CAPITOLO 13 - INSEGUIRE UNO STREGONE
Nonostante l'inaspettata compagna, Aren non cambiò i suoi piani di viaggio per non rischiare di arrivare troppo tardi a Freithen e Danya non ebbe da protestare. Il Guerriero, però, concesse un po' di tempo alla ragazza e alla giumenta Vanel per riposare, poiché le due avevano cavalcato per tutta la notte senza fermarsi. Mentre Vanel brucava un po' d'erba e riposava i muscoli, Aren decise finalmente di rivelare a Danya la sua Missione, anche se ormai non aveva più senso per lui chiamarla così. Il giovane, infatti, riteneva che se lei volesse sul serio accompagnarlo in quel viaggio avrebbe dovuto conoscerne i dettagli e capire a cosa sarebbe dovuta andare incontro. Le disse che i Barbari si erano alleati con Kor e che per sconfiggere quest'ultimo bisognava invocare l'aiuto dell'arma più pura e potente che esistesse ad Algorab, lo Scettro di Diamante; perciò, si rendeva necessaria l'aggregazione di un gruppo, che contenesse un rappresentante per ciascun Popolo, al fine di portare le Corone del Potere ad Algorion, un luogo sacro che si trovava proprio al centro di Algorab, dove poi si sarebbe svolto il rituale per la comparsa dello Scettro. Nell'ascoltare quello che le veniva detto, Danya non batté ciglio e apprese subito la gravità del compito di Aren; nonostante ciò, non si tirò indietro. Aren, invece, si rese conto di quanto delicata fosse la loro situazione. Quella che inizialmente, e con molto entusiasmo, aveva accettato come l'occasione perfetta per ottenere l'Onore e diventare un vero e proprio Guerriero, ora si presentava come una segretissima e vitale spedizione ad alto rischio di fallimento. Danya sembrava ora un'intrusa in quel disegno così perfettamente calcolato, nel quale persino lui faceva fatica a inserirsi. Le fece promettere così che non si sarebbe immersa nella faccenda e che il suo unico compito era soltanto quello di accompagnarlo. Lei si vide d'accordo.
Detto ciò, i due sistemarono il rifugio e ripartirono senza perdere ulteriore tempo. Il sole era sorto da poche ore e nuvole bianche su un cielo turchese annunciavano una giornata serena. Il viaggio con lei divenne molto più allegro e le giornate a cavallo passavano in fretta chiacchierando di svariate cose. Con lei Aren pensò meno a rimproverarsi dei suoi errori e più a godere di ogni magico momento che la vita gli offriva. Entrambi, memori del loro litigio, cercavano di raggiungere un maggior equilibrio nella loro relazione; Danya sapeva che Aren tendeva a nascondere ciò che provava o pensava, perciò il più delle volte non insisteva per venirne a conoscenza, mentre Aren cercava di aprirsi un po' di più e coinvolgerla, poiché sapeva che alla ragazza infastidiva essere lasciata all'oscuro. Certo, quest'esuberanza da parte di Danya lo infastidiva un po', ma sapeva che era perché la ragazza teneva a lui. D'altro canto, non poteva pretendere che tutti accettassero la sua riservatezza, soprattutto coloro che si preoccupavano per lui. Comunque, il buonumore che Danya sapeva sempre trasmettergli riusciva a superare ogni discrepanza.
Cavalcando veloci come il soffio di Zefiro, i due arrivarono al Grande Lago del Sud la mattina seguente. Fu un momento magico per Aren, mentre guardava mano nella mano con Danya le acque calme infrangersi sulle rocce, perché lì, solo una settimana prima, aveva scoperto il suo amore per lei. Da allora i suoi sentimenti per lei non erano mutati d'intensità, ma si erano evoluti dall'entusiasmo iniziale ad una tenerezza più spontanea. Aren non sarebbe stato in grado di spiegare questa differenza, ma poteva sentirla nel suo rapportarsi con Danya.
