CAPITOLO 5 - LE SETTE CASCATE

Si svegliò poche ore dopo l'alba. Il sole era appena sopra le cime delle montagne ad Est, ma una grossa nube nera lo copriva interamente. Altre nubi dello stesso genere coprivano il cielo sopra la testa di Aren. Pioveva copiosamente, tanto che i vestiti e i capelli di Aren erano fradici. Il Guerriero si sorprese di non essersi svegliato al tocco delle prime gocce, ma molto probabilmente aveva appena iniziato. Il giovane si alzò da terra scrutando il cielo, tempestato ogni tanto da lampi offuscati dalle nubi e cupi tuoni. Il temporale sarebbe andato avanti ancora per molto tempo, perciò non era il caso di cambiare abiti per bagnare anche quelli nuovi. Con sgomento si accorse che il livello del D'uhn teenek era aumentato a tal punto da quasi tangere i suoi piedi, ma quando si era sdraiato questo era a debita distanza. Inoltre, il terreno attorno a lui era fangoso e giacevano sparsi rami degli alberi che costellavano di tanto in tanto le rive del Grande Fiume. Poco più in là, Merran studiava corrucciato i danni causati da quell'improvviso disastro. Evidentemente, il fiume era uscito dagli argini a causa dell'aumento della sua portata d'acqua.

Aren si avvicinò allo Stregone, che lo degnò di una fugace occhiata per poi perdersi di nuovo nei suoi ragionamenti.

‹‹Che cos'è successo?›› chiese il giovane.

‹‹È stato il calore di quest'estate.›› gli rispose Merran. ‹‹Ha sciolto più neve sulle montagne del solito, alimentando così il Grande Fiume e i suoi affluenti e aumentandone la portata. Siamo stati fortunati che però il cambiamento non è stato repentino né eccessivo.››

Il pensiero di Aren si spostò su Saithon. Essendo il Paese del Coraggio sulle rive del fiume, era sicuramente esposto al rischio delle inondazioni. Per prevenire ciò erano stati sviluppati nel tempo dei sistemi di canali e chiuse che mantenessero stabile il livello dell'acqua. Inoltre delle barriere di contenimento di legno e pietra situate sugli argini del fiume dove questo si trovava a ridosso del paese per evitare straripamenti e allagamenti delle vie e case. Questo rassicurò il Guerriero.

‹‹Non mi è mai capitata un'estate così calda, almeno fin quanto posso ricordare. Non è normale a questa alta quota e inoltre immersi all'ombra della Grande Catena del Sud. Tu hai mai vissuto un'estate del genere?›› domandò Aren a Merran, che aveva ancora la fronte corrucciata e gli occhi persi nel vuoto. Probabilmente stava pensando o cercando di ricordare qualcosa.

‹‹Non ho memoria in merito, ma posso assicurarti che non è un fenomeno casuale. Non solo qui stanno succedendo negli ultimi tempi cose strane: anche nel Regno degli Occhi di Lince, che è una regione più fredda e ventilata della vostra, sono accaduti alcuni casi analoghi e la regione del Deserto Centrale più orientale è soggetta a insoliti terremoti violenti.›› spiegò Merran. ‹‹Ad Andellert noi Stregoni stiamo cercando di studiare questi fenomeni per trovarne una ragione. È evidente un aumento della temperatura, ma non dipende dal sole: le sue caratteristiche sono invariate, inoltre in questo modo non si spiega come mai tutto ciò avvenga solo nell'area orientale di Algorab. Deve essere qualcosa che dipenda dalla zona per forza di cose.››

Aren rimuginò sulle parole dello Stregone. C'era qualcosa di strano che coinvolgeva il clima e la stabilità dell'Algorab Centro-Est. Il Guerriero non ne poteva essere certo, ma sentiva che questo qualcosa provenisse dalle profondità della terra.

