Alzati!

«Søren...buona sera.»

Uriel finge di non essere sorpresa dalla sua presenza e lo invita ad entrare. Il Warg la sorpassa senza troppi problemi, fermandosi ad un passo da me con sguardo omicida. Inevitabilmente, per il timore, ingoio il groppo che mi si è creato in gola, ma mi riprendo subito. Diniego il capo con forza ed incrocio le braccia al petto, fissandolo indispettita: «Perché sei qui? Cosa vuoi da me?» 

«Casa. Ora.» Ringhia furioso.

«Non prendo ordini da te. Non sono la tua cagna.» Sputo acida. «Non mi muoverò da qui.»

Søren s'avvicina d'un passo così da far toccare le punte delle nostre scarpe. Continuo a reggere il suo sguardo, irritandolo a tal punto da far scurire la pupilla non coperta dalla benda. Avverto il suo alito soffiare sulla mia fronte ed il suo corpo irrigidirsi. Serra la mandibola e chiude con forza le mani in pugni. È furioso. Non per questo chinerò il capo ed eseguirò il suo volere senza una valida motivazione. Prima però che il Warg possa agire spinto dall'ira, Uriel c'interrompe: «Raissa, credo sia ora d'andare.»

Prima che possa ribattere indispettita, lo sguardo mi cade sull'orologio che segna le otto e dieci di sera. Comincio ad intuire il motivo per il quale il Warg sia qui, però la sua ira non mi rassicura per nulla. Non penso sia la scelta migliore, a meno che la druida non voglia vedermi mutilata la prossima volta. 

«Søren.» Uriel lo chiama a gran voce. «Non esser inquietato con lei. È colpa mia se ha terminato di lavorare più tardi del previsto.»

L'attenzione di Søren si sposta sulla druida. La scruta con cipiglio per poi annusare l'aria così da constatare la veridicità dei fatti. Un ringhio basso gli fuoriesce dal petto caldo, poi si volta ed esce dalla libreria, lasciando la porta aperta. Non appena va via, rivolgo la mia attenzione alla druida, la quale mi invita a seguirlo. Sospiro stanca, conscia del fatto di dover convivere per forza con il Warg fin quando non costruiranno nuove abitazioni o uccideranno i Vuoti. Chino il capo sconfitta e m'incammino verso la porta d'ingresso, ma, prima di superare la soglia, Uriel parla un'ultima volta: «Ci vediamo domani pomeriggio sempre alla stessa ora.»

Acconsento, rimanendo in silenzio, per poi uscire dalla libreria. Non appena varco l'uscio, Uriel chiude la porta, perciò mi affretto a scendere i pochi gradini. Volgo il capo verso le abitazioni anziché verso la strada e cammino, poiché non voglio trascorrere il viaggio in macchina con lui per poter tornare a casa. Accelero il passo quando mi rendo conto di esser pedinata, avendo riconosciuto la sua vettura. All'improvviso aumenta velocità, sparendo pochi istanti dopo. Sbuffo frustata mentre una lacrima salata mi solca il volto stanco. M'incammino verso casa, anche se definirla così è pura idiozia. Dopo circa tre quarti d'ora, tra ingiurie e brividi di freddo, giungo a destinazione. Eppure ad ogni passo che compio avverto una sensazione sgradevole che mi colpisce lo stomaco. Compio un profondo respiro e vado incontro al mio triste destino, ovvero verso l'ennesima discussione violenta con quel Warg arrogante. L'assurdità è che non capisco il suo odio. Anzi! Tra i due dovrei essere io quella legittimata a provare tale orribile sentimento e non lui. Apro la porta, cercando di non fare rumore, ma, non appena varco la soglia, questa si chiude con forza. Sobbalzo per lo spavento, ritrovandomi faccia a faccia con un Warg a dir poco furioso. Reprimo un grido di protesta, avendo già intuito l'andamento della serata. Gli do le spalle e compio qualche passo per poi fermarmi e domandargli senza guardarlo: «Non dovresti essere al solito Pub? Come mai sei ancora qui?» 

Stranamente non odo alcuna risposta da parte sua. Prima che possa girarmi a guardarlo, odo il tonfo fastidioso di un oggetto pesante che cade a terra. Consto inorridita quanto appena accaduto: il Warg ha scagliato al suolo il piccolo centrotavola in legno, incapace di gestire l'ira. Lo fisso incredula e timorosa, notando soltanto ad ora che non indossa la benda. Entrambi i suoi occhi sono cupi a causa della collera. Nonostante ciò, non riesco a star zitta e, colta dalla furia, indico il centrotavola danneggiato: «Perché l'hai fatto?» 

