CAPITOLO 15 - IL DESTINO SI COMPIE
Quando all'alba Merran si alzò per svegliare Aren e Danya, non ne ebbe il bisogno: i due erano già pronti a partire, soprattutto Aren. Nonostante non avesse chiuso occhio, non sentiva minimamente stanchezza sulle spalle, anzi! Era energico e impaziente di ricominciare. La ragazza al suo fianco era invece determinata a sfidare la sorte, qualunque ostacolo le si frapponesse davanti. Il loro umore non poté che soddisfare lo Stregone, che era comunque felice di viaggiare di nuovo con Aren, soprattutto dopo il suo cambiamento. Aveva inoltre capito, solo dopo lo scambio di battute della sera prima, che Danya era una ragazza speciale e che la sua presenza affianco al Guerriero avrebbe fatto la differenza, finché sarebbe durata. Insomma, non c'era più nessun motivo per tardare la partenza. Prima, però, fece sedere Aren di fronte a sé per parlargli delle sue intenzioni davanti alla sua solita mappa di Algorab.
‹‹Continueremo a costeggiare le sponde del Grande Fiume del Sud. In una settimana di viaggio arriveremo nel punto del fiume dove gli emissari del Grande Lago affluiscono nelle acque del Grande Fiume. Esattamente lì inizia il terreno paludoso, ma fertile che si estende fino al delta del fiume. Esattamente lì sorge Nuelthen, la Città dell'Astuzia. Ci fermeremo per noleggiare un'imbarcazione per noi, così che navigheremo nel fiume evitando di passare per difficili vie.›› spiegò.
Il gruppo fu quindi subito pronto per partire. Aren si lasciò alle spalle il tranquillo paese di Grethon col cuore leggero. Quel paese aveva avuto uno strano effetto su di lui: lì dentro, dove la vita di tutti i giorni andava avanti senza interruzioni, sembrava di stare in un luogo fuori dal mondo. Come vivere in un sogno. E adesso si era svegliato. Adesso la sua direzione, come anche quella del Grande Fiume, puntava verso Sud-Ovest. Quando il fiume sarebbe tornato a viaggiare verso Ovest, gli emissari del Grande Lago avrebbero aumentato la sua portanza e lì avrebbero trovato la città che faceva loro da meta. Il gruppo viaggiava ad un passo sostenuto, ma non di corsa. I fedeli gatti Phebe e Phrede ogni tanto si facevano vedere, soprattutto quando Aren e gli altri si fermavano, ma per il resto del tempo sparivano a fare cose note solo a loro. Mentre viaggiavano, Merran si affiancò ad Aren per discutere con il Guerriero di ciò che era successo durante il suo viaggio dopo averci rimuginato su quella notte.
‹‹Questo attacco da parte dei Barbari di cui mi hai raccontato mi ha fatto pensare.›› gli rivelò. ‹‹Come tu hai intuito, è stato sicuramente Kor ad equipaggiare i Barbari di quelle armi. Di certo avrai sentito che ci sono stati altri attacchi simultanei, che però sono stati tutti respinti. Questo può voler dire due cose: da una parte Kor sta cercando di indebolire il popolo dei Guerrieri con questi tentativi, ma dall'altra mi viene da pensare che ci sia ancora un'arma nascosta, più potente, pronta ad attaccare di sorpresa. Sotto questo punto di vista, mi aspetto che Kor stia architettando un modo per soggiogare il Regno degli Occhi di Lince mentre i Guerrieri sono impegnati a difendersi dai Barbari.›› Aren rabbrividì alla freddezza con la quale lo Stregone aveva esposto il diabolico piano del loro nemico. L'urgenza della situazione richiedeva una reazione immediata da parte di tutti.
‹‹Bisogna avvertire gli Aegan! Devono potersi preparare per difendere il loro Regno!›› esclamò il Guerriero in costernazione, ricevendo un'occhiata di sufficienza da parte dello Stregone.
