⚜FAERNEYS- Polvere di cristallo

Il parlottío sommesso nella Sala del Diamante la accolse al suo arrivo, così come il delicato profumo di fiori freschi.
Faerneys, avvolta dal velo azzurro, entrò nella sala e si sedette accanto alle sue sorelle, dietro lo scranno in legno d'ebano. Ogni mattina, le giovanissime fanciulle ospiti del Palazzo del Loto si svegliavano all'alba e si riunivano lì per cantare le preghiere del giorno, prima di ogni altra attività e per ascoltare ciò che avevano da dire le Donne Rosse. Le quasi trecento fanciulle, ognuna avvolta da un velo di colore differente, osservavano i volti delle altre, spettegolavano delle vicine, oppure guardavano, assorte, oltre le cupole di vetro del palazzo.
Le promesse spose, silenziose, attendevano l'arrivo delle Donne Rosse per l'inizio della cerimonia del mattino, ansiose di doversi recare ai vari compiti che le aspettavano.
Dietro la seta semitrasparente del velo, Faerneys aveva gli occhi pesti e iniettati di sangue, brutto rimasuglio di una notte quasi totalmente priva di sonno. Per la prima volta dopo anni, aveva sognato casa.
Quel posto che aveva abbandonato a undici anni per andare nella terra nemica, affinché i suoi fratelli e la sua gente potessero vivere in pace.
Ricordava perfettamente le antiche mura del castello di Nordsjalia, immerso nelle nevi del Nord, fra il vento gelido che arrivava dal Picco Innevato. Le sue ampie sale calde, i corridoi, l'armeria, il cortile; tutto era vivido e chiaro nella sua mente, come se lo avesse abbandonato solamente da un giorno.
Nel sogno, Faerneys si era risvegliata nella camera che condivideva con sua sorella maggiore Jaerneys; entrambe, sdraiate sui baldacchini gemelli, avevano riso e si erano scontrate con i cuscini, spargendo miriadi di piccole piume candide sul pavimento. Quando aveva provato a sfiorarne una, Faerneys si era accorta che, in realtà, erano fatte di neve, e si era ritrovata in cortile, a piedi nudi e in camicia da notte. La neve non era affatto gelida come ricordava, ma quasi le scottava le piante dei piedi. Hackel, il suo fratellino, l'aveva guardata dal muro di cinta delle stalle, seduto fra i cumuli di neve con un libro in mano. Faerneys aveva chiuso gli occhi, beandosi del contatto ora freddo e ora caldo della neve sulla pelle.
《La neve è fatta di sabbia, lo sapevi sorellina?》le aveva detto, grattandosi i capelli neri con la mano guantata.
In quel momento, Faerneys aveva chiuso gli occhi, e si era ritrovata nella sala del camino, negli appartamenti di sua madre. Arrianelle, seduta sulla sedia a dondolo, le sorrideva da lontano, la piccola Maelys in braccio con un libro di favole illustrato.
Le stava leggendo una storia, e la bambina la ascoltava, il pugno grassoccio in bocca, gli occhi trasparenti spalancati dalla sorpresa. I capelli biondo miele della sorella erano saldamente intrecciati con quelli di sua madre, in una bizzarra acconciatura che rendeva le due figure legate indissolubilmente. Una parte di Faerneys avrebbe desiderato sciogliere quella treccia e unire i propri, di capelli, a quelli di sua madre.
《Mamma?》
《Piccola mia, sei tornata!》aveva esclamato, sorridendo e facendole cenno di avvicinarsi.
Faerneys si era avvicinata, felice, ma sua sorella l'aveva squadrata con occhi diversi, rabbiosi.
Tu non sei mia sorella!》aveva gridato la bambina, furiosa.
La ragazza aveva ritirato la mano, spaventata.
Maelys non aveva mai smesso di urlare quella frase, e nel frattempo sua madre sorrideva, imperterrita, mentre la treccia di capelli si tendeva allo spasimo, a causa degli strilli e delle invettive della bimba, finché non si ruppe in mille, flebili schegge d'oro.

