CAPITOLO 11 - IL RICHIAMO
Urla di gioia e ovazioni riempivano la valle. Provenivano dagli animi euforici dei Guerrieri di Liethon, tutti raggruppati al centro del campo di battaglia. In realtà quello non sarebbe stato il posto ideale per festeggiare: i corpi dei Barbari in putrefazione emanavano un odore nauseabondo e i cadaveri reduci delle battaglie precedenti, che non erano stati recuperati dai Barbari superstiti, iniziavano già a riempirsi di insetti e uccelli rapaci che ne divoravano le carni. Tuttavia i cuori degli uomini di Liethon gridavano agli dèi che avevano vinto, che avevano salvato il Paese della Forza con le loro stesse forze, che alla fine avevano dimostrato di essere dei veri Guerrieri, vincendo ogni paura e incertezza per difendere le loro case e le loro famiglie. Tra di loro, Aren veniva acclamato ininterrottamente da tutti con pacche sulla spalla, strette di mano, complimenti e abbracci. Tutti avevano una buona parola per lui e sulla bocca di tutti c'era la propria versione del gesto eroico di Aren. Ora il giovane era l'eroe del Paese e tutti gli erano riconoscenti per essere stato l'unico a prendere in mano la situazione con ferreo pugno e ad aver guardato il pericolo in faccia a petto gonfio. In verità ad Aren tutta quell'attenzione non era gradita fino in fondo. Egli era perfettamente cosciente che quello che era successo veniva ingigantito in chiave più leggendaria, quando in realtà lui non aveva fatto altro che seguire testardamente il suo istinto in un momento di frustrazione e impulsività. Perciò, essendo complimentato da tutti per una cosa di cui non si sentiva pienamente orgoglioso, si trovava in situazione di disagio. Inoltre, tutto ciò ricordava in parte quel giorno quando, tenuta in mano Vanetar, era stato scambiato per l'Erede e tutti gli si erano radunati attorno; era chiaro che quell'episodio pesava ancora sulla sua coscienza. Tuttavia, c'era comunque una parte di lui che si gloriava della benevolenza e delle lodi degli uomini di Liethon, quella parte di lui che ancora manteneva un po' della sua ambizione infantile. Nonostante tutto, comunque si sentisse Aren, il giovane venne sollevato sopra le teste dei Guerrieri e trasportato in trionfo fino a Liethon come il responsabile della vittoria, e l'atmosfera si fece così festosa che il cuore di Aren si riempì di euforia. Non era quello il momento di abbattersi, perché c'era solo spazio per la gioia e ogni istante di quei minuti andava assaporato fino in fondo.
Gli abitanti di Liethon, intanto, si stavano riversando nella valle scendendo dal Paese, così che gli uomini e le loro famiglia si incontrarono all'imbocco del sentiero che saliva verso il Paese. Erano tutti in festa: gli anziani avevano gli occhi velati di commozione, i bambini e le bambine correvano in giro giocando alla guerra rubando le armi dei loro papà, mentre le mogli si accalcavano per andare incontro ai loro mariti. A quel punto, Aren venne posato a terra, così che i Guerrieri e le Guerriere potessero riabbracciarsi. Il giovane, in ogni caso, era occupato a cercare Danya tra tutte quelle persone. In quel momento, gli importava solo di poterla vedere e stringere a sé e poco contava se i suoi sentimenti non fossero da lei corrisposti, perché era per lei, in fondo, che aveva combattuto. Scorse infine una massa di capelli rossi come il fuoco che si stava facendo largo tra la folla. Aren non si chiese neanche se la ragazza stesse cercando di raggiungere proprio lui, il suo primo desiderio fu quello di poterla incontrare il più presto possibile. Così anche lui si fece largo per correrle incontro. Quando furono lontani solo di pochi metri gli fu chiaro che Danya stava proprio andando verso di lui e la cosa lo sollevò a tal punto da credere di stare correndo sull'aria. Infine, i due si riunirono, ma prima che Aren ebbe il tempo di fare qualsiasi cosa, Danya si alzò in punta dei piedi, prese il volto del giovane tra le mani e lo attirò a sé per poi posare le labbra su quelle del Guerriero. Questi rimase talmente sorpreso che per un primo momento se ne stette fermo come un palo, al che Danya si separò da lui. Aveva le lacrime che le rigavano il volto, ma la sua espressione era felice. Non seppe bene come, ma Aren capì che Danya era cosciente del fatto che lui fosse innamorato di lei.
‹‹Lo sai, vero?›› le chiese alludendo proprio a ciò. Danya annuì in risposta.