Mi raggiunge con poche falcate, inspirando ed espirando lentamente. Serra le mani in forti pugni e ringhia, trattenendo a stento le emozioni: «Perché eri lì?»

Per un attimo rimango interdetta. È furioso perché non l'ho avvertito del mio nuovo lavoro?

«Come prego?» Domando incredula, alzando un sopracciglio.

«Perché eri con Uriel quando il sole stava già calando?»

Credo fermamente che Søren abbia bisogno urgente di uno psicologo.

«Non dirmi che sei furioso perché non ti ho avvertito prima!»

«Non si scherza con la notte. Il sole è l'unica certezza.»

«Sono in una vallata dove vivono centinaia di Warg e tu ti preoccupi per me? Non ci crederò mai!» Grido irritata. 

Con un gesto fulmineo m'afferra per le spalle, alzandomi di poco da terra. I miei occhi saettando dalle mie braccia ai suoi scuri per la collera. Compie profondi respiri, tentando di mantenere la calma, anche se l'ha già persa da tempo.

«Lavoro per lei. Soddisfatto?» 

Mi scruta diffidente mentre le sue narici s'allargano e si restringono ritmicamente. Per fortuna, poco dopo mi libera dalla stretta, permettendomi di toccare terra. Lo fisso con disprezzo, ma lui non se ne cura.

«Dovevi avvisarmi.»

«Non sei nessuno per me, perciò non ti devo spiegazioni per ogni decisione che prendo o prenderò in futuro.»

«Non osare rivolgerti a me in questo modo!» Ringhia ad un passo dal mio volto. «TI STO PROTEGGENDO! DANNAZIONE!»

Si volta ed assesta un pugno al tavolo, facendomi sobbalzare. Søren m'inquieta, ma non posso fuggire perché mi troverebbe e mi riporterebbe qui con la forza. Leila e Arthur mi hanno espressamente detto che non c'è altro posto per me nella vallata. Sia maledetto quel dannato Bond! 

«Non credo sia così.» Sussurro appena.

«Ah no?» Si volta con un ghigno sinistro stampato in volto. «Noi Warg difendiamo la nostra terra dai Vuoti. Inoltre, a causa del Bond, devo la priorità a te, che mi rendi la vita insopportabile!»

«Non è necessario che mi controlli da mattina a sera.»

«Me l'ha ordinato il mio Alpha come...»

«Prosegui.»

«Amico.» Ammette infine senza inutili giri di parole. «Non posso fare altrimenti. Glielo devo.»

«Non ha senso! Arthur mi conosce da poco più di una settimana.»

«Ora basta! Mi devi ascoltare!» Tuona incollerito, avvicinandosi.

«Non mi sottometterò mai a te. Mai!»

Per un istante i suoi occhi s'illuminano d'eccitazione. 

«Vuoi che sottostia ai tuoi ordini ed assecondi i tuoi desideri? Eppure tu non hai tenuto fede alla promessa che hai fatto.»

Un ringhio basso si espande nella sua gola, facendomi rabbrividire. Nonostante ciò, non demordo. Non posso sempre assecondarlo. Gli punto l'indice contro il petto, colpendolo più  volte, mentre il mio sguardo lotta contro il suo.

«Mi avevi promesso che mi avresti fatto imparare a difendermi così da sconfiggere i Vuoti, ma non l'hai fatto!» Urlo incollerita. «E tu...tu...ti definiresti un uomo, anzi un Warg d'onore? Tsk! Mi fai solo ribrezzo.»

Søren mi ghermisce per il polso, strattonandomi verso di sé con estrema audacia. Avverto il suo respiro caldo solleticarmi il volto mentre il suo inconfondibile odore di aghi di pino e terra bagnata mi stordisce. Un brivido corre lungo la spina dorsale mentre avverto un fastidioso bruciore al polso. Søren mi scruta con attenzione senza lasciare la presa. Tento di divincolarmi, ma alla fine è lui a decidere se lasciarmi andare oppure no. Si volta di scatto, afferra la benda nera dal mobile vicino all'ingresso ed esce in tutta fretta. Le gambe mi cedono, facendomi cadere a terra. Rimango ferma per non so quanto tempo sin quando non trovo la forza d'alzarmi. Mi chiudo in bagno e m'abbandono al dolce tocco dell'acqua calda mentre tento in tutti i modi di dare una spiegazione a quanto accaduto. Perché Søren si è comportato in quel modo? Perché era così agitato? Non credo sia dovuto solo al Bond. Mi rifiuto di crederci. Dopo una mezz'oretta esco dalla vasca e tampono il corpo con un asciugamano, morbido e profumato. Indosso il pigiama e mi dirigo in camera da letto, poiché stasera non ho fame. Leggo per ben due volte la lettera dei miei genitori, piangendo e sperando con tutta me stessa d'incontrarli almeno nei miei sogni. Li amo con tutta me stessa e non smetterò mai di farlo. Sono da sempre stati la mia roccia, la mia salvezza, il mio tutto. Con le lacrime agli occhi m'addormento sull'amaca.