Faerneys si pizzicó un braccio, decisa a dimenticare ogni ricordo di quel sogno assurdo.
Dietro il velo azzurro, una lacrima le solcó la guancia.
Quel giorno avrebbe dovuto sposare il figlio del Khadir, colui che l'aveva praticamente comprata, strappandola alla sua famiglia, alla sua gente. Dopo la ribellione di suo padre e la breve guerra che ne era conseguita, il Nord aveva pagato un alto prezzo, la famiglia reale per prima.
Ricordava bene le lacrime disperate di sua madre, il giorno della partenza; vedeva di fronte a sé Jaerneys, altera e seria nel vestito azzurro, Hackel per mano e Maelys in braccio, che la guardavano dalle mura di Nordsjalia, gli occhi asciutti ma arrossati dal lungo pianto. Ricordava sé stessa, in piedi dietro al carro che la portava via, ignara del freddo pungente e della neve, avvolta nel mantello con gli occhi fissi in quelli dei suoi fratelli. Aveva abbandonato il loro sguardo unicamente quando non era più riuscita a distinguerli dagli uccelli in volo.
Nonostante cinque lunghi anni fossero passati dal suo arrivo, Faerneys continuava a sentirsi un'estranea nell'isola di Haara, nonostante avesse visto unicamente il porto al suo arrivo dal mare e la minuscola cittadella del Palazzo del Loto, dove aveva vissuto per tutti quegli anni.
Ricordava bene il rollío delle onde sotto lo scafo dell'imponente mercantile Fanciulla di ghiaccio, che faceva la spola tra il Sud e le lontane terre dell'Est, trasportando merci anche per il Nord. Le avevano assegnato una piccola guarnigione armata con lo stemma della Lega della Stella ad Otto Punte, che aveva il compito di non perderla di vista un solo istante. Durante la lunga traversata dalla Baia dell'Azzurro, all'estremo confine delle terre ghiacciate, fino all'isola di Haara nella Distesa Blu, Faerneys era rimasta quasi tutto il tempo sul ponte della nave, accanto al capitano, un uomo dell'Est, osservando attentamente tutte le sue manovre e tutte le sue mosse al timone.
《Comandare una nave è facile quanto danzare, giovane principessa. Se si conoscono i passi giusti, una serata di danze può risultare molto piacevole ma, se si pestano i piedi alla dama, lei potrebbe infuriarsi e decidere di mandarti in bianco!》esclamava il capitano, ridendo e soffiando il fumo fuori dalla pipa in legno di quercia. Accanto a lui, la bambina ostaggio aveva imparato quanto poteva rivelarsi crudele il mare, se non si rispettava il suo volere e ci si comportava scioccamente.
In quei giorni, aveva desiderato di poter essere come il mare, forte e indomabile, spietata guerriera e dolce madre al tempo stesso.

Spesso, quanto il capitano era personalmente al timone, lei si sedeva sul parapetto di prua, a osservare le onde abbattersi con forza sullo scafo della nave, con un secchio di ostriche da sgusciare e masticare crude, appena pescate e con ancora il sapore del mare, ascoltando le infinite storie che l'uomo con la pipa le raccontava.
Aveva pianto disperatamente quando venne costretta a scendere dalla nave, appena giunta all'isola; certamente, se il capitano le avesse chiesto di restare, lei sarebbe rimasta volentieri su quel ponte, seduta sul parapetto a godersi gli spruzzi del mare sulle guance.
Ma, purtroppo, avevano altri progetti per lei; renderla sposa e schiava di uno sciocco figlio di una sorta di governatore, tenendola per sempre chiusa in casa. Per questo, appena arrivata, era stata immediatamente consegnata alle Sacerdotesse Rosse del Palazzo del Loto, affinché le insegnassero tutto ciò che una brava moglie doveva sapere.

