4. Now, but I can't, and I don't know how we're just two men...
Alex camminava cercando di tenersi in equilibrio e di non andare a sbattere addosso a qualche muro. Una mano gliela stava tenendo Frank, l'altra la passava sul muro di fianco a lei per farsi strada.
C'era un caos tremendo, aveva sbattuto addosso ad un paio di persone e c'era un mix di voci ed odori che non riusciva a distinguere. Sperò di non perdere mai la vista, perché già andare in giro per un quarto d'ora con una benda sugli occhi era straziante.
Non aveva idea di cosa l'aspettasse, sapeva solo che non poteva togliere la benda finché non le avesse dato il permesso Frank, che ogni tanto ripeteva «Ci siamo quasi!».
Non vedeva l'ora di poter vedere cosa stesse succedendo, perché non era né il suo compleanno né niente del genere, eppure c'era tutta l'atmosfera di una festa a sorpresa.
«Ok, ora ti tolgo la benda dagli occhi...» le sussurrò Frank all'orecchio, facendola fermare.
Sentiva la presenza di un mucchio di gente intorno a lei, e forse qualche voce le suonava familiare.
Quando la benda nera scivolò via, ci impiegò un paio di secondi per mettere a fuoco lo scenario, ed un brivido le percorse la schiena, mentre un sorriso le si ingrandiva sulle labbra.
Erano al Cafè, ma a differenza del solito, il locale era così colmo di gente che quasi le mancava il respiro. Erano mesi che non c'erano tutte quelle persone lì dentro nello stesso momento.
E poi, la parte più bella. Avevano sistemato in un angolo gli strumenti della band di Gerard, e lui era lì che la salutò con un sorriso ed un cenno della mano.
Era la loro prima serata con il nuovo chitarrista, Ray, e con Mikey al basso. Erano tutti emozionati, e finalmente iniziarono a suonare, mentre Donna e suo marito, ed i genitori di Frank, ed un paio di vicini di casa fin troppo gentili erano al bancone del locale e a servire ai tavoli.
«Wow. Che succede?» chiese Alex stupidamente. Perché era ovvio che era a questo che Frank stava lavorando ultimamente. Aveva risistemato il locale ed ora c'era una folla assurda che ordinava le consumazioni, ballavano e cantavano e saltavano e si divertivano. Frank sorrise «Resuscitiamo questo posto...» disse scrollando le spalle, come fosse la cosa più normale del mondo che un quasi diciottenne potesse prendere un locale nemmeno suo e rivoluzionarlo per aiutare un'amica. Era più che normale per Frank, comunque.
Lei aveva le lacrime agli occhi. Era stupendo, era grandioso, era quasi un sogno, e si preoccupò di non poter mai ricambiare per tutto ciò che tutti stavano facendo per lei.
Frank la guardò e l'abbracciò, come se stesse leggendo i suoi pensieri «Tranquilla, ci stiamo divertendo, ci piace prenderci cura di te. E poi, a noi piace suonare, a te serve questo Cafè, quindi... uniamo l'utile al dilettevole!» rise.
«Beh, è la cosa più bella che qualcuno abbia mai fatto per me...» mormorò lei, con gli occhi lucidi.
«Lo so, siamo unici e speciali, puoi dirlo...» rise Frank, poi la trascinò al bancone e prese due birre «Ora però andiamo a scatenarci. Dopo suono anche io, col mio gruppo. Ma per ora ascoltiamo loro. Sono grandiosi, non trovi?».
La serata finì così tardi che era già quasi mattina. Il locale finalmente si era svuotato, e Donna disse ad Alex che il giorno dopo ci avrebbe pensato lei a sistemare, e che per quella sera doveva solo continuare a divertirsi.
Gerard e Mikey erano seduti sul pavimento, in un angolo del Cafè; Ray stava ancora strimpellando la sua chitarra, come se la notte fosse ancora giovane, e Frank e Matt stavano bevendo un'altra birra, ma erano andati già da un pò.
Alex li guardò, tutti e cinque. Erano una famiglia, o ciò che si avvicinava di più ad essa.
«Le canzoni che avete suonato oggi erano fantastiche!» esclamò raggiungendo Gerard e sedendosi accanto a lui.
Mikey annuì «Assolutamente! C'era la magia, vero? C'era la magia e la poesia e-»
Frank scoppiò a ridere «Si, e gli unicorni, Mikey, c'erano anche gli unicorni!» lo derise scherzosamente.
Lui fece una smorfia «Si, anche gli unicorni, ok?!» sbuffò.
«Beh, dovreste trovare un nome per la band. Non è che potete chiamarvi "la band di Gee, e Mikey, e Matt, ed ora anche Ray"...» fece notare Alex.
«Si, hai ragione...» mormorò Gerard «Qualche idea?» chiese guardando i suoi amici uno ad uno. Matt era troppo ubriaco, Ray scrollò le spalle continuando a giocherellare col suo strumento, e Mikey sorrise soddisfatto.