Si fermarono in riva al lago sotto le fronde di un salice piangente per concedersi una delle loro rare pause. Mangiarono del pane e formaggio che Danya aveva portato con sé mentre Euter e Vanel brucavano insieme un po' d'erba; non molto lontano, Phebe e Phrede seguivano con occhi vispi il movimento di un banco di piccoli pesci. Il clima mite del lago rendeva quella mattina d'estate molto piacevole: temperature non troppo calde e una leggera brezza rinfrescante. Il sole faceva risplendere il verde della vegetazione e regalava riflessi dorati sulla superficie dell'acqua, mentre il cielo era dello stesso colore degli occhi di Aren, limpido e intenso. Gli uccelli cantavano e il vento soffiava con delicatezza, increspando le acque lacustri. Erano gli unici rumori intorno a loro, lontani dalle principali zone abitate del Grande Lago situate sulle sue rive occidentali. L'atmosfera ispirava una dolce sensazione di pace e tranquillità. Tranquillità che si fece strada nell'animo di Danya, la quale si addormentò abbracciata al torso di Aren. Questi, però, non era altrettanto sereno. Pensava a quando avrebbe ritrovato Merran, sempre se ci fosse riuscito. Cosa gli avrebbe detto del suo comportamento? Avrebbe accettato il suo ritorno? E soprattutto, cosa avrebbe pensato di Danya? Fin da subito Aren si era reso conto che quella di portare con sé la ragazza era una pessima idea: Danya non aveva niente a che vedere con la Missione e sarebbe stata solo un'intrusa nel loro gruppo. Per non parlare dei pericoli che correva nel viaggiare insieme a loro, che conseguivano un compito segretissimo, ma di vitale importanza. Se Kor avesse scoperto ciò che stavano per fare, non avrebbe esitato nell'eliminarli tutti quanti. Era giusto permettere a Danya di accompagnarlo? Aren sapeva benissimo la risposta, ma la ragazza era irremovibile. E se da una parte Aren era felice di poter stare con lei, dall'altra era infastidito dalla sua testardaggine. Fin da subito Danya era stata molto convincente nei confronti del ragazzo, che, da parte sua, non aveva avuto la forza d'animo né la voglia di opporsi. Il loro più grande difetto era quello di amarsi profondamente, così tanto da non volere separarsi. Quella sarebbe stata la sfida di Aren: decidere di dividersi definitivamente, cosa che doveva fare Danya a sua volta. Il Guerriero sentiva che prima o poi sarebbe successo qualcosa che li avrebbe allontanati fisicamente e non era sicuro di volerne correre il rischio. I sentimenti contrastanti del giovane lo facevano rimanere in stato confusionale. Non sapeva cosa fare e perciò decise di fare affidamento sul saggio consiglio di Merran, lui avrebbe saputo cosa fare dando un giudizio esterno.
Aren guardò Danya dormire abbracciata a lui e gli venne voglia di stringerla a sé e non lasciarla mai più: dormiente sembrava una piccola creaturina indifesa, si vedeva da come si raggomitolava su sé stessa. Pensò che avrebbe dovuto spiegarle i suoi dubbi riguardo alla faccenda, ma a cosa sarebbe servito? Decise di fare un tentativo, ma sapeva già quale sarebbe stato il risultato. Il giovane sospirò, si era cacciato in un bel guaio.
Quando Danya si fu svegliata si era fatto quasi mezzogiorno, perciò la coppia si preparò a partire. Sellati i cavalli, si diressero verso Nord. L'andatura era leggermente più rilassata: erano a metà del viaggio e avevano impiegato la metà del tempo dell'andata. Aren era taciturno e ciò insospettì Danya, che però preferì tacere piuttosto che stressare il Guerriero. Il paesaggio da lì a Freithen sarebbe stato sempre lo stesso: pianura. Prati verdi e campi di grano che si estendevano fino all'orizzonte, dove in lontananza si scorgeva a malapena una sottilissima linea scura che era il Bosco sul Confine. Qua e là piccoli paesini costellavano la piana, ma i due viaggiatori non si fermarono a visitare la singolarità di quegli agglomerati di casupole in legno e pietre, con una singola chiesa pagana per venerare la Virtù locale e un palazzo del governatore della città, spesso fornite di magazzino o mulino a vento e dotate dell'immancabile arena di combattimento, con armeria e scuola di addestramento per giovani annesse, l'unica cosa che facesse trasparire la natura combattiva del popolo Guerriero. Infatti nessuno era mai riuscito a invadere il loro regno, a parte i Barbari nelle montagne, e la maggior parte dei villaggi, paesi o città viveva una vita tranquilla, turbata solo dagli arruolamenti dei Guerrieri adulti in caso di guerra. Ad Aren salì la nostalgia di Saithon, la sua casa, ormai lontana molte miglia e praticamente inaccessibile. I suoi amici, la sua famiglia, i suoi boschi e la sua aria... la sua avventura era appena cominciata, ma gli sembrava passata un'eternità da quando aveva varcato le soglie del suo paese.
Danya sembrò accorgersi della sua malinconia, perché lo guardò con occhio scrutatore.
‹‹Cos'è che ti preoccupa?›› gli domandò. Aren scosse la testa.
‹‹Non importa.›› le rispose senza guardarla negli occhi.
‹‹A me importa.›› replicò la ragazza, facendo sorridere il Guerriero. Era felice di vedere che lei ci teneva alla sua felicità.
‹‹Solo nostalgia di casa, ma mi passerà vedrai.›› rivelò infine, ma non era la completa verità. Infatti, i suoi dubbi sulla compagnia di Danya non la smettevano di tormentarlo.
‹‹Uhm...›› fece Danya, poco convinta. ‹‹Secondo me ti trascuri troppo. Pensi sempre al bene degli altri, ma non ti preoccupi dei tuoi bisogni. Comunque, per la nostalgia ti consiglio di tenere un oggetto che ti faccia sentire vicino a casa tua e di stringerlo a te quando ne hai bisogno, invece che ignorare i tuoi sentimenti.›› gli consigliò saggiamente, sfiorando con le dita un filo di spago che teneva al collo nel quale era stata infilata una piccola conchiglia. Aren aveva notato che raramente se lo toglieva e si chiese se non le fosse stato donato da uno dei suoi genitori, attualmente schiavi degli Elfi.