Le avevano strappato di dosso il suo abito del Nord, e lo avevano gettato su un braciere, assieme a tutto il suo baule di vestiario. Calze di lana, cappe di pelliccia, gonne e sottogonne colorate, corpetti di stecche di legno avvolti da tessuto: tutto cenere.
In cambio, le avevano dato un paio di lunghe tuniche bianche, di lino delicato, un paio di sandali intrecciati e una miriade di veli colorati per la testa.
Perché, come aveva imparato da subito, una donna doveva essere guardata solo attraverso qualcosa; che fossero veli di seta o spesse grate di ferro non faceva differenza.
Così, ogni mattina, le ordinarono di alzarsi, indossare la tunica e coprire i capelli con il velo, secondo precisi schemi che aveva imparato in fretta. Se si doveva uscire, era consono che il velo arrivasse fino agli occhi, e lei doveva appuntarlo ad arte con le spille dorate. Se restava in casa, ma aveva ospiti, poteva tenerlo semplicemente attorno al viso, tenendo il collo circondato dagli orli.
Se vi era una festa, o un avvenimento religioso privato, il velo poteva essere appuntato sui capelli, lasciandolo penzolare liberamente lungo la schiena.
Quel giorno, Faerneys aveva ignorato le direttive delle Donne Rosse, che le avevano ordinato di indossare il tashkar e il kadhur, il velo di matrimonio colorato di verde, come tutte le spose kodjane. Il suo tashkar smeraldo le stava troppo largo, e le sarte del palazzo dovevano accomodarlo prima di farglielo indossare, ma le sacerdotesse erano state irremovibili sul fatto che lei dovesse comunque indossare il kadhur, nonostante non avesse nulla con cui abbinarlo. Faerneys aveva ignorato quello sciocco ordine, e aveva deciso di indossare la vecchia tunica bianca e un velo azzurro qualsiasi, indossato come andava portato in casa.

Sperava quasi che se ne accorgessero e la picchiassero, in modo da renderla impresentabile per le nozze. Improvvisamente, dalla porta laterale della Sala del Diamante, entrarono una fila di donne velate di rosso, le sacerdotesse, ognuna con la propria verga d'oro in mano. Le fanciulle si alzarono in contemporanea dai loro scranni, e unirono le mani fra di loro, come una lunga catena.
Haghesh ijia, elishke ejimani》pronunciarono in coro, le voci alte e limpide.
Haghesh ijia, alikhye ejimani》risposero le Donne Rosse, con i loro sguardi neri come la notte, puntati sulle fanciulle. Faerneys aveva già individuato Ejimana Khedila, in mezzo alle sue sorelle rosse, la sacerdotessa più inflessibile e crudele. Spesso, era la sua verga a bere il sangue della sua schiena, quando veniva picchiata per qualcosa. Suo era anche quello stupido ordine, quello del kadhur.
Faerneys tenne ben alto il mento, l'azzurro del velo visibile e luminoso sotto la volta trasparente del Palazzo, in uno sguardo di sfida a Khedila, che aggrottó pericolosamente le sopracciglia. Le cicatrici sulla sua schiena pulsarono fastidiosamente, ma la ragazza le ignoró.
《Giovani fanciulle, ejimani sotto il sole di Haghesh, gioite! Oggi è un sacro giorno, la nascita del nostro Sacro Haghesh che illumina il mondo. Pregate, giovani ejimani, pregate con fervore e ringraziate la Stella Rossa per il suo calore, per la vita che ci dona.》esclamò Ejimana Tati, il capo delle Donne Rosse, un'anziana sacerdotessa dalla pelle incartapercorita e dalla schiena curva, alzando le braccia al cielo. Le sue sorelle le fecero eco.
《Pregate con fervore!》
Le sacerdotesse chinarono la testa, intrecciando le braccia sopra il volto.
Le fanciulle le imitarono, Faerneys compresa, nascondendo gli occhi dietro gli avambracci.
《Haghesh ijia, Haghesh joeyaesh, Haghesh mejchjsj, Haghesh ijia》pronunciarono in coro, battendo le mani e alzando le braccia al cielo.
《Haghesh ijia, Haghesh akhyesh, Haghesh ekhme, Haghesh ijia》continuarono, intrecciando di nuovo le braccia e abbassando lo sguardo a terra.
《Haghesh ijia, Haghesh ekhebjie, Haghesh orgrekhs, Haghesh ijia》gridarono, abbassando le braccia lungo i fianchi e alzando la testa.
La preghiera terminò con i tre battiti di mani, a indicare la Nascita, la Vita e la Morte, e la formula Haghesh ijia pronunciata per ultima.
《Giovani ejimani, rendete grazie alla Stella Rossa con le vostre azioni, quest'oggi e tutti i giorni a venire》disse Ejimana Tati, con voce chiara, dando il permesso alle ragazze di andare.
Ad una ad una, le giovani ospiti del Palazzo del Loto lasciarono i banchi, scendendo le scale e uscendo dalla Sala del Diamante, ognuna diretta alle attività del giorno. Anche la principessa del Nord scese le scale, tendendo lontani gli orli della tunica dai piedi.