«Chemical Romance!» esordì «Che ne dite?».
Gerard alzò la mano sorridente, per battere il cinque con suo fratello «Mi piace! My Chemical Romance!» ripetè.
Il nome andò bene a tutti.
Frank si alzò e sollevò l'ennesima bottiglia di birra «Un brindisi ai My Chemical Romance allora! Cazzo, siete troppo forti ed io sono il vostro fan numero uno, dannazione!» disse, prima di mandar giù il contenuto della bottiglia tutto d'un fiato.
Gerard sospirò. Quel ragazzo beveva davvero troppo, ed ogni occasione era quella giusta per fare un brindisi. Lui non riusciva a tenere il passo, dopo un paio di birre era bello che ubriaco, mentre Frank prima di arrivare a quel punto poteva scolarsi una cassa intera da solo.
Però quella sera non era il caso di fare storie, era un giorno da festeggiare, era un giorno importante. Prese una birra anche lui, come tutti gli altri, e brindarono.
«Et voilà!» sorrise Frank tenendo in alto una t-shirt nera per mostrarla agli amici. C'era stampato sopra il logo dei My Chemical Romance, e ne aveva regalate un pò in giro nella sua scuola.
Gerard e Mikey la guardarono emozionati. Era bellissima.
«Wow! Sono grandiose!» esclamò Mikey rovistando nello scatolone che Frank aveva portato, nel bagagliaio della sua macchina.
Da qualche giorno il gruppo aveva creato un sito web dove Ray aveva pubblicato un paio di canzoni che avevano registrato a casa di Matt, dove avevano sistemato una sottospecie di studio. Suonavano così bene che anche se la qualità dei pezzi non era delle migliori, le canzoni erano state scaricate da parecchia gente e sia Frank che Mikey avevano sentito un paio di compagni di scuola canticchiarle nei corridoi col lettore MP3 alle orecchie. Non potevano che esserne soddisfatti.
Ora Frank aveva deciso di far stampare delle magliette. Qualsiasi cosa per pubblicizzare il gruppo. Si era anche impegnato a trovargli un buco di mezz'ora nello stesso locale dove lui avrebbe suonato con la sua band il prossimo venerdì sera.
«Grazie davvero, Frank, tutto quello che stai facendo per il gruppo è davvero fantastico...» lo ringraziò Gerard dandogli un abbraccio veloce.
Frank sorrise soddisfatto. Gli piaceva rendersi utile, e sopratutto, gli piaceva passare del tempo con Gerard e gli altri. Era una cosa strana. Lui era sempre stato abbastanza socievole, non aveva problemi a legare con la gente, eppure con quel Gerard era qualcosa di più profondo. Si disse che probabilmente era per quello che avevano passato. Pensò che se al posto di Gerard, quel giorno al locale fosse entrata qualsiasi altra persona, magari sarebbe stato lo stesso, si sarebbe sentito legato a questa proprio come si sentiva con Gee.
Però se ci pensava bene, doveva essere qualcos'altro. Gerard era una persona speciale. Chi altri si sarebbe offerto di dividere la cameretta con una ragazzina sconosciuta che era rimasta all'improvviso da sola? Un gesto così grande poteva farlo solamente qualcuno con un cuore altrettanto grande.
«Beh, dovremmo proprio festeggiare!» esclamò Gerard dopo un pò, sorridendo al fratellino e a Frank.
Entrambi lo guardarono incerti «Ehm, sono appena le tre di pomeriggio...» mormorò Mikey.
Frank rise «Si, e poi sono solo magliette...» aggiunse.
Gerard sembrò deluso. Ultimamente, o per meglio dire dalla sera del debutto della band al Cafè, quando aveva bevuto tanto da crollare nella macchina di Matt, non perdeva occasione per fare un brindisi e mandar giù un goccio di qualsiasi alcolico disponibile nei paraggi.
Gli piaceva bere, per quanto fosse una cosa stupida. Gli piaceva sentire la testa girare, ridere senza motivo e dire un sacco di cose insensate senza preoccuparsi troppo.
Ultimamente aveva dovuto preoccuparsi per Alex e per il suo locale e la sua vita, per la band, per un mucchio di cose che bere era un ottimo modo per svagarsi.
«Fa niente allora. Festeggeremo un'altra volta...» mormorò.
Mikey guardò l'ora e fece una smorfia «Uff, dovrei andare a studiare...» disse, rientrando in casa.
Frank e Gerard rimasero soli ed in silenzio, poggiati alla macchina del primo, accanto al marciapiede fuori casa Way.
«Va tutto bene?» chiese Frank, mordendosi il labbro inferiore.
Era palese che qualcosa non andava. Gerard aggrottò le sopracciglia, guardando l'altro negli occhi «Perché me lo chiedi?» domandò.