‹‹Meglio non rimuginare ulteriormente su questo mistero che probabilmente non risolveremo mai.›› si riscosse Merran. ‹‹Piuttosto aiutami a sistemare un po' questo accampamento e preparati. Appena abbiamo finito dovrai ridiscendere la cascata.››

Purtroppo l'accampamento era stato completamente travolto dalle acque. Riuscirono a recuperare molte cose tra cui le provviste di cibo, per fortuna, però i loro sacchi a pelo erano irrimediabilmente rovinati. La maggior parte delle perdite faceva parte dell'equipaggiamento di Merran, poiché lo Stregone aveva tolto le sacche in cui teneva le sue cose dalla groppa del suo destriero, mentre Aren le aveva lasciate su Euter. Lo stallone si era messo a riparo dalle acque assieme ai gatti, che osservavano ora la scena dall'alto del ramo di un albero tranquilli come se nulla fosse accaduto. Merran non sembrava essere particolarmente seccato, invece Aren vide solo aumentare esponenzialmente il suo nervosismo, già alle stelle al pensiero dell'impresa colossale che avrebbe dovuto affrontare a breve.

I due finirono di sistemare l'accampamento dopo un'infinità di tempo, o almeno così sembrò ad Aren. In realtà non era passata più di un'ora e mancava ancora qualche ora prima che arrivasse mezzogiorno. Sapeva che più il tempo passava, più si avvicinava l'ora di intraprendere uno dei viaggi più faticosi che un Guerriero abbia il coraggio e la forza di affrontare. Anche se cercava in ogni modo di nasconderlo, e mai e poi mai l'avrebbe ammesso a Merran, il suo cuore batteva sempre più veloce nel petto. Il giovane cercava di persuadersi che si trattasse di impazienza e non di timore. Ma ormai non c'era più nulla da fare, nulla da aspettare. Era giunto il momento.

Merran gli si avvicinò conducendo i cavalli per le briglie, tutto pronto sulle loro groppe. Aveva una decisione negli occhi che Aren gli invidiò. Distolse lo sguardo per rivolgerlo ad Ovest, verso la cascata. Alla sua destra il Bosco sul Confine continuava imperterrito dritto verso Ovest mentre il terreno sotto di esso si abbassava sempre più bruscamente seguendo il corso del fiume. Alla sua sinistra, invece, le vette insormontabili della Grande Catena del Sud lo guardavano altere, sfidandolo a scalarle. Non c'era modo per evitare la via delle cascate.

‹‹Si dovrà scendere scalando la parete dietro il getto della cascata.›› gli spiegò Merran, come se Aren non fosse perfettamente conscio di ciò che comportasse attraversare il Thru' Heeda.

‹‹E i cavalli? Loro non possono scalare le pareti.›› ribatté il giovane sottolineando l'ovvio.

‹‹Loro troveranno un'altra via attraversando il Bosco sul Confine seguendo vie a noi umani inaccessibili. Li rincontreremo una volta scesi, all'imboccatura di Val Guerriera.›› rispose lo Stregone. Detto questo si avvicinò ad Euter e gli mise la mano destra sul muso, sussurrando parole incomprensibili ad Aren. Il cavallo sbuffò una volta, come se fosse triste di non poter accompagnare il suo padrone in quella sua impresa, poi si voltò ed entrò trottando nel Bosco sul Confine, scomparendo tra gli alberi. Merran fece lo stesso con il suo cavallo, che seguì Euter nell'ombra della vegetazione. Aren li guardò allontanarsi con un po' di malinconia. Gli era stato donato Euter solo il giorno prima e già dovevano separarsi.

‹‹Quanto impiegheremo a percorrere il Thru' Heeda?›› chiese a Merran dopo un po'.

‹‹Secondo i miei calcoli impiegheremo un giorno per scalare ogni cascata, raggiungere la successiva e riposare. Questo vuol dire sette giorni in tutto.›› rispose lui.

Aren si trovò d'accordo e la cosa gli suonò strana al pensiero, poiché si era ormai abituato del contrario. Le Sette Cascate non distavano molto l'una dall'altra, anche se il viaggio a piedi avrebbe aumentato i tempi di percorrenza, ma era importante prendersi il tempo giusto per rimettersi in sesto dopo una scalata, che poteva durare anche più di un'ora e quindi richiedeva il massimo delle prestazioni.

