CAPITOLO 12 - UN DIFFICILE ADDIO
Aren corse immediatamente alle scuderie del paese, dove trovò il suo fedele Euter, che quando lo vide scalpitò di gioia e nitrì rumorosamente. Il cavallo era stato accudito con cura, nutrito, strigliato, lavato e tutto quanto. Sembrava proprio nel pieno delle sue forze e impaziente di partire per respirare di nuovo l'aria della libertà col suo padrone. Aren lo fece uscire e lo abbracciò forte, contento di poter riavere il suo compagno di avventure.
‹‹Sei pronto per partire?›› gli chiese Aren portandolo verso casa di Maula. Il cavallo sbuffò.
‹‹Pazienta ancora un po', aspetteremo l'alba. Prima devo salutare.›› replicò il Guerriero. Il cavallo non sembrò molto contento, ma non fece storie.
Una volta fuori, Aren fu sorpreso da una leggera folata di vento, che gli scompigliò il ciuffo di capelli castani sulla testa. Fu come una doccia fresca, fugace e rinvigorente, sembrava sollecitare il Guerriero fuori dalle mura del Paese, nel mondo che lo aspettava fuori. In quell'aria, il giovane respirò una sensazione di novità, come se il vento stesse voltando le pagine del libro della sua avventura. Era vero, un capitolo del suo viaggio si stava concludendo ed Aren era ormai pronto ad andare avanti, ma c'era ancora qualcosa che lo ancorava nel presente. Il giovane sapeva che non se ne sarebbe andato da Liethon senza sistemare le cose con Danya. Non sapeva come avrebbe fatto ad annunciarle una simile intenzione, quella di andarsene, perché neanche lui era sicuro di come entrambi avrebbero reagito; era come saltare nel vuoto.
La mente di Aren era ancora avvolta in questi pensieri quando arrivò a casa di Maula. Il Guerriero lasciò Euter fuori ad aspettarlo, quindi entrando iniziò a prepararsi per la partenza. Si cambiò con degli abiti adatti al viaggio e lasciò i vestiti prestatigli da Rhog su una sedia. Riempì una delle sue sacche di provviste attingendo dalla dispensa di Maula; prese solo quello che bastava per arrivare da lì a Freithen, non volendo approfittare troppo della donna, e per lo stesso motivo mise qualche moneta al posto delle provviste che aveva preso. Raccolse i pochi averi che aveva lasciato nella casa e li mise anch'essi in una delle borse. Infine riprese in mano la sua amata Neyrost, reduce della sua prima battaglia. Essa era ricca di graffi e sporcizia, perciò il Guerriero spese qualche minuto per lucidarla in modo approssimativo, il minimo indispensabile per ridonarle l'aspetto degno del suo nome.
A lavoro terminato si potevano ancora scorgere alcuni graffi riportati in battaglia, ma ad Aren non dispiacevano. Ora Neyrost sembrava brillare di una luce nuova, diversa da quella che aveva quando era appena stata forgiata: se allora la sua bellezza era dovuta alla novità e alla splendida fattezza, ora a tutto questo si aggiungeva l'orgoglio di aver combattuto per la prima volta. Adesso era una vera e propria spada, degna di un vero e proprio Guerriero. Aren sorrise mentre scorse il brillio dei suoi occhi riflessi nella lama: anche lui si vedeva diverso, dopotutto era stata anche la sua prima battaglia. Adesso non si sentiva più un ragazzino impaziente di impugnare la sua prima, vera arma e scendere in battaglia. Aveva ormai scoperto la brutalità della guerra, assaporato la sensazione di uccidere e aveva imparato l'amara lezione. Grazie a quelle esperienze, finalmente riflesso nella lama riusciva a riconoscere un uomo, un Guerriero.
Mentre riponeva Neyrost nel fodero e se lo legava in vita, la porta d'ingresso si spalancò con violenza e Danya irruppe nella sala come un uragano, seguita da Maula, la quale aveva un'espressione preoccupata sul volto. L'allegria che aveva mostrato Danya quella sera alla festa era ora svanita del tutto: i capelli erano tutti spettinati e non ormai c'era più neanche l'ombra del sorriso che solo qualche ora prima le si apriva sul volto; nei suoi occhi bruciava un terrore che risaliva a quando la sua famiglia era stata smembrata dai traffici di schiavi degli Elfi. Aveva perso la sua famiglia, allora, e la nuova famiglia che aveva appena trovato stava per andare via. In quel momento, Aren dubitò di quello che stava per fare, ma ormai aveva deciso. Danya puntò il suo sguardo di fuoco contro il giovane, e non appena vide come era vestito l'espressione nei suoi occhi da fiamma vivace divenne rigido marmo.