«Così. Non lo so in realtà. Chiedevo e basta...» borbottò passandosi una mano tra i capelli.
Gerard scrollò le spalle «Ho solo un sacco di pensieri. E poi, da quando c'è Alex non riesco quasi più a disegnare perché non ho più privacy e roba del genere. Ma niente di troppo serio...» spiegò, fingendo un sorrisetto.
Frank annuì, ma con poca convinzione «Mh. Ed è solo questo? Cioè, sembra che ultimamente non vuoi far altro che bere...» disse quasi imbarazzato. Infondo chi era lui per farsi gli affari suoi?
Gerard sospirò, scuotendo la testa. Un paio di ciuffi di capelli scuri gli coprivano il volto e gli occhi, mentre fissava il suolo «Mi va solo di divertirmi, è tutto sotto controllo...» disse, suonando poco convincente anche a se stesso.
Era ovvio che non gli andasse molto di parlarne, e comunque Frank era in ritardo, così lo salutò per andare al Cafè ad aiutare Alex, e lo lasciò solo.
Quando Frank, a bordo di quello scassone che somigliava vagamente ad una macchina, si allontanò con lo stereo a tutto volume, Gerard si mise seduto sul marciapiede, pensoso.
Era strano. Frank sembrava l'unico ad essersi accorto che in Gee qualcosa non andasse per il verso giusto. Tutti gli altri, era come se credessero che ora che avevano messo su la band, fatto sentire le loro canzoni in giro, ottenuto un paio di serate, tutto fosse ok.
Era chiaro che non lo era affatto. Ma nessuno lo aveva notato. A parte Frank. Non era riuscito nemmeno a guardarlo negli occhi, per paura che potesse leggerlo più in profondità di quanto era già riuscito a fare.
Sospirò, portando i capelli scuri via dalla fronte con la mano, e rientrò in casa.
Ora aveva voglia di disegnare. Si chiuse in camera ed accese lo stereo.
Il Cafè aveva ripreso vita, ed Alex aveva proprio bisogno di una mano.
Quando Frank arrivò, ancora prima di salutarlo gli lanciò il grembiule e gli diede un vassoio da portare ad un tavolo dove un paio di loro compagni di classe stavano sorseggiando caffè bollente davanti ai libri di scuola.
Quando riuscirono a fermarsi un attimo erano passate un paio d'ore, ed Alex era esausta. Pensò che dovevano riassumere qualcuno dei vecchi dipendenti, ora che le cose stavano andando un pò meglio.
«Stò per esaurire...» sbuffò Alex sedendosi al bancone, davanti a Frank intento a sistemare delle cose sotto la cassa.
«Scusa se ho fatto tardi, ma ero passato da Gerard e Mikey a fargli vedere le magliette...» disse Frank dispiaciuto.
Alex sorrise scrollando le spalle «Tranquillo. Gli sono piaciute?» domandò curiosa. A lei l'idea delle magliette era sembrata geniale, e ne aveva già indossata una.
Lui annuì, ma non aggiunse altro, così lei lo guardò silenziosamente per un pò, prima di chiedergli se andasse tutto bene.
A quella domanda Frank sospirò. «Credo di si, ma non ne sono sicuro. Gerard è un pò giu, e non so bene perché. Forse tutta la situazione...» rispose in un mormorio.
Alex lo guardò, con le sopracciglia inarcate, pensosa «Quale situazione? Non è contento di come stanno andando le cose col gruppo e tutto il resto?».
«Oh, certo che è contento. Però non lo so...» disse Frank «Non voglio mettermi in mezzo, né dire una cazzata, ma credo che il fatto che tu vivi in camera sua e tutto... lui ha questa mania di prendersi cura degli altri, e magari sta tralasciando se stesso...».
«Credi che dovrei andarmene?» domandò Alex incerta. Sperò che Frank le dicesse di no. Non voleva tornare a casa sua da sola. Non voleva essere nemmeno l'unica ad occuparsi di sé stessa. Non si sentiva all'altezza. E le piaceva dormire con Gerard. Chiacchieravano tanto, ogni sera, anche quando avevano bevuto un pò troppo dopo una serata in qualche locale.
In casa sua non c'era più nessuno. Come lo avrebbe colmato tutto quel vuoto?
«Beh... forse...» mugugnò Frank «...forse è ora che tu gli ridia il suo spazio...».
Fu una frase pesante da pronunciare. Chi era lui per decidere? Magari si stava sbagliando. E forse era meglio che Alex gli stesse accanto il più possibile. E comunque, lei non era troppo entusiasta di tornare a casa sua, dove tutti i ricordi e le abitudini che aveva faticosamente messo da parte in un angolo del cuore sarebbero riaffiorati in un istante procurandole chissà quanto dolore.
Però sospirò «Si. Forse hai ragione.» disse lei, togliendosi il grembiule e lasciandolo sul bancone.
