CAPITOLO 9 - A LIETHON
Era notte fonda, ma Aren era ancora sveglio. Guardava le stelle sdraiato a pancia in su con le mani dietro la testa e non riusciva a prendere sonno, ma non per preoccupazione. Era euforico: Danya dormiva tranquillamente accanto a lui e saperla così vicina riempiva il suo cuore di un'agitazione positiva. Si sentiva confuso, ma allo stesso tempo gli sembrava di vederci più chiaro. Non era mai stato innamorato prima, e ora poteva finalmente provare quel sentimento che tutti attorno a lui sembravano aver provato, e che rendeva tutti beati. Poco gli importava che Danya non corrispondesse questo amore, perché la sola consapevolezza che lui era capace di un così nobile sentimento, tanto da essere pronto ad affrontare i peggiori pericoli di Algorab pur di renderla felice, gli appagava l'animo, lo faceva sentire un uomo migliore. Ora capiva a pieno i comportamenti del suo amico Iorec con Grelia, quelle attenzioni che le dava di cui lui era sempre stato un po' geloso, geloso di non poter anche lui dare quelle attenzioni a qualcuno; ora capiva quanto fosse appagante la sensazione di avere qualcuno con cui condividere tutto se stesso senza paura del suo giudizio. Ma allo stesso tempo era triste perché una volta arrivato a Liethon sarebbe stato costretto ad abbandonarla al suo destino. Sentiva che era prossimo a scoprire il significato di essere un Guerriero, ma qualcosa ancora mancava al quadro generale della situazione, perciò si rendeva necessario ancora un po' di tempo nel quale riflettere profondamente sulla questione. Quando avrebbe finalmente colto la motivazione più nobile e giusta per combattere contro qualsiasi nemico, senza avere timore di spargere del sangue, allora sarebbe stato pronto per tornare alla Missione con Merran, ma a quel punto sarebbe diventato troppo pericoloso portare Danya con lui. Nonostante l'amore che provava per lei, non voleva avere la responsabilità della vita della ragazza sulle sue spalle, e se lei fosse morta il Guerriero non se lo sarebbe mai perdonato. Come sarebbe riuscito, però, a mettere i suoi sentimenti da parte per proseguire nella sua avventura senza di lei?
Una leggera brezza iniziò a soffiare facendo rizzare i peli sulle braccia e sul petto di Aren. Il Guerriero ascoltò la musica del vento con attenzione, come gli aveva insegnato sua madre da bambino nelle sere quando il vento sussurrava attraverso il legno e la pietra della loro casa, minacciando con la sua potenza inarrestabile e al contempo accarezzando dolcemente le orecchie di Adrenea e Aren.
"Il vento è l'aedo più fedele che ci sia, perché ha visto ogni cosa dal suo principio. Ci racconta tante storie e insegna tante morali, se solo noi sappiamo ascoltarlo. Ogni volta che sei indeciso o tormentato oppure vuoi solo lasciarti Algorab alle spalle e sognare, allora ascolta il vento e le sue melodie, le sue storie e i suoi insegnamenti. Vedrai che non avrai più dubbi." Gli sussurrava la madre nell'orecchio. A questa premessa seguiva sempre il racconto di una storia d'avventura, che Adrenea diceva esserle dettata dal vento in quegli stessi istanti. Aren, però, non era mai stato capace di ricavare storie e insegnamenti dal vento come sua madre, nonostante ci avesse provato molte volte. Comunque, quest'attività lo aveva sempre fatto sentire un po' vicino a sua madre, proprio perché gli ricordavano quei momenti di intimità tra i due quando lui era solo un bambino e sua madre meno distante. Da quando Aren era infatti andato all'addestramento dei Guerrieri il suo carattere era stato temprato per soddisfare i requisiti di forza dei Guerrieri e Adrenea aveva cominciato gradualmente a trattarlo sempre più come un uomo adulto, soprattutto durante la sua adolescenza. Anche se non voleva ammetterlo, al tempo, Aren però aveva ancora bisogno delle attenzioni della madre, perciò cercava di vivere di nuovo quei momenti da solo, essendo troppo orgoglioso per richiederli direttamente ad Adrenea.
Così Aren si mise in ascolto del vento ed immaginò che lontano a Saithon anche Adrenea stesse ascoltando il vento, in cerca di notizie sulla sua Missione. Aren, però, non sentì nessuna storia, come al solito, né nessuna notizia su Saithon, né nessun consiglio. Quindi, semplicemente si rilassò e il soffio del vento lo cullò fino a farlo addormentare.
Il mattino fu Danya a svegliarlo. Non che ce ne fosse necessità, perché Aren si sarebbe alzato autonomamente non molto dopo. Il Guerriero si sentiva riposato e per nulla stanco, quella notte aveva evidentemente dormito molto più serenamente delle precedenti, perciò si mise subito all'opera per partire il prima possibile.
‹‹Come mai eri già in piedi?›› domandò alla ragazza nel mentre.
