⚜SHEEREZE- Sabbia e Sangue

La grande sfera gialla spandeva lentamente i suoi caldi raggi sui tetti di ardesia e sui balconi di marmo bianco. Sheereze Dargon era accoccolata sulla cima di un tetto e guardava Haghesh, la Stella Rossa, sorgere come ogni mattina. Dal tetto della casa del Kadhir, la ragazza poteva vedere ogni casa, ogni negozio e ogni torre del Tempio del Fuoco. Alle prime ore del mattino erano ben visibili i nugoli di fumo del braciere sacro, altrimenti nascosti dai focolari domestici durante il giorno. I tetti di stoffa dei bazar coloravano di azzurro, rosso e verde la città, e le delicate cupole trasparenti del Palazzo del Loto brillavano in lontananza come diamanti.
Sheereze usciva molto presto ogni mattina, e faceva un giro per la città in cerca di qualcosa di utile. Se riusciva, afferrava le frattaglie sanguinolente gettate in strada, di fronte alla bottega di qualche macellaio. Era molto raro trovarne, perché prima di lei passavano i cani randagi, lasciandosi dietro solo ossa spolpate. Se non trovava altro, catturava piccioni per mangiarli o scambiarli al bazar Afhig , o rubava mele da qualche orto. Quella mattina, Sheereze non attendeva altro che l'alba, per recarsi al molo.

Lí passava il tempo a ciondolare attorno ai pescatori e ai mercanti di stoffe per pregarli di darle qualcosa da mangiare, o qualche moneta in cambio di piccoli favori. Beccava insulti e improperi, a volte qualche bastonata, ma non poteva farci niente. In un modo o nell'altro, doveva mangiare e sopravvivere. Sheereze era una vagabonda, una ladra dell'isola di Haara, e non aveva diritti. Era una Khoole, un'Invisibile e ,in quanto tale, non aveva diritto ad un lavoro o a una casa. I Khoole erano la minoranza etnica del Sud, ed erano schiavizzati dai Kodjiani da mille anni. Nei mesi precedenti, con la stagione delle piogge, Sheereze aveva avuto ancor meno da mangiare, perché con il mare ingrossato dall'acqua e dalle tempeste, le navi non arrivavano all'isola, e dal piccolo molo non partiva nessuno. Quel giorno, però, era un giorno importante. Era il giorno della Nascita, il solstizio d'estate. In quel giorno era nato Haghesh , il grande Dio Rosso, che tutti veneravano al Tempio di Fuoco. Da bambina adorava il giorno della Nascita, quando tutti assistevano al rito delle Fiamme, quando il braciere sacro spandeva la più alta fiammata dalle sue bocche di bronzo dorato, e il popolo pregava e danzava a quella luce.
Cantavano a voci alte e chiare la preghiera rituale, accompagnati dal suono dei flauti e dei tamburi di pelle di capra.
Ahghia, Haghesh, ahghia aish
Benvenuto, Haghesh, benvenuto fra noi.

Così cantavano, e così cantava anche lei. Era l'unico giorno dell'anno in cui anche i Khoole sembravano far parte della società, e venivano donati sacchi di frumento e olio. Nei giorni successivi le navi mercantili portavano ai bazar tutte le loro merci, e ogni contadino della vallata conduceva in città i carri pieni de prodotti che Haghesh aveva donato loro. E le bande di vagabondi si esibivano per le strade polverose in danze e canti scatenati, o nella recitazione dei vecchi poemi Khoole. Ricevevano monete dorate e cascate di fiori di campo, a volte qualche forma di pane. In quel giorno Sheereze indossava il suo unico abito di cotone indaco, dalla gonna ampia risvoltata di perline
Il pizzo nero dello scialle che le copriva i capelli, come una vera donna Khoole, e le sopracciglia colorate con la polvere di carbone. Lo scialle e il vestito erano l'unico, prezioso tesoro di Sheereze, al punto che lo teneva ben piegato nella sacca di iuta che portava a tracolla. Per il resto dell'anno, portava un paio di pantaloni grigi e una camicia bianca, entrambi di tela grezza , sporchi e laceri. I raggi della Stella Rossa brillavano ormai dappertutto, e Sheereze si alzó dal tetto.