«Potresti chiudere tu? Devo fare una cosa...» chiese a Frank, che annuì accennando un sorriso.
Alex legò i capelli scuri in una coda alta ed indossò la felpa che aveva posato nel magazzino appena arrivata al Cafè dopo scuola. Salutò Frank e si incamminò verso casa Way.
Gerard aveva disegnato per ore, ma l'unica cosa che aveva concluso erano un paio di occhi che lo fissavano dalla tela che aveva di fronte a sé. Erano quasi inquientanti, pensò. Sembravano veri, di un colore nocciola con delle leggere sfumature verdognole. Si sentiva osservato, e sentiva di aver già visto quello sguardo, di averlo già assaporato, vissuto, ma non riusciva a capacitarsene. Non ci aveva pensato, ovviamente, durante l'esecuzione del dipinto. Gli era venuto così, di getto, come tutte le sue opere migliori.
Non appena la porta della sua cameretta si aprì, balzò in piedi.
«Ehi, ti sei spaventato?» domandò Alex ridendo.
Gerard scosse la testa e sorrise, guardandola negli occhi. Magari, quello sguardo era il suo.
«Ehm... ho qualcosa che non va? Non dirmi che mi sono fatta Belleville a piedi con le labbra sporche di cioccolata, eh!» disse lei pulendosi la bocca col dorso della mano, inutilmente.
Gerard scrollò le spalle, deluso. «No, niente...» mormorò «Come mai sei già qui?».
Lei fece una smorfia «Se ti do fastidio me ne rivado subito, eh...» disse cercando di non mettersi a ridere.
Lui si schiarì la gola sentendosi quasi offeso. No che non le dava fastidio. Era solo una domanda. Era totalmente abituato alla sua presenza ormai, e gli faceva anche piacere averla intorno. Certo, la sua privacy era morta da settimane e settimane, e qualche altro aspetto negativo c'era, ma sentiva di essersi affezionato a quella ragazzina. Aveva scoperto tante cose di lei. Una di queste era che Alex era più forte di quanto credesse, e più debole di quanto volesse dimostrare. Così si era trovato spesso ad abbracciarla mentre durante la notte lei iniziava a piangere senza motivo.
No, Gerard non poteva nemmeno immaginare quanto male facesse, quanto sola potesse sentirsi, lei che sola non voleva esserlo mai.
Non era come estraniarsi dal mondo e poi stupirsi che nessuno ti cerca, era ben altro. Ad Alex piaceva la gente, piaceva ridere, piaceva la compagnia. E poi, da un momento all'altro, non aveva più nessuno se non lui, la sua famiglia e Frank.
Lei afferrò un borsone da sotto al letto, quello che Frank aveva usato per portarle le sue cose quando lei non aveva alcuna intenzione di mettere piede in casa sua.
«Stai andando a prendere altra roba?» domandò Gerard, osservandola.
«...non proprio...».
«Ah. Stai partendo?» fece lui, accennando una risatina.
«No...» fu la risposta di Alex, intenta a svuotare il primo cassetto del mobile che Gerard le aveva gentilmente concesso, tanto lui i vestiti li accatastava sul pavimento o su qualche sedia.
«Quindi?» chiese curioso e preoccupato.
Alex sospirò, lasciando il borsone sul letto. Mise le mani in tasca e sorrise guardandolo negli occhi.
«Allora. E' chiaro che sono passate alcune settimane ormai, ed io sono grata a tutti voi per quello che avete fatto per me, ok?» iniziò a spiegare Alex, davanti ad un Gerard silenzioso e sempre più preoccupato. Sembrava proprio l'inizio di un discorso d'addio o qualche stronzata simile. Non disse nulla, e lei continuò «Ma credo che sia proprio arrivata l'ora che io me ne torni a casa. Insomma, prima o poi dovrò farlo, non posso scappare per sempre dalla situazione. Certo, ne passerà di tempo finché riuscirò a guardare di nuovo un telegiornale...» disse ridendo.
Gerard pensò che non c'era niente da ridere. Si alzò in piedi e la guardò. Ma non poteva mica dirle di restare. O forse si.
«Aspetta. Non puoi andartene. Dove te ne vai, poi?» chiese, sentendosi stupido quando lei con la massima calma rispose «A casa mia...».
«Beh, ma non puoi vivere da sola...» disse lui insistendo.
«Tra un paio di mesi faccio 18 anni, il Cafè grazie a voi a ripreso a lavorare, e so cucinare senza dar fuoco a casa. E non uso il phon per capelli sotto la doccia, non scendo le scale con i piedi bagnati rischiando di scivolare, non invito gli sconosciuti ad entrare...».
Gerard soffocò una risatina. Ecco, le sarebbe mancata Alex. Non poteva andarsene.
«E quando piangerai, di notte?» chiese in un sussurro, guardandola.