Ejimana Faerneys? Puoi venire qui?》chiese una delle donne velate di rosso, indicandole l'alto banco dedicato alle sacerdotesse.
La ragazza ubbidí e si avvicinò, tenendo rigorosamente gli occhi bassi, come le era stato insegnato grazie ai persuasivi metodi del palazzo.
《Mia cara, oggi è un giorno molto importante per te. L'ora delle tue nozze si avvicina, e siamo tutte piene di gioia》esordì Ejimana Tati, la voce da vecchia gentile che utilizzava quando non erano sole.
《Le sarte hanno consegnato il tuo tashkar, stretto come avevi chiesto. Il Khadir ha inviato una scatola di meravigliosi gioielli, giunti direttamente da Berime apposta per te. Ho deciso che Ejimana Lume e Ejimana Kedissa ti aiuteranno con l'abito e il trucco, visto la difficoltà nell'indossarlo.
Ma dovrai andare subito, è già tardi!》esclamò l'anziana, con un sorriso.
Faerneys si sforzó di simulare un timido, dolce sorriso, tenendo gli occhi bassi.
《Vi ringrazio infinitamente, Ejimana Tati. Tanta gentilezza mi commuove, che Haghesh vi benedica in eterno!》sussurrò, quasi impercettibilmente.
Faerneys sentì la mano rugosa della vecchia sacerdotessa accarezzargli il velo.
《Sarai un'ottima moglie, mia cara. Ma ora andate, è tempo di cominciare i preparativi!》esclamò, dandole il permesso di alzare la testa. Faerneys annuì e due donne velate, le Ejimani che le avevano assegnate, le si avvicinarono e la condussero via, in silenzio.
La ragazza era felice che fra loro non ci fosse Ejimana Khedila, e le seguì senza protestare.
Le tre abbandonarono la Sala del Diamante, le Donne Rosse le fecero strada fino ad una porta semiaperta, che conduceva ad un bagno ampio, in marmo rosato.
Una vasca piena di acqua calda occupava una buona parte della stanza.
Faerneys si tolse gli abiti ed entrò in acqua, beandosi del calore che le saliva al viso, mentre le Donne Rosse le passavano una spugna insaponata sul corpo e sui capelli, evitando di dirle qualcosa sulle profonde cicatrici biancastre che le solcavano la schiena. Dopo il bagno, la ragazza si asciugó con un telo di lino fine, e le due Ejimani la fecero sdraiare su un lettino in un angolo, strappandole i peli dalle gambe con una mistura di pece e miele.
Poi, passarono ai peli sulle sopracciglia e sotto le ascelle, facendole mordere il labbro inferiore per evitare di gridare.
Le tagliarono i capelli di una spanna, arricciando le punte con un ferro bollente, riscaldato sul braciere, e li intrecciarono attentamente, muovendo le dita talmente in fretta da rendere quasi impossibile distinguerle.
Ejimana Kedissa le dipinse gli occhi con la polvere di carbone, mentre Ejimana Lume le disegnò il Sole di Haghesh sul dorso della mano destra con un pennellino.
Dopo averla truccata e pettinata, le due sacerdotesse le diedero una lunga vestaglia cremisi e la portarono fuori dal bagno, in un'ampia stanza vuota, con uno specchio enorme appeso alla parete.