Camminó a piedi nudi sulle tegole di terracotta fredde, i capelli scarmigliati dal vento del primo mattino. Scese lentamente dal tetto, aggrappandosi alla balaustra di ferro nera che decorava tutt'intorno la facciata della casa del Kadhir. Il Kadhir di Haara apparteneva alla famiglia più ricca dell'isola, i Koshur; si diceva che sua moglie fosse stata la più bella fanciulla della provincia, e che al loro matrimonio un nugulo di colombi bianchi avesse attraversato l'atrio del Tempio del Fuoco. Suo figlio Gashir era il cavaliere migliore di tutta la guardia di palazzo, e sua figlia, la bellissima Dashmira, era stata richiesta in sposa da più di trenta uomini, benché non avesse più di tredici anni. Sheereze passava spesso per la casa del Kadhir, proprio perché approfittava delle grandi derrate alimentari che giungevano lí almeno una volta alla settimana; riusciva ad afferrare spesso qualche banana che cadeva dai carri. Per la strada, Sheereze incontrò poche persone, fra cui un venditore di stoffe che si avviava verso la piazza antistante il Tempio del Fuoco, affollata da uomini e merci, e un vecchio lattaio con un dente solo, che trascinava il suo carretto. La ragazza vestita di stracci non si fece notare da nessuno mentre attraversava la città addormentata, e riuscì ad arrivare abbastanza in fretta al porto. L'odore del sale le riempí le narici, e le stridule voci dei gabbiani la stordirono per qualche istante. Quando svoltó nella Strada del Pesce, la via che conduceva al molo, vide gli alberi maestri delle navi attraccate e udì il chiacchiericcio e le grida dei marinai. Corse più in fretta e riuscì ad arrivare in tempo per osservare l'arrivo di una grande galea dallo scafo nero. La nave era enorme, ma non provenivano rumori dal ponte, completamente vuoto nonostante la pericolosa manovra. I marinai da terra non parevano meravigliati da quel bizzarro arrivo, e continuavano a controllare funi e ad urlare ordini ai giovani mozzi. Sheereze osservó la folla a lungo, in cerca di qualcosa da fare; lungo il molo, vide persone che trascinavano funi pesanti, che trasportavano secchi di pesce e che scaricavano casse di legno dalle navi già attraccate. Nulla per cui avrebbero pagato una ragazza così magra e debole.

Finalmente, vide qualcosa che avrebbe potuto fare; un gruppo di tre donne erano sedute su vecchie sedie di legno, intente a cucire una rete da pesca. Si avvicinó a loro, evitando o sbattendo contro le decine di persone che facevano la spola dalla nave nera, che nel frattempo aveva attraccato.
Nesije...signore?》chiese in kojia, sfiorando un braccio della più anziana. La donna alzó lo sguardo dal cucito e posò i vecchi occhi cisposi su di lei.
《Che vuoi bambina?》
《Ho bisogno di lavoro, di jite, buona signora. Per favore, fatemi lavorare con voi. Solo una moneta, oppure tre sardine, decidete voi.》
《Siamo già in troppe, shite, ragazzina.》ribatté la vecchia, tornando a sferruzzare. Le altre due donna annuirono in silenzio. 《Haghesh ijia, per la misericordia di Haghesh, ti prego.》supplicó Sheereze, le mani giunte.
《Non diamo lavoro ai cani Khoole come te, ragazza》
Era stata di nuovo l'anziana donna a parlare, senza piú alzare gli occhi. Sheereze strinse i pugni e giró i tacchi. Era inutile continuare a chiedere quando incontrava i Kojiani più inflessibili, Sheereze lo sapeva bene. Sapeva che nelle Otto Città Libere tutti i Khoole erano tenuti in vera e propria schiavitù, costretti a lavorare per i ricchi Kojiani dalla nascita fino all'ultimo secondo di vita. Addirittura, nella Città della Polvere, la città custode del Palazzo di Fuoco, non erano ammessi, benché anche alcuni di loro fossero devoti ad Haghesh. Lí nell'isola di Haara le cose non andavano poi così male, anche se erano comunque esclusi da impieghi fissi e di artigianato; con l'elemosina, i lavori occasionali e, soprattutto, il furto, riuscivano a sopravvivere più o meno bene.
Erano un'unica, grande famiglia, in cui ogni persona aiutava l'altra. Sheereze si decise che, appena avesse trovato un angolo sicuro, avrebbe indossato il suo vestito da festa e si sarebbe unita alle altre ragazze Khoole, danzando per le vie di Haara. Si allontanó dal molo e percorse a ritroso la Via del Pesce, osservano i muri delle case per capire in quale tetto rifugiarsi. Stava per l'appunto cercando un buon posto dove potersi arrampicare e raggiungere la casa del Kadhir, quando udì un grido strozzato. Attaccò la schiena al muro e gettó uno sguardo nel vicolo buio dal quale era giunto il grido.