Lei fece un respiro profondo mordendosi il labbro. Non rispose. Non sapeva che dire. Avrebbe abbracciato un cuscino, pensò, ma non era divertente.
Fu contenta che Gerard insistette tanto. Significava che le voleva bene e che forse avrebbe accettato la sua proposta. Non era sicura di chiederglielo davvero, ma con una mano tirò fuori la scatolina che aveva in tasca. Si inginocchiò, davanti gli occhi stupiti ed incerti di Gerard, e poi con la scatolina sulla mano tesa sotto di lui, sorrise, aprendola.
«Gerard, vuoi convivermi?» domandò.
Lui guardò prima lei, poi la scatolina. Era una di quelle confezioni per gli anelli. Però dentro c'era una chiave.
Non sapeva cosa dire.
Alex rise e si sollevò «Tranquillo, se ti va, questa è la chiave di casa, pensaci, mi trovi lì. Ok?» disse dandogli una pacca sulla spalla.
Quando gli fu vicina, notò la tela ed alzò un sopracciglio sorridendo «Ehm... questo quadro è inquietante. Senza offesa, è bellissimo. Ma con tanti occhi, proprio quelli di Frank dovevi disegnare?» fece, ridendo.
Gerard la guardò, poi riguardò la tela. Frank?
«Chi l'ha detto che sono di Frank?» domandò, stupito.
Alex sospirò «Per piacere, sento le farfalle nello stomaco ogni volta che incrocio questo sguardo, ti pare che non lo riconosco?» spiegò ridendo nervosamente.
Gerard annuì.
«Comunque, sono davvero realistici. Mi sento osservata. Per quanto né so potrebbero anche parlare e dire qualche stronzata da un momento all'altro...» rise.
Lui continuava ad osservare il disegno. Il nocciola, sfumato nel verde. L'intensità dello sguardo.
«Come sarebbe che gli hai chiesto di venire a vivere con te?» chiese Frank scosso dalla notizia, quasi strozzandosi con la birra che stava mandando giu.
Alex scrollò le spalle, guardandosi intorno. Il locale era pieno di gente e tra poco i My Chemical Romance avrebbero suonato, poi sarebbe toccato a lui e alla sua band.
Un bel po' di ragazzini si erano presentati con la loro t-shirt addosso, ed era quasi surreale quanta gente si fosse appassionata a loro in così poco tempo. Gerard e gli altri si stavano preparando. Erano eccitati e su di giri, e Gerard ci aveva bevuto sopra un paio di drink.
«Non è giusto.» mormorò Frank, con una smorfia sul volto.
Alex rise «Mica gli ho chiesto di sposarmi. E' solo che casa mia è troppo grande e da sola non ci voglio stare. Lui avrà tutto il suo spazio, io tutto il mio, però non saremo soli.» spiegò con semplicità e calma.
«E io?» chiese lui, suonando come un bambino.
Lei lo guardò con un sopracciglio sollevato «E tu cosa?» domandò.
Frank fece una smorfia. Pensava che erano un trio, avevano affrontato tutto insieme, e comunque lei ed Alex erano amici da prima che arrivasse Gerard. Odiava sentirsi tagliato fuori. Erano stati, per tutti quei giorni, legati da un filo invisibile.
«Puoi entrare dalla porta sul retro quando vuoi. Insomma, non dirlo a Gee che sennò gli viene un attacco di panico e chiama un fabbro in questo stesso istante, però è difettosa e con un paio di pugni sul bordo si apre...» disse sottovoce.
Frank sorrise. Si, probabilmente si sarebbe imbucato in casa sua molto spesso. Gli piaceva stare con quei due. E se non fosse che stava così bene a casa con i suoi probabilmente avrebbe proposto lui stesso di unirsi al trasloco.
La conversazione finì nel momento stesso in cui i My Chemical Romance salirono sul piccolo palco tra le urla e gli applausi del pubblico. Gerard sembrava barcollante. Prese il microfono e mormorò qualcosa di incomprensibile.
Frank si mise sotto il palco, proprio sotto di lui, accanto ad Alex.
Le note gli entrarono dentro l'anima, a lui come a tutti gli altri. Era qualcosa di unico e speciale. Nessun altro gruppo, concerto, musicista gli aveva mai fatto quello stesso effetto. C'era qualcosa di magico davvero, nei My Chemical Romance, e tutti se ne stavano rendendo conto.
Il pubblico sotto il palco sembrava un mare in tempesta, saltavano, ballavano, urlavano e si scatenavano. Era una soddisfazione indescrivibile per Gerard e gli altri.
E fu tutto ancora più magico quando Ray fece il suo assolo. Era un chitarrista con due palle così, diceva Frank. Era il migliore. C'era da imparare. Ti trascinava via.
E su quelle note suonate con l'anima, Gerard si chinò sul palcoscenico, e si avvicinò a Frank ed Alex, poggiando il peso del corpo sulle ginocchia.