‹‹Non sarà una passeggiata, Aren. Ci fermeremo alla fine di ogni parete per mangiare e riposare, poi ci incammineremo verso la cascata successiva e, una volta arrivati, ci fermeremo fino al mattino, quando si scenderà nuovamente. Non affronteremo più di una parete al giorno. Sarà molto faticoso. Puoi vederla come una prova di resistenza, così vedremo se quell'ammasso di muscoli che hai è capace di resiste alla prova delle prove, che solo i più intrepidi osano fare: l'attraversata delle Sette Cascate di Val Guerriera.›› lo provocò Merran con sarcasmo. Aren ingoiò una risposta con molta fatica. Prima ancora dell'ultimo commento, lo infastidiva che Merran gli parlasse come se Aren fosse un incosciente che non sapeva cosa si dovesse fare.

‹‹Va bene. Prepariamoci a scendere.›› disse Aren avvicinandosi al precipizio e voltandosi verso Merran. Con sua sorpresa, questi lo guardò incredulo.

‹‹Ti aspetti che io ridiscenda quella parete? Non lo farò, sia chiaro!›› gli disse. Aren non poteva crederci.

‹‹E come pensi di arrivare in fondo, sentiamo?›› replicò incurante di suonare insolente. Lo Stregone gli lanciò un'occhiata minacciosa, che intimava a portare rispetto.

‹‹Non ho la forza né tantomeno la resistenza per affrontare una simile discesa, perciò dovrò fare ricorso ad una pratica magica che mi permette di spostarmi istantaneamente da un luogo ad un altro.›› gli rispose a petto gonfio. Non si vergognava di mostrare le sue debolezze. Quest'atteggiamento fece suonare una campanella d'ammirazione nell'animo di Aren, che però era troppo irritato per far arretrare l'orgoglio.

‹‹Se, come dici, puoi smaterializzarti e materializzarti a piacere, perché non farlo per andare direttamente a Thalatesh?›› chiese sempre con la stessa insolenza.

‹‹Per due motivi.›› rispose Merran con calma glaciale. ‹‹Per prima cosa, un viaggio è un'opportunità per crescere, aprire la mente, superare ostacoli con le proprie forze e, personalmente, ritengo che tu abbia bisogno di tutte queste cose. Inoltre, usare questa magia mi consumerà molte energie e ne consuma sempre di più all'accrescere delle distanze da percorrere. Dovrò riposarmi anche io per farlo ogni giorno. Infatti la uso solo per casi di estrema necessità.››

‹‹Oppure per fare uscite di scena spettacolari...›› commentò Aren ricordando come lo Stregone fosse sparito dopo il loro primo incontro ad Eth'ranolui.

‹‹Quando avrai studiato per decenni la pratica della magia, potrai usarla anche tu a tuo piacere.›› replicò Merran. Aren non seppe ribattere.

‹‹Ci vediamo giù.›› si congedò Merran, poi scomparve in un lampo di luce ambrata per comparire alla base della cascata. In effetti, appena ricomparso, barcollò per la spossatezza.

Aren cominciava già a odiare questa sua capacità. Imprecando contro gli Stregoni e la magia, Aren si avvicinò a Phrede e Phebe e intimò loro di raggiungere Merran. I due felini ebbero come un lampo nei loro occhi e si allontanarono nella boscaglia. A questo punto Aren cercò un punto sui lati del fiume dove potersi aggrappare con mani e piedi, quindi iniziò a ridiscendere la parete.