‹‹Ad Andellert abbiamo già provveduto ad inviare dei messi a tutti i Popoli, tranne a voi Guerrieri. Mi auguro che tutti i Sovrani abbiano già preso le dovute precauzioni. Gli Elfi hanno una grande potenza militare, il loro fronte sarà sicuramente solido e in sicurezza; per quanto riguarda i Guerrieri, hanno già dimostrato di saper tenere a bada gli attacchi dei Barbari; gli Occhi di Lince sanno di essere esposti al pericolo, perciò la loro regione estremamente montuosa è ricca di fortezze e torri di guardia. In ogni caso, non sta a te il dovere di avvertire gli Aegan del pericolo: il nostro compito è quello di recuperare le Corone il prima possibile e, come avrai immaginato, non sarà un'impresa facile rintracciare la locazione della Corona dei Topazi, la Corona Perduta. Ci sono molte altre forze in campo oltre a noi, Aren, come quel cavaliere misterioso di cui mi hai parlato. Questa è la vera incognita alla quale non riesco a dare identità. Hai detto che non pare appartenere a nessun Popolo di Algorab, ma non escludo che tu possa esserti confuso. Piuttosto, un combattente così forte da mettere in ginocchio un gruppo di Guerrieri addestrati... mi chiedo cosa ci facesse a capo di un attacco così anonimo come quello a Liethon.›› constatò Merran aggrottando la fronte, sulla quale le rughe si fecero più marcate. Lo Stregone non disse nient'altro e per il momento quelli rimasero solo dubbi senza risposta. Aren rispettò il silenzio del compagno, ma dentro ribolliva di agitazione. Il suo primo istinto sarebbe stato quello di correre a Norifort, la capitale Aegan, e riferire del probabile attacco di Kor, ma sapeva che non era necessario; nonostante ciò, gli sembrava di non stare facendo niente per evitare il peggio.
Nei giorni successivi, ci furono altre occasioni simili nelle quali Merran condivideva con Aren informazioni su Algorab e gli altri Popoli; il giovane apprezzava il tentativo dello Stregone di renderlo più partecipe e cosciente di ciò in cui si era impegnato, tuttavia in quei momenti spesso faticava a seguire le intricate e dettagliate spiegazioni di Merran. Danya, il più delle volte, era esclusa da queste conversazioni, non che la ragazza premesse per parteciparvi. Capiva perfettamente che i motivi di confronto tra Aren e Merran erano riservati a loro soli, perciò rimaneva a debita distanza per non disturbare i compagni. Quando però Aren non parlava assieme a Merran, il Guerriero passava il suo tempo cavalcando accanto a Danya, raccontandole momenti particolari della sua infanzia, leggende o storie che conosceva. La compagnia dell'amata gli risultava di gran lunga più piacevole di quella dello Stregone. Questo bastava per non far sentire Danya esclusa dal gruppo: la ragazza gli aveva assicurato che finché lui avesse continuato a tenerle compagnia non si sarebbe sentita sola. Il tutto era, secondo Aren, in un equilibrio: Missione con Merran, svago con Danya. Durante quella settimana di viaggio, il giovane si sentì felice e tranquillo. Così quando all'orizzonte un insistente scintillio annunciò la virata verso Ovest del Grande Fiume, arricchito ulteriormente dagli emissari provenienti dal Grande Lago, la sua testa e il suo cuore erano privi di negatività.
Lì davanti ai suoi occhi si presentava un paesaggio singolare: proprio in mezzo ai vari fiumi che lì si incontravano, in un labirinto d'acqua corrente, sorgeva la Città dell'Astuzia. Nuelthen era per la maggior parte costruita su palafitte sospese sui fiumi o stanziata nei pochi sprazzi di terraferma che si trovavano. Essendo lo spazio disponibile poco, la città non era tanto larga, quanto alta: gli edifici di Nuelthen sembravano fare gara a chi fosse il più alto e slanciato. I più alti e massicci, ovviamente, si trovavano nei pezzi di terraferma disponibile in modo da non sforzare le palafitte, che erano comunque molto resistenti. In ogni edificio vivevano più famiglie, ognuna con il proprio appartamento, come in un'enorme locanda. I tetti erano spioventi e conferivano ancora più slancio al profilo della città. Varie torrette di osservazione sorgevano sui punti cardinali e al centro svettava un enorme campanile. Una città alta che scorgeva tutto il panorama attorno, non a caso era uno dei principali snodi commerciali con il Regno del Popolo del Mare. Tutto intorno a Nuelthen, a mano a mano che ci si inoltrava verso Ovest, il terreno perdeva il monotono verde delle pianure per lasciare spazio a sponde fertili, ampiamente coltivate dalle fattorie locali, fangose e piene di limo, controllate da vari canali e ponti di straordinaria ingegneria. Aren e i suoi compagni entrarono a Nuelthen attraverso un ponte sospeso sull'acqua. Le vie dentro la città erano ora strette e irregolari ora dritte e larghe. La città sembrava un grande formicaio: intricato come un labirinto e ampiamente popolato. Le vie erano gremite di gente indaffarata che andava in giro a passo spedito, portava merci di scambio o trascinava carretti. Il tutto conferiva a Nuelthen un'aria molto caotica che ad Aren non piacque affatto. Il giovane, infatti, fin da quando era entrato avvertiva una brutta sensazione, che però non riusciva a spiegarsi.
Dopo aver detto, con la magia, ai cavalli di aspettarli fuori dalla città, Merran guidò Aren e Danya attraverso le complicate strade della città fino a che non si trovarono nella piazza principale, con la chiesa e il palazzo del governatore, oltre ad altre alte costruzioni dall'aspetto antico e raffinato.