Il suo tashkar era steso su un tavolo in tutta la sua lunghezza e, vedendolo, Faerneys non poté evitare un gridolino di sorpresa; il corpetto aderente, color verde smeraldo, era punteggiato di pietre preziose colorate, luminose come diamanti grezzi. Quando lo indossò notò che, dalla vita in giù, la seta verde scendeva fasciandole i fianchi e le gambe, mentre nuvole di delicatissimi veli ne ricoprivano la superficie. Faerneys era quasi graziosa, nel riflesso dello specchio.
Le due Ejimani le sorrisero da dietro il velo, tenendole le mani sulle spalle.
《Sarai una sposa meravigliosa, Ejimana Faerneys》le dissero, quando le appuntarono il velo di nozze, il kadhur, anch'esso verde. La ragazza annuì, voltandosi in tutte le direzioni per guardare il meraviglioso spettacolo della luce sulle pietre, sparse lungo lo strascico e sul velo nuziale.
Le due sacerdotesse la fecero sedere per farle indossare i thagysh, i sandali intrecciati con il tacco alto, alti fino a metà polpaccio.
Quelle scarpe le dolevano terribilmente ai talloni, ma la ragazza si sforzó di rimanere in piedi più o meno bene.
《Riesci a camminare? I thagysh sono terribili!》esclamò Ejimana Lume, sorreggendola.
《Sì, davvero! Non si preoccupi, Ejimana!》la rassicuró lei, staccandosi e facendo qualche passo incerto.
Le due donne la osservarono camminare, raccomandandosi con Faerneys perché non pestasse lo strascico e ordinandole di tenere alta la testa.
La ragazza percorse tutta la stanza, migliorando l'andatura ad ogni passo e abbassando sempre meno la testa per guardare dove metteva i piedi.
Le sacerdotesse batterono le mani, ridendo e facendole i complimenti, finché lei non fu così stanca da doversi sedere di nuovo.

Improvvisamente, qualcuno bussò alla porta e, dopo nemmeno un minuto, entrarono quattro Donne Rosse, ognuna con il velo alto sugli occhi, segno evidente della presenza di una persona estranea.
《Sorelle, mia cara Faerneys. È arrivato il momento》annunciò la voce arrochita di Ejimana Tati, chinando la testa.
Faerneys sentì la paura penetrarle sotto la pelle, e il respiro le si fece affannoso.
Takhir Gashir ti attende nella Sala del Rubino, con la sua tazza di akish》aggiunse un'altra sacerdotessa, probabilmente Khedila.
《Per cui, abbiamo portato il fiore per la tua danza. Andiamo, è già tutto pronto》esclamò Ejimana Teti, aprendo di nuovo la porta. Faerneys annuì e, tenuta praticamente in piedi da Ejimana Lume e da Ejimana Kedissa, uscì dalla stanza della vestizione, attenta allo strascico e ai tacchi alti.

Note dell'autrice
Nuovo capitolo, dopo lunghi giorni di impegni vari.
Non preoccupatevi, il prossimo aggiornamento sarà per Rebirth e per il Servizio Recensioni, ci tengo a portare a termine tutte le richieste in sospeso.
Ovviamente, sarei felicissima di conoscere qualsiasi opinione riguardo questa storia, se vi sta piacendo e se la trovate interessante.
Scrivere è praticamente l'unica cosa che mi rende veramente felice, e qualsiasi consiglio o critica verranno accettati con riconoscenza, per cui non abbiate timore di commentare.
Un bacio!
Sophie ♥

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