‹‹Cosa stai facendo?›› chiese con voce che Aren non le riconobbe, tanto era glaciale. Maula le cinse le spalle con fare materno e rivolse ad Aren l'ultimo sguardo che si sarebbe mai aspettato da lei: di approvazione. Maula aveva capito che c'era qualcosa sotto, qualcosa che aveva spinto Aren a prendere una decisione così inaspettata. Ciò diede un enorme sollievo al giovane, che trovò così un'ancora a cui aggrapparsi in un momento così instabile come quello: il Guerriero sapeva infatti che cosa dovesse fare, ma sarebbe stato abbastanza forte da dire addio alla sua amata?
‹‹Danya...›› esordì Aren cercando le parole giuste tra tutte quelle che gli venivano in mente. Non riuscì, tuttavia, a riordinare tutte i pensieri che gli ronzavano nella testa. Per fortuna ci pensò Maula a predisporre le basi del confronto.
‹‹Rhog ci ha detto che ti stavi preparando per partire e che ci avresti aspettato qui. Nient'altro.›› spiegò e comunicò ad Aren con gli occhi che avrebbe dovuto spiegarsi bene. Aren ricevette il messaggio.
‹‹Ascolta, in ogni caso lo sai che non sarei potuto restare a lungo: devo ritornare a Saithon ora che ho completato la mia Missione.›› cominciò a dire con prudenza. Sapeva che stava solo accampando delle scuse e che il suo vero intento non era quello di tornare al Paese del Coraggio, ma sperava di riuscire a giungere al nocciolo della questione cautamente.
‹‹Non vedo dov'è l'urgenza, il tuo paese è sempre lì. Avresti almeno dovuto parlarmene o aspettare qualche altro giorno.›› replicò lei incrociando le braccia al petto.
‹‹È stata una decisione improvvisa.›› si giustificò Aren. ‹‹Ma non è per questo che ho così tanta urgenza da partire così senza preavviso. Ti giuro che non ti avrei mai lasciata qui così se si fosse trattato solo di questo.›› cercò poi di rassicurarla accarezzandole la guancia, ma lei gli allontanò la mano dalla faccia.
‹‹Allora non capisco.›› disse in un gelido sussurro, iniziando a camminare con nervosismo per la stanza. ‹‹Perché devi andare via così, proprio adesso. Cosa c'è di così importante che non mi hai detto?›› Arrivava ora la parte più difficile per Aren: cercare di far capire a Danya l'incombenza e l'urgenza della sua Missione senza però rivelarne i dettagli.
‹‹Qualcosa di troppo importante per essere ignorato... e io l'ho ignorato fin troppo. È vero, questa mia mancanza mi ha portato cose fantastiche come te e tutto quello che è successo, però non posso aspettare ancora, per questo devo partire.›› rispose il Guerriero cercando di essere il più convincente possibile. Da dietro Danya, Maula gli fece un cenno positivo, il che gli diede nuova forza. Danya, invece, iniziò a tremare leggermente. Non avendo parole per rassicurarla, Aren la abbracciò forte. La ragazza, però, si divincolò. Era visibilmente irritata.
‹‹Ci siamo dichiarati questa mattina, questa mattina! Non vuol dire niente per te? Non sono così importante per te?›› esclamò scuotendo la testa. Ad Aren dispiacque immensamente sentire quelle parole, perché lui teneva molto a Danya, più di qualsiasi altra cosa, ma effettivamente avrebbe avuto modo di mostrarle tutto il suo affetto allungando la sua permanenza a Liethon, vivendo a fondo la sua vita di coppia con Danya. Era difficile anche per lui, lasciarla proprio ora che i due si erano aperti reciprocamente. L'incombenza di raggiungere Merran per riprendere una Missione così importante lo riempiva di determinazione. Era la cosa giusta da fare, anche se la più difficile.
‹‹Danya, ti giuro che se non fosse così importante non ti abbandonerei mai. Non potrei mai farlo, ma devo.›› cercò di convincerla il giovane con le sue ultime forze. ‹‹Mi dispiace non poterti dire con precisione di cosa si tratta, ma ho promesso massima segretezza a riguardo.›› Non sapeva più cosa dire. Sul volto della ragazza era dipinta la disperazione e lacrime amare solcavano le sue guance, ma la sua espressione era determinata. Aren poteva sentire gli ingranaggi del cervello della ragazza che lavoravano per mettere insieme le informazioni.
‹‹Quindi mi hai mentito.›› intuì, tenendo lo sguardo basso. Aren rimase impietrito; quelle parole furono come una freccia conficcata nel suo petto. Quel che era peggio: Danya aveva ragione.