‹‹Vi lascio qui.›› disse lo Stregone ai due giovani. ‹‹Siete liberi di fare quello che volete; se potete, vi chiedo di procurarvi un po' di provviste, ma non allontanatevi troppo. Nel caso avrete bisogno di me, sarò al porto a prendere un'imbarcazione. Fatevi dare indicazioni per raggiungermi. Ci vediamo dopo.›› quindi si allontanò, lasciando Danya ed Aren da soli.
‹‹Allora, che facciamo?›› chiese a quel punto la ragazza. Aren aveva già la riposta pronta.
‹‹Voglio vedere la cattedrale.›› rispose deciso. Infatti era curioso di vedere come era rappresentata la dea Nuelae, divinità dell'Astuzia. Da quando era passato per Grethon gli era nata questa curiosità: scoprire come era rappresentata l'Astuzia in versione statuaria. Danya acconsentì.
La facciata della chiesa di Nuelen era alta e slanciata, ampiamente decorata e intagliata finemente con molti piccoli rosoni, colonnine sottili o massicce, statue e iscrizioni. Sul fianco si innalzava un alto e stretto campanile, che svettava oltre tutti i tetti spioventi della città. All'interno l'altezza era ancora più esaltata da due file di colonne alte fino al soffitto spiovente, che si stringevano gradualmente dal basso verso l'alto. Ampie vetrate donavano un tocco di colore e candelabri sulle pareti laterali illuminavano l'ambiente. Nelle nicchie venivano conservati antichi manoscritti, che solo i Guerrieri più colti sapevano leggere; e in fondo, circondata da file di candele e decorazioni, si ergeva la statua di Nuelae. Aren le si avvicinò. Nuelae era una donna dallo sguardo sicuro e scaltro; indossava una veste semplice, ma che le conferiva un'aria autoritaria, mentre sulla testa portava una fascia che le liberava la fronte dai capelli, in simbolo di mente libera e di furbizia; la sicurezza che la statua emanava, tuttavia, sembrava creare un distacco dall'osservatore. Tra tutte le statue di divinità che Aren aveva visto, questa era sicuramente la più enigmatica. Ora il Guerriero era soddisfatto: aveva aggiunto alla sua sorta di collezione anche la statua di Nuelae. Gli dispiacque che, se non cambiando i piani di viaggio stabiliti da Merran, non sarebbe riuscito a visitare altri paesi o città del Regno dei Guerrieri, soprattutto quelli più meridionali del Regno dove non era ancora stato, ma si ripromise che una volta finita la Missione, avrebbe fatto il giro del Regno per vedere se non tutte, almeno la maggior parte delle statue delle Divinità.
A quel punto, Aren e Danya uscirono dalla chiesa, con l'intenzione di andare a vedere se ci fosse qualcosa di utile da acquistare, ma la loro attenzione venne subito attirata da una folla di persone che si stringeva attorno ad un uomo. Questi stava urlando qualcosa alla folla e, dal tono di voce, sembrava trattarsi di qualcosa molto importante, perciò Aren e Danya si avvicinarono per sentire meglio.
‹‹È stato avvistato più di un mese fa a Freithen l'Erede al trono!›› stava dicendo l'uomo in quel momento. Il cuore di Aren prese a battere più velocemente e il giovane scambiò un'occhiata di apprensione con Danya. Attorno a loro, le persone bisbigliavano tra loro con aria confusa e curiosa.
‹‹Purtroppo non si sa molto di lui, perché subito dopo essere stato visto è scomparso nel nulla. A Freithen alcuni di noi stanno cercando di rintracciarlo, ma abbiamo bisogno di aiuto da parte di tutti, per questo sono stato inviato per avvisare tutte le principali città del nostro Regno. Al momento non si sa che provvedimenti prendere sull'Erede, ma per ora vi chiediamo di cercare di individuarlo e, nel caso lo trovaste, di portarlo a Freithen. Sarete adeguatamente ricompensati in denaro, ovviamente. Per aiutarvi nella ricerca, abbiamo portato un ritratto dell'Erede fornitoci da un testimone, eccolo! Ne abbiamo in più copie, se ne volete.››
Ripeté il discorso più volte, mentre la folla curiosa aggregatasi attorno a lui aumentava. Tra le braccia il Guerriero teneva un fascicolo di pergamene, mentre in una mano mostrava il ritratto di Aren che il giovane aveva già visto a Freithen. Con sollievo constatò che il Guerriero raffigurato tenesse ancora la barba incolta e avesse i capelli più corti e ingrovigliati sulla testa; Danya aveva fatto un buon lavoro nel cercare di cambiare il suo aspetto solo con piccoli dettagli. Tuttavia, adesso aveva una taglia sulla testa ed era ricercato in tutto il Regno. Con grande dispiacere constatò che avrebbe dovuto lasciare la terra dei Guerrieri e non tornare finché la situazione non si fosse calmata. Intanto il discorso dell'uomo di prima aveva cambiato piega.