‹‹Volevo guardare l'alba.›› rispose lei aiutandolo a sistemare le sacche su Euter. ‹‹Inoltre dovevo fare la guardia all'accampamento.›› Aren per poco non si diede uno schiaffo enorme sulla fronte: con tutto quello che gli passava per la testa si era completamente scordato di stabilire turni di guardia con Danya. Con Merran non ne aveva mai avuto bisogno perché a Val Guerriera non si trovava nessun brigante, poiché nessuno si avventurava in essa, inoltre Merran era solito alzarsi diverse volte durante la notte e ragionare su molti argomenti.
‹‹Vuoi dirmi che ti sei alzata così presto per tutti gli ultimi giorni?›› intuì Aren, sorpreso dall'accortezza di Danya, che per risposta sollevò le spalle con indifferenza. Il Guerriero si sentì terribilmente in colpa per aver trascurato una mansione così importante come la sorveglianza dell'accampamento, ma soprattutto per aver indirettamente lasciato alla ragazza il compito di farlo. Evidentemente aveva ancora molto da migliorare.
‹‹Ehi, non ti preoccupare.›› lo tranquillizzò Danya sorridendo. ‹‹Non è stato un peso per me.››
‹‹Sì, ma un errore così lo farebbe un ragazzino, non un Guerriero adulto in Missione...›› replicò Aren rosso di vergogna. Danya gli pose una mano sulla testa e gli arruffò i capelli con un sorriso comprensivo sul volto.
‹‹Capita a tutti di essere un po' sbadati, non fartene una colpa. Ci sono io ad aiutarti, d'altronde siamo in due a viaggiare, no?›› disse cercando di consolarlo. Ad Aren sfuggì un sorriso, si era dimenticato che entrambi, né lui né tantomeno lei, non volevano che il rapporto tra i due fosse quello di fanciulla e salvatore; Danya prendeva le sue decisioni indipendentemente e non aveva bisogno che nessuno facesse le cose per lei. Comunque questo non gli avrebbe impedito di prendersi la sua parte di responsabilità.
‹‹D'ora in poi, però, ci dividiamo il compito, va bene?›› propose quindi montando su Euter, ormai pronto per partire.
‹‹Affare fatto.›› accettò Danya, montando a sua volta dietro di lui.
Detto ciò, ricominciarono il loro viaggio verso Liethon. Costeggiarono il lago, dovunque fosse possibile, per poi raggiungere il punto in cui il più settentrionale degli immissari del lago, chiamato il Sereno, affluiva nelle acque del bacino; da lì iniziarono a risalire il corso del fiume che li avrebbe portati fino alle pendici delle montagne, dove sorgeva il Paese della Forza. Con un tuffo al cuore Aren si era reso conto che sarebbe stato più vicino a casa di quanto non fosse mai stato da quando era arrivato a Freithen: la Valle dei Fiumi e Val Guerriera erano infatti l'una dalla parte opposta di una cresta di montagne rispetto all'altra. Certo, questa barriera insormontabile di roccia si estendeva tra i due paesi, ma la mente di Aren ci avrebbe messo ugualmente un attimo a ripercorrere tutta quella distanza per poter rivedere la sua Saithon, anche solo immaginandosela. Decise di omettere questo particolare a Danya. Non gli piaceva tenerle le cose nascoste, perché in qualche modo lei riusciva a capire che qualcosa lo turbava, e inoltre lui stesso non era capace di nascondere il suo stato d'animo; d'altronde i due si sarebbero separati una volta arrivati a Liethon e anche se si era instaurato un legame profondo d'amicizia tra loro non potevano illudersi che ci fosse possibilità di coltivare questa amicizia. Aren ne era pienamente consapevole e ciò gli straziava il cuore, perché così crudelmente gli veniva precluso l'amore che aveva appena trovato. Così il giovane sperava di non creare motivo per i due di fare piani per il futuro, come ad esempio una visita a Saithon insieme.
Una striscia argentata all'orizzonte annunciò l'avvicinarsi del Sereno e con esso l'addio al Grande Lago. Aren si voltò una volta per vedere con la coda dell'occhio le calme acque del lago sperando di poter tornarci un giorno per poterlo visitare nella sua interezza ed esplorare tutti i suoi angoli nascosti. Anche se solo per una notte, la quiete che regnava sulle sponde del bacino gli aveva rasserenato l'animo turbolento che aveva dopo aver sperimentato l'euforia di essere innamorato, e ancora un po' di quella quiete non gli sarebbe guastata per poter ricominciare il viaggio completamente rasserenato, in modo da placare anche la sua preoccupazione per il futuro, che gli si presentava ancora come una nebbia indistinta.