‹‹Mi hai mentito: non stavi cercando una Missione quando ci siamo incontrati.›› ripeté piantando le sue iridi in quelle di Aren. ‹‹Perché offrirmi di riportarmi qui, allora, se questa tua... cosa è così importante. Perché illudermi così?›› Il giovane si ritrovò nella situazione di non sapere più come risponderle. Non riusciva a tenerle testa, principalmente perché era stato lui a cacciarsi in quel guaio e ora ne pagava le conseguenze; in secondo luogo, era chiaro che ormai Danya non stava più ragionando sulle cose da dire, bensì sputava fuori le prime cose che le passavano per la testa.
‹‹È complicato...›› fu l'unica cosa che Aren riuscì a dirle, al che la ragazza sbuffò. A quel punto, non gli restava altro che cercare di cambiare discorso.
‹‹Non posso spiegartelo così, su due piedi. Mi ci vorrebbe del tempo.›› spiegò, pregando che Danya si accontentasse di quelle poche parole, che si fidasse di lui.
‹‹Beh, io sono qui. Puoi dirmelo adesso.›› replicò però Danya, appoggiando stizzita le mani sui fianchi. Aren avvertì dentro di sé l'irritazione crescere, ma tentò di soffocarla come meglio poté; non voleva litigare, non con Danya.
‹‹Lo farei, ma devo partire il prima possibile... è una questione davvero impellente.›› si giustificò quindi, sperando di riuscire ad essere convincente.
Calò un velo di silenzio nella stanza, il giovane ne avvertì il soffocante peso sopra la sua testa. La discussione non aveva preso una piega che lo soddisfacesse: poteva capire che Danya fosse seccata dalla sua improvvisa decisione, considerato il fatto che lui non l'aveva nemmeno consultata, però si sarebbe aspettato da lei una reazione più matura, magari tentando di comprendere le ragioni del giovane. Dal nulla giunse, completamente inaspettata, la replica di Danya, che ruppe il silenzio come se fosse il dardo di una fionda che infrange una spessa vetrata.
‹‹Parto con te, allora.›› propose la ragazza con fare apparentemente autoritario, eppure Aren avvertì nella sua voce un tremolio che ne tradì l'insicurezza. A quel punto, Maula decise di intervenire.
‹‹Tesoro, sii ragionevole per piacere...›› cercò di persuaderla con una buona dose di tenerezza nella voce, ma la ragazza non volle sentir ragione.
‹‹No! Non posso sopportare un'altra perdita! Non posso sopportare di essere separata di nuovo da tutto ciò che mi resta!›› urlò Danya, ormai fuori di sé, mentre le lacrime le bagnavano ininterrottamente le guance. Aren provò compassione: poteva solo immaginare come si sentisse in quel momento la ragazza, che dopo aver riguadagnato una felicità a lungo sperata se la vedeva svanire davanti agli occhi. Come poteva recarle tale danno? Però non poteva esporla al rischio della sua Missione. Dovevano mettere entrambi da parte i loro sentimenti e ragionare per il bene di tutti.
‹‹Mi piacerebbe poter affrontare il mio viaggio con te, Danya, ma è troppo pericoloso. Se ti succedesse qualcosa mentre sei con me non potrei mai perdonarmelo. Inoltre qui hai Maula, la tua gente e starai al sicuro...›› disse con l'ultimo rimasuglio di persuasione che gli rimaneva.
‹‹Non sarò mai felice qui come lo sono stata con te. Sei l'unico che sa quello che ho passato, speravo tu lo avessi capito...›› sussurrò Danya, anche lei allo stremo delle forze.
‹‹Ma tornerò! Ti prometto che tornerò.›› provò a rassicurarla Aren, ma venne subito interrotto.
‹‹Potresti non farlo...›› replicò infatti la ragazza. Nei suoi occhi il Guerriero poté distinguere una sorta di lotta interiore, ma non seppe interpretarla. ‹‹Aren, noi siamo qui e ora! Io voglio stare con te adesso, non in un futuro incerto... vengo con te, voglio venire con te.›› continuò Danya impuntandosi; a questo punto era palese che le emozioni avevano preso il sopravvento sulla ragione. Maula intervenne allora in aiuto di Aren per riportare la ragazza sulla corretta via.
‹‹Aren ha ragione, Danya. Qualsiasi cosa lui debba fare, non può esporti al rischio. Non credere che per lui sia una decisione tanto facile da prendere.›› lo appoggiò la donna. Aren sperava che sentendoselo dire anche dalla balia, Danya avrebbe dato loro ascolto, invece sul volto della ragazza si dipinse lo sconforto di un cuore tradito.