‹‹Anche se stiamo cercando di trovare l'erede, è inutile stare ad aspettare con le mani in mano come abbiamo fatto per troppo tempo, e non è neanche detto che riusciremo mai a rintracciarlo. Perciò, a Freithen verrà presto istituito un governo provvisorio formato da alcuni rappresentanti che manderanno avanti il nostro regno in attesa che l'Erede torni a Città dell'Onore.››
Aren rimase turbato da quelle parole. Per decenni il Regno dei Guerrieri era andato avanti barcollando senza una guida, ma nessuno aveva mai trovato il coraggio di cambiare la situazione. Ora, invece, la comparsa e poi scomparsa del presunto Erede aveva innescato un nuovo sentimento: alcuni Guerrieri si erano stancati di aspettare il ritorno della famiglia reale e avevano deciso persino di andare contro le leggi stabilite ad Algorab in tempi remoti, governando sul Regno senza la Corona che legittimasse loro il potere e l'autorità. Avrebbe potuto sembrare una buona azione, ma Aren aveva la sensazione che qualcosa non andasse: d'improvviso un gruppo di persone aveva assunto il potere, e lo stesso gruppo lo stava cercando per mettere lui al potere... le due cose non sembravano combaciare nel modo giusto. Perché cercare il presunto legittimo sovrano se erano già andati contro alla legge? Nelle orecchie gli suonavano le parole del Guerriero che a Freithen aveva cercato di ucciderlo: "Saremo noi a governare sul Regno, d'ora in poi". Possibile che quell'uomo avesse fatto parte del gruppo che aveva adesso preso le redini del Regno?
Scambiandosi uno sguardo d'intesa con Danya, sgusciò fuori dalla folla, ben attento a tenere il viso nascosto così da evitare di essere in qualche modo riconosciuto. La ragazza lo seguì in silenzio. Si fermarono non appena si trovarono abbastanza lontani da tutte le persone.
‹‹Non ci credo che dopo tutto questo tempo abbiano deciso di prendere il potere...così, dal nulla! Ma chi sono questi?›› esclamò Danya con fare sbigottito. Aren però non la stava ascoltando, immerso nei propri pensieri.
‹‹Devi tornare a Liethon.›› mormorò il giovane, interrompendola.
‹‹Cosa?›› domandò Danya, confusa. I pensieri di Aren galoppavano come cavalli imbizzarriti, mentre davanti agli occhi le immagini dell'uomo che aveva tentato di ucciderlo e di losche figure indistinte si sovrapponevano in un vortice confuso.
‹‹Loro... vogliono me e non voglio che tu venga coinvolta. Danya, devo lasciare il Regno e non potrò tornare per chissà quanto tempo. Questa è la tua ultima possibilità per tornare a Liethon.›› farfugliò il giovane. Nel petto il cuore pulsava senza controllo.
‹‹No, non vado via ora. Devo aiutarti a continuare con la tua Missione. Andrà tutto bene.›› replicò Danya, posando una mano sulla spalla di Aren, che però si stava facendo prendere dal panico.
‹‹Mi stanno cercando dovunque!›› iniziò ad alzare la voce. ‹‹Non so cosa pretendano da me o perché mi vogliano con così tanta fretta... non ha senso! Devi andartene prima che tu venga coinvolta.›› Più il giovane esprimeva ad alta voce le sue preoccupazioni, più la preoccupazione aumentava, come se ciò che temeva stesse prendendo forma parola dopo parola. Fu Danya a interrompere quel flusso di emozioni abbracciando l'amato.
‹‹Non vado da nessuna parte finché avrai bisogno di me per superare questi momenti.›› lo rassicurò dolcemente. Aren riuscì a calmarsi, ma rimase comunque dell'idea che la ragazza dovesse partire.
‹‹D'accordo. Ti prometto che mi lascerò trasportare meno dalle emozioni, però stare con me si sta rivelando sempre più pericoloso. Sarebbe meglio se tu prendessi almeno in considerazione l'idea di partire il più presto possibile.›› mormorò il giovane.
‹‹Correrò il rischio. Penso di essere in grado di affrontare i pericoli.›› rispose Danya con un sorriso incoraggiante che però lasciò ad Aren l'amaro in bocca. Ammirava la determinazione della Guerriera, ma a volte si intestardiva troppo; si chiese fin dove la sua testardaggine l'avrebbe spinta.
‹‹Dobbiamo assolutamente trovare Merran. Devo lasciare il Regno il più in fretta possibile.›› disse deciso. Era preoccupato, ma non era il caso di farsi prendere dall'ansia: si doveva agire con sangue freddo e precisione. Danya annuì.
