La scelta - parte III

La ragazza, nella stanza, ponderava. Faceva girare la lama del suo coltello fra le mani osservando i riflessi che produceva quando la luce della lampada si infrangeva sul metallo, in un ritmo cadenzato.

Quando Nef la raggiunse si preoccupò non trovandola più lì. Vide delle macchie d'acqua sul pavimento e si precipitò in bagno. Lei era seduta sul wc e respirava affannosamente, con lo sguardo iniettato di paura.

"Si sono rotte le acque! Ok, mantieni la calma!" disse Nef rivolgendosi più a se stesso che a lei "Prendi questo asciugamano, io vado a prenderti il cappotto."

L'uomo tornò a recuperarla poco dopo e la aiutò.

"Non ce la faccio! Non voglio!" gemette nel panico, al che l'uomo la costrinse a guardarlo negli occhi.

La ragazza era in preda agli spasmi e aveva perso totalmente il controllo, capì che si sarebbe dovuta affidare totalmente a lui. Gli cinse il collo con le braccia e si fece aiutare ad alzarsi. Partirono subito alla volta dell'ospedale; mentre guidava, Nef chiamò il dottore al cellulare avvisandolo che stavano per arrivare.

"Il travaglio è iniziato?" chiese il medico dall'altro capo del telefono. "No" rispose l'uomo, ma improvvisamente venne investito dall'urlo di dolore della ragazza.

"Adesso sì" concluse chiudendo il telefono.

I minuti successivi furono un inferno per la giovane, preda di dolori che non avrebbe mai pensato di poter riuscire a sopportare.

Arrivati all'ospedale fu portata subito in sala parto. Un'infermiera si avvicinò a Nef dicendogli che avrebbe potuto assistere alla nascita se avesse indossato il camice: venne preso in contropiede ma accettò.

Entrato in sala lo investì una scena di più assoluto scompiglio. Fra le urla di lei e le direttive di tre persone che l'aiutavano a sistemarsi sul lettino, si avvicinò sentendosi del tutto fuori luogo, percependo il tutto come una serie di brevi sequenze impazzite.

"Nef!" lo chiamò sgomentata la ragazza tendendogli la mano, lui si avvicinò ma non fece in tempo a dire nulla che il suo camice venne stretto da una morsa possente "Giuro che se sopravvivo ti strappo le palle, così la prossima volta ci penserai due volte prima di chiedermi di tenere un bambino!!!" gli urlò scuotendolo con una forza sovrumana derivata dal dolore.

Il musicista riuscì a stento a liberarsi dalla presa.

"Non si preoccupi, non è il primo uomo a cui la moglie ha detto frasi del genere" lo rincuorò un medico, ma lui non era del tutto convinto che quelle promesse non sarebbero state mantenute. "Ti odio!!" continuava a inveire lei.

"Ha raggiunto la massima dilatazione. Sta per nascere, venga a vedere" gli disse un'ostetrica.

"Woah!" esclamò lui con occhi strabuzzati. "Guardala bene, perché questa è l'ultima volta che la vedi! Stronzo!!" continuava a minacciarlo in pieno delirio.

"Forza piccola! Sta per nascere, non mollare!"

"Vienici tu da questa parte!" ribadì lei che ormai aveva preso il giusto ritmo di respirazione e non aveva più le forze di pensare ad altro.

Il bambino nacque e fu annunciato che era un maschio, la ragazza crollò esausta sul letto, fra le urla del bambino che si facevano sentire ben forte. Nef andò ad abbracciarla. "Abbiamo avuto un maschio, Fade!".

La ragazza non credeva alle sue orecchie, ce l'aveva fatta: era diventata madre nonostante tutte le congetture che aveva fatto nel corso degli anni, nonostante avesse pensato di morire mentre lo dava alla luce. Si lasciò coccolare dall'abbraccio di lui in preda a una sorta di catalessi.

L'ostetrica portò il bambino alla coppia. "Lo vuole tenere?" chiese, ma Fade sussultò sbigottita. L'uomo afferrò la situazione e congedò gentilmente l'infermiera "Immagino che adesso sia un po' stanca, è meglio che lo veda dopo..."

"Come volete, lo portiamo a lavare e ve lo faremo avere dopo, congratulazioni di nuovo."

"Nef" gli chiese lei con un filo di voce "Vorrei restare un po' da sola" e lui l'accontentò.

Si risvegliò nel letto d'ospedale assegnatole, era esausta e dolorante. Il primo pensiero che ebbe fu per Nef, sperava non se la fosse presa per quello che gli aveva detto durante il parto.

L'ostetrica apparve dalla porta con in mano un fagotto.

"Congratulazioni, è proprio un bellissimo bambino" le disse porgendole il pargolo che dormiva placidamente. La ragazza fu presa in contropiede e lo afferrò alla meno peggio, dimostrandosi estremamente impacciata.

"Molto bene" le disse l'infermiera "Come si chiama?"

"Abbiamo deciso per Damian" rispose con un sorriso.

"Allora, lascio te e Damian da soli così potrete conoscervi meglio" concluse lasciando la camera.

"No aspetti! Che devo fare se si sveglia?" implorò lei.

"Sai già cosa fare" la rincuorò.

«No che non lo so, dannazione!» pensò.