‹‹Perché non riuscite a capirmi? Non sto dicendo niente di sbagliato!›› chiese con sempre più lacrime che le sgorgavano dagli occhi. Ad Aren si dilaniava il cuore nel vederla in questo stato e più di ogni cosa al mondo avrebbe voluto stringerla a sé, dirle che aveva ragione e rinunciare a tutto il resto, pur di non farla soffrire, ma non era questa la verità. Represse con molta fatica questo primo istinto e decise di mantenere la sua posizione saldamente, con l'intenzione di riportare Danya alla ragione.
‹‹Ti prego, Danya, pensaci su bene...›› la implorò, ma per lei fu l'ultima goccia.
‹‹Sto solo cercando di stare con te, è così stupido da chiedere?!›› urlò in preda alla rabbia. ‹‹Mi chiedi di ragionare come se fossi una stupida bambina, ma non pensi neanche per un secondo a quello che sto passando! Non ci tieni a me, ma solo alla tua stupida Missione. Sei un egoista!›› Per Aren fu una profonda pugnalata che gli provocò del vero dolore fisico. Sapeva che probabilmente Danya non pensava fino in fondo le cose che stava dicendo, ma non poté fare a meno di sentirsi in un qualche modo tradito dalla persona a cui più si sentiva legato. Ferito nei sentimenti e nell'orgoglio, sentì la rabbia affiorargli da dentro e sgorgargli dalla bocca. Sapeva che litigare non avrebbe portato a niente, ma purtroppo aveva esaurito la pazienza,
‹‹Sei tu egoista! Ed immatura, per giunta.›› urlò a sua volta in uno slancio di impulsività, ignorando la ragione che lo supplicava di smettere immediatamente. ‹‹Non puoi chiedermi di fare una cosa del genere, lo sai che rischi la morte accompagnandomi?››
Come c'era da aspettarsi, quelle parole ebbero lo stesso effetto su di Danya che quelle della ragazza avevano avuto su Aren, con l'unica differenza che, al posto di replicare con ulteriori urla, Danya si pietrificò. Quelle parole per lei erano state molto dolorose, pronunciate proprio dal Guerriero. Questi si pentì immediatamente di aver dato sfogo alla sua impulsività, così cercò di calmarsi.
‹‹Senti, non litighiamo, proviamo a ragionare...›› mormorò avvicinandosi a lei, che però indietreggiò.
‹‹Vattene, visto che ci tieni tanto.›› gli disse voltandosi. Aren non la prese sul serio.
‹‹Danya...›› insistette, cercando di accarezzarla con una mano, che però venne allontanata da un violento schiaffo da parte della ragazza.
‹‹Vattene!›› ripeté con un grido quasi disumano, per poi scoppiare in un pianto incontrollabile.
‹‹Danya!›› la rimproverò Maula, molto dispiaciuta da quell'ultimo scambio di battute. La donna corse ad abbracciare Danya nel tentativo di consolarla, ma la ragazza non aveva più la forza di volontà per fermare le lacrime e i rumorosi singhiozzi.
Aren, invece, rimase come di pietra. Le poteva sentire, le lacrime amare che gli salivano agli occhi, ma le ricacciò indietro. Voleva urlare, esprimere con violenza tutto il suo dolore, ma volle mostrarsi forte agli occhi di Danya. Non ebbe, però, la forza di dare retta alla ragione, così fece la prima cosa che gli venne in mente. In preda al rancore, raccolse i suoi averi e si avvicinò alla porta della casa, spalancandola. L'aria fredda della notte gli schiaffeggiò il viso e da lontano si sentivano ancora i rumori degli abitanti di Liethon in festa, fattore che fecero riaffiorare le lacrime al giovane. Prima di uscire, si voltò verso Danya, che gli mostrava le spalle, in ginocchio per terra, con gli occhi coperti dalle mani e i capelli tutti scompigliati che le celavano il volto. Non volle neanche salutarla. Al suo fianco, però, Maula sembrava così mortificata e confusa che non se la sentì di lasciarla in quel modo.
‹‹Grazie per tutto quello che hai fatto.›› le disse con una voce che non riconobbe. La donna sembrò come se si fosse appena resa conto di quello che stava per accadere; fece per alzarsi, ma Aren stava già uscendo dalla porta, deciso a partire immediatamente.
Fuori, Aren fece per montare sulla groppa di Euter, ma venne fermato da Maula, che lo aveva raggiunto. Il Guerriero soffocò nuovamente le lacrime; non voleva piangere di fronte alla balia.
‹‹Aspetta Aren!›› stava esclamando questa. ‹‹Danya non pensa veramente quello che dice...›› Aren, però, la interruppe. Non se la sentiva di cominciare un nuovo dibattito, altrimenti avrebbe sicuramente ceduto alle lacrime, cosa che voleva assolutamente evitare.