‹‹Da quanto tempo?›› domandò allora il giovane, arrossendo un po'. La ragazza rise tra le lacrime e incrociò le braccia dietro al collo di Aren.
‹‹Da un po', stupido.›› rispose, allungandosi poi per strappargli un altro bacio fugace. ‹‹Lo sai bene che non sei capace di nascondere quello che ti passa per la testa.››
A quel punto anche Aren scoppiò a ridere, perdendo un po' di rigidità. Arrossendo posò le sue mani sui fianchi di Danya, quasi come se stesse toccando qualcosa senza il permesso; la ragazza, però, non diede segni di protesta.
‹‹Tu, invece?›› chiese Aren poi, curioso di sapere se anche Danya avesse nascosto i suoi sentimenti come aveva fatto lui, ma con più successo.
‹‹Diciamo che mi ci è voluto un po' più di tempo per realizzarlo.›› rivelò lei. ‹‹Prima non pensavo potesse trattarsi di più che una semplice amicizia, sentivo che il nostro legame fosse forte, ma ero ancora troppo confusa e presa dai miei problemi per dare peso alla nostra relazione. Durante il viaggio mi sono lasciata conquistare dalla tua tenerezza, ma ancora una volta per me c'era solo amicizia. In questi giorni, però, mi sono resa conto che tengo infinitamente a te e il solo pensiero di perderti mi creava un vuoto nello stomaco. Il resto è venuto un po' da sé.››
Aren capì esattamente cosa volesse dire: anche lui si era reso conto di essere innamorato in un preciso momento, mentre prima non aveva nemmeno considerato una connotazione amorosa nel loro rapporto. Nel sentire le parole di Danya, comunque, Aren non poté che provare una gioia immensa, quasi indescrivibile. Non poteva che essere il Guerriero più fortunato di Algorab, poiché la ragazza che amava ora contraccambiava il sentimento ed era lì tra le sue braccia. Non trattenne alcune lacrime di commozione che gli solleticarono le guance, lacrime che racchiudevano la felicità del momento, ma anche tutte le emozioni che aveva represso durante la battaglia. Questa volta fu il giovane a cercare le labbra della ragazza, e questa volta non ci fu più imbarazzo o sorpresa, solo l'armonia dei loro cuori che battevano in sincronia.
Ai Guerrieri attorno a loro, però, l'azione non passò inosservata; infatti, alcuni di loro si accorsero del bacio e, dopo un attimo di sorpresa, eruppero in una serie di fischi e applausi rivolti sia a Danya che ad Aren, che si separarono. Il giovane era paonazzo, la ragazza invece sorrideva senza imbarazzo alcuno. In un batter d'occhio gli uomini di Liethon si raggrupparono addosso ad Aren per rivolgergli i loro complimenti, mentre le donne fecero lo stesso con Danya, che si ritrovò a ridere e scherzare con le altre ragazze del Paese interessate a sapere qualcosa di più sul conto di Aren. Questi stava ricevendo molti consigli da parte dei Guerrieri su come trattare Danya e su come comportarsi da buon fidanzato. Ad un certo punto, gli si avvicinò persino Trest che, con aria da vinto ma sinceramente felice per lui, gli strinse la mano riconoscendo che alla fine Danya aveva scelto un buon Guerriero. Una volta che la calca si fu un po' diradata, Aren avrebbe voluto parlare di nuovo con Danya, ma in quell'istante il governatore di Liethon, in piedi su una roccia, stava chiamando a sé tutti gli abitanti per pronunciare un discorso. Tutti erano ancora commossi e gioiosi per la vittoria, ma si zittirono non appena il governatore alzò le braccia e sfoderò un sorriso di vittoria.
‹‹Amici miei, abbiamo vinto!›› urlò per iniziare e tutti esplosero in grida e applausi. Il governatore li lasciò sfogare un po', poi intimò di nuovo il silenzio.
‹‹I Barbari, da sempre nostri acerrimi nemici, terribili uomini, crudeli e primitivi...›› sputò a terra con disprezzo. ‹‹... hanno voluto attaccarci per rubarci la nostra casa. Erano consci, però, della nostra netta superiorità militare, tanto è vero che si sono alleati con uno sconosciuto nemico al Nord, dove le montagne producono molto metallo oscuro di cui sono costituite le nuove spade dei Barbari. Come se non bastasse, un cavaliere dall'armamento oscuro che non appartiene alla razza Barbara si è unito ai nemici in combattimento. Egli è stato il nostro peggior incubo.›› il volto dell'uomo si contorse in un'inquietante smorfia di disgusto e dolore. Nei suoi occhi Aren riviveva le emozioni provate quel giorno, la paura e l'orrore. Anche tra gli altri Guerrieri si diffuse un comune senso di lutto per tutti gli uomini persi per mano del Combattente Oscuro. Il governatore, comunque, si asciugò gli occhi umidi di lacrime e riprese.