Oh, se era ubriaco. Sorrise. Ed in un attimo di totale follia, quando nessuno se lo sarebbe aspettato, lasciò tutti senza fiato, stampando un bacio sulle labbra di Frank, che rimase immobile, con gli occhi spalancati e il fiato corto.
Non fece nulla. Non disse nulla.
Gerard lo spinse via, si tirò su e ricominciò a cantare e a gridare, mentre tutti, tranne Frank, urlarono d'euforia.
Gerard amava stupire la gente. Era un intrattenitore, volendo. Doveva essere così, altrimenti quel bacio cosa significava?
Frank non riuscì a toglierselo dalla mente.
Per tutta la durata della loro performance, mentre Gerard non lo aveva più degnato di uno sguardo.
Ed era mai possibile che fosse già ubriaco anche lui? Perché altrimenti, quanto era lecito provare quella strana sensazione? Quella che aveva detto Alex, quando l'aveva recuperata al Cafè stracolma di Bourbon in corpo. Si, un tuffo al cuore. Ecco cos'aveva provato.
Si sentì imbarazzato.
Ringraziò il cielo che nessuno ebbe il tempo di tirar fuori l'argomento, quando il tempo dei My Chemical Romance scadé e dovettero cedere il palcoscenico ai Pencey Prep.
Frank prese la sua chitarra e se ne andò sul palco, passando accanto a Gerard, senza guardarlo.
«Hai baciato Frank?» chiese Mikey a suo fratello, sottovoce. Ray e Matt si erano seduti al bancone del locale a bere qualcosa, e Mikey aveva trattenuto Gerard in un angolo.
L'altro scrollò le spalle ridendo «Credo di si. Ma sono ubriaco. Non so se te ne sei accorto.» disse, come niente fosse.
«Si che me ne sono accorto.» sbuffò il più piccolo «Sei sempre ubriaco...» mormorò.
«Vabbè, beviamoci sopra...» fece Gerard con un sorrisetto, tornando dagli altri.
Frank ci mise un bel po' a radunare la sua roba prima di lasciare il locale. Era quasi vuoto ormai, tutti se ne erano andati e i gruppi che si erano esibiti stavano smontando gli strumenti e tutto il resto.
Non aveva detto una parola da quando aveva finito di suonare. Non sapeva che dire, d'altronde, il che non era propriamente da Frank.
Alex lo raggiunse alla macchina, sulla strada, mentre lui caricava la sua chitarra sui sedili posteriori.
«Come sei silenzioso...» gli disse ridendo.
Lui sbuffò, senza nemmeno guardarla.
«Che hai?» chiese lei. Era il suo momento, si era detta, di offrire il suo aiuto, se ce ne fosse stato modo o bisogno.
Frank si fermò e si voltò a guardarla «Non lo so.» mormorò. Lo sapeva in realtà. Era strata quella sensazione che aveva provato, quando Gerard lo aveva baciato all'improvviso.
Era chiaro che fosse ubriaco, tutto lì, ma un bacio è pur sempre un bacio, e Frank aveva sentito qualcosa nel petto, qualcosa che lo rendeva confuso e strano.
Sospirò. Forse non baciava nessuno da così tanto tempo che era tutto lì, era solo il gesto ad averlo scosso.
Si avvicinò ad Alex e si schiarì la gola imbarazzato. Lei lo guardava, in quel momento sembrava così piccola ed indifesa, eppure lo sguardo parlava chiaro, sarebbe diventata un gigante, per salvarlo e aiutarlo.
Quello che stava per chiederle era stupido. Ridicolo. Però doveva farlo.
«Puoi baciarmi?» le domandò, con un tono così flebile che era quasi impercettibile.
Alex arrossì, non certa di aver capito bene, mentre il cuore nel petto batteva così forte che lo sentiva come un martello nella testa.
«Com-» non fece nemmeno in tempo a chiedergli di ripetere ciò che aveva detto, che le labbra di Frank si posarono sulle sua, in un gesto veloce. Il piercing di lui contro le sue labbra le aveva fatto leggermente male, ma non era ancora niente.
Le veniva da piangere. Sarebbe stata la ragazza più contenta di Belleville. Più contenta di tutti gli Stati Uniti, se fosse accaduto in qualsiasi altra circostanza. Ma in quel momento, non c'era proprio niente per cui essere contenti.
Lo spinse via con entrambe le mani.
«Fanculo...» mormorò Gerard, salendo sul furgone di Ray. Non lo avevano nemmeno visto. Era così ubriaco che voleva vomitare.
Quei due si stavano baciando.
«Non li salutiamo?» domandò Mikey ingenuamente, guardando fuori dal finestrino del passeggero.
Gerard sbuffò e gli diede una botta col piede sulla gamba.
«Andiamocene. Devo dormire.» mugugnò.
Ad Alex veniva da piangere.