Il rumore della cascata era assordante, ma Aren poteva sentire benissimo i battiti frenetici del suo cuore mentre si aggrappava disperatamente ai primi appigli. La roccia era molto liscia e povera di rientranze e sporgenze. "Ottimo." pensò sarcasticamente il giovane. Sulla sua schiena miriadi di goccioline gli bagnavano la camicia. Alcune gli facevano il solletico, facendogli accapponare la pelle, alcune gli davano parecchio fastidio e altre gli provocavano piccole fitte di dolore quando erano particolarmente violente. Presto si ritrovò fradicio. Sembravano passati giorni, ma quando alzò la testa scoprì di essere sceso solo di pochi metri. Per evitare di urlare si morse l'interno della guancia. Era molto frustrato e nervoso. Come avrebbe potuto affrontare anche solo metà di quell'infida parete? Strinse così forte la roccia con la mano che si ferì. Gemendo portò istintivamente il palmo al petto, perdendo l'equilibrio e gli appigli dei piedi. Si ritrovò appeso con solo una mano. Cercò disperatamente degli appigli coi piedi strisciandoli sulla roccia, ottenendo così solo lo sbriciolamento di possibili punti di salvezza. Il suo corpo era tremante: non avrebbe resistito un altro minuto. Strinse gli occhi e una lacrima gli bagnò la guancia. Era solo colpa sua: se fosse stato calmo tutto quello non sarebbe successo, si sarebbe concentrato e avrebbe ridisceso la parete con calma e discrezione. Invece il suo carattere impulsivo, testardo e precipitoso gli aveva fatto prendere la via più veloce, ma anche più sbagliata. Si guardò attorno e vide una possibile alternativa alla sua destra. Con uno sforzo immenso si tirò su con il braccio appeso e allungò quello destro nell'intento di afferrare una piccola sporgenza più in alto. Il muscolo del braccio sinistro sembrava che stesse per scoppiare con violenza, ma alla fine riuscì a raggiungere la sporgenza. Tirò un sospiro di sollievo, mentre trovava degli appigli anche per i piedi. Quindi, spostò il piede destro su una sporgenza un po' lontana, ma raggiungibile e si aggrappò ad una rientranza poco sopra con la mano destra, poi spostò il peso sulla parte destra del corpo e trovò altri due appigli per gli arti che gli restavano. Riprese a scendere, cercando stavolta di rimanere concentrato. Con calma, ridiscese la parete e finalmente i suoi piedi toccarono il suolo. Si controllò le ferite: sulla mano destra si apriva un taglio abbastanza profondo dove aveva stretto troppo uno spuntone appuntito e tutto il braccio destro era sporco del sangue che gli era colato dal taglio, inoltre sulle ginocchia e sugli stinchi aveva delle sbucciature e dei graffi.

"Ottimo." Pensò sarcasticamente. "Se per ogni cascata devo ferirmi così, come mi ridurrò alla fine?" Il solito Aren, però, era ancora lì e non si fece scoraggiare dalle ultime frustrazioni. Non era finita lì: si trovava ancora dietro al getto della cascata e doveva trovare un modo per aggirare il getto. Il giovane si guardò attorno e con sconforto si rese conto che non c'era via d'uscita se non cercando di nuotare ai lati della pozza che la cascata creava dove il getto era più debole.

Si tuffò nell'acqua senza pensarci due volte. Rabbrividì: era gelida, ma Aren si fece forza per proseguire. Si immerse e nuotò tenendo la parete di roccia sulla destra e la cascata a sinistra. Dopo un po' la parete alla sua destra iniziò ad avvicinarsi al getto della cascata: stava curvando e a breve avrebbe superato il punto d'impatto. Ma aveva fatto male i conti: la forza della cascata era talmente potente che lo spingeva verso il fondo e Aren non poteva più procedere. Iniziò a farsi prendere dal panico. Aveva assolutamente bisogno di prendere fiato, ma non riusciva a salire in superficie. Si divincolò furiosamente, ma questo contribuì a toglierli il respiro. La consapevolezza gli calò addosso come un macigno: sarebbe sicuramente morto annegato. Dentro di sé poteva avvertire la frustrazione farsi di nuovo accesa dentro di lui, unita ad un doloroso senso di tristezza e rassegnazione. Aveva fallito. A questo punto, si lasciò andare, privo di ogni volontà. Alzò lo sguardo verso la luce, sopra di lui. L'acqua era agitata e non si riusciva vedere oltre agli spruzzi della cascata. Aren gemette. Non avrebbe mai più rivisto Saithon e le persone che conosceva. Non avrebbe più rivisto Iorec. Non avrebbe più rivisto Adrenea. Più di tutto, rimpianse di non aver mantenuto la sua promessa di tornare da lei vittorioso.

Poi il buio si chiuse sopra di lui.