‹‹Inutile descrivere quanto dolorosa è stata la comparsa di quest'individuo e penso che tutti noi stiano piangendo nell'animo le perdite subite.›› la sua voce si incrinò nel pronunciare queste parole. ‹‹Ogni Guerriero morto ha combattuto con valore e ha solo avuto la sfortuna di imbattersi in quell'orrido mostro. Propongo ancora qualche attimo di silenzio per compiangere i nostri compagni che abbiamo perduto e ci tengo a dire a ogni famiglia che è stata troncata che condivido il loro dolore.›› Detto ciò, chinò il capo, imitato da tutti i presenti. Nel silenzio generale, Aren poté sentire addosso il dolore di ogni singolo individuo e lo accolse nel suo animo per far tesoro di quei momenti d'orrore che la guerra, arte alla quale i Guerrieri sono devoti, porta con sé. Mai avrebbe dimenticato il fuoco che aveva arso alimentato dai corpi dei morti.
‹‹Ora che abbiamo reso Onore ai nostri compagni, invito tutti voi ad applaudire il vero artefice della nostra vittoria: Aren di Val Guerriera!›› pronunciò infine il governatore, nominando Aren con sorpresa di quest'ultimo, che in completo imbarazzo fu fatto salire sulla roccia proprio accanto al governatore. Questi accolse Aren al suo fianco e lo presentò alla folla che esplose in un boato di esultazione. Aren cercava con tutte le sue forze di non guardare a terra e di rivolgere lo sguardo ai tanti volti davanti a lui.
‹‹Quest'uomo è corso in faccia alla morte per uscirne trionfante: da solo ha osato affrontare i nemici quando nessuno di noi aveva il coraggio di farlo. Grazie a lui ci siamo ripresi e abbiamo rispedito quei pezzi di merda nel buco da cui provengono! È a lui che dedico la nostra vittoria!›› esclamò infine il governatore. Ci volle qualche minuto prima che tuti gli abitanti di Liethon smisero di acclamare non solo Aren, ma tutti coloro che avevano combattuto in quei giorni, e quando la folla iniziò a spargersi per ripulire tutto il campo di battaglia, Aren poté finalmente ritirarsi. Egli raggiunse subito Danya che era stata intanto affiancata da Maula; la donna gettò le robuste braccia attorno al collo del giovane e lo ringraziò infinite volte tra vari singhiozzi. Aren accolse il calore del suo abbraccio con affetto e quando si separarono vide che gli abbracci non erano ancora finiti. Infatti gli si stava avvicinando Rhog mano nella mano con una donna dall'espressione riservata e disponibile che teneva in braccio una piccola bambina sui cinque anni. I due Guerrieri si scambiarono l'ennesimo abbraccio, felici di essere usciti vittoriosi dall'attacco dei Barbari. Rhog, in particolare, sembrava aver appena ricevuto una bellissima notizia e restituì ad Aren un sorriso di gratitudine.
‹‹Adesso sei un eroe! Devo ringraziarti: sei stato molto coraggioso e ti dobbiamo molto.›› gli disse, ma Aren scosse la testa.
‹‹Non mi dovete niente: ho giurato di proteggere Liethon e l'ho fatto.›› replicò, al che Rhog sorrise.
‹‹Comunque tu la metta, stai pur certo che stasera verrai sommerso da una valanga di gente che vorrà conoscerti e parlarti.›› rispose il Guerriero. Aren rimase un po' spiazzato.
‹‹Stasera?›› ripeté. Rhog e la donna al suo fianco si scambiarono uno sguardo divertito.
‹‹Certamente, è stata annunciata poco fa una festa nella piazza principale del paese. Vestiti elegante.›› spiegò. Aren era disorientato: tra tutta la confusione si era perso l'annuncio.
‹‹Ma... non ho niente con me a parte qualche cambio.›› balbettò in cerca di qualche scusa, completamente deciso a non mostrarsi troppo in pubblico per evitare l'ennesima ressa di persone. Rhog, però, non si lasciò dissuadere e guardò sua moglie con complicità.
‹‹Allora mi sa che dovremo prestarti qualcosa. Mia moglie passerà a casa di Maula stasera prima della festa. A dopo.›› decise, quindi s'allontanarono.
