L'oscuro richiamo - parte II

"Ma chi diavolo sei, il figlio di un principe?" chiese.

"Sì, il figlio del diavolo!" rispose divertito.

"Falla finita" lo zittì scocciata, appoggiando il viso su di una mano e guardando fuori dal finestrino lo scorrere delle cose.

L'auto si fermò presso un piccolo aeroporto isolato alla periferia della città. La ragazza cominciava a mostrare i primi dubbi riguardo la sua improvvisa partenza: "Io non ho niente con me, non ho neppure un'identità..."

"Voleremo con una linea privata, per ora non hai bisogno di un'identità. Arrivati, vedremo il da farsi" così dicendo, il ragazzino attese che la portiera si aprisse e poi scese. Fade rimase seduta dentro, perplessa, ma quando anche la sua portiera si aprì, lo seguì.

Salendo le scalette che portavano al piccolo aeroplano, lui non poté fare a meno di chiederle: "Ma come fai ad andare dappertutto con quei pattini?"

"Sono rollerblade" precisò lei "e li indosso praticamente da sempre..." concluse pensando che fosse una spiegazione più che sufficiente.

All'interno dell'abitacolo, il bambino osservava divertito la ragazza che aveva mille difficoltà nel sistemarsi al suo posto. Nonostante l'aereo avesse molti meno posti passeggeri di un volo di linea normale, Fade sbatteva ovunque; con l'acconciatura, poi, colpì maldestramente gli assistenti di volo che tentavano di farla accomodare.

Finita la scenetta comica e congedati i due poveri, e decisamente frastornati, steward, sbuffò scocciata: "C'era proprio bisogno di sfasciarmi i capelli?" si lamentò. "Non sono proprio il massimo per sedersi in un aereo; te li risistemerai una volta atterrati..." fu la risposta.

Il resto del viaggio procedette nel più totale silenzio.

La ragazza osservava fuori dal finestrino e rifletteva su una strana similitudine: nonostante una vita passata in perpetua fuga, il mondo attorno aveva continuato ad andare avanti mentre lei era rimasta ferma allo stesso punto. Lo stare lì, in quel preciso momento, su quell'aereo, la costringeva a domandarsi se avrebbe potuto considerarlo un primo vero passo verso qualche indeterminata direzione.

I suoi pensieri furono interrotti dal bambino "È la prima volta che viaggi in aereo?"

La ragazza rispose senza nemmeno voltarsi. "Sì"

"Hai paura?"

Questa volta si girò stranita: "Perché dovrei?"

"Beh non so, molte persone hanno paura di viaggiare in aereo: temono un disastro. Non avere una via di fuga le rende inquiete e cominciano a dire cose del tipo che preferiscono viaggiare attaccate al terreno..."

"Non mi riguarda" rispose secca e si voltò di nuovo verso il finestrino.

"Piuttosto, che hai intenzione di fare una volta arrivati?" chiese per non far ricadere il silenzio fra loro.

"Andrò a cercare i Momuht! Voglio far parte della loro band!"

"Che idea strampalata!" continuò lei senza dargli troppo peso.

"Non è così! Loro mi accoglieranno! Il mio arrivo cambierà le loro esistenze!"

Quel tono di voce crescente catturò l'attenzione della ragazza: il bambino sembrava preso da una sorta di morsa ossessiva nei confronti della band.

"Non mi sei mai sembrato un tipo normale, ora ne ho la conferma" concluse con disprezzo.

Jag si riassestò sul sedile con stampato in faccia un ghigno da genio del male. Aveva in mente grandi progetti per il suo inserimento nella band e aveva tutte le intenzioni di usare qualsiasi mezzo pur di entrare nelle grazie del leader del gruppo. Si assopì lasciandosi cullare dai suoi sogni da ragazzino, anelando meravigliose prospettive per la sua vita futura.


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