‹‹Grazie del consiglio, ma sto bene. Sul serio.›› cercò di tranquillizzarla il Guerriero, ma non funzionò. Danya inclinò la testa e lo scrutò per bene.
‹‹C'è qualcos'altro che ti preoccupa. Non è malinconia, ma non ti fa stare sereno. Cos'è?›› chiese. Aren rimase sorpreso di quanto la ragazza riuscisse a guardargli dentro. Non gli restò che rivelarle i suoi dubbi riguardo la sua compagnia. Danya non sembrò né offesa né turbata da ciò che aveva detto.
‹‹Sai, condivido i tuoi dubbi. Anche io mi chiedo se quello che sto facendo è giusto oppure farei meglio a girarmi e tornare subito indietro. La scelta più logica sarebbe la seconda, senza dubbio. Ma poi vedo il tuo sorriso più luminoso del sole, mi perdo nell'infinito dei tuoi occhi... e penso di essere esattamente dove dovrei stare: con te. Lo sai che sono pronta a correre qualunque rischio, a superare qualsiasi ostacolo. Anche se tutto ciò è sbagliato, per me è giusto.›› disse con parole vibranti di emozione, frecce di passione che colpirono Aren in pieno petto.
Non seppe rispondere ad un discorso del genere, perciò spostò il suo sguardo in avanti, verso l'orizzonte.
Ormai da quattro giorni si erano lasciati alle spalle le acque del Grande Lago del Sud. Secondo i calcoli di Aren, da un momento all'altro sarebbe comparsa davanti a loro la Città dell'Onore, con le alte guglie della sua cattedrale, le possenti torri del suo palazzo e i tetti spioventi delle sue case. Il sole illuminava l'orizzonte a Ovest, donando alle nuvole colori delicati e caldi, quasi preparandole al freddo della notte. Era il tramonto e, secondo la richiesta di Aren, Merran lo stava aspettando alle porte della città... nel caso non lo avesse abbandonato, cosa che Aren stava cominciando a considerare sul serio. I cuor suo sperava che tutte le sue fatiche non fossero valse a nulla, ma iniziava anche a dubitarne.
‹‹Eccola.›› disse il giovane quando vide la città stagliarsi davanti a loro. Ora il cuore gli martellava forte nel petto. Giorni di dubbi e domande avrebbero forse dato il posto a un nuovo obiettivo da perseverare con pazienza e dedizione, cosa che non aveva fatto sin dall'inizio. Merran sarebbe stato lì ad attenderlo? Lo avrebbe riaccolto con sé? Lo avrebbe scoperto a breve.
I cavalli al trotto scalpitavano sul ponte di pietra che conduceva alla città, mentre Aren scrutava in giro per vedere se ci fosse l'agognato Stregone. Non lo trovò subito e a mano a mano che si avvicinava alle porte l'ansia cresceva. Non smise di cercare nemmeno quando si trovò proprio sotto le mura. Rispose distrattamente alla guardia che gli fece le solite domande di controllo, ma in realtà gli occhi saettavano in giro come cavalli imbizzarriti. Fuori, evidentemente, Merran non c'era, quindi Aren ripose tutte le sue speranze nel trovarlo poco oltre l'entrata. Perciò appena dentro, la disperata ricerca ricominciò. Danya aspettò con pazienza che Aren avesse trovato lo Stregone. Il Guerriero allungò il collo, si girò varie volte, aguzzò gli occhi, ma la sua ricerca si rivelò infruttuosa. La speranza è l'ultima a morire, perciò, anche quando era evidente che lì lo Stregone non ci fosse, continuò a cercare. Ma dopo vari minuti non poté più mentire a sé stesso: Merran non lo aveva aspettato.
Disperato, Aren smontò da Euter e si sedette sul terreno con le mani tra i capelli e gli occhi spalancati, ma che non vedevano nulla. Come era possibile che non ci fosse? Non poteva essere arrivato tardi, anzi. Era in anticipo di un sacco di giorni. No, Merran lo aveva lasciato al suo destino, non potendo permettersi di aspettare i comodi di Aren. E poteva dargli torto? Il Guerriero non si era comportato nel migliore di modi, non c'era motivo per lo Stregone di aspettare un elemento così poco rilevante. E ora cosa avrebbe fatto? Sarebbe tornato a Saithon e la sua vita sarebbe tornata alla normalità, affiancato da Danya? Per quanto quella prospettiva fosse molto invitante e tranquilla, Aren non poteva credere che i suoi sogni di gloria, viaggi e avventure fossero finiti lì.
Danya si sedette accanto a lui e gli avvolse le spalle con un braccio, per poi strappargli un bacio sulla guancia. Aveva capito cosa affliggesse l'amato e lo avrebbe voluto aiutare, ma prima Aren doveva sfogare la sua frustrazione. Il Guerriero, infatti, stava cercando di trattenere lacrime che non voleva versare: lacrime di sogni infranti, delusioni, speranze malriposte. La ragazza riuscì a voltare il volto ad Aren per dargli un vero bacio. A quel punto Aren non poté trattenere le sue emozioni e le lacrime cominciarono a scorrergli sulle guance. Più il giovane lasciava cadere una goccia, più la sua tristezza lo abbandonava e mentre si svuotava di lacrime da versare, si svuotava anche di emozioni. Danya rimase abbracciata a lui fino a che il Guerriero non si fu calmato del tutto.