La scena che vide la inorridí; un giovane uomo, vestito poveramente, stava di fronte ad una figura alta, avvolta da un mantello nero. Il giovane appariva terrorizzato, la fronte imperlata di sudore, le mani dalle unghie nere e scheggiate a proteggere il volto.
《No... non farlo ti prego! Lasciami trovare una soluzione...》sussurrava, pieno di paura. La figura incappucciata scosse la testa.
《Oh...Haghesh ijia, Haghesh Ijia...》piangucolava come un bambino terrorizzato. La figura estrasse un pugnale dalla lunga lama argentea, con un silenzio irreale. Sheereze ingoió a vuoto, piena di paura. In un lampo, la lama della figura penetrò a fondo nel petto dell'uomo. Il sangue macchió la camicia sporca, e l'espressione sorpresa e piena di sofferenza del giovane si bloccó nella mente di Sheereze. Il ragazzo si accasció a terra, mentre il sangue creava una pozza attorno a lui. La figura in nero si voltó verso la strada, fulmineo. Sheereze si strinse contro il muro, trattenendo il respiro. Se si fosse mossa, lui sarebbe riuscito a scorgerla, ad accorgersi che qualcuno aveva visto tutto. Dopo qualche secondo, la ragazza Khoole tornó a sporgersi un poco; la figura nera era scomparsa. Sheereze osservó la scena, allibita. Il corpo del giovane ucciso era ancora lì, ma della creatura che lo aveva strappato alla vita non c'erano tracce. Sheereze era ancora lì, ferma, quando udì una musica improvvisa e un canto assordante.

Immediatamente e senza pensarci, si nascose dentro il vicolo buio, fra due case, e osservó passare un corteo. La fila di persone che passavano erano le più strane che avesse mai visto; erano all'incirca una ventina di uomini e donne vestiti da colori sgargianti, turbanti di seta e veli trasparenti. Il tintinnare delle cavigliere delle donne e il cozzare delle sciabole al fianco di entrambi, nascose per tutta la durata del loro passaggio i versi degli uccelli. Sheereze si accorse di avere la bocca spalancata dalla sorpresa. Dietro lo strano corteo, una lettiga portata da quattro uomini assolutamente identici, nascondeva con pesanti tendaggi la persona che trasportava. Le donne cantavano in un linguaggio sconosciuto a Sheereze; non era la lingua Kodja, quella che tutti loro parlavano, e non era l'antico idioma Khoole, quello con cui erano composti i poemi che conosceva. Improvvisamente, dai tendaggi della lettiga una mano candida spuntò e diede ordine di fermarsi. I quattro uomini enormi ubbidirono all'istante, e appoggiarono piuttosto delicatamente il mezzo di trasporto. Sheereze sarebbe dovuta fuggire, probabilmente era la lettiga di un funzionario che si dirigeva al Tempio del Fuoco e aveva visto una ragazzina Khoole da incarcerare per qualche motivo. A molti capitava spesso, e dopo che erano stati condotti alla Jihka, la prigione, raramente venivano rivisti in giro. La ragazza si ricordò del cadavere, nascosto nell'angolo più buio del piccolo vicolo. Quello era un ottimo motivo per metterla in prigione. Per cui, Sheereze sarebbe dovuta fuggire, era giovane e correva molto veloce se ne aveva bisogno. Ma restó ferma e immobile di fronte alla persona che scese dalla lettiga.
Era un uomo anziano, dalla barba lunga e bianca come la neve sui picchi dei monti Azita, che vedeva in lontananza dal tetto della casa del Kadhir. Portava una lunga tunica di tela grezza, color marrone chiaro, e stringeva un bastone di legno scuro. I suoi occhi intelligenti si nascondevano sotto un cappello nero a tubo senza tesa, come quello dei sacerdoti di Haghesh.
La guardava di sottecchi, un delicato sorriso sul volto rugoso.
Haghesh ijia》disse, intrecciando le braccia di fronte al volto. Sheereze era sorpresa; nessuno si rivolgeva ad una Khoole con il saluto ufficiale del Sud. Il vecchio le sorrise di nuovo, in silenzio.

《Che fai qui sorella?》 chiese, appoggiandosi al bastone di legno contorto.
Sheereze si ricordò del cadavere dietro di lei, e un brivido le percorse la schiena. Poteva accusarla di quell'omicidio.
《Io...niente, signore.》
L'anziano guardò oltre la ragazza e riuscì a vedere il corpo.
Scosse la testa in silenzio.
《No, fratello. Non è come pensi》tentò di spiegarsi Sheereze, congiungendo le mani.
L'uomo le fece segno di tacere con la mano rugosa, socchiudendo gli occhi.
《Mi dispiace, sorella, ma l'omicidio è male. Il nostro sacro Haghesh lo ha insegnato a tutti noi, e ha giurato vendetta per chi ruba la vita che Egli ha donato. Nessun uomo può avere l'ardire di spezzare vite, e men che meno una fanciulla come te. Sei una Khoole, lo so bene. Ed è stata certamente la tua natura malvagia a farti compiere un gesto del genere. Ma Egli perdona sempre, sorella, sempre. E la tua vita sarà un dono sufficiente a comprarti il suo divino perdono》

