Pagine di esistenza strappate alla vita - Parte II
Agli studi dei Momuht girava indisturbato un lecca-lecca.
Era uno di quelli sferici, al gusto di fragola, col bastoncino di plastica bianco infilzato nella palla caramellosa.
Quando arrivò alla sala prove tutti smisero di suonare, guardandolo sbigottiti al di là del vetro.
Il lecca-lecca uscì dalla bocca del ragazzino col camice bianco e pantaloni mimetici, che sfoggiava occhialoni rossi a fascia sulla testa. "Salve a tutti!" esclamò Jag con un sorriso smagliante. Erano passati ben quattro mesi da quando la band era ritornata dal tour e lui era riapparso in un giorno qualsiasi di Marzo, come un fiore di primavera, come se nulla fosse.
Dopo un iniziale sgomento Nef prese le redini della situazione. "Si può sapere dove cazzo sei stato? Non hai idea dei casini che sono successi qui mentre non c'eri!" e se lo portò via afferrandolo per un braccio.
Nel privé, Nef spiegò a grandi linee cosa fosse successo. Il bambino non sembrò per nulla impressionato dal suo racconto, ammise infatti di essere a conoscenza dell'accaduto.
"Non so come cazzo tu faccia a sapere sempre tutto, ma per una volta tanto mi torni utile, voglio sapere dove l'hanno rinchiusa."
"E per fare cosa? Non ci sono abbastanza soldi al mondo per liberare una condannata per pluriomicidio!" rispose con un ghigno beffardo.
Il bassista fu colto dalla sorpresa; Jag gli spiegò come la ragazza fosse stata dichiarata mentalmente stabile e di come questo l'avesse portata a un processo per direttissima per omicidio. Adesso scontava i suoi giorni in carcere.
Su chi avesse ucciso o dove fosse stata rinchiusa, il monello non rivelò particolari, non lo riteneva necessario.
Subito dopo il trasferimento in carcere, Sherry andò a trovare la ragazza e le parlò da dietro il vetro della sala colloqui.
"Mi spiace che sia andata così, figlia mia" introdusse il discorso.
"Nessun posto può essere peggiore di quell'inferno Sherry, non scusarti. Merito di stare qui."
"Io avrei voluto saperti felice, volevo immaginare che ti fossi ricostruita una vita, che avessi trovato qualcuno che ti volesse bene e che si prendesse cura di te. Non hai amici o persone care nel posto in cui hai lasciato?"
"No" rispose mesta.
Poi ci ripensò. "C'era un uomo, ma il nostro era un rapporto strano, lui non mi amava, ecco perché passavo spesso del tempo in sua compagnia. Non voglio che qualcuno si affezioni a me perché tanto, prima o poi, io lo tradirò."
"Che sciocchezze dici! Come fai a dire che non ti amava?"
"L'ha detto lui stesso e poi neanche io lo amavo."
"La gente dice le cose per proteggere se stessa. Quella persona potrebbe star cercandoti. Ci hai mai pensato?"
"Ne dubito e comunque col tempo si dimenticherà di me, e io di lui."
Scorsero svariati minuti di conversazione, poi la guardia invitò la donna a lasciare la sala, il tempo a disposizione era scaduto.
Passati alcuni mesi, la routine della band ritornò ai normali ritmi. Come aveva previsto Fade, il tempo placò gli animi e gli impegni giornalieri presero il sopravvento; Ted era riuscito a trovare la sequenza melodica che mancava alla sua ultima creazione, erano state quindi aggiunte parole e titolo e la canzone uscì come nuovo singolo: 'Silenzio Assenso'.
Fu subito un successo.
La fama della band arrivò anche in prigione e Fade ebbe modo di ascoltare il nuovo brano alla radio durante la sua ora libera. I ricordi di Nef le ripiombarono addosso tutti insieme; lo immaginava mentre eseguiva quei giri di basso e richiamò i giorni in cui l'uomo aveva tentato di spiegarle come si suonava lo strumento, quando lei non ci capiva e non gliene importava niente. Si rese infine conto che in realtà qualcosa le era rimasto di quegli insegnamenti.
"Lo chiamerò" introdusse il discorso la ragazza "Ma solamente per dirgli che la loro ultima canzone è scopiazzata da quella là, famosa, che mi ha fatto sentire una volta dal suo cellulare."