‹‹Merran si troverà al porto. Vado a chiedere informazione a qualcuno, ma tu è meglio se stai in disparte.›› intimò la ragazza, quindi si avviò in cerca di un volto affidabile mentre Aren si spostava in un angolo, senza toglierle gli occhi di dosso per un solo istante. La sensazione di pericolo che aveva provato quando era arrivato a Nuelthen non era passata, anzi, si era fatta sempre più viva dal momento in cui aveva ascoltato il discorso del Guerriero. Il giovane doveva cercare di limitare i possibili danni, perciò mantenne i suoi sensi all'erta. Danya fermò una donna indaffarata, ma dall'aria disponibile. Aren si rilassò un pochino, la ragazza aveva scelto bene. La donna le illustrò come arrivare al porto senza fare domande, così quando la ragazza tornò da Aren, il Guerriero era un po' più tranquillo.
I due giovani si avviarono lungo una serie di strade sempre più anguste. Aren guardava sospettoso ogni persona gli si parava davanti. Non riusciva a togliersi di dosso quell'orribile presentimento di pericolo, che fino a quel momento si era rivelato superfluo, ma non del tutto infondato. Dopo qualche minuto riuscirono ad arrivare sani e salvi al porto di Nuelthen. Davanti ai loro occhi si estendeva un lunghissimo sistema di palafitte affollato di barche piene di merci provenienti dal resto del Regno dei Guerrieri. Purtroppo, senza un sovrano, gli altri Regni di Algorab non commerciavano più con i Guerrieri, perciò il porto non era così pieno di gente come lo era stato ai tempi d'oro. Ad Aren tornò in mente la pacifica e malinconica desolazione del porto di Freithen; sembrava che il porto di Nuelthen fosse meno abbandonato, perché in qualche modo a Nuelthen alcuni pescatori e barcaioli avevano trovato il modo di continuare a lavorare anche senza commercio.
Aren e Danya percorsero gran parte del porto prima di trovare Merran, che stava contrattando con un vecchio Guerriero riguardo al noleggio di un'imbarcazione per navigare il Grande Fiume. Mentre Aren e Danya si avvicinavano, Merran stava proprio finendo di pagare il barcaiolo. Dopo aver scambiato una stretta di mano con il barcaiolo, Merran si voltò verso i due compagni come se fossero sempre stati lì al suo fianco.
‹‹Cos'è successo?›› chiese notando l'aria preoccupata di Aren, senza neanche un cenno di saluto. Il Guerriero spiegò in poche parole la situazione allo Stregone, che non mostrò segno di turbamento.
‹‹Allora non c'è motivo di perdere ulteriore tempo: saliamo sulla barca che ho noleggiato.›› disse indicando una semplice barca a remi, abbastanza grande da ospitare tutti e tre assieme ai loro averi.
‹‹C'è un'altra cosa.›› riprese Aren, guardando nervosamente Danya. ‹‹Abbiamo deciso che Danya non proseguirà il viaggio oltre il Ponte di Most. Tornerà a Liethon una volta giunti lì.››
La faccia di Danya si fece immediatamente contrariata e avrebbe replicato se Aren non le avesse preso la mano e pregato silenziosamente di fare questo sacrificio per lui. A quel punto la Guerriera acconsentì annuendo, distogliendo però lo sguardo, triste per l'imminente addio.
‹‹Molto bene. Una saggia decisione.›› rispose Merran con fare saccente senza sforzarsi di nascondere un certo sollievo. Aren ingoiò una risposta insolente, ma si vide d'accordo con lui.
I tre si sistemarono nella loro imbarcazione e Aren si offrì di remare, se non altro nella speranza di soffocare le sue preoccupazioni nello sforzo fisico.
Per prima cosa, raggiunsero il punto in cui Merran aveva intimato ai loro cavalli di aspettarli. Aren si chiese quando gli sarebbero serviti ancora, dato che per il resto del loro viaggio nel Regno dei Guerrieri avrebbero navigato il fiume; inoltre, il loro obiettivo era il Regno del Popolo del Mare, che si estendeva sotto la superfice dell'acqua, dove i cavalli non avrebbero potuto viaggiare. Dopo aver recuperato ogni cosa dalla groppa degli animali, Merran posò una mano sul muso di Euter, Vanel e del suo cavallo.
‹‹Raggiungerete il Ponte di Most, passando per vie sicure. Ci rivedremo.›› sussurrò loro. I tre destrieri nitrirono e si allontanarono al galoppo, le colorate criniere libere di muoversi secondo i dettami della brezza serale. Aren guardò con tristezza il suo amato compagno scomparire all'orizzonte e si chiese quanto tempo sarebbe passato prima di poterlo accarezzarlo di nuovo.
