Le Ceneri della Fenice - parte III

Quando la ragazza si svegliò, andò in cucina per prepararsi qualcosa da mangiare accompagnato con del caffellatte. Mise la tazza nel microonde e lo riscaldò. Era stranamente serena e le sembrava che per la prima volta nella sua vita tutto scorresse alla perfezione. Il gatto si strusciava sulle zampe della sedia cercando di portare la sua attenzione alla ciotola vuota, all'improvviso la tazza si frantumò a terra causando la fuga dell'animale.

Nef si svegliò con un sottile mal di testa, si alzò e trovò la ragazza che giaceva riversa sul tavolo della cucina.

"No! Non di nuovo, Fade!" implorò prendendola fra le braccia. La portò di corsa in ospedale dove i medici le diagnosticarono un ictus.

Giaceva sul letto d'ospedale con indosso un respiratore. Il bassista pretese di vederla e le si avvicinò in preda a una sorta di disperazione, mista a una latente consapevolezza.

"Fade! Non permetterò che ti succeda di nuovo! Ce la puoi fare! Devi svegliarti! Mi senti? Fade!"

"Svegliati!" risuonò nella sua mente.

E aprì gli occhi.

Si ritrovò in un letto d'ospedale, con il rumore dei macchinari in sottofondo che ne registravano le funzioni cognitive. Girò la testa per guardarsi intorno.

"Dove sono?" chiese.

"Oh santo cielo, dottore!" udì esclamare da una voce che si affievoliva allontanandosi.

Poco dopo la figura confusa di un uomo apparve alla sua vista. "Buonasera signor Shaw, sono il dottor Jonathan Grass. Si ricorda chi è lei?"

"Lo ha appena detto. Sono Nef Shaw..." rispose con un filo di voce.

"Bene, nessun danno celebrale" confermò il medico "Come si sente?"

"Mi fa un male fottuto in ogni fottuta parte del corpo. Che cosa mi è successo? Dove sono?" Cercava di muoversi ma provava dolore ovunque.

"Quale è l'ultima cosa che ricorda?"

"Stavo portando la mia ragazza in ospedale, quando quel dannato gatto..." si interruppe.

"C'è una leggera confusione mentale" disse all'infermiera che scriveva nella sua cartella. "Bene signor Shaw, abbiamo avvisato la manager e i suoi amici che verranno qui a breve. Nel frattempo le inietteremo degli antidolorifici per placare il dolore" concluse. E si congedò.

Poco dopo, infatti, Joanna, Jess e Ted erano nella sua stanza. Nef aprì gli occhi confortato. "Finalmente qualcuno che mi darà un po' di risposte, invece di ammazzarmi di domande... Che cosa è successo?"

"Sei rimasto in coma per due settimane." rispose Ted preoccupato per i lividi che il bassista ancora portava in faccia.

"Due settimane..." disse incredulo. Con un enorme sforzo alzò una mano e afferrò la maglietta del chitarrista. "Dov'è lei?"

I tre si guardarono senza trovare il coraggio di rispondere.

"Lei non c'è più, Nef" si rammaricò alla fine Jess.

"E Damian? E Michelle?"

"Non conosciamo queste persone di cui parli" rispose Joanna.

"Questo deve essere l'inferno" sentenziò lasciando la presa.

"Hai avuto un incidente con l'auto. È un miracolo che tu sia sopravvissuto" continuò la cantante.

"Sì. Adesso ricordo" confermò l'uomo mettendo ordine nei pensieri "Stavo tornando a casa dopo essere stato sulla scogliera. Correvo e a un tratto un gatto nero mi ha attraversato la strada. Non rallentai, non me ne fregava niente, ma ho immaginato lei che mi urlava di non farlo e ho sbandato..."

"Sei finito contro un muro di cemento. I pompieri ci hanno messo ore a tirarti fuori" concluse il racconto il batterista "La stampa è in delirio, la manager è schizzata. Sarà meglio che andiamo a dire a tutti che ti sei svegliato. Ti lasciamo riposare" concluse.

Nef fu lasciato solo a riflettere su quello strano sogno che aveva fatto durante il coma, non riusciva a credere che tutte quelle sensazioni che credeva autentiche fossero invece solo frutto di un'elaborata fantasia.

Una donna fece capolino dalla porta, riportandolo alla realtà.

"Nef" disse avvicinandosi.

Era minuta, dai capelli lisci e scuri che le sfioravano le spalle, pallida e visibilmente preoccupata. Si sedette accanto a lui posando una mano sopra la sua.

"Rebecca" la riconobbe.

"Ero così in pena per te. A momenti morivo di crepacuore" gli spiegò con un'espressione turbata.

"Adesso sto bene. Mi riprenderò, credo."

"Se c'è qualsiasi cosa che possa fare per te..."

"No, Reb, non credo tu possa fare niente" le disse, guardando il bianco del soffitto sopra di lui.

"Nef. Sono passati tanti anni da quando ci siamo lasciati, ma non vuol dire che non possiamo aiutarci a vicenda, quando ne abbiamo bisogno."

Si voltò verso di lei e la scrutò. Aveva dimenticato quegli occhi verdi che usava truccare pesantemente di mascara e quelle labbra rosate che spiccavano sulla sua carnagione chiara incorniciata dai capelli corvini. Forse li aveva tagliati dall'ultima volta che si erano visti. Forse.

L'uomo divagava mentre lei parlava, gli ritornarono alla mente i ricordi giovanili di quando non era ancora arrivato al successo e condivideva con quella ragazza i sogni e le stronzate tipiche dei giovani. Cose da ragazzini, in confronto a ora che era diventato adulto. E anche lei era cresciuta, si rese conto. Le parole, i gesti erano maturati insieme a lei; piangeva e le lacrime le fecero colare il trucco. Non aveva sentito una parola di quello che gli aveva detto, ma la situazione era inequivocabile.

Sollevò a fatica la mano per asciugarle una lacrima e le disse solamente "Grazie."


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Angolo autrice
Grazie per essere arrivati fino a qui, spero che nonostante il finale non proprio ideale abbiate apprezzato la storia.

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Con gran sorpresa (soprattutto di me stessa) ho scritto un seguito di questo romanzo dove si approfondisce meglio il personaggio di Jag e alcune questioni lasciate in sospeso. Lo trovate sempre gratuitamente su Wattpad: "Le Ceneri della Fenice 2 - Living Hell"



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