Ben presto il calmo e uniforme profilo della pianura prese a incresparsi sempre di più fino a diventare un turbolento paesaggio roccioso sempre più in salita: si stavano avvicinando alle montagne. Il clima divenne sempre più rigido e ventoso e i pacifici boschi di betulle vennero rimpiazzati da grandi foreste di querce e pini. Aren rimase sorpreso da questo brusco cambiamento: era diverso da Val Guerriera, che sembrava quasi separata dalla pianura dal canyon delle cascate, come se dal Tru'heeda si accedesse alla verde e boscosa valle di Saithon, separata di netto dalla pianura come un piccolo angolo nascosto. Nella Valle dei Fiumi, invece, una valle racchiusa tra due imponenti catene montuose, la natura mutava sì gradualmente, ma in maniera in un certo senso più evidente e brusca, mostrando un'altra delle sue varie sfumature: le selvagge montagne rocciose. Dovunque lo sguardo di Aren si posasse vedeva sempre rocce, a volte coperte anche da macchie di vegetazione, a volte invece rocce nude. Anche il cielo sembrava quasi diverso: esso pareva di una sfumatura così intensa da sembrare palpabile e i tramonti che si creavano erano qualcosa di incredibile. Il cielo si tingeva di così tanti colori da sembrare l'immensa tavolozza di un artista. Aren non aveva mai visto niente di similmente intenso a Saithon e questo gli faceva rendere conto di quanto grande fosse Algorab al di fuori della sua Val Guerriera, anche se in realtà era consapevole che questo suo stupore derivava dalla meraviglia di vedere un luogo nuovo. Di fianco a loro il Sereno appariva così tranquillo e limpido, così diverso dall'impetuoso e possente Grande Fiume, di un colore azzurro che sembrava una parte di cielo scesa in terra. Il suo ritmico gorgoglio colmava i silenzi tra Aren e Danya, che sembravano completamente assorti nell'ammirare il paesaggio, l'uno guardandolo per la prima volta, l'altra ricordando l'infanzia trascorsa in quei posti. Sembravano cavalcare all'infinito in una dimensione a sé stante, divisa dal resto del mondo, dove i sogni e i ricordi prendevano vita.
Euter galoppava rapido come il vento, restando fedele al nome che gli era stato assegnato per la sua velocità, e ben presto raggiunsero i piedi di una montagna che svettava su tutte le altre per imponenza. La sua forma era irregolare e frastagliata, ma incredibilmente massiccia; la cima della montagna era così alta che veniva coperta dalle nuvole, e sotto di esse si stendeva un'enorme macchia di neve bianca. Il Sereno, ormai diventato in realtà un torrente dalle acque burrascose, si arrampicava sulle pareti più basse della montagna, dove ancora si poteva trovare della vegetazione, con cascatelle e salti mozzafiato. Secondo le indicazioni di Danya, Liethon non doveva essere lontana, poiché si trovava proprio sulle pendici di quella stessa montagna, che Aren scoprì chiamarsi Picco Bianco. Con una leggera fitta di nostalgia nel cuore gli venne in mente che anche Saithon sorgeva ai piedi di un picco: il Picco Rosa, che dalla loro prospettiva non si riusciva a scorgere, coperto dalle cime della cresta, ma sicuramente non si trovava molto lontano da lì. Giunsero al Paese della Forza accompagnati da uno splendido tramonto. Il paese si arrampicava sulla parete del Picco proprio come il Sereno, infatti le case si adagiavano su uno sperone di roccia che spuntava dalle radici del monte, sul quale il ruscello serpeggiava per poi risalire le pareti a strapiombo proprio dietro al Paese e infine raggiungere la sua fonte poco sotto ai ghiacciai del Picco Bianco. Liethon era attorniato da basse, ma spesse mura per tre lati, ed era protetto da una parete di roccia sul lato Nord, oltre che da immensi strapiombi poco oltre le mura. Ad Aren fu facile immaginare il perché del nome del paese: una tale posizione lo rendeva forte e resistente agli attacchi nemici. In maniera analoga fu un atto di Coraggio quello dei fondatori di Saithon che affrontarono il pericolo del Thru Heeda verso l'ignoto e per questo si chiamava Paese del Coraggio.
Al Paese della Forza si accedeva percorrendo uno stretto sentiero che serpeggiava sulle pendici del Picco fino a raggiungere lo sperone su cui si adagiava Liethon. Questo sentiero era largo abbastanza per permettere a Euter di salire fino al paese, ma si rivelò parecchio esposto in certi punti, nei quali la roccia dava l'impressione di sbriciolarsi sotto agli zoccoli del cavallo. Comunque Euter riuscì a trovare le vie giuste senza troppe difficoltà e in poco tempo si trovarono di fronte alla porta del paese, un portone di legno tra le mura di Liethon. Esso era presidiato da una singola guardia, un Guerriero poco più grande di Aren che indossava un busto di cuoio e protezioni dello stesso materiale su braccia, gambe e capo. Non appena posò lo sguardo su Danya, gli si sgranarono gli occhi dallo stupore; mentre Aren e Danya smontarono da Euter, questi continuava a osservare Aren con estrema curiosità.
‹‹... Danya?›› chiese titubante, come se non stesse credendo a quello che vedeva e cercasse di capire se effettivamente non si stesse sognando tutto.
‹‹Ciao Trest...›› mormorò Danya. Aren percepì nella sua voce una freddezza che stava venendo trattenuta. Il Guerriero, intanto, era diventato paonazzo.
‹‹Sei tornata...›› constatò, si capiva che non si sarebbe mai aspettato di vederla di nuovo.