Guardò il neonato. Dormiva beatamente, non si aspettava fosse così calmo. «Non è poi tanto brutto. E ha anche un po' di capelli qui» disse passando delicatamente l'indice su uno spruzzo di capelli sulla fronte.

A quel gesto il bambino si mosse. «No, non ti svegliare!» implorava mentalmente la ragazza.

Il piccolo aprì gli occhi e investì la ragazza con due grandi pupille nere, lei si fermò a guardarle «Ha degli occhi così profondi da sembrare blu» fu l'unico pensiero che la creatura le permise di formulare, poi cominciò a singhiozzare e infine a piangere.

«Non Piangere! Non piangere! Iiiihhh! Voglio piangere anche io!!» pensava la ragazza guardandosi intorno «So cosa fare! So cosa fare!» si auto convinse. Abbassò una spallina della vestaglia e avvicinò delicatamente il bambino al suo seno. Il piccolo smise di piangere e cominciò a poppare. La semplicità di quel gesto le pacificò l'anima, legandola indissolubilmente a quella creatura.

Nef entrò da lì a poco. "Ehm... si può?" chiese valutando se fosse aria che sparisse.

"Entra" disse lei salutandolo poi con un bacio "Hai fumato." sentenziò.

"Dovevo pur trovare un modo virile per dire addio alle mie palle" scherzò.

"È vero, ho esagerato, però..."

"Non fa niente" minimizzò lui sedendosi su una sedia accanto al letto "A quanto pare il diavoletto si sta già godendo la vita! Quand'è il mio turno?" azzardò vedendo con quanta passione il piccolo tirava il latte "I dottori hanno detto che se non hai particolari disturbi potrai uscire di qui già domani mattina."

"Il solo pensiero di andarmene da questo posto mi fa stare bene. Vai pure, ci vediamo domattina" confermò la ragazza per rassicurarlo.

Nef uscì dall'ospedale, un freddo alito di vento lo fece raggelare. Si diresse nel parcheggio dove aveva lasciato la macchina. Arrivato alla vettura notò una strana macchia nera sul cofano: un gatto vi si era raggomitolato sopra alla ricerca di un po' di calore, in quella notte ghiacciata. "Ehi che fai lì sopra?" lo apostrofò adirato "Via dalla mia macchina bestiaccia!" Il felino schizzò via in preda allo spavento.

Una fitta improvvisa colpì Nef alle tempie, come un'emicrania lancinante. «Dannato gatto! E maledetto freddo, mi stringe la testa come in una morsa, ma andasse tutto al diavolo, niente ha più importanza adesso che...» si interruppe. Aveva improvvisamente perso il filo del suo ragionamento.

La mattina dopo Fade fu rilasciata dall'ospedale, Nef le disse di aspettare nell'atrio mentre avrebbe portato la macchina di fronte l'entrata. La ragazza, quindi, si sedette col suo fagotto fra le braccia osservando il viso rotondo del neonato.

«Vorrei tanto poterti parlare. Avrei così tante cose da dirti» pensava «Chissà che cosa direbbe mia madre se...»

Si fermò. Per la prima volta in vita sua aveva avuto un pensiero diretto ai suoi genitori, legato a un momento di gioia. Pensò a come anche loro avessero avuto la sua stessa felicità nello stringere lei quando era nata, a come avessero sperato che un futuro radioso l'attendesse guardando le sue piccole mani.

Ma con quelle stesse mani lei...

Una lacrima le scese sul viso.

"Fade, va tutto bene?" si allarmò Nef rientrando e vedendola in quello stato.

"Si, stavo solo pensando a quanto questa felicità sia quasi insostenibile" mentì.

Ritornati a casa, Fade lasciò il bambino a Nef per farsi una doccia. La stanza dove dormivano era stata esageratamente scaldata, tanto che l'uomo si era dovuto togliere la maglia per non soffocare. Riverso sul divano, teneva il piccolo che gli dormiva beatamente sul petto. Teneva una mano sul suo corpicino,talmente minuto da poterlo contenere quasi tutto nel palmo. Il pargolo si svegliò e girò la testa verso di lui.

"Ben svegliato, scimmietta" gli disse porgendogli un dito. Il bambino muoveva gli occhi guardando i suoi movimenti.

"Scommetto che non hai idea di quanto tu sia fortunato. Fade non è il tipo di persona che si affeziona facilmente a qualcuno, ma con te è stato diverso. Ti ha amato dal primo momento che ti ha visto, ne sono sicuro" confidò a quella creaturina.

La sera lo adagiarono nella culla e si stesero sul letto, finalmente la distanza del pancione che li separava era dissolta. La ragazza, accanto a lui, lo scrutava di rimando.

"Che stai guardando?" le chiese un po' imbarazzata.

"Niente, stavo solo pensando alla prima volta che ci siamo incontrati. Non volevi neanche parlarmi..."

"È vero. E io mi ricordo che quando ti ho conosciuto non avevo neanche una ragione per vivere" gli sorrise.

"Adesso ho due ragioni per vivere..."

---
Angolo autrice: vi avevo avvisato che era smielato 'sto capitolo. Rileggendolo sto vomitando arcobaleni io stessa, perdonatemi.
Il cerchio si chiude con l'ultimo capitolo che è anche il fulcro del titolo del libro. Hasta la vista!

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top