‹‹Hai sentito cos'ha detto. Io non voglio partire e stare senza di lei, ma non ho altra scelta. Lei non vuole ragionare, ma io non posso aspettare ancora.›› rispose con non voluta freddezza. Dentro di lui tuonava un mare impetuoso di tristezza e rancore, ma niente passava oltre la barriera di forza che il Guerriero aveva eretto per frenare i suoi sentimenti. Maula capì immediatamente la situazione; frenò la fiumana di parole che Aren era sicuro avrebbe voluto dire e sospirò con malinconia.
‹‹Va bene, mi dispiace che sia finita così. Ti devo comunque ringraziare di tante cose...›› cominciò a dire, ma si interruppe subito, poiché, di fianco a loro, Euter nitrì e pestò uno zoccolo a terra, pronto per la partenza e vibrante di energia.
‹‹Devi partire...›› constatò Maula, troncando il suo discorso. ‹‹Sarà per la prossima volta.›› aggiunse. Aren rimase sorpreso: la donna sembrava dare per scontato che ci sarebbe stata una prossima volta. Il giovane le invidiò tutta quella fiducia, poiché in quel momento tutto il suo ottimismo era come svanito nel nulla.
Maula lo aiutò a sistemare le ultime cose per il viaggio, poi lo salutò con un cenno affettuoso e rientrò nella sua casa. Aren, rimasto solo, inspirò profondamente e trattenne per l'ennesima volta le lacrime che premevano con insistenza sotto le palpebre. Ora più che mai sentiva il bisogno di piangere, ma il suo ostinato orgoglio continuava a resistere. In quello stato, si incamminò verso le porte di Liethon, conducendo Euter tramite le briglie. Come in una sorta di trance si ritrovò fuori dal paese ad osservare il sentiero che lo avrebbe condotto al fondo della Valle dei Fiumi. Il cielo sopra di lui era costellato di stelle, ma il giovane non riusciva a distinguerle: offuscate com'erano dalle lacrime che gli coprivano le iridi sembravano delle piccole perle, lucenti e sfocate.
Scuotendo la testa nel tentativo di risvegliarsi, Aren montò su Euter, che si incamminò per il sentiero prendendo sempre più velocità, finalmente libero di correre e sprigionare la sua immensa energia. Poco distante, il Sereno discendeva le ripide pareti delle pendici del Picco Bianco, ora serpeggiando nel terreno, ora compiendo piccoli salti; la sua corrente era torrentizia, rapida, irrefrenabile e potente. In poco tempo Aren ed Euter raggiunsero l'imbocco del sentiero nella Valle. Da qualche parte lì vicino era stata combattuta la difesa di Liethon dall'attacco dei Barbari, il tumulo dei quali era impossibile da distinguere al buio. Da quel punto il Paese della Forza si scorgeva in lontananza, ma abbastanza perché ad Aren venisse un nodo allo stomaco. Danya era lì, e il suo cuore anelava a tonare indietro, a riabbracciarla e non lasciarla mai più, ma ormai aveva preso la sua decisione. Era ancora molto arrabbiato con lei per le cose che gli aveva detto, eppure sentiva che se l'avesse rivista in quel preciso istante non sarebbe stato più capace di allontanarsi di un solo centimetro. Gli ci volle qualche attimo prima di riuscire a voltare le spalle a Liethon e ripartire assieme ad Euter.
Cavalcò per qualche minuto in direzione Ovest mentre una scia di lacrime si disperdeva nell'aria alle sue spalle. Non riusciva più a trattenerle ora che era rimasto solo coi suoi pensieri, lontano dalla vita che aveva conosciuto in quegli ultimi giorni. Poiché non riusciva più a distinguere nulla per via delle lacrime, si fermò bruscamente e smontò dal suo cavallo. Sfogò tutta la sua rabbia cacciando un urlo che riecheggiò per la valle, rimbalzando sulla roccia delle montagne. Improvvisamente privo di ogni energia, si accasciò sul terreno, seppellendo il viso tra le braccia incrociate sulle ginocchia e pianse. Era arrabbiato con Danya, ferito, ma era ancora più arrabbiato con se stesso: agendo d'impulso aveva tracciato un solco tra loro due. Se n'era andato e sarebbe stato lontano per molto tempo prima di rivedere l'amata. Non aveva neanche avuto la decenza di dirle addio, non aveva neanche avuto la decenza di rimanere e tranquillizzarla in un momento in cui lei aveva solo bisogno di affetto! Non c'era modo di tornare indietro, sarebbe stato inutile farlo per poi ripartire di nuovo. Non gli restò altro che piangere per ciò che era successo. Così pianse finché non ebbe più lacrime da piangere, finché una pallida luce proveniente da Est illuminò debolmente il suo volto; il cielo buio della notte si tinse di arancione e rosa come un disegno ad acquerello su una tavola infinita.