A quel punto poté prendere parola. Aren la guardava con occhi sconsolati, stanchi, ma sereni.
‹‹Ehi...›› sussurrò la ragazza. ‹‹Che ti prende? Quasi non ti riconosco più. Mi ricordo che, non molti giorni fa, in questa stessa città stavo ammirando l'uomo che mi aveva salvato dalla brama di un animale. Amavo il Guerriero coraggioso che si era gettato da solo contro un esercito di nemici. Che ne è stato di lui? L'Aren che conosco non si lascia scoraggiare dai problemi: li affronta a testa alta.›› Aren rimase colpito da quelle parole. Come sempre, Danya sembrava scorgere in lui quello che lui stesso non riusciva a vedere. Era vero, in quelle occasioni Aren aveva fronteggiato gli ostacoli che aveva avuto davanti, ma erano sempre stati atti impulsivi, dettati dal momento; per di più, questa volta era finito in quella situazione unicamente per colpa sua e ora ne soffriva le conseguenze.
‹‹Sì, ma... non posso andare oltre la decisione di uno Stregone e sperare nel perdono di un mio stupido errore...›› replicò, ma ormai non era più sicuro delle sue parole. Danya gli posò una mano sulla guancia e gli accarezzò le labbra.
‹‹Ti ricordi quando hai cercato di convincermi con le tue parole a lasciarti partire? Io non ti ho ascoltato, ma sono sicura che se avessi effettivamente ascoltato la ragione mi avresti convinta. Ora tocca a me. Ascoltami attentamente e ragiona con la testa e non con il cuore.›› disse. ‹‹Certo, qui Merran non c'è, ma questo non significa che ti abbia per forza abbandonato: potrebbe essersene appena andato da qui, non vedendoti arrivare. Avrebbe potuto aspettare fino a che l'ultimo raggio sole non fosse sparito, ma è ormai più di due settimane che ti aspetta. A questo punto anche lui starebbe sicuramente perdendo la speranza. Se fosse così, proviamo a cercarlo in una locanda, in un posto dove potresti trovarlo. E anche se fosse invece effettivamente andato via, lo inseguiremo. Lo sentiamo tutti e due che la tua Missione non è finita qui: è il destino che vuole che tu parta con Merran.›› Aren quasi si mise a ridere: Danya era certamente molto più convincente di lui stesso, e aveva ragione. C'era ancora una parte per lui in quella storia, e Aren l'avrebbe reclamata per sé.
‹‹Lo sai che ti amo tanto?›› le chiese sorridendo. Lei fece una smorfia.
‹‹Lo so.›› rispose con una piccola nota di orgoglio. Aren replicò quasi gettandosi su di lei, abbracciandola e baciandola ridendo.
I due si rialzarono per mettere in atto le intenzioni poco prima espresse. Dovevano pensare ad un posto dove fosse più probabile trovare Merran, ma ad Aren venne in mente che Freithen non era luogo sicuro per lui dove girovagare senza attirare l'attenzione di qualcuno. Non aveva certo dimenticato come parte della città fosse alla sua ricerca, in quanto pensassero che lui fosse l'Erede. Si ricordò che la sarta dove avevano preso il vestiario per Danya, Glemil, lo aveva assicurato che gli avrebbe offerto rifugio in caso ne avesse avuto bisogno. La loro prima mossa sarebbe stata quella di raggiungere la sua boutique. Spiegando a Danya quello che aveva pensato, Aren imboccò quindi la via che lo avrebbe portato a destinazione. Per ringraziare la compagna del suo sostegno, il giovane decise di acquistare da una bancarella per strada un bracciale di strisce di cuoio intrecciate, regalo che Danya apprezzò molto.
La facciata della boutique di Glemil era colorata ed elegante come la prima volta in cui i due ci avevano posato gli occhi sopra. Entrando, Aren si preoccupò di controllare che non ci fosse nessun altro all'interno e, poiché era ormai ora di cena, trovò il locale vuoto. A quel punto, il Guerriero affiancò Danya, che era intenta ad osservare degli abiti esposti in vetrina, e le cinse le spalle.
‹‹Avevo la sensazione che oggi avrei ricevuto una piacevole, inaspettata visita.›› annunciò d'improvviso una calda voce alle loro spalle.
Aren e Danya si voltarono; Glemil stava sorridendo loro con le mani sui fianchi e un guizzo divertito nelle pupille. Aren rimase com'era, non sapendo come approcciarsi alla donna. Questa spostò lo sguardo per ogni angolo del negozio e sulla strada fuori dalla porta.
‹‹Meglio se andiamo nel retrobottega.›› propose infine, guidandoli oltre una porta nell'angolo del locale, dove si ritrovarono in un modesto laboratorio con vari manichini esponenti capi d'abbigliamento in via di composizione e un tavolo di legno pieno di carte e disegni.
Glemil li fece accomodare su delle sedie e si sistemò di fronte a loro.
‹‹Alla fine, siete tornati.›› constatò.
‹‹Siamo solo di passaggio.›› specificò Aren. La donna annuì.