Ad Aren, quindi, non rimase altro che rassegnarsi all'idea. Intanto, da lì a quella sera a Liethon ci sarebbe stato molto lavoro da fare per ripristinare il paese e la valle dove si erano svolti i combattimenti ed Aren avrebbe sicuramente contribuito. Per prima cosa il giovane restituì l'armatura che gli era stata data in prestito, quindi si arrotolò le maniche della camicia sugli avambracci e si unì alla squadra di lavoro che si stava dirigendo in quel momento verso l'accampamento. Questo venne smantellato in gran fretta e lo spiazzo d'erba, ridotto ormai in fanghiglia, dove esso era stato costruito venne rimodellato così che il verde potesse crescervi di nuovo come se nulla fosse accaduto. Dopodiche, i cadaveri dei Barbari che ancora costellavano la piana vennero raccolti e ammucchiati, formando così un enorme cumulo di corpi a cui venne dato fuoco; non ci furono cerimonie funebri per i Barbari, come c'erano state per i Guerrieri caduti negli scontri precedenti, ma alle ceneri nemici venne comunque data una sepoltura dignitosa, poiché essi erano morti combattendo e non erano fuggiti come i Barbari superstiti.
Liethon, invece, venne risistemata a festa. Tutte le mobilie accatastate per rinforzare le porte del paese ritrovarono il loro posto nelle case degli abitanti, che decorarono le vie e la piazza principale con lumi e striscioni colorati. Tutti diedero una mano, così che tra le persone serpeggiava un rasserenante senso di unità e fraternità, sapendo anche che la festa era dedicata a ciascuno di loro sia come individui che come collettività. Aren si sentì onorato di farne parte in qualche modo, anche se non era nativo di Liethon, e quando Danya gli si affiancò per lavorare assieme a lui, con un dolce e caldo sorriso che le appariva tra le labbra, non poté che lavorare con ancora più entusiasmo, ricambiando il sorriso della ragazza con un più timido, ma altrettanto raggiante sguardo d'intesa. Il Guerriero era così contento di starle vicino che non riusciva a trattenere i suoi occhi dal cercare quelli di Danya, che quando se ne accorgeva soffocava sempre un piccolo colpo di risa.
Infine, venne l'ora per ciascuno di tornare alle proprie case e prepararsi per la festa, la cui ora si stava avvicinando sempre più velocemente. Aren e Danya si riunirono con Maula e giunsero assieme a casa di quest'ultima; lì Maula corse in cucina per preparare qualche biscotto e bollire un po' d'acqua per il tè, mentre Danya insistette nel prendersi cura del pietoso stato dei vestiti di Aren, i quali erano tutti sporchi e sgualciti. Secondo la Guerriera era meglio affidarli a delle mani più attente di quelle di Aren, il quale però non voleva rifilarle i lavori più umili che altrimenti avrebbe fatto personalmente. Alla fine, tuttavia, il Guerriero si lasciò convincere, così approfittò del tempo che si era ricavato per lavarsi nella vasca da bagno e togliersi di dosso la tensione accumulata nei muscoli. Finalmente poté godersi qualche attimo di riposo, mentre l'acqua calda gli scioglieva i muscoli e gli rilassava le membra. Ben presto tale acqua divenne di un raccapricciante colore rosso sporco per via del sangue e della sporcizia che si erano accumulati sul corpo del giovane. Questi non se ne curò più di tanto, era felice che i combattimenti fossero terminati. Non l'avrebbe mai detto, ma tutta quella violenza cominciava a stancarlo. Certo, amava ancora tirare di spada, ma non aveva mai sperimentato la guerra come aveva fatto in quei giorni. Essa era molto più cruenta e meno eroica di come se l'era immaginata: aveva sempre pensato di sentirsi un eroe, un fiero Guerriero che combatteva per i suoi valori, e invece nel campo di battaglia non esisteva altro che la morte. Non era più nella guerra che Aren cercava ormai i momenti di felicità, ma piuttosto nello stare con le persone che amava e che lo amavano; aveva compreso che quelli erano i momenti che più lo appagavano. Queste occasioni, però, andavano protette, perciò Aren adesso capiva per che cosa avrebbe combattuto da quel momento in avanti. Si chiese a quel punto cosa dovesse fare: aveva riportato Danya a casa sua, aveva salvato Liethon dall'attacco dei Barbari e aveva capito quale fosse il suo scopo in quanto Guerriero; era forse giunta l'ora di ritornare alla sua Missione di salvare Algorab dall'odio di Kor? Probabilmente quella era la cosa più giusta da fare, tuttavia Aren si sentì il fiato mancare al pensiero di dover lasciare Danya per così tanto tempo, proprio ora che si erano svelati i rispettivi sentimenti. La poteva quasi toccare con mano, la tentazione di lasciare perdere tutto per stare lì con Danya senza doversi più preoccupare di niente. Non riuscendo a decidere sul da farsi, diviso com'era tra ragione e sentimento, decise di accantonare la questione con l'intenzione di ripensarci in un secondo momento. Ormai lavato del tutto, uscì dalla vasca e la svuotò fuori casa usando l'apposito secchio di cui si serviva Maula.