Era l'alba; l'alba di un nuovo viaggio e l'ora definitiva per un nuovo Aren di partire per la sua vera Missione. Il Guerriero inspirò, si rimboccò le maniche e si alzò asciugandosi il volto con le mani. Decise che la cosa migliore da fare in quel momento non era concentrarsi sul passato, ma pensare al futuro. Riprese il viaggio con la promessa di mantenere un atteggiamento maturo e positivo. Il suo piano consisteva nel cavalcare incessantemente fino al tramonto, a quel punto si sarebbe fermato per la notte, per far riprendere fiato ad Euter e per mettere qualcosa sotto ai denti, poiché in sella al cavallo poteva accontentarsi solo di qualche spuntino veloce. Il Guerriero sperava di raggiungere Merran prima dello scadere del tempo che aveva chiesto allo Stregone di aspettarlo a Freithen. Quanto tempo era passato? Almeno due settimane da quando era partito con Danya dalla Città dell'Onore, il che significava che aveva ancora qualche speranza di arrivare a Freithen entro ancora due settimane di viaggio. Questo, però, nel caso in cui lo Stregone lo avesse aspettato veramente. In fondo, Aren non aveva fatto altro che creare impiccio allo Stregone fin dall'inizio del loro viaggio. Merran non aveva quindi alcun dovere nei suoi confronti, aveva tutte le ragioni di abbandonarlo e cercare un altro componente, nulla glielo vietava. Aren si vergognò della sua condotta precedente, troppo entusiasta ed egoista. Aveva pensato a ciò che voleva lui, non a ciò che bisognava fare per la Missione. E anche nel caso Merran lo avesse aspettato, gli aveva fatto perdere un mese di tempo per un suo capriccio. Si rallegrò che almeno quel capriccio lo avesse aiutato a maturare più di prima, ciononostante era stato perso tempo prezioso alla Missione. La sosta programmata per quella notte sarebbe stata una delle rarissime che si sarebbe concesso da lì fino a Freithen. Avrebbe viaggiato anche di notte per arrivare in tempo. Sperava, così, di farcela. Nel suo viaggio di andata, infatti, non aveva viaggiato alla stessa velocità e si era fermato più volte; questa volta avrebbe impiegato molto meno tempo. Il giovane acquisì una nuova speranza: forse ce l'avrebbe fatta. Nuova energia scorreva nelle vene del Guerriero, che non vedeva l'ora di tornare da Merran come un uomo nuovo. Non avrebbe più voltato le spalle alla sua Missione, non avrebbe più dubitato di se stesso, o almeno ci avrebbe provato. Ormai aveva scoperto chi fosse e aveva trovato la sua parte mancante in Danya. Ora si sentiva un uomo completo e sperava che Merran lo riconoscesse come tale. Basta azioni incoscienti, litigate, ribellioni, voglia di libertà e capricci. Avrebbe affrontato le difficoltà faccia a faccia come aveva fatto correndo da solo contro un esercito nero. Niente lo avrebbe più fermato.
Quando il sole tramontò in un mare di colori davanti agli occhi stanchi di Aren, ormai aveva percorso parecchia strada. Nonostante l'ottimismo iniziale, non era riuscito a liberarsi del senso di colpa per aver lasciato Danya così bruscamente e si sentiva sfinito, sfibrato dell'energia vitale necessaria ad andare avanti, tuttavia era arrivato quasi a metà strada tra Liethon e il Grande Lago del Sud, cosa che lo rallegrò parecchio. Aveva infatti impiegato la metà del tempo di quanto ci aveva messo all'andata. Il paesaggio roccioso di montagna attorno a lui era selvaggio e la vegetazione era composta principalmente da arbusti e larici sparsi qua e là, mentre le rocce erano coperte di muschio e licheni. Il fiume, alla sua sinistra, era meno violento di quando lo aveva costeggiato quella mattina, ma il suo rumore era lo stesso un boato di potenza. Aren stimò che in poco tempo sarebbe arrivato alle foreste di pini e querce che aveva visto all'andata, lì il fiume sarebbe diventato un tranquillo rigo d'acqua, comportamento che dava il nome al rivo, limpido e pronto a immergersi nelle calme acque del lago. Poi ci sarebbero state le foreste di betulla e i campi infiniti della pianura e infine l'azzurro lago. Proseguendo oltre ad esso in direzione Ovest, percorrendo un tratto di pianura, si sarebbe arrivati al tratto finale del corso del Grande Fiume del Sud, le cui enormi acque, alimentate dai due emissari del lago, avrebbero reso il terreno molto paludoso, ma fertile. Le Paludi del Delta erano vastissime e comprendevano molto territorio a della parte occidentale del regno dei Guerrieri. Presso le paludi abitavano dei Guerrieri contadini che sfruttavano la fertilità incredibile della zona coltivando una grande varietà di prodotti. Quel territorio costituiva la principale fonte di ricchezza del regno dei Guerrieri: tra le piantagioni si coltivavano anche prodotti molto ricercati dagli Elfi, abitatori dei boschi, nel lontano Nord-Ovest di Algorab.