‹‹La situazione si è calmata.›› spiegò sistemando sul tavolo un bozzetto raffigurante l'idea di un capo d'abbigliamento. ‹‹C'è ancora un gruppo di persone che ti sta cercando in giro per Freithen e qualche giorno fa sono partiti per spargere la voce nelle altre città principali del Regno, ma ormai non sono che pochi individui, mentre la maggior parte della gente è tornata alla propria vita. Tuttavia, ti sconsiglio di fermarti a dormire in una locanda, perché saresti troppo vulnerabile ad un'imboscata. Per stanotte, posso offrirvi di dormire nel mio appartamento qui sopra alla boutique; vi procurerò io da mangiare per questa sera.›› A quelle parole, il cuore di Aren si riempì di gratitudine; era sollevato che fossero in pochi a cercarlo, ma il fatto che la notizia della comparsa dell'Erede si stesse espandendo fuori dalla capitale lo allarmava un po', perciò un luogo per dormire privato era la soluzione migliore. Anche Danya, che aveva seguito la conversazione in disparte, si sporse in avanti sulla sedia per appoggiare una mano sul dorso della sarta.
‹‹Grazie per quello che stai facendo.›› mormorò. ‹‹Non ti arrecheremo ulteriore disturbo e intendiamo lasciare Freithen non più tardi di domani, così non dovrai preoccuparti per noi.››
‹‹D'ora in poi il mio pensiero correrà spesso a voi, perciò darvi il mio aiuto mi fa sentire un po' meglio. Questa terribile situazione in cui versa il Regno è nociva per tutti e spero che le cose cambino al più presto.›› sottolineò Glemil con malinconia. ‹‹Ma si dice che se incontri per caso la stessa persona una seconda volta, dovrai sapere il suo nome. Come immagino abbiate intuito, io sono Glemil.›› disse poi, cambiando discorso.
Aren e Danya, quindi, si presentarono ufficialmente. Il Guerriero, in particolare, non ebbe timore nel rivelare il nome alla donna perché ormai aveva guadagnato la sua completa fiducia.
‹‹Sarà meglio iniziare a cercare Merran.›› propose poi Danya, alzandosi dalla sedia e ringraziando ancora una volta Glemil, la quale rispose con un cenno del capo.
La ragazza procedette ad uscire dal locale ed Aren si alzò per seguirla, ma mentre stava attraversando la porta del retrobottega Glemil lo chiamò. Il giovane, quindi, si voltò nuovamente verso la donna.
‹‹Sai, la luce nei tuoi occhi è cambiata. Non sembri più un ragazzino cresciuto troppo in fretta. In questo momento sto guardando gli occhi di un giovane uomo che sa quello per cui lotterà. Non manca, però, quel guizzo di fanciullezza che ogni tanto fa il suo ingresso. Sei sereno con te stesso, e di questo sono felice.›› disse lei, chiudendo le labbra in un grande sorriso. ‹‹Sei molto lontano dalla tua raffigurazione sul manifesto.››
Aren sorrise a sua volta, rincuorato dalle belle parole della sarta, e raggiunse Danya fuori dalla boutique.
Il primo luogo in cui al Guerriero venne in mente di poter trovare una qualche risposta fu la Locanda dal tetto verde, dove avevano alloggiato lui e Merran. Era anche l'ultimo luogo dove Aren aveva visto lo Stregone, perciò aveva perfettamente senso che quest'ultimo avesse pensato di lasciarvi qualche indizio. Così si diressero verso la Locanda dal tetto verde, combinando un po' della conoscenza di Danya sulle vie di Freithen, poiché ella aveva vissuto in quelle strade per qualche tempo, e la memoria di Aren di quel luogo. Mentre attraversarono la città, Aren si guardò bene in giro, per vedere se sui muri ci fossero segnali della sua disavventura nella città la volta precedente, come taglie sulla sua testa o cose simili. Per fortuna non vide taglie, ma ogni tanto si notava una locandina per terra che riportava un suo ritratto, e per questo non fu tranquillo a girare per la città così liberamente. Inoltre, ora che si trovava di nuovo all'interno di Freithen gli ritornavano alla mente le ultime parole del misterioso aggressore che aveva cercato di ucciderlo quelle che sembravano molte notti prima: ci hai abbandonati a noi stessi e adesso meriti di morire. Sicuramente altri lo desideravano morto, sia per vendetta, sia per spezzare la dinastia della famiglia reale e prendere il potere del Regno. Certo, rimaneva il fatto che la Corona di Topazi era ancora da recuperare, ma la strategia militare insegna che bisogna eliminare il concorrente prima che lui stesso vinca. Aren non era più al sicuro nella sua terra, men che meno nella capitale.