‹‹Non ho trovato quello che cercavo.›› rispose Danya con fare liquidatorio. Aren rimase un po' confuso dalle parole della ragazza, che aveva parlato come se lei sola se ne fosse andata e non lei con la sua famiglia. Trest però non fece domande riguardo l'assenza della famiglia di Danya e invece puntò uno sguardo di pietra su di Aren.
‹‹E lui?›› domandò senza preoccuparsi di nascondere la costernazione del vedere uno sconosciuto assieme a Danya. Aren non poté frenare l'orgoglio, e rispose all'occhiata glaciale di Trest con un'espressione di infuocata veemenza, come a sfidare il Guerriero di contestargli la sua presenza lì. A questo si aggiungeva il fatto che per Aren Trest rappresentava un rivale in amore: aveva infatti notato attraverso le interazioni tra il Guerriero e Danya che lui provava interesse per lei.
‹‹Lui mi ha accompagnato fino a qui, e io gli ho promesso che lo avrei ospitato per qualche giorno fino a quando non sarà pronto per ripartire in cerca di una Missione.›› intervenne prontamente Danya, mentendo riguardo alla promessa che lei non aveva mai fatto in realtà. Aren capì che per placare l'ostilità di Trest aveva dovuto trovare una motivazione convincente per giustificare il suo ingresso a Liethon. La risposta sembrò soddisfare un po' il Guerriero, che si rilassò un po' di più.
‹‹Va bene, puoi entrare.›› disse ad Aren, quindi spalancò la porta e lasciò che il giovane e Danya la oltrepassassero.
Quando la porta fu chiusa alle loro spalle, Aren prese Danya da parte per chiedere chiarimenti.
‹‹Cosa significa che non hai trovato quello che cercavi? Pensavo che tu fossi partita con la tua famiglia per fuggire dalla povertà, perché parlavate come se fossi partita da sola?›› le domandò. Danya non fece opposizione né si rifiutò di dare una risposta, ma accettò la richiesta. Fece un gran respiro prima di rispondere.
‹‹Aren, devo rivelarti una cosa. È vero, io e la mia famiglia siamo andati via per una questione di povertà... ma in realtà io sarei partita comunque anche da sola.›› rivelò senza battere ciglio. ‹‹Vedi, il Guerriero di prima mi ha fatto la corte per molti anni nella speranza che acconsentissi a sposarlo, una volta che lui avesse ottenuto l'Onore. Quando noi ce ne siamo andati a lui non mancavano che pochi mesi al compimento dei vent'anni, perciò è partito poco dopo per la sua Missione. Qui non ci vuole molto per trovarne una, la Valle dei Fiumi è sempre piena di incursioni, perciò immaginavo che non sarebbe passato tanto tempo prima del suo ritorno, e io non volevo assistere al suo ritorno. Non volevo trovarmi nella situazione di dirgli di no per l'ennesima, definitiva volta.››
‹‹Ma allora perché hai acconsentito a tornare a Liethon quando te l'ho proposto?›› chiese Aren.
‹‹Non è unicamente per lui che sarei partita. Terst era insistente e io non sono mai stata innamorata di lui, ma io stessa non mi sentivo pronta a dargli una risposta così definitiva perché sentivo di non aver visto e sperimentato abbastanza del mondo. Volevo trovare qualcosa che mi potesse dare la sicurezza di ciò che volessi. In un certo senso l'ho trovato, ma non è quello che pensavo di trovare. Ora ho visto, ora ho fatto anche fin troppa esperienza della crudezza che ci aspetta fuori dalla porta di casa, ma ho trovato qualcuno che ha provato troppe cose in troppo poco tempo, come me. Con lui sapevo che tornare sui miei passi e reintegrarmi nel mio paese sarebbe stato più facile, e così sarà.›› spiegò Danya. Aren capì che stava parlando di lui, e la cosa gli fece piacere. Era felice di dare sostegno alla Guerriera in una situazione per lei così complicata.
Appagato dalla risposta, Aren riprese a camminare per la via guidato da Danya. Si sviluppava intorno a loro un agglomerato di viuzze e casette in legno e soprattutto pietra, ammassate tutte l'una sull'altra come se gli abitanti volessero a tutti i costi occupare lo spazio disponibile. Tra una casa e l'altra, dove ci fosse almeno un'apertura abbastanza larga, delle piccole rampe di scalini in pietra collegavano le vie di Liethon che si arrampicavano sulla parete in salita a quelle più in basso, rendendo così più semplice la comunicazione tra i vari quartieri. Su tutti i tetti delle casupole svettava il campanile di una chiesa in mattoni rossi, vicino ad un'altra costruzione in mattoni che superava le case del paese in altezza e che Aren dedusse essere il palazzo governativo.