Appena tornò nel salotto, lo accolsero i suoi vestiti puliti e rammendati; Aren, che si era già cambiato con degli altri abiti, li ripose nella sua sacca. Per tutta la casa aleggiava un invitante odore di dolci appena sfornati che gli fece borbottare lo stomaco. In effetti, il Guerriero non aveva mangiato molto nelle ultime ore e soprattutto aveva speso un sacco di energie, perciò divorò i dolci che gli offrivano Maula e Danya senza fare troppi complimenti. Le due donne non gli fecero mancare nulla e Aren gliene fu grato, anche se tutte quelle attenzioni lo facevano riflettere; non voleva che Danya o Maula fossero al suo servizio.
‹‹Sei stato estremamente coraggioso a correre in quel modo contro i Barbari. È il nostro modo per ringraziarti.›› lo rassicurò Maula quasi leggendogli nel pensiero.
‹‹Noi abbiamo visto tutta la scena da Liethon.›› intervenne Danya. ‹‹Il tuo gesto è giunto così inaspettato che quasi non credevo ai miei occhi, poi ho riconosciuto l'armatura che indossavi e a quel punto non ho pensato più a niente. Era come se fossi diventata una statua, tant'è che a malapena respiravo...›› i suoi occhi brillavano al ricordo delle emozioni che aveva provato allora. Maula le posò una mano sulla spalla e riprese il discorso.
‹‹È stato emozionante per tutti, ma immagino che per te lo sia ancora più anche adesso.›› disse. ‹‹Sarai sicuramente euforico, no?›› Aren non capì a cosa si stesse riferendo.
‹‹Beh, sì, lo sono. Abbiamo vinto e ancora non mi sembra vero che abbia veramente agito in quel modo...›› il giovane iniziò a elencare quello a cui secondo lui Maula stesse facendo menzione, ma la donna lo interruppe.
‹‹Non mi riferivo alla vittoria, mi riferivo alla Missione.›› chiarì. Aren rimase un po' sconcertato, come faceva lei a sapere della sua Missione con Merran? Maula si accorse della sua espressione confusa e per poco non si mise a ridere.
‹‹Hai salvato un paese da un attacco nemico: vuol dire hai portato a termine una Missione!›› spiegò, come se Aren non si ricordasse della tradizione Guerriera. Il Guerriero, in effetti, non ci aveva per niente fatto caso, così per lui fu come cadere dalle nuvole. Era vero: salvando Liethon dai Barbari aveva compiuto una Missione e aveva così guadagnato l'Onore.
‹‹Hai ragione!›› aggiunse Danya raggiante, alzandosi per cingere le spalle di Aren con le braccia e per stampargli un bacio sulla guancia. ‹‹Sono così contenta per te!››
Aren, invece, non sapeva se essere felice o meno. Certo, aveva già portato a termine una Missione e per questo si sentiva fiero, ma ora più che mai si stava chiedendo se non fosse più saggio tornare da Merran il prima possibile. Dopotutto, ne andava della pace ad Algorab: Merran gli aveva non solo offerto una Missione per conquistare l'Onore, ma anche l'occasione di salvare tutta Algorab dal Male. La prospettiva si presentava ora mille volte migliore, ai suoi occhi. La sua recente vittoria perdeva così gran parte del suo valore.
La conversazione venne tuttavia interrotta dal giungere della moglie di Rhog, che era venuta per prepararlo per la festa di quella sera.
Aren era pronto. Era passata pressappoco un'ora e ormai il sole era tramontato da qualche minuto. Grazie all'aiuto della moglie di Rhog e di Maula, era riuscito a fare un'accozzaglia con suoi vestiti e con qualche aggiunta più elegante dal guardaroba dell'amico, anche se i due non avevano la stessa taglia d'abito. Era vestito in modo semplice, non molto lontano da come era solito vestirsi normalmente, però qualche piccolo accorgimento era bastato per rendere il tutto più adatto all'occasione e l'insieme, a suo parere, faceva il suo bel figurone. Indossava un paio di pantaloni di cuoio nero, degli stivali e la solita camicia bianca sotto ad un bel gilet nero, in tinta con i pantaloni; per finire, un farfallino azzurro era il tocco finale. Inoltre, le due donne gli avevano sistemato i capelli e la barba, che di solito il Guerriero lasciava sempre in disordine. Ora era decisamente più elegante e curato di quanto non era mai stato. Non rimaneva altro che aspettare, infatti il giovane stava camminando avanti e indietro in attesa della comparsa delle due donne e di Danya. Le tre si stavano sistemando nella camera da letto e, a detta di Maula, Danya sarebbe stata più che stupenda, perciò Aren aveva un motivo in più per essere impaziente.
