⚜GASHIR- Sole di miele
La mattina del suo matrimonio era stata abbastanza orribile. Lo avevano vestito di oro e seta, un paio di pantaloni rossi e una camicia di lino fine. Sopra alla camicia indossava un farsetto di seta rossa con leggeri ricami in filo d'oro. Si era lavato e pettinato, spruzzandosi qualche goccia di profumo di Ashmira, guardandosi allo specchio. Per Gashir Koshur, quello era un giorno importante; avrebbe sposato, dopo quasi cinque anni dall'acquisto, la principessa Faerneys del Nord. In realtà, non ne era così felice.
Quel giorno, prima di ogni altra cosa, doveva recarsi alla Cerimonia dell'Inchino, di fronte al Tempio del Fuoco, come ogni solstizio d'estate da quando aveva compiuto i tre anni. Come tutti i giovani Kojiani, anche Gashir avrebbe dovuto presenziare alla cerimonia e, in qualità di figlio maggiore del Khadir, sarebbe dovuto apparire al meglio.
Quel giorno era di vitale importanza per i Koshur di Haara; non solo si celebrava il matrimonio del figlio maggiore, ma si doveva assistere anche all'arrivo della giovane Dashmira al Palazzo del Loto, intorno alle prime stelle della sera. Proprio durante la cena, il loro sommo padre aveva annunciato la richiesta di matrimonio fatta da Akhdir Khalt, un mercante della città libera di Jemsush, che era giunto in città con la sua enorme nave mercantile, la Grazia della Stella Rossa, carica di meravigliosi doni per la futura sposa. Come voleva la tradizione, dopo che il padre aveva accettato di concedere la mano della figlia, essa doveva ritirarsi per un anno e un giorno nel grande Palazzo del Loto, affinché vivesse in comunità con le altre fanciulle promesse spose e imparasse il dovere di moglie dalle Sacerdotesse Rosse. I genitori avevano deciso di organizzare un'unica, grande festa, per il matrimonio di Gashir e il ritiro di Dashmira, decidendo di benedire con olio e polvere d'oro entrambi gli avvenimenti. Sua sorella aveva passato tutta la notte sveglia, camminando senza sosta nella camera da letto che condivideva con le giovani ancelle.
Gashir stesso, però, aveva trascorso quasi tutta la notte in bianco, seduto sul letto non disfatto, la sciabola dalla lama azzurrina in mano. Mille pensieri gli attraversarono la mente, milioni di frammenti di futuro irraggiungibile e di passato irrimediabilmente perduto. Ricordava improvvisamente, cose alle quali non pensava più da anni, come i pomeriggi infiniti di gioco nel giardino di casa con i figli dei servitori, le passeggiate in riva al mare con sua madre, il sapore dolce dei datteri al miele che mangiava dopo i pranzi abbondanti dei ricevimenti. Ricordi ai quali non aveva più dato troppa importanza, ritenendoli semplicemente rimasugli di un infanzia felice, senza pensieri e senza problemi.
Certo, sapeva già da molto tempo che sarebbe arrivato quel giorno. Oh, lo sapeva da sempre!
Suo padre, quando aveva appena dodici anni, gli disse che presto avrebbe avuto una sposa tutta per sé, da mostrare a tutta Haara quando sarebbe diventato a sua volta Khadir. Gliela aveva descritta così tante volte che Gashir avrebbe potuto riconoscerla fra miliardi di fanciulle; lunghi capelli del colore della notte, viso candido, occhi azzurri come stelle pallide. Una rara bellezza del Nord, come soleva dire il Khadir a chiunque avesse orecchie per ascoltarlo. La sua era stata un'abile mossa politica, che gli aveva assicurato il predominio assoluto su Haara e un forte potere anche sulla Distesa Verde, fra la Lega della Stella a Sette Punte. Sotto la sua tutela, stava l'ostaggio che permetteva il mantenimento della calma con il Nord, la punta della bussola che indicava il confine tra la guerra e la pace: la giovane principessa della dinastia Nordsjalia, Faerneys del Nord.
