per un po'», risposi infine voltandomi e arrampicandomi di nuovo su per la finestra di camera mia.
°°°°°°
Ciao Amici <3 Mi siete mancati, come mi mancava tornare a scrivere qua sopra! :)
Così ho pensato, in questi tempi incerti, dove molto spesso l'unico modo per scappare è un libro o un film, cosa c'è di meglio di una breve storia ambientata durante una quarantena per via di una pandemia? (Probabilmente ci sono un sacco di cose migliori, ma illudetemi per un attimo che è quello di cui avevamo tutti bisogno, please hahaha)
Detto ciò, le regole del gioco non sono mai cambiate, fatemi sapere cosa ne pensate e tra pochi giorni avrete il secondo capitolo (ho già finito di scriverla completamente, quindi nel giro di poche settimane avrete tutti i capitoli!)
Mentre ci siete raccontatemi anche che cosa state facendo di bello in questi giorni, regalatemi gioie hahah
Grazie Amici,
Raumalainen.
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