Finalmente Maula e la moglie di Rhog uscirono dalla porta vestite con dei semplici, ma graziosi abiti: quello di Maula era verde bottiglia e ricco di merletti, mentre la moglie di Rhog ne indossava uno rosso cremisi semplice; sia l'uno che l'altro arrivavano poco sotto alle ginocchia, come lunghezza. Entrambe le donne avevano i capelli legati in una crocchia ed erano molto belle. Tuttavia lo sguardo di Aren venne immediatamente rapito da Danya, che uscì dopo le altre due. La ragazza era proprio "più che stupenda", come aveva preannunciato Maula. Aveva un vestito color acquamarina ricco di dettagli in pizzo che le arrivava ad altezza ginocchia e teneva i capelli sciolti, tranne due ciocche che invece partendo dalle tempie si univano dietro la nuca in un'unica ciocca. Il tutto sprizzava allegria e festosità, ma anche semplicità; era esattamente quello che si doveva provare quella sera. Aren non aveva parole e rimase imbambolato per qualche secondo, senza sapere bene cosa dire. Per fortuna ci pensò proprio Danya a rompere il ghiaccio.
‹‹Sei bellissimo.›› gli disse sorridendo. Aren arrossì.
‹‹Anche tu.›› replicò. I due si scambiarono un bacio veloce e partirono alla volta della piazza principale di Liethon, seguiti da Maula e dalla moglie di Rhog.
La piazza si trovava tra la chiesa e il palazzo del governo. Era una piazza spoglia, ma spaziosa e per l'occasione si presentava ora piena di piccole bancarelle con cibo e bevande. Il centro della piazza era stato lasciato libero così da ottenere una grande pista da ballo dove già alcune coppie danzavano sulla musica di una piccola orchestrina sul lato. Tutto era illuminato da lanterne volanti e appese alle bancarelle. L'atmosfera era così allegra ed energica che Aren ebbe la sensazione di stare entrando in una dimensione a sé stante, lontana da qualsiasi cosa ci fosse al di fuori delle mura di Liethon.
‹‹È bello poter vedere Liethon così felice, dopo tutto quello che è successo.›› sospirò Danya. ‹‹Hai voglia di ballare?›› chiese poi ad Aren.
‹‹Cosa? No, non sono mai stato capace...›› rifiutò Aren scuotendo la testa, ma Danya non si arrese.
‹‹Non vedo dove sia il problema, andiamo!›› replicò infatti, dopodiché prese la mano di Aren e lo trascinò in mezzo alla pista. Una volta lì i due presero a ballare una frenetica danza con qualche altra coppia. Aren lasciò che fosse la ragazza a guidarlo nelle mosse, poiché lui non aveva idea di come muoversi. Inizialmente provò a seguire i passi dell'uomo di fianco a lui, ma ovviamente non mancò qualche clamoroso errore dovuto soprattutto alla sua rigidità. Danya, invece, era sempre radiosa e non le mancava mai un sorriso sulle labbra anche quando Aren sbagliava qualcosa; grazie a lei Aren riuscì a sciogliersi completamente e a seguire il ritmo della musica senza pensarci. Con lei si sentiva bene, era sul serio il suo piccolo raggio di sole che gli illuminava la giornata.