Così il trio tornò a navigare lungo il Grande Fiume del Sud ed Aren riprese a remare con foga, cercando di faticare più che poteva per guadagnare velocità, sperando che allontanandosi da Nuelthen le sue fastidiose preoccupazioni sarebbero scomparse. Per distrarsi ulteriormente, cercò di concentrarsi sul paesaggio circostante.
Come aveva intravisto quando era arrivato alla Città della Furbizia, intorno a lui diversi rigagnoli e fiumiciattoli si riunivano tutti nelle acque del Grande Fiume, che ora aveva delle dimensioni consone al suo importante nome. Il terreno era così irrigato e fertile che crescevano salici, pioppi e piante palustri d'ogni dove, mentre sugli argini del fiume si sviluppavano diversi canneti. Questo boschetto disordinato si estendeva per un bel pezzo oltre la città, fino a quando non sarebbero sopraggiunte tutte le zone costellate da fattorie e campi coltivati. Qua e là nel cielo svolazzavano aironi dal piumaggio cinereo e attorno alla loro barca, nel fiume, nuotavano storioni, cefali e triglie; gruppi di anatre e papere sguazzavano con al seguito i loro piccoli. Leggiadre libellule ora sbattevano velocemente le ali davanti agli occhi di Aren, ora si abbassavano per sfiorare l'acqua, ora si libravano nuovamente in cielo. Il giovane rimase colpito dalla biodiversità che popolava quel posto. La natura era uno degli spettacoli che lo affascinava di più, sempre pronta a sorprenderlo quando meno se l'aspettava.
Verso il tramonto di quella giornata, il gruppo si fermò all'ombra di un salice per prepararsi per la notte. Mentre Merran si metteva a studiare qualsiasi cosa stesse studiando e Danya cercava un po' di legna, poiché era il suo turno di cuocere la cena, Aren si mise a montare l'accampamento. Quel brutto presentimento che l'aveva perseguitato a Nuelthen non era svanito come aveva sperato, anzi, era andato aumentando a mano a mano che il sole compiva il suo arco nel cielo. Giunto a quel punto, Aren non riusciva a capire a cosa fosse dovuta quella sua preoccupazione e pregava che non si trattasse di qualcosa di fondato. Intanto che essa non spariva, comunque, manteneva i sensi ben attenti e i riflessi pronti ad intervenire al minimo pericolo. Era così teso che non si preoccupò nemmeno quando, dopo un paio di tuoni minacciosi, prese a piovere a dirotto.
Poi, improvvisamente, si sentì levare un terribile urlo: ‹‹Eccolo!››
Aren scattò come una molla e sfoderò la sua Neyrost, che illuminata dal bagliore di un lampo emanò un riflesso minaccioso, pronta alla battaglia. Erano in cinque: Guerrieri grossi e bruti che li stavano attaccando nel momento in cui erano più distratti. Colti alla sprovvista, Danya e Merran ci misero troppo tempo per reagire e rispondere agli attacchi degli aggressori. Un Guerriero si abbatté sullo Stregone, che, disarmato, cercò di evitare con inaspettata agilità ogni colpo a lui diretto. Un altro Guerriero raggiunse Danya e la fece cadere al suolo, ma la ragazza estrasse dalla cintura un pugnale e parò i fendenti che le vennero diretti. Gli ultimi tre Guerrieri si lanciarono contro Aren, sperando che il loro numero potesse sopraffarlo in poco tempo, ma questi riuscì a tenere a bada le tre lame nemiche con scatti fulminei di Neyrost, salti e schivate acrobatiche, piccoli trucchetti che gli erano stati insegnati a Saithon. Nonostante il giovane fosse in grado di tenere testa ai tre uomini, il vantaggio era in mano loro: infatti, davanti ad una serie sempre maggiore di colpi, Aren non riusciva a trovare un modo per contrattaccare e passare all'offensiva. Costretto a indietreggiare, inciampò su una radice e si ritrovò per terra, mentre i suoi nemici incombevano su di lui. Agendo d'impulso, dimenò le gambe contro di loro e riuscì colpirne uno sullo stinco con violenza. Questi perse l'equilibrio e trascinò nella caduta un altro che si trovava appena dietro di lui. L'ultimo Guerriero si distrasse per qualche attimo, lasciando ad Aren il tempo di rialzarsi e correre verso il fiume. Si fermò ansante e vide per terra, non molto lontano da dove si trovava, una delle locandine raffigurante il suo volto che erano state distribuite alla piazza principale di Nuelthen. Ora Aren capì cos'era successo: erano stati seguiti. Ancora non sapeva come, ma era stato riconosciuto da almeno uno di loro. Le preoccupazioni che aveva avuto per tutto il giorno si erano infine rivelate fondate, eppure ancora quella terribile sensazione non era svanita, diventando persino più incombente e opprimente di quanto era mai stata. Allora cosa doveva ancora succedere di così terribile? Aren implorò qualsiasi divinità gli saltò in testa che non si trattasse di una cosa grave, mentre la paura si impadronì del suo cuore.