E quel giorno, la responsabilità della fanciulla sarebbe andata a lui. Secondo la legge, infatti, sposandosi avrebbe anche assunto la tutela legale della moglie, diventando quindi esecutore del patto con il Nord.
Gashir si chiese se avrebbe avuto la forza di uccidere la sua sposa, se il Nord si fosse azzardato a ribellarsi di nuovo. Quella era una delle sue paure più grandi.
Dopo essersi preparato, Gashir mise la sciabola nel fodero impreziosito da rubini e scese nella terrazza privata di suo padre, per fare colazione insieme come gli aveva chiesto.
Il pavimento di maioliche colorate raffigurava la vista del porto di Haara, realizzata da uno dei più grandi artisti del Sud, giunto lì espressamente per la costruzione del palazzo. Suo padre, seduto presso il parapetto di mattoni cotti, osservava distrattamente il panorama della città, tuffando la mano in una ciotola di pistacchi canditi poggiata sul tavolino in marmo.
Gashir non si annunciò, ma prese silenziosamente posto di fronte al padre, su una comoda sedia di vimini intrecciata, voltando anche lui la testa verso la città.
Il Tempio del Fuoco, nella magnificenza delle sue cupole d'oro, scintillava all'orizzonte, rossi stendardi appesi in ogni finestra, dalle case più povere fino ai grandi palazzi, coloravano Haara di scarlatto.
Tutto gridava di giubilo, di allegria e di speranza, e tutti alzavano le braccia al cielo, alla Stella Rossa che tutto riscaldava e tutto creava. Glielo aveva insegnato il sommo maestro, quando veniva una volta alla settimana per insegnargli ciò che Haghesh aveva detto a tutti gli uomini.
《Haghesh ijia, giovane figlio. È un giorno importante questo》si decise a dire il Khadir, rompendo il silenzio.
《Haghesh ijia, sommo padre》si limitò a rispondere Gashir, continuando a guardare fuori.
Suo padre indossava già la tunica di gala, il tashkar rosso fuoco, e i paramenti dorati del Khadir ne ornavano gli orli, come le avevano cucite le serve il giorno del suo insediamento. Gashir ammirava la prontezza d'animo di suo padre, quella sua sicurezza intrinseca in ogni situazione. Avrebbe dato oro per un grammo di quella sicurezza.
《Sai cosa devi compiere quest'oggi, figlio. Non ti tedieró con i discorsi di saggezza di noi vecchi, ma spero che tu abbia compreso a fondo tutte le lezioni che ti ho trasmesso in questi anni》pronunciò, versandosi una coppa di vino rosso.
Gashir allungò una coppa dorata, e suo padre versò anche a lui. Il vino era rosso e denso come sangue, ma il ragazzo lo bevve in silenzio.
《Non ho mai dimenticato tutte le lezioni che mi hai dato, padre. Le ho trovate tutte profondamente giuste, e utili. So che avete molta fiducia in me》disse, mentre suo padre annuiva e suonava una piccola campanella d'argento. Una serva conparve immediatamente, chinando il capo.
《Servi la colazione》ordinò seccamente lui, con un cenno del capo. La donna annuì e uscì di nuovo, la veste anch'essa rossa.
Gashir rimase in silenzio, deciso ad attendere la parola di suo padre. Il Khadir non sembrava avere fretta di continuare il discorso, continuando a mescolare il vino nella coppa con larghi movimenti del polso, come se vi cercasse polvere d'oro nascosta sul fondo.
Dopo qualche istante, la serva tornò con un vassoio enorme, ricolmo di cibo. Suo padre le ordinò di lasciare le pietanze e la congedó.
Gashir si servì di uova strapazzate con salsa piccante, cipolle dolci annegate nel latte aromatizzato alla cannella e knas di pollo con erbe.
Da bambino adorava il knas, benché non fosse uno dei cibi più adatti ai fanciulli; consisteva in interiora di animale ripiene di bocconcini di carne condita con salse varie, il tutto cotto alla brace fino a diventare croccante all'esterno e sugoso all'interno. Apprezzó che suo padre se ne fosse ricordato, e si servì di due porzioni.
