Sessione 6: Diventiamo un orfanotrofio
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Non ci restava che seguire le tracce del carro di Mezularia e sperare di raggiungerla.
Abbiamo trottagaloppato per diversi chilometri, spingendoci sempre più verso le montagne e viaggiando talvolta anche di notte, alternando i turni di vedetta.
Nonostante le tracce non svanissero mai, il carro di Mezularia non appariva mai all'orizzonte, era come se stessimo inseguendo un fantasma.
Ci siamo anche imbattuti in un branco di pacifiche pecore, con cui Momo e Jack hanno discusso per dei lunghissimi minuti. Credo che la nostra gentile Capo Congrega fosse passata di lì e avesse fatto strage di parecchi animali, anche se la pecora che abbiamo interrogato sembrava aver preso il genocidio con la filosofia di un pensatore nichilista.
L'unica cosa che ho capito da quella tappa è che voglio una pecora come spirito guida.
Siamo anche incappati in un bosco di alberi da frutto, trascinando Momo giù da un ramo dopo averla vista abbandonare la guida del carro per giocare tra le ciliegie e i cocomeri che scompaiono... lunga storia.
Infine, al calar dell'imbrunire di forse il terzo giorno di viaggio, abbiamo iniziato a sentire le voci. Non penso esista un universo in cui una cosa del genere è positiva.
Luci sinistre si sono accese contro il profilo oscuro e frastagliato delle montagne, e un pianto insistente e senza direzione di decine di bambini disperati ha invaso il buio.
Credevo di stare definitivamente impazzendo fino quando non abbiamo trovato la bambina sotto l'albero.
Rana, ha detto di chiamarsi.
Aveva la pelle ustionata, era vestita di stracci e tremava dal freddo contro il tronco gelido.
Continuava a ripetere di aver perso sua madre, che una signora cattiva aveva rapito i suoi fratelli, che lei era scappata dalle montagne e aveva continuato a correre per ore.
Norkof le ha offerto un barile di birra ma gli ho tirato una gomitata prima che Rana potesse capire che parlava con lei.
L'abbiamo caricata sul carro e abbiamo continuato il viaggio con una nuova batteria di traumi con cui avere a che fare.
È stato soltanto quando la madre, mercante d'armi, si è fatta avanti nell'oscurità verso di noi, che una parte di me ha tirato un sospiro di sollievo. L'idea di quella bimba orfana mi faceva piangere il cuore, ma l'idea che dovesse crescere in un ambiente di disperati come noi era ancora più orripilante.
Ad ogni modo, la cortese signora piena di metallo, Madre Echidna, ci ha offerto di restaurare gratuitamente le nostre armi in cambio della gentilezza riservata alla sua unica figlia sopravvissuta. Gli altri bambini erano stati spazzati via dalla magia di Mezularia.
Amo le cose gratis, ma, glielo assicuro, se mi trovo tra le mani quella donna, la interroghiamo quanto vuole Buruma e poi mi sono prenotata per romperle il collo il più dolorosamente possibile.
Echidna ha modificato le nostre armi in modo decisamente figo e poi lei e Rana sono svanite nella nebbia mano nella mano.
Noi abbiamo proseguito l'inseguimento, giungendo, il mattino dopo, davanti a una chiesa persa in mezzo al nulla.
Il carro di Mezularia era fermo subito fuori dall'entrata della cattedrale. L'abbiamo ispezionato frettolosamente ma dentro non c'era anima viva.
Con Jack stavamo architettando una strategia per entrare silenziosamente nella chiesa senza cogliere di sorpresa nessuno, ma, non appena abbiamo alzato lo sguardo, le scimmie avevano già tirato rumorosamente le maniglie del portone.
Volevo urlare, ma gli sono sgattaiolata dietro con tutta la furtività possibile.
Stagliata di spalle, immobile e incappucciata davanti all'altare, c'era una gigantesca aarakocra: Mezularia.
"Vi stavo aspettando", ha detto.
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