Intanto i tre Guerrieri lo avevano raggiunto, perciò Aren non ebbe più modo di riflettere. Para, schiva, salta, attacca! L'istinto, il cervello e l'esperienza gli ordinavano come muoversi. Intanto, quando poteva, seguiva Danya con la coda dell'occhio. La ragazza non se la stava cavando affatto male: i suoi movimenti erano veloci, ma in gran parte era avvantaggiata dal fatto che il suo opponente non stava combattendo con convinzione. Infatti, era proibito per i Guerrieri alzare mano contro le donne, pena l'esecuzione pubblica di cinquanta frustate. Sfruttando questa debolezza, ad un certo punto la ragazza riuscì ad assestare un duro colpo con l'impugnatura del pugnale sulla testa dell'avversario, mandandolo al tappeto. Aren esultò interiormente, ma per seguire la scena si era distratto per un solo, terribile attimo.
In quel momento Aren lo sentì: sentì qualcosa che si spezzava. Lo vide con la coda dell'occhio: il movimento di una lama che non sarebbe riuscito a deviare, una fiamma rossa che si frapponeva tra il metallo e la sua vittima, un gemito e il corpo di Danya che si accasciava al suolo.
Ad Aren mancò il terreno sotto ai piedi. Danya era ora ai suoi piedi, con il volto sfigurato dal dolore mentre si premeva le mani, sporche di sangue, su una profonda ferita aperta sul ventre. Il destino si era compiuto. Pietrificato dall'orrore, vide i suoi tre assalitori fermi con espressioni incredule; colui che aveva sferrato il colpo fatale teneva ancora in mano la spada sporca del sangue di Danya. Era colpa loro. Dovevano pagare per quello che avevano fatto. Dentro di lui ruggiva la brama di vendetta e il dolore che gli pulsava nella testa anelava al sangue della sua causa.
Con un ultimo impeto di furia cieca, Aren menò vorticosamente la spada in tutte le direzioni possibili lanciando un urlo disumano. Urlare non bastava. Muoversi non bastava. Solo la morte avrebbe placato il suo soffrire, perché era giusto così. Una vita per una vita. Neyrost sfiorò il collo del Guerriero la cui lama aveva ferito Danya, ma questi non provò a difendersi e i suoi occhi si incontrarono con quelli di Aren. In essi, il giovane vide un uomo mortificato e sconvolto per l'accaduto. La cicatrice sul petto di Aren lanciò una fitta di dolore e Neyrost gli cadde dalla mano. Aveva pensato che, dopo tutto ciò che era successo a Liethon, non avrebbe più avuto sensi di colpa nell'uccidere qualcuno in combattimento. Quanti Barbari aveva ferito a morte per proteggere Danya? Non la stava proteggendo anche in quel momento? Eppure, non riusciva a togliere la vita ai tre Guerrieri che aveva di fronte. Disperato, cadde sulle ginocchia di fianco a Danya, svuotato di ogni rabbia. I Guerrieri si guardarono tra loro in totale confusione. Anche l'uomo che aveva combattuto contro Merran si era fermato, avendo notato la scena.
‹‹Cosa fate ancora qui?›› domandò loro Aren con voce incrinata. ‹‹Andatevene.››
Colti da un impeto di umanità, gli uomini obbedirono in silenzio. Fecero rinvenire il Guerriero che Danya aveva stordito e gli intimarono con un cenno che dovevano allontanarsi. Aren non poté fare a meno che provare pietà per loro: mossi da disperazione, invidia o avidità, di fronte alla disperazione avevano ritrovato solidarietà per il prossimo. Forse in tutti c'è la possibilità di pentirsi.
Un gemito di dolore fece crollare di nuovo la realtà su di Aren, che si concentrò su Danya, distesa al suo fianco. La fanciulla respirava ancora affannosamente, ma la ferita che aveva riportato al ventre era profonda e perdeva molto sangue. Aren cercò di bendare la ferita come meglio poté, ma l'emozione gli fece fare un lavoro poco preciso e funzionale. Le lacrime gli offuscavano la vista, ma il Guerriero le ricacciava indietro quasi con violenza.
‹‹Aren...›› mormorò Danya con un grande sforzo. ‹‹Fermati... il mio destino è questo...››
‹‹Non parlare, ti sforzi troppo. Io dico che non morirai adesso e non lo farai, non lo permetterò.›› replicò Aren con voce dura, ma tremante quanto le sue membra, scosse da violenti brividi di panico. Si voltò di scatto verso Merran con uno sguardo disperato, ma determinato.