‹‹La nostra casa si trova tra le vie più in alto, proprio sotto la chiesa.›› gli disse Danya indicando la direzione da prendere. Non potendo portare con sé Euter per via delle vie ripide e disagevoli, dovettero portarlo nelle scuderie vicino alla porta del paese, quindi i due si avviarono verso la vecchia casa di Danya. C'era ancora gente in giro a quell'ora, gente che tornava a casa dopo una giornata di lavoro; tutti si fermavano a guardare Danya con stupore, sollievo e confusione. La ragazza rispose a qualcuno dei loro saluti, ma perlopiù si limitò a continuare per la sua strada a testa alta, con un'espressione così seria e autorevole che Aren faticò a riconoscere l'allegra fanciulla che aveva cavalcato con lui in quegli ultimi giorni. Tutti si soffermarono anche a scrutare Aren, curiosi di conoscere chi fosse e perché stesse accompagnando Danya, ma nessuno osò fare domande. Il giovane si sentiva un po' a disagio, ma non batté ciglio seguendo l'esempio di Danya. In un paese piccolo come Liethon era facile cadere sotto il giudizio degli abitanti se si è fuori dall'ordinario, perciò era importante che Aren desse una buona prima impressione. La loro camminata proseguì in silenzio fino a che non arrivarono alla parte alta del paese. Lì la ragazza guidò Aren attraverso il labirinto di case ed infine giunsero proprio dove la terra si apriva sotto i loro piedi lasciando posto ad una parete di roccia friabile dove, protetti da un recinto di legno, ci si poteva sporgere e ammirare il paese dall'alto. Proprio lì vicino c'era una piccola casetta in pietra simile a tutte le altre; Danya la indicò come la casa dove viveva, ma espresse il desiderio di non volerci entrare. Così, Aren si sporse oltre la balaustra di legno appoggiandoci gli avambracci sopra, in modo da godere della splendida vista del panorama intorno a loro. Mangiò con gli occhi tutto quello che gli capitava a tiro: mai nella vita aveva immaginato che Algorab potesse essere così grande e vario. Volgendo lo sguardo a Sud si osservavano le montagne della Grande Catena del Sud nella loro maestosa possanza, dalla parte opposta della Valle dei Fiumi; ai piedi di esse serpeggiava un argenteo rivo che arrivando da Est proprio da quel punto iniziava a scorrere parallelo al Sereno, senza però incontrarlo fino al Grande Lago del Sud. Questo era il secondo dei tre immissari del lago e veniva chiamato il Lungo, perché, nascendo dalle montagne più a oriente della Valle dei Fiumi, percorreva quest'ultima nella sua interezza, diventando così il corso d'acqua col percorso maggiore della Valle dei Fiumi. A Est, invece, si osservava l'intera lunghezza della Valle, fino alle montagne che ne determinavano la fine. Era una valle molto più lunga e profonda della chiusa Val Guerriera, che si estendeva con verdi pascoli e boschi di conifere stretta tra le montagne e il Bosco sul Confine. La Valle dei Fiumi, invece, era molto più rocciosa e scoscesa, ma meno impervia poiché aveva maggior larghezza e questo la rendeva più agevole. Davanti a quella vista, Aren si sentì vicino a casa, ma anche infinitamente lontano, e il suo cuore si riempì di nostalgia.
Ad interrompergli i pensieri fu Danya, che gli si affiancò per osservare l'orizzonte con lui. Nell'osservare l'espressione di serietà che la ragazza aveva sul viso, al giovane tornarono alla memoria gli sguardi della gente di Liethon, così diversi dai sorrisi di bentornato che lui si era immaginato le avrebbero rivolto al suo ritorno.
‹‹Non pensavo che il tuo ritorno a Liethon sarebbe stato così... freddo.›› le rivelò, mosso dal dispiacere. Danya arricciò gli angoli delle labbra in un sorriso sarcastico.
‹‹Non ho esattamente lasciato il paese nel migliore dei rapporti. Alla mia età ci si aspetta che ormai si abbia trovato un uomo da sposare, perciò tutti erano rimasti delusi dal fatto che non mi fossi ancora messa assieme con Trest, che è considerato da tutti come un ottimo giovane Guerriero. Ma secondo me una ragazza di diciassette anni come me deve avere la possibilità di scoprire un po' cosa c'è fuori dal suo mondo e conoscere qualcosa di diverso, prima di decidere con chi stare per il resto della sua vita. Non sono in molti qui a pensarla come me, ma non posso aspettarmi il contrario: la nostra è una società basata sulle tradizioni.›› gli rispose con gli occhi dispersi nella Valle. Si interruppe colta da un pensiero che le fece scappare una piccola risata. ‹‹E ora sono tornata, non solo, ma anche accompagnata da uno straniero, giovane e forte come sei tu. Avranno sicuramente preso un brutto colpo, soprattutto Trest...››
‹‹Speravo di farti un piacere riportandoti qui.›› disse Aren mortificato. Danya si voltò per guardarlo negli occhi con fare rassicurante.