Non riusciva a respirare. Sentiva delle mani premergli sul petto ritmicamente. Aren aprì gli occhi sputando l'acqua che gli riempiva i polmoni e tossendo intensamente. Stava tremando di freddo e il suo corpo era inoltre scosso da violenti spasimi. La mano destra gli faceva malissimo e sentiva qualcosa di caldo e vischioso che gli bagnava il polso; riconobbe subito il tocco del sangue. Le gambe e le ginocchia gli bruciavano al minimo sfioramento.

‹‹Che cosa ti è saltato in mente?›› gli esclamò contro una voce familiare, saccente, scettica e molto arrabbiata. ‹‹Perché ti sei gettato nell'acqua? E perché mai sei passato così vicino al getto della cascata?›› Era Merran. Per un attimo Aren fu felice, ma poi il sentimento fuggì come piuma al vento e il giovane si rabbuiò. Non aveva la minima intenzione di subire un'ennesima ramanzina da lui.

Lo Stregone era ora in piedi davanti a lui, con le braccia incrociate al petto in segno di disappunto.

‹‹Avanti, alzati.›› lo incalzò. ‹‹E dammi ragioni valide per ciò che hai fatto.››

‹‹Non ho voglia di parlarne.›› replicò Aren, ma dalla sua bocca uscirono strani gorgoglii e un po' d'acqua. Si voltò per sputarne ancora.

‹‹Non ho voglia di parlarne.›› ripeté dando a Merran le spalle e cercando di trattenere le lacrime che cercavano di farsi strada oltre i suoi occhi. Avvertiva su di sé lo sguardo deluso del vecchio, e questo lo feriva terribilmente nell'orgoglio.

‹‹Se solo tu fossi stato più attento avresti evitato tutto ciò aggirando la cascata...›› Merran iniziò a rimproverarlo, ma Aren non seppe resistere oltre e interruppe lo Stregone.

‹‹Se solo non criticassi ogni cosa che faccio! È dall'inizio di questo viaggio che non mi permetti di fare una singola azione in libertà, perché mi sei sempre addosso e niente di quello che faccio va mai bene. Io sono un adulto, ormai, e voglio essere trattato come tale. Per una volta, lasciami in pace!›› urlò alzandosi di scatto. Merran lo guardava sorpreso, come se non si aspettasse una simile reazione, ma aveva una glaciale severità negli occhi: era molto arrabbiato e profondamente oltraggiato.

‹‹Ci vediamo a fondo valle quando avrò attraversato il Thru' Heeda.›› disse Aren preparando un equipaggiamento per il viaggio.

Mentre si allontanava in direzione della cascata successiva, sentì la voce di Merran, chiara e limpida nonostante la distanza.

‹‹Torna subito indietro, Aren. Non fare cose di cui ti pentirai.›› gli intimò con una calma e una sicurezza, ma anche un'autorità imponente, che fecero quasi voltare Aren, ma il Guerriero non permise alla rabbia e all'orgoglio di venirgli meno.

Continuò ad avanzare imperterrito a grandi falcate finché il rombo della prima cascata non si perse tra i fruscii degli alberi e il cinguettio degli uccelli. Quando ormai dietro di sé Aren non vide altro che vegetazione e roccia, cacciò un urlo e si accasciò a terra, le mani nei capelli. Non ce la faceva più: aveva bisogno di continuare quel tratto da solo, senza intralci. Inoltre, vedere Merran e i suoi modi misurati e riflessivi gli ricordavano tutto ciò che lui non era, e tutto ciò che in lui non andava. Non si pentì delle sue azioni: il suo orgoglio gli impediva di ammettere di aver sbagliato. D'altra parte, Merran sicuramente non contribuiva ad un approccio meno scontroso tra i due.

Phebe e Phrede comparvero da dietro un cespuglio e iniziarono a trotterellargli attorno facendo le fusa. Aren sorrise debolmente, ridendo alla straordinaria capacità dei due di apparire nei momenti migliori. Grazie a loro, il Guerriero si fece forza e raccolse il suo coraggio, sempre pronto nel suo animo ad aspettare di ardere come fuoco.