《L'Alto Sacerdote ti attende alle undici, per la firma del contratto nuziale. Poi, ti recherai a cavallo al Palazzo del Loto, per richiedere la tua sposa. Lì avverrà la cerimonia che tu sai, prima che ti diano il permesso di condurla via, e a quel punto tu la porterai qui. Andremo in palanchino al Tempio del Fuoco, e le nozze verranno celebrate dopo la Cerimonia dell'Inchino, prima della Benedizione di Spada》
Gashir annuì, pensando alla Danza delle Fanciulle, la cerimonia durante la quale avrebbe dovuto servire l'akish alla sua promessa sposa, dopo che lei avesse gettato il fiore di loto al braciere. Si chiese se Faerneys del Nord avesse eseguito quel rituale per lei pagano, o se si fosse rifiutata di bere il suo akish, segno evidente di disonore.
《Non preoccuparti di nulla, la ragazza farà ciò che deve》disse improvvisamente suo padre, pulendosi la bocca dalle briciole del pane asht, punteggiato di semi di girasole.
《Tu dici?》
《Fidati, non metterebbe a repentaglio la sicurezza della sua gente per un suo capriccio》
Gashir sapeva che Faerneys aveva accettato la sua prigionia con grande dignità, rifiutando qualsiasi tipo di conforto ed eseguendo ogni singola direttiva che le veniva data.
Non dubitava che anche in quella situazione avrebbe fatto ciò che doveva, ma una certezza era sempre meglio di una congettura.
《Ti consiglio di passare da tua madre per l'akish, starà terminato giusto ora di prepararlo.》
《Hai ragione, vado immediatamente》rispose Gashir, alzandosi e togliendo con le mani le briciole dal farsetto ricamato.
Prima di andarsene, suo padre lo fermò e lo abbracciò, cogliendolo di sorpresa.
《Sono orgoglioso dell'uomo che sei diventato, figlio mio. Solo il Sommo Haghesh sa quanto abbia desiderato un figlio come te》
Gashir mantenne la schiena dritta, stringendo vigorosamente suo padre.
《Tu mi lusinghi, padre. Farò di tutto perché tu possa rispettarmi》
Il Khadir sorrise, soddisfatto.
《Lo farai, Gashir. Io lo so》
L'interno del palazzo del Khadir ferveva di attività; i servi trasportavano bauli, accendevano candele sacre, si affrettavano ad appendere stendardi cremisi ad ogni finestra, badavano che i tappeti fossero accuratamente spazzati e i cespugli perfettamente verdi, eliminando con forbicine in argento le foglie morte. Gashir attraversò a grandi passi il giardino, schivando con abilità gli alberi di fico e i rami di magnolia, carichi di fiori e di api grasse di nettare. L'ala femminile del palazzo era incantevole; veli semistrasparenti chiudevano le stanze al posto delle porte, vasi di fiori ornavano gli angoli e nuvole di profumo accoglievano chiunque entrava in quei luoghi.
Era protetta dal resto dell'edificio da un grande portone di legno, sorvegliato notte e giorno da guardie armate personali del Khadir, e possedeva un giardino privato interno, oltre a stanze per la musica e la pittura.
Gashir l'aveva sempre trovata molto più bella del resto del palazzo, ma non vi entrava da quasi dieci anni. Solamente sua sorella e sua madre vi risiedevano, assieme alle centinaia di ancelle e dame di compagnia che si occupavano di loro.
Sua sorella Dashmira non era mai uscita da lì, e lui le faceva visita tramite una grata di ferro posta al lato del muro di cinta, riuscendo a vederle unicamente il viso. Era infatti usanza che solo le figlie del volgo uscissero allo scoperto prima del matrimonio, mentre le fanciulle nobili venivano custodite e protette fino al giorno delle nozze.
Gashir si avvicinò alle guardie che, riconoscendolo, tolsero le lance lunghe dal portone e lo aprirono, estraendo una grossa chiave dalla tasca. I due uomini erano completamente glabri, e indossavano un'armatura di ferro leggera, scolpita a mano, e calzari di cuoio, adatti per correre. L'elmo a rostro era molto semplice, ma abbastanza robusto da scheggiare una spada.
