PROLOGO
La luce pallida di una luna a forma di falce che si trovava nel mezzo del suo arco notturno illuminava leggermente la pianura, una pianura completamente piatta, desertica e spoglia; perfino l'orizzonte era una linea retta che si estendeva all'infinito senza il minimo segno di cambiamento. Un uomo camminava in quel nulla, annaspando dalla fatica. Barcollava, ma non osava fermarsi nonostante ogni parte del suo corpo lo implorasse per riposare. L'uomo si voltò indietro con somma preoccupazione, scrutando l'orizzonte. Un occhio comune non avrebbe potuto scorgere nulla oltre quella coltre di buio, ma la vista del pellegrino era molto allenata per quello scopo. Intorno a lui, però, tutto era immobile e non c'era nessun segno dei suoi inseguitori.
A quel punto, l'uomo si concesse un momento di riposo. Appoggiò le mani sulle ginocchia leggermente flesse e respirò profondamente, mentre le gambe gli tremavano e i piedi gli dolevano. Suo padre l'aveva abituato a camminare a lungo senza stancarsi, ma mai aveva affrontato un viaggio così assieme a lui in tutta la sua vita: era da settimane che correva in quella terra sconosciuta e mistica. Aveva attraversato campi, boschi e prati, ed ora si trovava nel mezzo di un deserto enorme. Aveva visto luoghi mai sentiti prima, eppure sentiva come se qualcosa di quella terra gli fosse rimasta nel cuore, molto tempo prima, prima ancora che potesse ricordare qualcosa. Sentiva che lui apparteneva a quella terra.
"Come aveva detto papà che si chiamasse?" si chiese esplorando nei suoi ricordi. Sembrava essere passata un'eternità da quando lui e suo padre girovagavano per terre lontane, esplorando ogni luogo e vivendo la vita giorno dopo giorno. Era stato suo padre ad insegnargli come sopravvivere, ma c'era un luogo che egli non voleva che suo figlio attraversasse: la stretta gola che dava accesso ad una terra orientale, abitata da orribili persone e dove riposava il male.
‹‹Algorab.›› sussurrò il giovane pellegrino. Lo stesso suono della sua voce, cupa, rauca e graffiante gli fece provare un brivido lungo la spina dorsale. Era in quella terra che ora egli stava fuggendo, quella terra proibita che però sapeva più di casa di qualsiasi posto su cui avesse mai messo piede.
Strinse l'anello che portava all'anulare sinistro. Adesso sapeva perché appartenesse in quel luogo, quell'anello glielo ricordava e gli ricordava anche perché ora si trovasse lì. Fuggiva, certo, ma aveva ormai seminato i suoi inseguitori da molto tempo, nonostante a lui sembrasse che fossero proprio dietro le sue calcagna. No, aveva bisogno di qualcuno che facesse luce su quella faccenda e l'unico indizio che suo padre gli aveva dato, prima che si separassero, era "Il re che abita in un palazzo tra le montagne." L'aveva detto tra una serie di altre frasi sconnesse tra loro, ma l'uomo non era riuscito a capire a cosa si riferissero. Una volta entrato ad Algorab, egli aveva chiesto a qualcuno come raggiungere quel luogo descritto dal padre a piedi, senza conoscere nessun luogo di quella terra, e gli era stato detto di proseguire sempre verso Sud-Est e di cercare la torre di Andellert nel deserto, per poi dirigersi verso Est. Certo, il pellegrino avrebbe dovuto chiedere informazioni ancora a qualcun altro per poter raggiungere la meta, così come aveva fatto per trovare la torre. In effetti, non tutto in quella landa desolata aveva l'aspetto di non aver mai visto traccia di civiltà.
L'unica cosa che svettava in quella landa desolata era una torre molto larga e altissima, così tanto che l'uomo l'aveva già scorta da una considerevole distanza, ma gli ci erano voluti un paio di giorni per raggiungerla. Le pareti erano interamente decorate di fregi di straordinaria fattura, ma non si capiva bene cosa rappresentassero. Inoltre, le pareti erano di un bianco abbagliante e avevano così tante finestre da sembrare di vetro, ma non si poteva vedere l'interno. La torre sembrava completamente abbandonata, ma girandoci intorno, il pellegrino scoprì che in direzione Est si trovava un immenso portale d'ingresso, sigillato dall'interno. Era abbastanza largo da farci passare cinque persone affiancate a piedi e tre a cavallo. Questo poteva solo significare che da lì entravano e uscivano persone, ma non c'era nessuno alle porte della torre a parte l'uomo stesso. Sopra la porta un cartello mostrava un'incisione molto decorata: "Ith-Andellert'ahnk", riuscì a decifrare il pellegrino. La scritta stava per "Città-torre di Andellert" in una lingua che suo padre gli aveva insegnato, la stessa che aveva usato fino a quel momento per comunicare con gli abitanti di Algorab.
Ma improvvisamente le porte della torre si spalancano tutto d'un tratto e tanto violentemente che quasi colsero di sorpresa l'uomo intento ad analizzare quella singolare città. Egli, però, si allontanò dall'ingresso senza compiere il minimo rumore, coprendosi col nero mantello per confondersi col buio della notte. Dal punto in cui si era nascosto riusciva a scorgere ciò che stava succedendo. Dalle porte della città uscì un uomo a cavallo ad una velocità sorprendente. Il cavallo aveva il manto marrone e la criniera nera, e il mantello che l'uomo portava era nero con uno strano segno sul retro: una stella sormontata da una corona dai colori ambrati. Il misterioso cavaliere si allontanò dalla città così tanto che sembrava ormai un puntolino nero agli occhi del viandante nascosto. L'uomo cavalcò fino all'orizzonte verso oriente e ad un certo punto, in un lampo di luce ambrata, sparì, lasciando dietro di sé una nube ocra di desolazione.
Il pellegrino si accertò che le porte si fossero chiuse del tutto e che nessun'altro fosse nei paraggi, quindi uscì dal suo nascondiglio e fissò il punto in cui il misterioso cavaliere era scomparso. Non seppe decifrare ciò che era appena successo, ma realizzò che l'uomo era andato nella stessa direzione che lui stava per prendere. Che fosse sulle sue tracce? Il viandante decise che per il momento non era sicuro rivelare la sua identità a chiunque incontrasse, almeno fino a che non avrebbe incontrato il re nel palazzo tra le montagne. A lui avrebbe chiesto consiglio e spiegazioni, e allora tutto avrebbe avuto un senso, forse.
Da quel momento in poi lui sarebbe stato il Pellegrino, con un unico obiettivo, un unico traguardo. Egli prese un profondo respiro e riprese a correre in direzione dell'alba ormai imminente.
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