‹‹Avanti.›› si spronò alzandosi da terra e stringendo i pugni. ‹‹Mancano ancora sei cascate.››

Il giovane arrivò sull'orlo della seconda cascata poche ore prima del tramonto. Non aveva preso in considerazione che ci volesse così tanto tempo in più a piedi. Aveva lasciato Merran dopo Mezzogiorno e durante il viaggio aveva sgranocchiato qualcosa, ma adesso aveva una fame da lupi. Così si accampò, anche se in realtà aveva solo sistemato il sacco a pelo sotto una radice di un albero e preparato un piccolo falò con legna circostante. Della carne arrostiva sopra di esso emanando un invitante profumo. Aren si sdraiò sulla roccia, ad un passo dalla corsa del Grande Fiume. Avrebbe affrontato la scalata l'indomani. Adesso aveva bisogno di riposarsi e scaricare la rabbia per l'ennesima volta, ma non si allenò come avrebbe fatto di solito. Si era reso conto che ormai allenarsi ogni volta che non aveva nulla da fare era inutile e gli sottraeva forze che doveva conservare per il viaggio, soprattutto ora che doveva affrontare una prova così difficile come quella delle cascate. Così decise di lavarsi in una pozza naturale sugli argini del Grande Fiume. Infatti un sacco di terra e sporco gli ricoprivano i vestiti, che erano tutti strappati per via dello sfregamento contro pietre e spuntoni sul terreno, oltre che la pelle. Si toccò i capelli e li trovò appiccicaticci e tutti sudati. In effetti aveva anche camminato tutto il giorno senza fermarsi, sotto il sole cocente e con un caldo insopportabile. Inoltre, la sua manica destra era tutto sporca del sangue che gli era uscito dalla ferita sulla mano e anche parte dei vestiti che erano stati a contatto con la sua mano erano sporchi. Fece una smorfia di disgusto. Avrebbe dovuto cambiarsi i vestiti e cercare di pulirli e ricucirli dove si erano strappati. Non poté fare a meno di sentire che in parte ciò era dovuto a lui e alla sua incoscienza. Sapeva che affrontare un viaggio del genere non sarebbe stato come passeggiare allegramente per le viuzze di Saithon, ma non avrebbe mai pensato di ferirsi già così dopo solo un giorno dalla partenza. Si ripromise di prestare maggiore attenzione, da ora in avanti. Tolti i vestiti, li mise sul ramo di un albero, poi entrò violentemente nella pozza d'acqua. Il suo corpo urlò di dolore poiché l'acqua era gelida. Brividi violenti gli scuotevano il corpo e i peli delle braccia e della nuca gli si erano rizzati tutti, aveva anche la pelle d'oca. Aren non resistette oltre e la collera esplose in tutta la sua potenza.

‹‹Smettila di farti del male!›› urlò rivolto a sé stesso. L'improvviso rumore fece volare via degli uccelli lì vicino.

Aren si infilò le dita tra le ciocche dei capelli, stringendosi la testa con violenza cercando di frenare i pensieri che gli bombardavano la mente. Dovette ammetterlo: era una frana, non ne combinava una giusta. Merran in fondo aveva ragione. Il giovane capì in quel momento che i suoi modi duri e le critiche, nonostante fossero tremendamente fastidiose, servivano in realtà a insegnarli lezioni che non avrebbe mai dimenticato. Tutti i rimproveri non erano infondati, ma servivano a metterlo di fronte alla realtà così com'essa era: avversa. Aren doveva crescere per poter contare su se stesso e affrontare gli ostacoli da solo. Merran gli stava in un certo modo facendo da genitore, ma in modo diverso da sua madre. Adrenea l'aveva cresciuto come meglio poteva da sola: insegnandogli l'amore incondizionato, l'altruismo e altri valori necessari per diventare un uomo giusto. Però non era riuscita a frenare l'orgoglio di Aren, non l'aveva preparato ad affrontare cose più grandi di lui. Aren non avrebbe mai considerato Merran nulla più che un maestro di vita, ma lo Stregone stava svolgendo il lavoro che il padre di Aren avrebbe dovuto fare. Il giovane provò molta vergogna per quello che aveva fatto. Non avrebbe dovuto arrabbiarsi in quel modo, ma ormai era tardi. Se solo fosse stato più umile... Involontariamente vide passare davanti ai suoi occhi tutti i suoi difetti più grandi. Era orgoglioso e perciò non accettava le critiche di nessuno e non permetteva a nessuno di dirgli cosa fare. Inoltre era impulsivo e non ragionava prima di agire. Adesso lo vedeva chiaramente, e quello che vedeva non gli piaceva affatto. Quello che vedeva non era un uomo adulto e indipendente, ma un ragazzo non ancora pronto che però si riteneva tale. Era arrivato finalmente il momento di cambiare atteggiamento e Aren giurò a se stesso che sarebbe diventato una persona migliore. Basta piangere sul latte versato, adesso doveva prendere in mano il suo futuro.