‹‹Non avrei acconsentito se non lo avessi voluto.›› lo rincuorò, per poi volgere nuovamente lo sguardo verso il panorama. ‹‹Devono solo abituarsi alle novità: sono brava gente e in realtà tengono molto al mio benessere, solo che io ho un modo di vedere le cose diverso. Vedrai che in men che non si dica si addolciranno e ti accetteranno come un compagno. Comunque...›› si interruppe per inspirare profondamente con gli occhi socchiusi. ‹‹... è bello respirare l'aria di casa di nuovo.››
Aren si tranquillizzò: sapere che era riuscito a rendere gioia a Danya gli faceva gonfiare il petto di appagamento. Poterla vedere in quel momento, baciata dal sole calante, coi capelli che sembravano lucenti come rame e con il viso cosparso di serenità, lo faceva sentire il Guerriero più felice di Algorab. Gli venne l'istinto di stringerla tra le braccia e coprirla di baci, sentirla quanto più vicina al cuore possibile, ma si trattenne.
La mano di Danya che si appoggiava sulla sua spalla lo riportò alla realtà.
‹‹Vieni, voglio farti conoscere una persona.›› gli disse.
Dopo aver girovagato per un paio di minuti tra le case di Liethon, giunsero ad una casetta poco distante da dove abitava Danya. Era un piccolo edificio in pietra schiacciato tra due case più grandi; sembrava come se fosse lì da sempre e le case a fianco fossero state costruite dopo più grandi apposta per farla sembrare minuscola. E in effetti la casetta dall'esterno sembrava proprio una delle più antiche del paese, a giudicare dallo stile leggermente più tradizionale caratterizzato da tetti a punta in tegole rosse e finestre a oblò.
Danya bussò alla porta. Dall'interno si sentì provenire una serie di rumori, tra sedie scostate bruscamente, pentole che cadevano e persino un miagolio infastidito, quindi la porta si spalancò di colpo rivelando una donna bassa e grassottella dai capelli neri striati di grigio raccolti in una crocchia. Il volto era paffuto e roseo, solcato da una leggera rete di rughe, ma reso luminoso da due occhi castani che rispecchiavano un'innata determinazione nell'animo della donna.
‹‹Sì, chi è?›› chiese brusca sprizzando scintille dagli occhi. Non appena vide Danya, però, il volto le si illuminò di una gioia immensa.
‹‹Danya?›› chiese con voce tremante. Aveva gli occhi lucidi che sembrava stessero viaggiando indietro nella memoria della donna, rivivendo dei ricordi ormai lontani. Danya rispose sorridendo e soffocando un singhiozzo, anche lei tratteneva le lacrime.
‹‹La mia piccolina!›› esclamò la donna scoppiando in un pianto di felicità e saltando al collo della fanciulla. Le due rimasero l'una nelle braccia dell'altra per qualche secondo, visibilmente commosse; Aren rimase in disparte, non sicuro su come comportarsi.
Dopo essersi staccate la donna invitò Danya ad entrare nella casa con un sorriso che andava da un orecchio all'altro. La ragazza procedette oltre la porta d'ingresso, ma Aren non si mosse. A quel punto la donna si rivolse a lui.
‹‹L'hai riportata tu qui, vero?›› gli domandò, al che il giovane annuì.
‹‹Allora entra, che vuoi fare fuori lì impalato!›› esclamò la donna prendendo Aren per un braccio e accompagnandolo all'interno.
Il Guerriero si ritrovò in un piccolo appartamento con sulla sinistra rispetto all'ingresso un'ampia cucina fornita di molteplici credenze, mobiletti e scaffali colmi di stoviglie e attrezzi da cucina; in un angolo scoppiettava un forno a legna, dal quale si sentiva sprigionare un dolcissimo profumo. Dalla parte opposta del locale c'erano un piccolo tavolo rotondo e un divanetto posto vicino ad un camino spento. Sulla parete di fronte all'ingresso si apriva un piccolo corridoio, dal quale si accedeva attraverso due porte chiuse a delle stanze che Aren suppose fossero un bagno e una camera da letto. Era una residenza piccola proprio come l'esterno dava a immaginare, semplice ed essenziale. Per tutta la casa, però, erano disseminati mobili stracolmi di libri, cianfrusaglie, monili e piccoli oggetti di uso quotidiano. La donna, inoltre, era stata capace di rendere quella piccola casetta molto graziosa dotandola di piccoli particolari quali tende, tappeti, merletti e appendendo quadri e splendidi piatti di ceramica decorati finemente con della pittura; il tutto rendeva il locale caldo e accogliente, nonostante le piccole dimensioni dell'edificio.
La donna li fece accomodare attorno al tavolo e prese ad armeggiare in cucina offrendo loro uno squisito tè e dei buonissimi biscotti alle mandorle appena sfornati. Sedendosi di fronte a Danya e Aren, ella fece ruotare gli occhi come nella speranza che qualcuno dovesse spuntare dalla porta da un momento all'altro.
‹‹Ma dove sono...›› chiese con apprensione esprimendo il suo dubbio. Danya scosse la testa in risposta, raccontando quello che era successo alla sua famiglia una volta arrivati nel Regno degli Elfi. Aren capì che la donna era molto legata a Danya e alla sua famiglia, e nel vedere la ragazza si era stupita di non trovare anche gli altri componenti. Infatti al sentir pronunciate le parole di Danya, ella si coprì la bocca con le mani, con gli occhi pieni di lacrime.