Dopo un po' Danya riconobbe un'amica tra la gente e la raggiunse per poterle parlare, così Aren si allontanò dalla pista da ballo e si mise a guardare gli abitanti di Liethon in festa. Erano tutti così felici e spensierati, e non poté fare a meno di pensare che fosse anche merito suo. Sentì un caldo e rassicurante sentore da qualche parte nel suo stomaco e capì di essere orgoglioso di sé stesso, finalmente dopo tanto tempo passato a criticarsi. Era orgoglioso di aver salvato un piccolo paese da un'invasione da parte di creature arretrate e malvage. Ancora una volta il suo pensiero si posò sulle armi dei Barbari e dell'ignoto guerriero che sembrava non appartenere a nessun popolo di Algorab. Ormai Aren aveva capito che Kor si stava alleando con pericolosi nemici. I Barbari avevano dalla loro spietatezza e forza bruta, qualità che Kor probabilmente apprezzava. Chissà quali altri generi di creature avrebbe arruolato con sé. Quando Merran gli aveva mostrato la mappa del Algorab aveva detto che Kor si era insidiato a Nord, dove prima esisteva il lago Oulania. Il Demonio aveva prosciugato il lago con la sua aura malvagia e chissà quali creature aveva evocato. Spettri, Demoni, Cadaveri, aveva elencato lo Stregone. Il solo pensare a quei nomi fece rabbrividire Aren dall'orrore. Quel genere di creatura non poteva esistere in natura. Kor aveva distorto le sue leggi e doveva pagarla per aver rovinato l'equilibrio che Madre Natura aveva stabilito. Non poteva rimanere a Liethon e lasciare che tutto venisse corrotto dall'ira maligna del nemico. In fondo, non c'era più nulla che lo tratteneva al Paese della Forza, eccetto Danya. Ormai aveva capito che nell'essere Guerriero c'era molto più che togliere la vita a gente qualunque: i Guerrieri lottano costantemente per garantire protezione alla gente che ne ha bisogno. L'aveva capito proprio grazie all'istinto di proteggere Danya che provava e l'aveva capito lottando a fianco dei Guerrieri di Liethon per proteggere il paese. Aren sapeva che, da quel momento, avrebbe combattuto per proteggere.
Un fruscio sulla sua gamba lo fece trasalire. Guardò a terra e si stupì nel trovarsi i gatti Phebe e Phrede davanti. Come avevano fatto a seguirlo fino a lì? Durante l'attraversata di Val Guerriera Aren aveva intuito che i due felini fossero un po' fuori dall'ordinario, ma non aveva immaginato che riuscissero a coprire la distanza da Freithen a Liethon in così poco tempo, senza conoscere la strada, in aggiunta. Aren non si spiegava queste strane capacità, ma non se ne curò più di tanto. I due gatti lo guardavano infatti con una strana espressione: sembravano volerlo incalzare a riprendere la Missione. Per Aren fu come un segno. Decise che doveva partire e tornare da Merran il più in fretta possibile, senza indugiare ulteriormente e questo gli fece salire un nodo in gola. Avrebbe dovuto dire addio a Liethon e alle persone che lì aveva conosciuto. Anche a Danya.
Preso dall'amarezza, decise di andare a sedersi e prendere qualcosa da bere ad una bancarella. Optò per un piccolo locale dove servivano bevande varie. Non ordinò subito, preferì stare a guardare la festa con nostalgia pensando a cosa stesse per lasciarsi alle spalle. Gli si sedette a fianco un uomo. Aren lo riconobbe subito: era Rhog. Era stanco e provato, ma felice e con un rassicurante sorriso stampato sul viso. Aren intravide un bendaggio sul suo avambraccio e notò che il Guerriero era leggermente pallido in viso, cosa che non aveva considerato quando si erano parlati dopo la battaglia.
‹‹Che hai al braccio?›› gli chiese con franchezza. Rhog fece una smorfia e mostrò al giovane il braccio ferito. Il bendaggio era macchiato di sangue cremisi e quando Rhog lo scoprì leggermente Aren vide una profonda ferita.
‹‹Come te la sei procurata?›› domandò preoccupato senza staccare gli occhi dal taglio.
‹‹Quel tipo in armatura, il Combattente Oscuro... è bravo a combattere.›› fu la sua risposta evasiva. Aren spalancò la bocca e fissò Rhog incredulo.
‹‹Ti sei battuto con lui? Ma sei matto?›› esclamò, rimanendo ancora più sconcertato quando l'amico, per tutta risposta, fece spallucce con fare noncurante.
‹‹Più che altro è lui che ha sbaragliato tutti, compreso me. Ma ora sto bene, sul serio.›› lo rassicurò il Guerriero. Anche se Aren non ne era convinto, decise di lasciar perdere perché si fidava dell'amico.
‹‹E tu, invece? Non hai una bella faccia...›› notò Rhog. Evidentemente Aren non era riuscito a nascondere la malinconia che provava. Il giovane cercò Danya con lo sguardo e quando la trovò gli salì un groppo in gola.
‹‹Io...›› si interruppe subito perché non sapeva some cominciare. Rhog comprese immediatamente il disagio del Guerriero.
‹‹Certe cose vanno dette davanti a un bel boccale di birra.›› propose, quindi ordinò e vennero serviti loro due grossi boccali pieni di birra schiumante. Aren non aveva mai bevuto e decise che quello era il momento giusto per provare. Portò il bicchiere alle labbra e lasciò che il liquido gli avvolgesse la lingua per poi ricadere lentamente giù nella gola. Sentì subito un lieve calore all'altezza del cuore e una nuova energia che gli scorreva nelle vene.