Aren, pensando alle incredibili bellezze della sua terra, si scelse un posto sotto ad una roccia sporgente come riparo per la notte. Euter si rinfrescò nelle acque del fiume, privato di sella, briglie e borse, e si rifocillò dell'erba che trovò poco lontano. Intanto Aren preparava la sua cena con alcune provviste che aveva preso dalla casa di Maula. Si cucinò un caldo brodo di verdure che lo avrebbe scaldato durante la fredda notte. Consumò la cena proprio quando il sole era ormai calato oltre l'orizzonte e il cielo si costellava di tremolanti stelle. Quella notte non si soffermò ad osservarle come suo solito, perché avrebbe dovuto riposarsi bene in vista del lungo viaggio dell'indomani. Si sarebbe svegliato all'alba e sarebbe partito quasi subito, per poi fermarsi al tramonto per mangiare e ripartire nuovamente viaggiando tutta notte. In questo modo avrebbe raggiunto il Grande Lago entro l'alba del giorno dopo e avrebbe potuto riposarsi almeno fino a mezzogiorno. Perciò, non appena si coricò sulla schiena con le braccia incrociate sotto la nuca, si addormentò immediatamente.
Un rumore di zoccoli in lontananza lo strapparono dal sonno. Aren fu subito sveglio e vigile, per nulla intorpidito dal sonno, frutto dell'allenamento da Guerrieri impartitogli fin da piccolo. A giudicare dal cielo tendente all'azzurro ad Est, mancava poco all'alba. Alla sua sinistra, Euter dormiva tranquillamente, perciò il rumore che aveva sentito non poteva essere stato lui. Con cautela e furtività, sgusciò fuori dal suo giaciglio, che gli sarebbe stato d'impiccio in un'ipotetica lotta. Si spostò invece proprio dietro la roccia sporgente, in modo da avere una visuale abbastanza complessiva del fiume e del suo rifugio senza però essere visto. Si rammaricò del fatto che non aveva fatto in tempo a nascondere le sue cose, ma non poté farci nulla. In pochi secondi sentì il rumore di zoccoli farsi sempre più intenso. Aren scartò l'ipotesi di un cavallo solitario: non aveva visto molti pascoli lì intorno; con molta probabilità si trattava di una persona in groppa ad un destriero. Il misterioso rumore giungeva dalla sinistra del Guerriero, da Est. In poco tempo comparve una figura che, come Aren aveva previsto, si rivelò essere un cavaliere ammantato e incappucciato. Cavalcava molto in fretta, ma quando vide i resti dell'accampamento di Aren, si fermò immediatamente e si avvicinò smontando dal cavallo. Nella luce ancora soffusa della notte, Aren non riusciva a scorgere il volto del cavaliere, né a distinguerne la figura. Questi sembrava molto interessato all'accampamento del Guerriero, poiché ne esaminava i dettagli con attenzione, fatto che mise Aren ancora più in guardia. Il Guerriero decise di coglierlo da dietro, immobilizzarlo e interrogarlo. Perciò fece silenziosamente il giro largo del nascondiglio fino a che non si ritrovò dietro al cavaliere, che intanto sembrava cercare qualcosa con affanno. Aren scattò subito in avanti e immobilizzò a terra l'estraneo, che, colto alla sprovvista, non oppose alcuna resistenza. Mentre veniva spinto a terra, il cavaliere cacciò un urlo di spavento... un urlo che Aren riconobbe all'istante.
‹‹Danya?›› domandò incredulo mentre lasciava immediatamente il corpo che stringeva a sé. Davanti a lui, la figura si rialzò ansante. Aren riconobbe il luccichio di capelli color rame della sua amata, e per poco non si mise ad urlare. Non sapeva dire se era felice o molto arrabbiato. Probabilmente entrambi. Tuttavia, la gioia di rivederla di nuovo soffocò ogni altra sensazione.
‹‹Che ci fai qui? Non dirmi che mi hai inseguito...›› esclamò con tono di rimprovero mentre aiutava Danya ad alzarsi. Ora poteva vederla meglio: aveva la faccia stremata, ma felice. La ragazza li gettò subito le braccia al collo.