«Alzati!»

Papà mi porge la mano, incitandomi a non mollare lo "scontro". L'afferro saldamente, ritrovandomi dinanzi a lui.

«Non devi mai fermarti all'apparenza, soprattutto se si tratta del tuo nemico.» Mi ricorda per l'ennesima volta. «Non basarti sull'aspetto. Le sue intenzioni sono altre.»

«Che significa?»

«Ti colpirò di nuovo, ma non dovrai seguire solo il movimento del mio braccio, ma di tutto il corpo.»

«Eh?»

Senza che possa rendermene conto, papà allunga l'arto in procinto di colpirmi al fianco, ma seguo il suo consiglio infatti, poco prima che il suo gancio destro mi colpisca, noto l'altro braccio muoversi per colpirmi sotto il mento. Indietreggio e riesco a bloccare temporaneamente il suo polso sinistro. Sul suo viso si dipinge un sorriso compiaciuto. S'avvicina e mi stringe forte a sé, orgoglioso. Circondo le braccia intorno al suo busto magro, abbracciandolo con tutta la forza che ho, mentre una sua mano m'accarezza il capo. Una lacrima solitaria mi solca il volto, ma l'asciugo subito, strofinando il volto sul suo petto.

«Sii forte figlia mia. Sii forte per tutti noi.»

Alzo il capo ed incontro i suoi occhi identici ai miei.

«Un giorno dovrai esser tu a difendere te stessa e gli altri.»

«Tu però salverai me, non è così?»

«Sempre, bambina mia. Sempre...»

«HANNE! HANNE!»

Apro gli occhi di scatto e sobbalzo sull'amaca, cadendo di conseguenza a terra. Bofonchio parole poco carine mentre massaggio la parte dolorante del corpo. Stanca riapro le palpebre ancora assopite, mettendomi in piedi con non poca difficoltà. Søren è disteso sul letto con il volto contorto dal dolore ed il corpo irrigidito. Goccioline di sudore incorniciano la fronte corrucciata e l'ampio petto delineato mentre grida terribili fuoriescono dalla sua bocca tremante. Cautamente m'avvicino, facendo meno rumore possibile. Devo ammettere però che vederlo in queste condizioni quasi ogni sera mi fa dispiacere. Provo pena per lui. È orribile vedere una persona in preda ad incubi incessanti. Di sicuro rivivrà qualcosa che l'ha profondamente segnato a tal punto da sognarlo spesso. Tremante allungo il braccio sino a toccare con mano il suo arto, muscoloso ed impregnato di sudore. Lo scuoto prima delicatamente poi con più forza sino a tirargli un potente schiaffo in volto. Spalanca le palpebre e mi stringe per la vita, scaraventandomi sul letto. Søren è sopra di me, ad un palmo dal mio viso, ed i suoi occhi mi fissano scioccati e smarriti. Il suo cuore batte all'impazzata, proprio come il mio, mentre la consapevolezza di esser tornato alla realtà lo investe senza riguardo. Emette un ringhio basso e si mette a sedere con la schiena poggiata alla tastiera del letto. Con titubanza compio lo stesso movimento senza mai distogliere lo sguardo da lui. Sembra innocuo ed indifeso, così smarrito ed impaurito da farmi rattristire. 

«Scendi dal mio letto e torna a dormire.» Ringhia stordito. 

Sbuffo infastidita ma sollevata dal ritorno del vecchio Søren. Non ribatto e torno sull'amaca. Gli do le spalle e mi accuccio su me stessa. Chiudo le palpebre e tento disperatamente di prendere sonno. Prima però che Morfeo mi conduca nel suo regno, Søren sussurra: «Dopodomani comincerai il tuo allentamento.»

Accenno un debole sì per poi addormentarmi.

Ehilà Dreamers! Che ne pensate del rapporto padre-figlia della protagonista?
Chi invece credete sia Hanna? Perché Søren la sogna ogni notte o quasi?

Lascio a voi il beneficio del dubbio. Un bacio ed al prossimo capitolo 💋💋

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