Il loro equipaggiamento era costituito da lancia lunga, scudo di ferro circolare e spada corta alla cintura; Gashir sapeva che erano eunuchi, acquistati appositamente dalla libera città di Haqqa perché fossero dedicati unicamente alla protezione delle donne della famiglia. Erano parte di un piccolo esercito di una cinquantina di soldati, fidati e silenziosi.
Gashir attraversò il portone, e i due eunuchi richiusero le ante dietro di lui, con un forte rimbombo di legno e ferro. Il ragazzo si ritrovò direttamente nel giardino; era identico a quello del palazzo principale, e un elegante colonnato ne attraversava i lati.
Una decina di giovani fanciulle camminavano nel portico a gruppetti, o sedevano sotto gli alberi suonando un flauto d'osso, oppure recitavano piccoli poemi d'amore.
Le ragazze vestivano tutte di bianco, con lunghi veli trasparenti sui capelli, gli occhi cerchiati di polvere nera e cerchi dorati alle braccia.
Alcune lo guardarono sorprese, altre spaventate, altre ancora ridacchiando, ma Gashir non perse tempo con loro, e continuò a camminare al di sotto del portico, entrando in una delle porte.
Una giovane serva stava pulendo il pavimento e, appena lo vide, lasciò andare lo straccio nel secchio d'acqua e si alzò, facendogli strada verso gli appartamenti di sua madre. La ragazza salì una rampa di scale, e Gashir la seguì, ritrovandosi di fronte ad una porta intagliata al secondo piano. Riusciva a vedere il giardino di sotto, con le ancelle sorridenti e le fronde degli alberi in fiore, fino al tetto del palazzo, ormai completamente inondato di luce. La serva bussò alla porta e lo annunciò, facendogli cenno di entrare.
Gashir si fece avanti, e superò la porta intagliata.
Si ritrovò nella penombra, in una stanza ampia e ariosa, con lunghe tende alle finestre aperte.
Seduta sui tappeti di Asshur, fra i cuscini ricamati, sua madre mescolava lentamente il contenuto di una teiera di bronzo, appoggiata su un tavolo basso.
L'odore penetrante dell'akish gli riempì le narici, con il suo bizzarro retrogusto di alcool e semi di girasole. Il ragazzo si sedette di fronte a sua madre, prendendo posto su un grande cuscino intarsiato di perline.
La donna di fronte a lui era piuttosto alta, dalla pelle olivastra ancora liscia, i ricci ondulati dal colore del carbone tenuti indietro da un complicato intreccio. Indossava anche lei il tashkar, nel suo caso più aderente di quello del Khadir, rosso anch'esso e attraversato da arabeschi in tessuto dorato.
Jezshmy Afkar era una fanciulla di appena quindici anni quando era andata sposa al Khadir di Haara, abbandonano il palazzo reale di Borjia dove era nata e cresciuta. Era la quinta figlia del re dell'isola, e non aveva mai visto nulla al di fuori dell'ala femminile del suo palazzo. Ne era uscita unicamente per le nozze, e vi era entrata di nuovo, appena arrivata ad Haara. Ciò nonostante, era una donna infinitamente colta, affascinante e piena di allegria, che lo aveva cresciuto al dolce suono del khefiz, con il sapore del miele e delle favole. Era rimasto con lei fino per molti anni, anche lui chiuso nella zona femminile con sua madre; aveva parlato con suo padre tramite una grata per sei anni, prima di uscire e venire affidato a lui.
Sua madre aggiunse un cucchiaio di polvere di cannella alla mistura, scatenando nell'aria un forte profumo.
《Quando sono arrivata qui avevo appena terminato la mia cerimonia di nozze. Avevo ancora in bocca il sapore del mio akish, quando varcai questa soglia. E mai avrei pensato che, così presto, ne avrei preparato una tazza per la sposa del mio bambino》disse, spezzando il silenzio con la sua voce armoniosa.
Gashir non sapeva cosa dirle, e rimase in silenzio, osservando le mosse abili delle mani di sua madre mentre tagliava a fette sottilissime lo zenzero, aggiungendole nella tazza di bronzo.
《Sono sicuro che sarà delizioso》disse, incapace di pensare seriamente a qualcosa che avrebbe potuto interessarla.