La locanda gli si presentò come l'aveva lasciata frettolosamente all'alba di tanti giorni prima. Le tegole del tetto mandavano bagliori smeraldini mentre gli ultimi raggi del sole sparivano da dietro le punte di Freithen. La presenza di quei riflessi gli ricordò ancora più vivamente l'incontro con l'uomo che aveva attentato alla sua vita. Per il giovane era sempre più difficile comportarsi come se niente fosse successo: ora più che mai le scene di lotta e le emozioni di quella sera gli tornarono alla mente più vivide e reali di sempre. Riusciva ancora a ricordare i segni del combattimento sul pavimento scheggiato del corridoio fuori dalla porta della stanza. Con forza d'animo, però, esiliò quelle immagini nel profondo della sua memoria. "È successo e non potevo farci nulla. Il passato è passato, concentrati sul presente!" si disse tornando alla realtà con un grande sforzò di volontà. Era da solo con Danya e non sarebbe successo nulla. Non lo avrebbe permesso.
Prima di entrare, però, Danya lo prese da parte e lo portò in un vicolo cieco laterale e deserto.
‹‹Dobbiamo cercare di renderti il meno riconoscibile possibile.›› spiegò, avendo notato l'espressione confusa di Aren, quindi confrontò il volto del giovane con quello raffigurato su una locandina che aveva raccolto sulla via.
‹‹Hai la barba più folta.›› constatò. ‹‹Forse possiamo fare qualcosa con i capelli...››
Poiché i capelli del Guerriero erano un po' più lunghi, la ragazza cercò di coprirgli di più la fronte, che nel disegno era invece libera. Poi si fece prestare un pugnale da Aren per recidergli un paio di ciocche alla base del collo che si arricciavano in maniera troppo singolare e riconducibile al disegno. Aren ripensò a come si era curato l'aspetto nei giorni in cui era soggiornato a Freithen: cercava di evidenziare il suo essere adulto con la barba, come se avesse avuto bisogno che gli altri gli riconoscessero il suo essere uomo. Immaginò che se volesse apparire in modo diverso, avrebbe dovuto cambiare il suo approccio riguardo all'aspetto esteriore.
‹‹Tagliami la barba.›› disse a Danya, quasi con un nodo alla gola. Per lui era stata una fonte di orgoglio e autostima. Si piaceva con essa, ma la situazione richiedeva un cambiamento drastico.
Danya annuì e procedette a recidere i peli sulle guance di Aren con il pugnale in modo grossolano. Ad un certo punto, la ragazza ebbe un sussulto e il giovane avvertì una punta di dolore sulla linea destra della mandibola.
‹‹Sc-scusa!›› si affrettò a mormorare Danya, tamponando del sangue nel punto dove il pugnale aveva tracciato un piccolo taglio. Con il dorso della mano, la ragazza si asciugò l'angolo di un occhio. ‹‹Mi è venuto in mente che mia mamma era solita rasare papà una volta al mese. Certo, non usava il pugnale.›› Ad Aren sfuggì un sorriso di tenerezza, ma cercò di rimanere fermo per facilitarle il lavoro.
‹‹Fatto.›› annunciò infine Danya, squadrandolo. ‹‹È strano vederti così, ma funziona...e stai bene.››
A quel punto, poterono attraversare l'ingresso della locanda senza temere di essere scoperti. L'interno celava l'attacco di quella notte con rumori di risate, piatti e persone, il profumo del cibo e dell'alcool. Essendo quasi ora di cena, la locanda si stava riempiendo di gente affamata. I due si recarono al bancone, dove l'oste si preparava ad accogliere i clienti.
‹‹Buonasera, avete bisogno di qualcosa?›› domandò con accoglienza. Non sembrò riconoscere il volto di Aren, evidentemente Danya aveva fatto un buon lavoro.
‹‹Cerco delle informazioni.›› rispose Aren. L'oste annuì e fece un cenno a dei clienti che, dal loro tavolo, chiedevano un altro boccale di birra, poi si rivolse ancora ad Aren.
‹‹Che informazioni cerchi?›› domandò.
‹‹Sto cercando uno Stregone, Merran. So che è stato qui quasi un mese fa. Sai dov'è o come potrei raggiungerlo?›› chiese Aren. L'oste ci pensò un po' su, tenendo il giovane sulle spine per qualche secondo. Stava per perdere la speranza quando il volto dell'oste si illuminò.
‹‹Ah sì! Ora ricordo: è stato quasi un mese fa, è vero. Rimase qui per una settimana, poi se ne andò. Andandosene mi diede una lettera e mi disse di darla ad un giovane Guerriero che mi avrebbe chiesto di lui anche a distanza di settimane. Evidentemente sei tu, allora ti devo dare questa.›› esclamò, per poi prendere una pergamena da dietro al bancone e porgerla ad Aren, che la prese con il cuore in gola. Sapeva che era meglio leggerla immediatamente, ma in quella busta poteva stare il proseguimento così come la fine della sua avventura. Decise di non leggerla subito, ma di farlo con calma l'indomani mattina. Aveva bisogno di prepararsi mentalmente al colpo.
Ringraziò l'oste e con Danya tornò nelle strade di Freithen. Ormai il cielo era quasi diventato blu notte e si iniziavano a intravedere le prime pallide stelle. Il cuore gli martellava violentemente nel petto e non riusciva a non pensare a quel pezzo di pergamena che teneva nella tasca della camicia. Istintivamente cercò le dita di Danya per frenare l'emozione. La ragazza non gli chiese niente riguardo a Merran e lui gliene fu grato. Mano nella mano tornarono alla boutique di Glemil.