Frank non disse nulla, mentre la guardava sconcertato. Non era ciò che voleva? Non aveva una cotta per lui, da secoli ormai? Nell'istante stesso in cui pensò che le ragazze venivano da un altro pianeta lontano anni luce, Alex lo spintonò contro l'auto con tutta l'energia che aveva in corpo, e gli occhi lucidi.
«Vaffanculo Frank!» urlò.
«Che ti prende ora?» le chiese lui.
Far finta di non capire gli veniva bene, e ad Alex la cosa la faceva innervosire ancora di più.
«Vaffanculo! Sei uno stronzo! Non è che puoi baciarmi per...» non sapeva come dirlo. Aveva sentito solo un crack, e poi un altro, e un altro ancora. Provenienti dal suo petto. Dal cuore.
Lo sapeva che per Frank quel bacio era solo un tentativo di capire se quello precedente, che Gerard gli aveva stampato sulle labbra, fosse più o meno denso di emozioni. Era solo un tentativo. Con la persona sbagliata, però.
Ed anche Frank lo sapeva. Si sentì stupido e stronzo.
Alex non riuscì a dire nient'altro. Era troppo impegnata a cercare di bloccare le lacrime.
«Scusa... volevo solo...» mugugnò Frank guardando il suolo.
«Non con me. Ti prego.» disse lei, con le guance rosse.
«E' solo che...»
«Non mi importa, Frank. Cioè, mi dispiace per qualsiasi cosa tu stia provando, perché si vede lontano chilometri che quel bacio che ti ha dato Gerard ti ha scombussolato tutto, però sul serio, non proverai le stesse cose con me, quindi non provarci nemmeno. Io ho una piccola cosa chiamata cuore, nel petto, che è già in condizioni abbastanza pessime. Quindi, lascia stare, ok?» disse lei, tutto d'un fiato. Poi voltò le spalle e si incamminò verso casa Way.
Era notte fonda. Non doveva andare in giro da sola. Frank lo sapeva. Non era un'ottima idea. Con tutto quello che accadeva lì, era rischioso.
Le corse dietro e la fermò afferrandole un braccio.
«Aspetta. Ti accompagno a casa.» le disse.
Alex scosse la testa «Lascia stare, vado da sola...».
«Non ci penso proprio. Andiamo...» fece lui serio, trascinandola verso la sua macchina.
Lei montò su in silenzio, mise i piedi sul cruscotto ed incrociò le braccia sul petto, guardando fuori dal finestrino.
«Mi dispiace. Sono un cretino. Possiamo far finta che non sia mai accaduto?» disse Frank dopo un po', abbassando il volume dello stereo.
Ci volevano una decina di minuti ad arrivare a destinazione, ma lui stava girando intorno a Belleville per perdere tempo.
Si sentiva in colpa e non avrebbe lasciato andare Alex prima di aver sistemato le cose. Infondo nemmeno lui sapeva bene cosa volesse.
Lei fece una smorfia «No che non possiamo.» disse secca.
«Puoi prendermi a calci sulle palle, se può farti sentire meglio, giuro!» rise allora Frank.
Stavolta però, a differenza di ogni altra volta, Alex non si era fatta trascinare dal suono della sua risata. «Sei proprio stupido.»
«Lo so. Cosa devo fare però, ora? E' vero, ti ho baciata solo perché Gerard mi ha incasinato la mente, però non volevo ferirti né niente del genere...» disse sospirando.
«Spero per te che almeno ti sia servito a qualcosa...» mormorò lei, senza guardarlo.
Lui ci pensò su.
«Forse.» disse. Poi la guardò. Accostò l'auto al marciapiede e spense il motore.
«Ok, devo parlarne con qualcuno, Al, e tu sei l'unica persona con cui posso farlo...» disse dopo un po', suonando quasi disperato.
Lei sospirò. Dopo tutto quello che Frank aveva fatto per lei, era il minimo che potesse fare.
Eppure non riusciva a guardarlo negli occhi. Proprio no.
«Dimmi...» disse sottovoce.
«Davvero? Potrebbe... non vorrei fare ulteriori danni. Potrebbe ferirti, quello che sto per dire...» fece lui imbarazzato.
Lei scrollò le spalle «...peggio di così?» mugugnò lei fingendo un sorriso. Dopo tutto quello che aveva passato, pensava di poter gestire ogni sorta di dolore. Tanto, ogni nuova sofferenza si aggiungeva alle vecchie.
«Ok... allora... mi sento così stupido...» ci girò intorno lui. Non sapeva da dove iniziare. Si vergognava e non era nemmeno sicuro di ciò che voleva dire. Sapeva solo che doveva farlo.
«Si, senti, non è che possiamo stare qui fino alle 6 di mattina però, eh...» fece lei alzando gli occhi al cielo.
«Wow, la tua sensibilità fa quasi piangere!» disse lui sarcastico.