‹‹Portami a Liethon, ti prego. Finché non starà meglio. Poi troverò il modo di ripartire e tornare, ma ho bisogno di salvarla.›› lo implorò cercando di mantenere la calma.
Lo Stregone non dava sul volto il minimo segno di perturbazione, ma gli occhi neri erano lucidi dalla commozione. Annuì in silenzio. Intanto, Danya era svenuta.
‹‹Ascoltami attentamente: la magia che sto per fare non solo è tra le più complesse che ci siano, ma anche una delle più costose in termini di energia, potere e condizioni. Finché si tratta di brevi distanze come quelle per scendere le cascate del Thru' Heeda o superare il percorso che porta alle rovine di Eth'ranolui posso cavarmela con della semplice stanchezza fisica. In questo caso, però, la distanza che dovrò farti percorrere è considerevolmente più grande e dovrò portare a Liethon sia te che Danya. Per compiere un rito di tale portata ognuno di noi dovrà compiere un sacrificio: io sarò costretto a rinunciare ai miei poteri qualche giorno, mentre tu e Danya dovete sacrificare qualcosa che vi è caro. Per questo non posso permettermi di usare questa pratica per grandi distanze e con un gruppo nutrito di persone: rischierebbe di consumarmi fisicamente e il sacrificio che richiederebbe sarebbe immenso.›› spiegò Merran con voce grave. ‹‹Sei disposto a farlo?››
‹‹Sì.›› rispose Aren prontamente, disposto ad accettare qualsiasi condizione pur di salvare la sua amata. Lo Stregone annuì e predispose il necessario per il rito.
‹‹Cosa sacrificate?›› chiese poi con immensa serietà. Aren rimase qualche secondo in silenzio per riflettere. Istintivamente cercò la mano di Danya e le sue dita sfiorarono il bracciale di cuoio che le aveva regalato. Un'idea gli balenò in testa.
‹‹L'Onore.›› mormorò, mentre l'idea si concretizzava sempre di più attraverso le sue parole. ‹‹Rinuncio all'Onore conquistato grazie alla vittoria di Liethon e all'Onore della Missione contro Kor. Rinunciamo entrambi alla possibilità di sposarci.›› ripeté poi con sicurezza. Sfilò quindi il braccialetto dal polso di Danya e lo porse a Merran come pegno. Questi accettò l'oggetto, che tra le sue mani si dissolse in un mucchio di polvere dorata, e come ultimo gesto estrasse dalla sua cintura un piccolo fiasco contenente un impasto verde e medaglione d'ambra.
‹‹Tutto è pronto, ma prima accetta questi due doni.›› annunciò porgendoli al giovane. ‹‹Spalma l'impasto sia sulla ferita che sulle bende con le quali la fascerai, velocizzerà il processo di guarigione. Quando sarai pronto per partire stringi quest'ambra e chiamami con la mente, così io potrò riportarti da me. Ricordati di lasciare a Liethon qualcosa di caro per far funzionare il rito.››
Aren prese i due oggetti e li sistemò sulla sua cintura. Un improvviso nitrito lo fece voltare, ritrovandosi di fronte il nero muso di Euter e gli occhi vispi di Phebe e Phrede. Il Guerriero non ci mise molto a capire che i due misteriosi gatti fossero responsabili del ritorno del cavallo.
‹‹Non ti preoccupare, gli animali sono esenti dal sacrificio.›› lo rassicurò Merran. A quel punto Aren montò su Euter e, facendosi aiutare da Merran, sistemò Danya davanti a sé, assicurandosi che fosse in totale sicurezza. Il pallore della sua cute sottolineava l'urgenza della situazione.
‹‹Tornerò.›› promise il giovane guardando Merran negli occhi.
‹‹Arrivederci, Aren.›› rispose egli sorridendo.
Ci fu un lampo di luce ambrata, quindi Aren si ritrovò davanti alle porte di Liethon. Il sole era quasi scomparso all'orizzonte e Danya stava abbandonando le forze sempre più velocemente, non c'era un momento da perdere. Trest, il giovane Guerriero di guardia, sembrava scioccato dall'improvvisa comparsa di Aren, ma non appena vide Danya lasciò passare il giovane. Smontato da Euter, Aren corse a perdifiato per le vie del Paese della Forza con il corpo di Danya tra le braccia finché non fu arrivato davanti all'uscio della casa di Maula. Bussò disperatamente fino al momento in cui la donna non apparve. Non appena lo vide la sua espressione divenne di pura sorpresa, ma quando poi si accorse di Danya, lasciò da parte i dubbi e prese con sé il corpo della fanciulla per portarlo in casa e prestarle immediato soccorso. Prima di entrare, Aren si accasciò esausto per strada e lasciò scorrere le lacrime che fino a quel momento aveva lasciato soffocare nei meandri del suo animo.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top