‹‹Oh Aren, sono così felice di averti raggiunto!›› esclamò affondandogli la faccia nel petto. ‹‹Scusa, scusa per tutto...›› Aveva il viso completamente umido di lacrime, che continuavano a scorrerle sulle guance senza sosta. La ragazza ripeteva scuse, riempiendo la faccia di Aren di dolci baci.
‹‹Ti ho detto che non puoi venire con me, è troppo pericoloso!›› le ricordò Aren stringendola a sua volta, quasi ridendo, quasi piangendo.
‹‹Non avrei dovuto dirti quelle cose...›› continuò Danya, la faccia che affondava nella camicia di Aren. ‹‹È solo che... non capivo più niente, mi sembrava di sprofondare in un pozzo senza fondo, senza luce...›› A quelle parole, Aren non poté che sentirsi in colpa per aver trattato i sentimenti di Danya come dei capricci egoisti. Era chiaro che per lei non era stato facile accettare la sua partenza.
‹‹Mi dispiace per averti lasciato così. È vero, le tue parole mi hanno ferito e non posso negarlo...›› ribatté il giovane affondando il volto tra i capelli della ragazza. ‹‹Però non ho pensato a quanto potesse essere grave per te una mia decisione così improvvisa, e ho ragionato come se i tuoi sentimenti non contassero nulla di fronte a ciò che devo fare. Abbiamo entrambi contribuito.›› ammise.
‹‹E tu che ti lamenti di non essere un uomo maturo...›› commentò ironicamente Danya, alzandosi sulla punta dei piedi per strappare ad Aren un bacio, al quale il giovane si lasciò abbandonare. Anche se solo per poche ore, gli era terribilmente mancata la presenza della ragazza al suo fianco, eppure le argomentazioni per cui Danya non sarebbe dovuta partire con lui erano ancora più che valide.
‹‹Questo però non cambia come stanno le cose: è troppo pericoloso per te accompagnarmi. Non sai neanche a cosa stai andando incontro!›› le disse non appena si separarono.
‹‹Affronteremo il pericolo insieme.›› replicò Danya, facendosi seria d'un tratto. ‹‹Dopo mezz'ora dalla tua partenza mi sono subito resa conto di come ho reagito e dovevo assolutamente rimediare al mio errore, non sarei riuscita a vivere senza togliermi questo peso da dentro... e non voglio che la nostra storia finisca in quel modo. Mi capisci, vero?›› Aren capiva, perché era esattamente quello che anche lui provava, ma non riuscì ad esprimersi a parole, perciò si limitò ad annuire mentre alcune lacrime di gioia gli affiorarono dagli occhi.
I due rimasero abbracciati per qualche minuto, l'uno perdendosi nelle pupille dell'altro. Avvertendo la vitalità e l'amore di Danya attraverso il tocco delle sue mani attorno al suo collo, Aren sentì che non aveva la minima intenzione di separarsi da lei, anche se una piccola sensazione dietro la nuca gli diceva che la ragazza sarebbe dovuta partire immediatamente per Liethon.
‹‹Non c'è modo di convincerti a tornare indietro, vero?›› le domandò, anche se sapeva già la risposta. Infatti, Danya scosse la testa con quel suo fare energico e quel suo brillio scoppiettante nelle iridi, al che Aren sospirò.
‹‹Sei incredibilmente testarda! E io che credevo che fossi tu quella più ragionevole tra noi! Ma... Maula?›› chiese. Aveva salutato la donna in un momento di rabbia e tristezza, e adesso era partita anche Danya. Come aveva reagito la balia?
‹‹Non ti preoccupare per lei. Ha protestato, ma sono riuscita ad avere la meglio. Non hai idea di quanto abbia corso la mia Vanel per raggiungerti...›› rispose la ragazza staccandosi da lui per accarezzare il ventre della sua cavalcatura: una bellissima giumenta color crema.
‹‹Inoltre, sono stata aiutata.›› continuò indicando due figure ai piedi della cavalla. Erano Phebe e Phrede. ‹‹Questi due gatti corrono come il vento: sanno tenere testa persino ad un cavallo. Non so se sono normali o creature fantastiche, ma non ho mai visto niente di simile.››
‹‹Phebe e Phrede sono un grande mistero.›› commentò Aren, liquidando in fretta quella questione indecifrabile. Poi prese Danya per la vita, la sollevò e fece un paio di giravolte ridendo. ‹‹Però sono troppo felice che tu sia qui con me!›› I due risero insieme per un po', come se il loro litigio di qualche ora prima fosse in realtà un fatto accaduto da anni ormai dimenticato.
‹‹Ti accontenterò, ma solo perché è troppo tardi per rimandarti indietro.›› acconsentì infine Aren, e Danya lo ricompensò con uno dei suoi vispi sorrisi.
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