Con questi buoni propositi, Aren si rilassò e finì di lavarsi nella pozza. Si preparò per mangiare e andare a riposarsi. L'indomani, la seconda cascata.

La seconda, la terza e la quarta cascata erano più alte della prima di poche decine di metri. Scalarle iniziava ad essere veramente duro: la resistenza di Aren fu messa duramente alla prova mentre i tempi per ridiscendere le pareti si allungavano sempre di più. I muscoli delle braccia, a mano a mano che scendeva, iniziavano a fargli male e a guardarli sembravano gonfiarsi come palloni pronti a scoppiare. Inoltre, come se non bastasse, le pareti diventavano sempre più lisce e prive di appigli, giusto per rendere le cose più difficili di quanto già non fossero. Il suo umore peggiorava e diventava irritabile e paranoico non appena incontrava qualche difficoltà, ma il Guerriero mantenne fede alla propria promessa e mise da parte ogni pensiero che lo distraesse dall'obiettivo. Nonostante tutte queste difficoltà, Aren superò le cascate rimediando solo qualche graffio. Per lui fu un grande motivo di soddisfazione: finalmente iniziava a stare più attento a ciò che faceva. Poi vennero la quinta e la sesta cascata, che erano ancora più alte della quarta, ma questa volta Aren non si fece scoraggiare. Oltre ad essere di buon umore dopo la buona riuscita delle ultime scalate, sapersi vicino alla fine di quella faticosa tappa lo motivava sempre di più ad andare avanti. La sera, prima di coricarsi, il giovane si sdraiava supino con le mani dietro la testa ad osservare il cielo e sentiva dentro di sé una nuova motivazione, un fuoco diverso da quello che lo aveva animato fino a quel momento, ma ancora non capiva cosa fosse. Phebe e Phrede lo seguivano tutto il tempo, giocando e cacciando. Aren era felice che i due fossero con lui: rendevano la sua solitudine molto più sopportabile. Quando c'era da ridiscendere una parete, i due felini si allontanavano alla ricerca di vie adatte a loro e ogni volta apparivano al termine della cascata per aspettare il Guerriero, ancora intento a scendere.

Così passarono sei giorni e intanto il suo corpo cresceva ancora, con estrema sorpresa del Guerriero. Aren aveva infatti pensato ormai di aver terminato con la crescita, di essere diventato quello che doveva diventare. Ma a quanto pare mancava ancora qualcosa: era l'ultimo scatto prima del traguardo finale. Aren se ne rese veramente conto all'alba del sesto giorno, quando infilandosi nuovi abiti, si accorse di essersi alzato ancora di qualche centimetro, arrivando ora a misurare quasi un metro e novanta. Guardando poi il suo riflesso nelle acque del fiume, vide che la barba ormai non era più rada, ma ben definita, le spalle si erano irrobustite e allargate ulteriormente e i peli sul torace si erano infoltiti. Aren, però, si scoprì non essere così entusiasta di questi ultimi cambiamenti come avrebbe creduto. Si sentiva invece un estraneo nel suo stesso corpo e quell'uomo che vedeva riflesso non gli sembrava essere lui. Ricordò che una simile sensazione di smarrimento l'aveva sentita il giorno del suo compleanno: non capiva quale fosse la sua identità. L'immagine di Aren era quella di un uomo, ma la luce nei suoi occhi era ancora quella di un giovane ragazzo a cui mancava un importante tassello per lasciare da parte l'infanzia. Aren si sentiva ancora incompleto, e questo gli diede nuova energia per andare avanti. In fondo, il suo viaggio, la sua vera Missione, consisteva nel finalmente trovare se stesso.