«Senti chi parla. Mi hai appena baciata per cercare di capire se sei gay o no...».
Frank si schiarì la gola arrossendo. Ok, il tatto di Alex era storico
«Ti sembra tanto stupido?» chiese.
«Cosa hai provato, Frank?» disse lei, alzando un sopracciglio. Lui si morse il labbro.
«Non so descriverlo. Mi è venuto in mente... sai, quando eri ubriaca al Cafè e ti ho portata da Gerard? Mi hai detto una cosa...».
Alex scosse la testa alzando una mano per fermarlo «Si si, non vorrei ricordarlo ma lo ricordo, evitiamo di entrare nei dettagli della mia stupidità gentilmente...» disse frettolosamente.
Frank annuì «Quello, comunque. Qualcosa di simile, credo.» spiegò, poi dopo un paio di secondi di silenzio riprese a parlare «Insomma. Non prendertela a male. Ti voglio davvero bene, sei una delle ragazze più belle e buone e grandiose che io abbia mai conosciuto, e con te intorno le giornate sono migliori, anche se non te ne accorgi... però...» ora da come parlava sembrava volersi scusare. Alex trattenne un sorriso. Era così tenero, nonostante tutto. Il problema era il suo, e invece lui era lì a cercare di fasciarle il cuore e recuperare al danno fatto, e a cercare un modo per dirle che quello che aveva sentito quando Gerard l'aveva baciato, con lei non c'era stato. Infondo per Frank non era una cosa da poco, proprio come non lo era per lei.
«Non puoi farci nulla» disse, sospirando.
Frank la guardò, in silenzio.
«Insomma. Non è che le cose, qui, funzionino a comando. Se senti una cosa la senti, se non la senti non la senti...» disse Alex cercando di spiegarsi in maniera semplice. Voleva confortarlo. Doveva essere frustrante tutta quella situazione. Forse anche il doppio di quanto era frustrante per lei essere l'unica con la quale Frank potesse parlarne.
«Non fa una piega...» ridacchiò lui.
Lei sorrise, sposandosi i capelli dal volto.
«Vedi... se dobbiamo parlarne senza farci troppi problemi, facciamolo una volta per tutte: quando sorridi così, o quando mi sei vicino, o mi abbracci, mi dai la mano... per te non conta nulla, è solo il tuo modo di fare, mentre a me si riscalda il cuore, ogni volta.» confessò Alex, giocherellando nervosamente con un filo scucito della maglia.
Frank arrossì.
«E se è qualcosa del genere che hai provato quando Gerard ti ha baciato, beh, c'è poco da fare...» disse.
«Che cosa ridicola. Non è una cosa normale, no?» chiese lui mormorando.
«Tu non sei normale. E comunque cos'è, normale? Proprio tu vieni a dirmi una stronzata del genere?» rispose Alex alzando gli occhi al cielo.
Frank annuì. Esatto, cos'era normale, comunque? Non era una cosa che partiva dal cervello, alla quale poteva dare un senso logico. Veniva tutto dal cuore, ed era tremendamente difficile da decifrare.
«Ma non ho mai provato attrazione sessuale per gli uomini...» disse con un tono simile al piagnucolio di un ragazzino.
Alex sospirò «Credo che non sia una semplice questione di attrazione fisica. E' il cuore, ad essere attratto.» cercò di spiegare «Infondo, ok, non sono la più figa della città ma, hai mai pensato di fare sesso con me?».
Frank si schiarì la gola imbarazzato «Ehm, in realtà si... quando indossi quei jeans stretti fino alla morte, per dire, o quando sei pensierosa e ti mordi le lab-».«Ok, un si bastava. Comunque, vedi, hai provato un'attrazione fisica nei miei confronti ma baciarmi non ti ha dato nulla...» spiegò arrossendo.
Era un argomento alquanto imbarazzante e ringraziò il cielo di aver bevuto una birra un drink quella sera.
«Si, assolutamente nulla. Senza offesa, eh...» rispose Frank ridacchiando.
Alex alzò gli occhi al cielo. Quant'era complicato! «Comunque, invece nonostante non ti senti, o non credi di essere, attratto da Gee, quel bacio ti ha dato qualche emozione...» disse infine.
Frank la guardò pensoso «Già... quindi che significa?» domandò.
Lei scrollò le spalle «Oh Cristo! Significa che se non mi riporti a casa entro dieci minuti Gerard manda l'intera squadra di polizia di Belleville a cercarmi!» rise Alex guardando l'ora sul cellulare.
Frank la riaccompagnò a casa e la ringraziò per avergli dato la possibilità di spiegarsi e di capire qualcosa. E per tutta la notte, quel bacio con Gerard fu tutto ciò a cui riuscì a pensare.
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Insomma niente, non riesco a cambiare la formattazione del testo, mi sento impotente.
Thank you all per i commenti e le stelle eccetera.XO
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