Sheereze percepí la terra aprirsi sotto di lei, e vedeva già il suo corpo cadere, risucchiato nelle tenebre.
I membri del corteo asserirono solennemente, a eccezione delle donne velate, immobili come statue di sale.
《No...》riuscì miseramente a dire.
《Il sommo Hafhez ha ragione. In tutta la sua saggezza, egli ti ha mostrato la via per il perdono del Magnifico Haghesh, riportando la tua anima sulla retta via》pronunciò solennemente un altro uomo, poco più giovane del vecchio, con grandi occhi neri, vitrei come perle grezze.
Sheereze non ricordava nemmeno di averlo visto nella processione.
《Io non ho ucciso quell'uomo, sommo Hafhez》riuscì finalmente a dire, ignorando l'uomo che aveva appena parlato e rivolgendo tutta la sua attenzione al vecchio. Egli la guardava da sotto le spesse sopracciglia cespugliose, immerso in riflessione.
《Un'ombra oscura lo ha ucciso, qualcosa di sovrannaturale. Credetemi, saggio Hafhez, ve ne prego. Ciò che dico è la verità》proseguì, le lacrime agli occhi.
《Ombre oscure? Che assurdità!》ridacchió l'uomo, malignamente. Sfiorò la spalla dell'anziano Hafhez, sperando in una sua risata, ma il sacerdote non rispose. Continuava a guardare Sheereze.
Lei non distolse lo sguardo, disperata.
《L'ho visto minacciare il giovane. Ha estratto una lama argentea e lo ha pugnalato, nonostante egli implorasse pietà. Dopo l'omicidio, è scomparso fra le tenebre del vicolo. Non so come ci sia riuscito, glielo giuro》
Il vecchio continuò a restare in silenzio, mentre l'uomo al suo fianco appariva sempre più agitato.
《Sommo Hafhez, non possiamo mantenere impunito un tale crimine! E, per di più, proprio nel sacro giorno della Rinascita!》esclamò, gesticolando animatamente e asciugandosi il sudore con la manica della tunica.
《Cosa consigli di fare, Ashbet?》chiese improvvisamente il vecchio, senza distogliere gli occhi da Sheereze. L'uomo, Ashbet, sembrava sorpreso di essere stato interpellato, ma durò poco. Tossicchió a lungo prima di rispondere.

《Ecco, sommo Hafhez, io consiglierei di portare la Khoole alla Jihka e tenerla lì per tutta la durata della festa. Domani, potremmo interrogarla e chiedere ai membri del Consiglio di ascoltare la sua testimonianza. Ma, fino ad allora, dobbiamo onorare i festeggiamenti del Sacro Sole》
Sheereze era ancora più disperata.
《No, vi prego! Non alla Jihka, vi supplico!》
Hafhez alzó di nuovo l'indice, e Sheereze serró le labbra, il cuore che le batteva a mille.
《Credo che il consigliere Ashbet abbia ragione, giovane sorella. Sai, voglio credere alla tua innocenza, ma fino ad allora non posso lasciarti andare. Correrei un rischio, giovane sorella, a lasciarti libera. Correrei il rischio che tu, forse assassina, fugga impunita, e che il Sacro Haghesh possa punirci》
Ashbet la guardò trionfante, ma Sheereze non udiva altro che la voce calma del vecchio.
《Per cui, sarò io a tenerti in custodia, e ti darò il permesso di assistere alla Cerimonia dell'Inchino, affinché il conforto del Sacro Haghesh possa aiutarti in questo tuo percorso. Passerai la notte in una cella della Jihka, e domani potrai dimostrare ciò che hai visto. Così ho deciso》
《Il sommo Hafhez ha parlato con saggezza!》esultó il consigliere Ashbet, entusiasta. Sheereze avrebbe voluto gridare, e piangere, ma nulla del genere le fu permesso. Alcuni uomini del corteo si avvicinarono, su ordine del vecchio, e le incatenarono mani e caviglie, mentre una delle donne le porse un velo nero, coprendole i capelli e il viso, fino agli occhi. La borsa di iuta con tutti i suoi averi le fu strappata, e venne caricata direttamente all'interno del palanchino del vecchio, certamente deciso a perquisirla.
Sheereze Dargon, incatenata al centro della processione, proseguì fino alla piazza del Tempio del Fuoco, velata di tenebra e terrore, calpestando la sabbia ardente con le piante dei piedi nude.

Nota dell'autrice:
Come promesso, ecco il primo capitolo del primo libro delle Cronache dei Quattro Regni. Questa storia è molto importante per me, essendo la prima scritta seriamente, e per questo mi farebbero davvero piacere commenti e critiche su ciò che scrivo. Pubblicherò abbastanza frequentemente, alternando gli aggiornamenti con The Negromant e con le recensioni della Secret Library. Alla prossima!

Sophie♥

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