‹‹Ma come, Nerr, Elenda... e Irwinna?›› balbettò la donna mentre grosse lacrime le sgorgavano dagli occhi. ‹‹Non posso credere che proprio loro siano stati fatti schiavi degli elfi... Per fortuna almeno tu sei tornata sana e salva.››
‹‹Devi ringraziare Aren.›› spiegò Danya posando la mano sulla spalla del Guerriero. ‹‹È lui che mi ha trovata e si è offerto di riportarmi qui. Senza il suo aiuto io sarei ancora a Freithen, a vivere di elemosina.››
Al che la donna puntò uno sguardo di gratitudine e curiosità su di Aren, che si alzò in piedi e chinò la testa in un leggero inchino.
‹‹Sono Aren, di Val Guerriera, e vengo da Saithon in cerca di una Missione.›› si presentò seguendo la maniera in cui erano soliti i giovani Guerrieri nel presentarsi alle persone più anziane.
‹‹Mi ha trovata mentre ero a Freithen e... mi ha salvata da un uomo che...›› intervenne Danya, indugiando sulle ultime parole. Dai suoi occhi Aren poté rivivere l'accaduto di quella notte in pochi istanti. ‹‹Un uomo che ha tentato di violentarmi. Aren è intervenuto e successivamente abbiamo cavalcato assieme fino a qui.›› riprese la ragazza reprimendo le emozioni che provava con una tenacia che Aren le invidiò. La donna di fronte a loro si portò allarmata una mano alla bocca e quando Danya ebbe terminato il racconto guardò Aren con riconoscenza.
‹‹Grazie al cielo ti sei trovato lì per evitare il peggio, Aren. Io sono Maula ed ero la balia di Danya quando era una bambina; ho sempre aiutato la sua famiglia in ogni modo possibile perché loro mi sono sempre stati accanto dopo la morte prematura di mio marito.›› si presentò con un sorriso che le andava da un orecchio all'altro. Aren fu contento di vedere che la donna aveva superato il dolore del lutto per il suo amato.
‹‹Piacere di conoscerla.›› rispose il giovane. Di colpo Maula scoppiò in una fragorosa risata.
‹‹Non devi darmi del lei.›› gli disse tra le risate. ‹‹Non sono così importante, e ormai siamo in confidenza.›› Non seppe determinarlo con certezza, ma il Guerriero era certo di essere diventato color melanzana, e Danya scoppiò a ridere a sua volta osservando l'impaccio di Aren nell'incontrarsi con la schiettezza di Maula.
Dopo qualche momento l'espressione della balia si fece seria.
‹‹Ora però vorrei sapere un po' di più su di te e sul viaggio che ti ha portato a Freithen.›› si espresse scrutandolo. Aren non seppe bene come iniziare, perché non poteva certo rivelarle la Missione, ma si vide costretto a raccontare della sua disavventura a Freithen con Vanetar.
Nel sentire raccontati i dubbi di Aren sull'identità di suo padre e sul destino del giovane Erdic, figlio di Ferdo, Maula scoppiò nuovamente a ridere. Aren però non ne rimase offeso, perché aveva ormai capito che Maula aveva un modo di porsi schietto, ma onesto e affettuoso.
‹‹Aren, dammi retta, non esiste più una famiglia reale dei Guerrieri. Dovunque essa sia, che fine abbia fatto, non ci è dato saperlo. Nessuno può proclamarsi re o regina senza la Corona. O si ritrova la Corona dei Topazi e si restaura la monarchia, o si governa il regno da soli. Per quanto mi riguarda, nessuna delle due è fattibile al momento. Aspetto solo il giorno in cui verrà qualcuno che governerà il nostro Popolo non nel nome di un regno, qualcuno che abbia le capacità di guidarci come i re del passato. Quanto a te, ti auguro di scoprire qualcosa di più su tuo padre o sui tuoi antenati e far luce su questa faccenda.›› commentò pensierosa Maula. ‹‹Ma dopotutto non è sempre un bene la sete di conoscenza, poiché rischieresti di rimanere deluso da ciò che scoprirai. Io per conto mio preferisco mantenere qualche lacuna, piuttosto che vivere con il rimorso, una brutta bestia che ti divora dall'interno corrodendoti il cuore e prosciugando ogni sensazione felice.››
‹‹Grazie mille, Maula, per le tue parole.›› ringraziò Aren, sorpreso della saggezza della donna. ‹‹Però non posso che sperare di riuscire a portare un po' di luce su questo mistero.››
Maula annuì comprensiva, rispondendo che rispettava la volontà del giovane. Per questo la stima del Guerriero verso la nutrice cresceva sempre di più man mano che ella discuteva con lui.
‹‹Ma cos'è questo baccano?›› chiese ad un tratto la donna guardando la porta. Infatti da qualche minuto si sentiva provenire da fuori un vociare agitato e confuso. Maula si alzò e coprì in pochi attimi la distanza dal tavolo alla porta d'ingresso, per poi uscire e sbraitare alla folla.