Raggiunse la settima e ultima cascata, quella più alta e terribile di tutte. Il Guerriero era esausto, anche se gli dava fastidio ammetterlo. Quei sette giorni erano stati veramente intensi e faticosi, e adesso il giovane dovette dare credito a tutte le leggende dietro agli eroi che in passato avevano affrontato un'impresa simile. La vista di cui, però, si godeva da lassù, sull'orlo dell'ultimo salto del D'Uhn-teenek, ripagava già essa stessa di ogni fatica. La Pianura Vaeda si estendeva all'infinito dopo una piccola porzione di terreno collinare e il Grande Fiume del Sud sembrava ora un vero e proprio fiume, mentre continuava il suo percorso verso il mare serpeggiando tra i boschi e i prati. Aren si trovava di fronte alla fine di Val Guerriera, alla fine delle montagne e di tutto ciò che il Guerriero aveva conosciuto fino ad allora. Era strano per lui poter estendere lo sguardo fino a così lontano senza incorrere in una barriera di roccia, ma aveva una strana voglia di immergersi in quel vuoto e di scoprire fin dove si estendeva. Prima di iniziare a scalare si voltò, scrutando la valle in cerca della prima cascata. La trovò in poco tempo, un puntolino in lontananza seguito da altri cinque sempre più grandi e definiti. Sospirò, ripensando a quanto aveva percorso fino a quel momento. C'era quasi, una cascata e sarebbe uscito da Val Guerriera. Pensò a Saithon e ricordò con nostalgia quanto si divertiva con i suoi amici, quanta fratellanza c'era al Paese del Coraggio, dove tutti si conoscevano e si volevano bene. Con un immenso sforzo di volontà, Aren si voltò. I due gatti, rimasti al suo fianco fino a quel momento, si allontanarono in cerca del loro solito percorso verso il fondovalle. Adesso Aren era rimasto veramente solo, in procinto di affrontare l'ultimo, grande ostacolo.

Dopo un paio di respiri per prendere coraggio, il Guerriero iniziò a ridiscendere la parete dietro il getto potente e violento della settima cascata. Il percorso si rivelò ancora peggio di quanto avesse mai osato pensare: gli appigli erano rarissimi e sparsi in giro. Invece che scendere seguendo una linea diritta, si sarebbe dovuto spostare anche lateralmente o risalire in cerca di una via. Ci avrebbe impiegato almeno il doppio del tempo. Sconfortato mosse il piede su un appiglio poco stabile, che si sgretolò sotto il suo peso. Raspando con i piedi sulla parete, Aren cercò un altro appiglio, che trovò poco più in basso. Si allungò più che poté e lo raggiunse, con suo sommo sollievo. Continuò la sua scalata come se niente fosse. La mano destra gli prudeva dove la ferita si era rimarginata, ma resistette all'impulso di grattarsela. Pensò a quante persone avevano ridisceso le cascate prima di lui. A Saithon tutti dovevano in qualche modo uscire da Val Guerriera per trovare una Missione, essendo il Paese del Coraggio l'unico centro abitato della valle. Chissà se anche i suoi compaesani avevano fatto la sua stessa fatica. Ma una verità schiacciante gli interruppe ogni pensiero: non poteva più andare avanti. Non c'erano appigli intorno a lui e il più vicino si trovava fuori dalla sua portata. Era bloccato. La verità iniziava a pesare su di Aren: c'era un solo modo per arrivare alla meta. Il Guerriero guardò in basso alla base del getto della cascata e vide Merran che lo incoraggiava, pronto a scattare per salvarlo. Al suo fianco Phebe e Phrede lo guardavano austeri. Aren sperò che Merran lo perdonasse, o comprendesse le sue azioni. Il cuore gli batteva velocemente nel petto e gli ci volle qualche momento per fare appello a tutto il suo coraggio. Poi lasciò la presa.

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