‹‹Senti, Rhog.›› iniziò guardandolo negli occhi. ‹‹Io devo partire.›› gli disse senza porsi ulteriori indugi. L'uomo non si scompose, contrariamente a come Aren aveva pensato.
‹‹Capisco.›› disse con un filo di voce. ‹‹Me lo aspettavo, sai?›› rivelò poi facendo un sorriso un po' forzato. Aren perse un po' di malinconia vedendo quanto l'amico fosse sereno, così gli venne istintivo accennare anche lui a un sorriso.
‹‹Davvero?›› chiese. Rhog fece una piccola risata.
‹‹Beh, sì. Tu non sei di qui, anche se fai molto per integrarti, ma il tuo cuore non appartiene a questo posto e non solo: tu hai una casa dove devi tornare adesso che hai compiuto la tua Missione. Lì ti aspettano vittorioso, lì riceverai Onore e una vita. Qui non avrai nient'altro che la nostra amicizia, ma la tua vita va avanti. Era ovvio che saresti dovuto partire, prima o poi. Ma non ti nascondo che la notizia non è delle più felici, per me. Sei stato un ottimo compagno e un grande amico. Sarai molto giovane, determinato ma anche incosciente, però hai un grande cuore e molto coraggio; sei gentile e altruista e ci hai salvati tutti. Non so come potrei mai ringraziarti per avermi incontrato e per tutto quello che hai fatto.›› spiegò Rhog con gli occhi lucidi. Aren non poté fare a meno di rimanere colpito dalle belle parole che l'uomo gli aveva detto e anche lui avvertiva il leggero pizzicore delle lacrime sugli occhi. Non aveva parole per esprimere il senso di gratitudine che provava, ma dovette farsi forza per trovarle.
‹‹Anche io devo ringraziarti, Rhog. Grazie infinite per avermi accolto qui come uno di voi. Tu per me sei stato più di un semplice compagno. Vi sono più che riconoscente, a te e a tua moglie.›› ringraziò il giovane a sua volta esprimendo ciò che fin ora aveva tenuto nascosto nel suo cuore. Però c'era ancora qualcosa che non poteva rivelare: la sua vera Missione che doveva raggiungere al più presto. La sua partenza non era vittoriosa, ma urgente e il ragazzo doveva ripagare il prezzo suo egoismo con la fatica e l'impegno di arrivare in tempo per ritrovare Merran. Questi suoi pensieri dovevano essere spuntati sul suo volto, perché Rhog lo guardava con aria scrutatrice.
‹‹Ma c'è qualcosa che non vuoi dirmi.›› disse. ‹‹Non ti obbligherò a farlo, ma permettimi di aiutarti a risolvere il tuo problema.›› propose con aria seria. Aren dovette ammettere di essere fortunato ad avere vicino una persona gentile e comprensiva come Rhog. Gli dispiaceva doverlo lasciare forse per sempre, ma almeno lo aveva conosciuto. Perciò decise di confidarsi come meglio poteva.
‹‹Vedi, il fatto è che non so se riesco ad abbandonare Danya. Non da parte mia, sono abbastanza forte per riuscire a separarmi da lei, ma non voglio farla stare male. Non so se riuscirà a reggere l'addio.›› spiegò deviando il discorso su Danya per evitare di parlare della Missione. Rhog fece un respiro profondo e ci pensò su un po'.
‹‹È un bel problema.›› ammise. ‹‹Ma Danya è forte e matura, sono sicuro che capirà che quello che devi fare è importante e occorrono molti sacrifici.›› continuò poi sorprendendo Aren. Come faceva Rhog a sapere della sua Missione? Il Guerriero scoppiò a ridere guardando la faccia basita di Aren.
‹‹Avanti, te lo si legge in faccia che hai un obiettivo importante da raggiungere e che non devi partire per tornare a Saithon. Vai a prepararti, prendi il tuo cavallo nelle scuderie e sistema le cose per il tuo viaggio. Ci penserò io ad avvertire Danya e Maula.›› disse spingendo Aren giù dallo sgabello con una pacca sulla spalla. Aren obbedì e iniziò ad avviarsi verso le scuderie, inciampando sui propri passi.
‹‹Aren!›› lo chiamò Rhog subito dopo. Il giovane si girò. Rhog lo guardava felice. ‹‹Buona fortuna.›› gli disse prendendo il suo boccale di birra, accennando un brindisi e sorseggiandone un po' sorridendo.
Aren sorrise a sua volta e corse via, preparandosi ad affrontare uno dei momenti più difficili della sua vita.
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