Sua madre gli sorrise mentre versava l'estratto di cardamomo nel contenitore.
《E tu, figlio mio? Come stai?》gli chiese, continuando a mescolare.
Gashir non sapeva cosa dire.
Temeva che, se si fosse mostrato debole, sua madre avrebbe potuto preoccuparsi.
Era convinto che fosse già abbastanza triste per tutto quello che stava succedendo, e non intendeva aggiungerle altro dolore.
《Perfettamente, madre》mentí, giocherellando distrattamente con una stecca di vaniglia. Sua madre lo ignoró e la riprese, utilizzandola come mestolo per rilasciare un po' dell'aroma nel liquido.
《Sai, molti anni fa mia nonna mi insegnò come preparare un akish perfetto. Diceva che, per alleviare il sapore forte dell'alcool, occorreva aggiungere diversi aromi dolci, come la vaniglia, o la cannella. Ma disse anche che, senza il gusto aspro e forte dello zenzero e dei semi di girasole, non si poteva assolutamente preparare una tazza di akish. Ci vuole equilibrio, nella vita come nel cibo. E non si può nascondere l'amarezza con il dolce, bambino mio. Per quanto tu cerchi di darmi dolcezza per evitarmi sofferenze, il dolore mi raggiungerà comunque, e capirò sempre cosa stai provando. Sei più me di me stessa, Gashir. Come tua sorella, come tutti i figli del mondo per le loro madri》
Gashir la ascoltò incantato, osservando le ultime dosi di zucchero di canna che la donna spargeva nell'akish.
Sua madre chiuse il contenitore di bronzo con un coperchio intarsiato, raffigurante fiori di loto e foglie smaltate di verde.
Ripiegó un grande tovagliolo di lino ricamato e lo sistemó sul manico di bronzo, per evitare che suo figlio si scottasse.
《Ed ecco qui, la bevanda per la tua dolce sposa》esclamò, con finta allegria, porgendogli il contenitore.
Gashir le sorrise riconoscente, afferando il manico grazie al tovagliolo.
《Ti ringrazio, madre. Sono sicuro che Faerneys sarà un ottima compagnia per te, quando ci saremo sposati》disse.
In quanto sua moglie, infatti, la principessa del Nord avrebbe risieduto nell'ala femminile del palazzo, assieme a sua madre. Al contrario, Dashmira non vi sarebbe più entrata, perché si sarebbe trasferita nel palazzo di suo marito a Jemsush.
《Andrò a trovare mia sorella prima di andare al Palazzo del Loto. Vorrei salutarla》aggiunse. Sua madre annuì, gli occhi lucidi e il sorriso tirato.
《D'accordo, figlio mio. Anche per lei sarà un giorno importante. Raccoglieró personalmente il velo della tua sposa》affermò, sfiorandogli il viso.
Come da tradizione, durante la cerimonia nuziale, la madre dello sposo sfilava il velo da nubile della fanciulla e le metteva quello ingioiellato, da donna sposata, a indicare il cambiamento che avveniva in lei e nella sua condizione sociale.
Per Gashir, tutto questo era importante. Tutto doveva andare alla perfezione.
Il ragazzo, dopo aver dato un bacio rapido a sua madre, uscì dalla stanza e dal palazzo, incamminandosi verso il suo destino.
Spazio autrice:
Ecco il nuovo capitolo delle Cronache. Ho notato che praticamente non ha seguito, e sono davvero indecisa su cosa fare.
Davvero, se la storia non è interessante ditemelo! Apprezzeró qualsiasi parere sincero, perché al momento sono molto combattuta.
So bene di essere conosciuta quasi unicamente per Secret Library (mia fortuna, ma anche mia dannazione) e le altre mie storie sono praticamente invisibili. Sono davvero triste in questo momento, perché ripongo fiducia in ogni progetto, e mi ferisce notare che non c'è seguito.
Ovviamente non obbligo assolutamente nessuno a leggere storie che non piacciono, ma non posso farci niente se mi dispiace.
Perdonate lo sfogo, e non fateci troppo caso.
A presto!
Sophie
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