Sherry rimase interdetta da quell'improvvisata, ma era felice che la ragazza avesse trovato una scusa plausibile con se stessa per fare il passo.
Trattandosi di una telefonata internazionale, ci vollero parecchi giorni prima che le fu dato il permesso di attuarla.
Fade era in piedi davanti al telefono ed esitava; conosceva il numero degli studi a memoria perché l'aveva sentito ripetere milioni di volte dalla manager, che lo sparava a raffica a tutti quelli che dovevano richiamarla.
Prese la cornetta e compose la sequenza. La linea ci mise un po' a connettersi, ma finalmente il telefono squillò.
"Segreteria generale dei Momuht" rispose la voce veloce della manager.
"Ehm... Sono Fade. Vorrei parlare con Nef" fu tutto quello che riuscì a dire.
La manager trasalì come se fosse ritornato un vecchio incubo a tormentarla; non poteva permettere che quella telefonata raggiungesse il bassista e rimandasse tutto in subbuglio. Rispose diplomatica: "Nef al momento è occupato. Se vuoi lasciarmi il tuo numero ti farò richiamare."
"No, guardi, riproverò domani" e chiuse il telefono.
"Puttanella" disse la donna riagganciando.
Sul letto della sua stanza, Jag armeggiava col portatile appoggiato sulle gambe incrociate. "Questo a Nef non piacerà!" gongolò fra sé.
Il bambino aveva centrato in pieno; il giorno dopo raccontò la vicenda a Nef che, nell'udire quello che era successo, andò su tutte le furie e si precipitò dalla manager irrompendo nel suo ufficio.
La donna lanciò un urlo per lo spavento.
"Perché non mi hai detto che ha chiamato?" sbraitò.
Lei capì al volo a cosa si stesse riferendo e, confusa, balbettò qualcosa. Jag li raggiunse poco dopo per godersi la scena. "Io, ecco... È che lei ha detto che avrebbe richiamato!" fu tutto quello che riuscì a dire.
Prima che il bassista potesse aggiungere altro, il telefono squillò. Tutti rimasero sorpresi. Tutti tranne Jag: sapeva che nei carceri le cose si ripetono sempre agli stessi orari, quindi aveva pensato bene di dire a Nef dell'accaduto pochi minuti prima dell'ora in cui Fade aveva chiamato il giorno precedente.
Al terzo squillo lui afferrò il telefono. La manager cercò di reagire, ma ritornò sui suoi passi.
"Pronto!"
La voce dell'uomo la colpì. Si aspettava un altro buco nell'acqua e invece c'era proprio lui all'altro capo del telefono.
"Nef... Sono io..."
"Fade..."
Una lacrima rigò il volto della ragazza.
"Ecco io... Ti volevo dire che sto bene e non ti devi preoccupare per me..."
"Stai bene? Ma dove sei? Dimmelo!"
"Non posso. Volevo solo dirti addio, Nef."
"Addio? Che cazzo dici? Non fare la stupida! Pronto? Pronto!" ma lei aveva già riattaccato.
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Il non poter gestire gli eventi mandava l'uomo fuori di testa e non sopportava che gli si imponesse di troncare una questione a metà.
"Vieni con me!" tuonò al ragazzino il quale lo seguì divertito.
La manager crollò sfinita sulla sedia, il suo posto di lavoro era salvo.
L'uomo condusse il bambino fino in camera sua, poi chiuse violentemente la porta.
"Io l'ho capito! Tu ci godi a controllare la mia vita! Tu pensi che grazie ai tuoi giochetti mi puoi tenere per le palle! Ma adesso ti faccio vedere come stanno le cose!" Afferrò il basso accanto al letto e lo fracassò a terra "Lascio i Momuht! Sciolgo la band! E poi vedremo di cosa sarai finanziatore, dannato stronzetto!"
Jag sbiancò e perse di colpo tutta la sua baldoria.
"Non... non puoi lasciare la band! Non lo faresti!"
"Vediamo se non lo farei! Vado subito in conferenza stampa. E domani ti voglio fuori dai coglioni!" disse mentre si dirigeva alla porta.
"Aspetta!" gridò il ragazzino disperato "Non voglio! Farò qualunque cosa per..."
L'uomo si fermò a sbollire la rabbia "Allora riprendiamo il discorso interrotto mesi fa."
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