Lì, vennero riaccolti dalla sarta che li condusse in un cortile interno dietro la boutique e fece salire loro una rampa di scale esterna dalla quale si accedeva al locale sovrastante il negozio. Era un modesto appartamento con un paio di stanze e il bagno, ma era arredato con gusto ed eleganza. Glemil aveva preparato per loro una calda zuppa di legumi con pane e acqua. Mentre i tre mangiavano, Glemil volle sapere qualcosa di più su Aren e Danya. Il giovane spiegò che veniva da Saithon e che al momento era in viaggio con Danya, non volendo specificare che si trattasse di una Missione; la ragazza invece raccontò in linee generali l'attacco dei Barbari a Liethon e le gesta coraggiose di Aren contro i nemici. Come ogni occasione in cui aveva sentito raccontata quella storia, Aren non poté fare a meno di diventare paonazzo. Glemil, però, non sembrò affatto stupita da quello che le era stato detto; complimentò il Guerriero, ma dal tono di voce si percepiva che da lui non si sarebbe aspettata niente di meno. Il discorso deviò sul ruolo dei Barbari in quella vicenda. Sia Aren che Danya avevano omesso il legame tra la tribù e il malvagio Kor rappresentato dalle loro nuove armi, ma Glemil sosteneva che qualcosa non quadrasse.
‹‹Non è certo la prima volta che i Barbari attaccano le montagne, ma si è sempre trattato di casi isolati.›› illustrò. Aren e Danya si scambiarono un'occhiata confusa, che la donna colse al volo.
‹‹Ci è giunta questa mattina la notizia che i Barbari hanno sferrato un attacco, simile a quello di Liethon, ad un paese dei Guerrieri vicino all'imboccatura della Valle dei Barbari, e ancora un altro ad un paese non lontano dal Fiume Burrascoso!›› spiegò la sarta. Aren non ci mise molto a connettere quelle informazioni: già la poteva vedere, la mano nera di Kor che allungava le sue dita affilate sopra la Grande Catena del Sud, decisa ad impadronirsi del Regno dei Guerrieri grazie alla spietatezza dei suoi nuovi alleati.
‹‹Sento che c'è qualcosa che bolle piano in pentola.›› continuò Glemil. ‹‹Avverto nel vento che c'è odore di cambiamento.››
La conversazione si interruppe e una cappa di silenzio carico di tensione calò sui commensali, che terminarono la loro cena senza proferire più parola. Aren e Danya, poi, si ritirarono nella stanza da letto che Glemil aveva predisposto per loro. La sarta avrebbe dormito sul divano, dopo aver assicurato i suoi ospiti che non c'era alcun problema: suo marito era in viaggio con sua figlia per procurarsi nuovi tessuti, quindi non avrebbero dato il minimo disturbo.
Aren e Danya sistemarono le loro cose in un angolo della stanza e si prepararono per andare a dormire. Il Guerriero ci mise un po' più di tempo perché dovette riporre la sua spada, sistemare il suo equipaggiamento e togliersi stivali. Perciò quando ebbe finito Danya era già sotto le coperte. Il Guerriero si sistemò di fianco a lei, che gli voltava le spalle, e la abbracciò da dietro, affondando la faccia nell'incavo del suo collo e inspirando il suo profumo. Lei sospirò profondamente.
‹‹Domani decideremo sul da farsi.›› gli disse. ‹‹Hai visto che non c'era bisogno di disperarsi?››
‹‹Tutto grazie a te. Sono felice che tu sia qui con me, ora...›› rispose Aren, con un velo di tristezza che Danya recepì al volo.
‹‹Lo senti anche tu, vero? Che tutto ciò non durerà, che prima o poi verremo divisi...›› gli domandò. Aren annuì, lo sentiva anche lui.
‹‹Hai ragione: il mio destino è quello di essere in Missione con Merran e salvare Algorab... ma il tuo non è con me.›› spiegò. ‹‹Non mi dovresti accompagnare, dovresti stare a Liethon ad aspettare il mio ritorno. A quel punto potremmo stare assieme, ma non ora. Il destino troverà un modo per dividerci e sono sicuro che non sarà clemente. Se vogliamo evitare una tragedia, devi partire immediatamente.››
‹‹Il destino ci ha fatti incontrare e ci ha uniti, perciò sarà il destino a dividerci perché io non ne ho l'intenzione. Per adesso ti accompagnerò: devo, perché tu non puoi affrontare questo viaggio da solo. Hai visto che perdi la speranza facilmente, che tendi ad arrenderti perché in così poco tempo hai affrontato avversità di ogni genere. Ebbene, io sarò lì a ridarti la forza di andare avanti, fino a quando non potrò più farlo. Allora il destino mi allontanerà da te e io dovrò aspettare il tuo ritorno con il cuore in pace, perché saprò che tornerai da me.›› replicò la ragazza.
‹‹Eppure è troppo rischioso.›› mormorò Aren. Danya si girò per guardarlo negli occhi.