‹‹Quale assurdo motivo avete bisogno di urlare e muovervi come un branco di galline impazzite, si può sapere?››
Aren le si affiancò. La gente si muoveva a gruppi verso il punto panoramico dove poco prima stavano Aren e Danya; sembravano tutti spaventanti, incuriositi e preoccupati. Intanto, notò Aren, si era fatta notte e le nuvole coprivano la luna, così che il buio copriva ogni cosa che non fosse illuminata dalle lanterne appese all'uscio di ogni casa.
Il Guerriero, mosso da curiosità, seguì un gruppo di persone fino a che non si imbatté una massa di gente che si spintonava per vedere meglio quello che stava succedendo. Il giovane dovette farsi strada tra spintoni e gomitate per giungere alla staccionata di legno che impediva brutali cadute. Affacciandosi, scrutò la valle con occhio attento: si stava avvicinando una massa nera puntellata qua e là di luci rosse, accompagnata da un boato rozzo e selvaggio. Quando questa si fece più vicina Aren poté distinguere di cosa si trattasse: era un piccolo esercito di uomini robusti e sproporzionati, tarchiati e pelosi. Avevano delle gambe tozze molto più lunghe rispetto al busto, che invece era più corto del normale, e delle braccia lunghe, ma massicce. Erano vestiti in armatura ed erano armati di strane spade in metallo nero mai viste prima; portavano inoltre delle torce grazie alle quali Aren era riuscito a distinguere le sagome al buio. Uno di loro portava un vessillo: una mano chiusa a pugno rivolta verso il basso.
‹‹Chi sono?›› chiese il giovane ad un Guerriero di fianco a lui.
‹‹Barbari.›› rispose quello con disprezzo. ‹‹Quando i nostri antenati Guerrieri giunsero qui per la prima volta, furono costretti a convivere con queste popolazioni che vivevano qui già da molto tempo. Ben presto si accorsero però che erano civiltà primitive e retrograde, ed estremamente litigiose, perciò non passò molto tempo prima che le due popolazioni iniziarono a combattere tra di loro. Alla fine i Guerrieri riuscirono a cacciarle dalle nostre valli. Da allora ci attaccano cercando di riprendersi quelle che chiamano le loro terre. Inutile dire che non hanno mai vinto. Ora vivono sulle montagne della valle più meridionale di Algorab, dove noi Guerrieri non osiamo edificare.›› l'uomo fissò meglio i nemici. ‹‹Ma queste armi... sono troppo all'avanguardia per essere opera loro, devono essersi alleati con una qualche popolazione a Nord del Regno degli Occhi di Lince, dove le montagne sono piene di quel tipo di metallo oscuro.›› disse sconcertato.
Aren non ci mise molto a collegare il tutto: si trattava sicuramente di Kor, che in cerca di alleati aveva equipaggiato i Barbari di nuove armi per creare scompiglio nel Regno dei Guerrieri e, nel migliore dei casi, sottrarre terreno al popolo dei Guerrieri così da schiacciare poi gli Occhi di Lince da due fronti. Doveva assolutamente avvertire il governatore di Liethon per prepararsi a difendere il paese dal loro attacco, così cercò di uscire da quella ressa e, chiedendo indicazioni, corse a perdifiato verso il palazzo di mattoni rossi accanto alla chiesa che Aren aveva visto svettare sul Paese quando era arrivato.
Una volta giunto a destinazione, non esitò a fare il suo ingresso nella Sala delle Udienze. Lì il governatore accoglieva coloro che volevano consultarlo, come in ogni paese o città del Regno. La Sala delle Udienza di Liethon era spoglia e semplice e al centro di essa stava un tavolo contorniato di sedie seduto al quale un vecchio Guerriero stava consultando delle carte.
‹‹I Barbari attaccano!›› esclamò Aren col fiatone. Il governatore sollevò lo sguardo con sufficienza.
‹‹L'hanno già fatto e hanno sempre perso inesorabilmente. Tu chi sei?›› replicò.
‹‹Ma questa volta si sono alleati con qualcuno di pericoloso al Nord! Mi creda, so con chi abbiamo a che fare, e stavolta sarà dura respingere i Barbari, se è vero che nonostante siano privi di tattica militare hanno una forza bruta senza pari!›› insistette il giovane. Finalmente sembrò aver fatto breccia nell'animo del governatore che si affrettò a dare dei comandi ad alcuni uomini alle sue spalle.
‹‹Preparate le armi, arruolate ogni Guerriero in grado di combattere, chiamate i capitani a carico dell'addestramento dei ragazzi e prepariamo una difesa. Ci servirà un piano.›› ordinò loro, che uscirono immediatamente di corsa. Il governatore intanto si avvicinò ad Aren.
‹‹Qual è il tuo nome, giovane Guerriero?›› gli chiese di nuovo. ‹‹Non sei di Liethon.››
‹‹Sono Aren, Aren di Val Guerriera.›› rispose il giovane, poi sfoderò un pugnale e si ferì leggermente la mano sinistra, per poi portarla al petto, bagnandosi di sangue. ‹‹E giuro sul mio stesso sangue che proteggerò Liethon ad ogni costo, fino alla morte.››
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