‹‹Hai ragione, ma io voglio correre questo rischio.›› ammise. ‹‹Tu sei disposto a farlo con me?››
Aren non seppe rispondere immediatamente. Certo che voleva stare con lei, ma aveva anche una tremenda paura di perderla. La ragione gli stava urlando "No!", ma qualcos'altro in lui urlava con ancora più violenza. "Ora o mai!", diceva. "Vivi adesso o te ne pentirai dopo!", insisteva. Non era saggio, ma questa parte di lui lo spingeva a vivere ogni momento con lei come se fosse l'ultimo, perché la vita è imprevedibile. Era quello il momento di prendere coraggio e rischiare.
Aren annuì e, spinto dallo stesso impulso, avvicinò il viso a quello di Danya, che appoggiò i palmi sulle guance del giovane e premette le labbra sulle sue. Il giovane si lasciò avvolgere dal bacio, spostandosi sopra di lei. Non aveva mai pensato di essere un bravo corteggiatore, né di poter essere un bravo amante. A Saithon non erano mancate le possibilità per lui di approcciarsi a qualche ragazza che dava i segni di essere interessata al giovane, ma lui non si era mai sentito abbastanza, non aveva mai raccolto il coraggio per farlo. Eppure Danya lo faceva sentire abbastanza, nel suo piccolo; lui non era certo privo di difetti, ma con lei anche le sue mancanze andavano bene. Ora non provava imbarazzo mentre mani non sue gli sbottonavano la camicia e non provava imbarazzo nel mostrarsi a lei così com'era, pregi e difetti, perché sapeva che ogni sua parte sarebbe stata accettata, così come lui accettava i pregi e i difetti di Danya perché erano ciò che facevano di lei la persona che amava. Durante la sua adolescenza, mentre attorno a lui i suoi compagni provavano quasi tutti nuove esperienze, Aren non si era mai sentito pronto per compiere un gesto del genere. Neanche nei giorni precedenti, nei quali lui e Danya iniziavano a esplorare la loro compagnia come coppia, non si era sentito pronto. In quel momento invece, così inaspettato, mentre i loro respiri diventavano uno e le loro storie si amalgamavano in un unico, grande racconto, Aren capì di essere pronto.
I due si addormentarono abbracciati e si svegliarono la mattina dopo quando i primi raggi del sole attraversarono la finestra da sopra i tetti di Freithen. Erano ancora stretti l'una nelle braccia dell'altro. Si alzarono e indossarono i loro soliti abiti, che la sera prima avevano lasciato sul comò, ma prima di uscire si sedettero sul letto per leggere la lettera di Merran. Aren era agitato: finalmente sarebbe potuto tornare in Missione. Come aveva potuto pensare di dimenticare tutto quello? Il suo corpo non vedeva l'ora di tornare all'azione. Dopo la battaglia a Liethon, sentiva che, in un certo senso, aveva bisogno di altre sfide. Srotolò la pergamena e lesse.
Caro Aren,
capisco i tuoi sentimenti e la tua scelta di staccare per un po', ma questo non significa che l'approvo. Ti lascio tutto il tempo che vuoi per riprenderti da ciò che è successo e per ritrovare quel te stesso che non hai mai trovato. Quando sarai pronto ti riaccoglierò a braccia aperte. Però, puoi capire che non posso stare qui ad aspettarti per più di una settimana. Se stai leggendo questa lettera vuol dire che hai deciso di tornare, perciò ti faccio sapere dove sono diretto in modo tale che mi potrai raggiungere. Come sai, la nostra meta è la capitale del Regno del Popolo del Mare, Thalatesh. Costeggia il D'uhn-teenek e arriva fino alla sua foce, lì troverai il Ponte di Most, che conduce al Regno dei Lautiani. Prima di arrivare ad esso, farò tappa al Paese della Pazienza, Grethon, e poi alla Città dell'Astuzia, Nuelthen. Entrambe si trovano vicino al D'uhn-teenek, quindi puoi trovarle facilmente. Potrai trovarmi in uno di questi tre luoghi. Poiché non ci troviamo ancora in situazione di estrema urgenza, mi permetterò di viaggiare lentamente e per arrivare a Grethon ci impiegherò una decina di giorni, fermandomi ogni notte. Nel paese mi fermerò due settimane per motivi personali. Da quando sto scrivendo questa lettera, cioè il giorno stesso in cui tu sei partito, saranno passati diciassette giorni, cioè metà del tempo che mi hai dato. Come ho detto, mi fermerò due settimane. Se tu stai leggendo questo messaggio esattamente dopo un mese da quando sei partito, viaggiando ininterrottamente alla massima velocità possibile, potrai metterci meno della metà del tempo che ho impiegato io ad arrivare là, tre giorni, direi. Hai ancora una possibilità di raggiungermi mentre sono a Grethon. Mi hai fatto perdere un bel po' di tempo, ma sono convinto che tu sia un valido componente per l'Alleanza.
Ti aspetto.
Aren terminò di leggere la lettera in poco tempo. Era felice: Merran non solo aveva pensato a tutto, ma aveva saputo fin dall'inizio che Aren sarebbe tornato. Non lo aveva abbandonato! Sentì per la prima volta di essere importante per la Missione e sentì di essere ben voluto. Non era un peso o un impiccio. Ora sapeva cosa doveva fare e non aveva più dubbi. La strada gli appariva chiara e limpida davanti a lui, doveva solo seguirla.
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