L'oscuro richiamo - parte I
La mattina dopo Fade si svegliò nuovamente a causa del fracasso che Jag stava facendo in cucina. Il forno a microonde terminò con un rumoroso segnale acustico la fine del ciclo di riscaldamento.
La ragazza si sedette stordita sul materasso e osservò, nella parte opposta della stanza, una serie di stracci arrotolati a mo' di cuccia che le riportarono alla mente la sera precedente, quando aveva preparato un giaciglio per il suo nuovo strambissimo conoscente.
Il bambino le presentò un piatto con un waffle fumante ricoperto da una salsa appiccicosa, lei lo squadrò con sospetto, ma non esitò troppo a mangiarlo.
Passato un interminabile lasso di tempo, servito alla ragazza per modellare i capelli, i due furono in strada e iniziarono a disquisire su una questione lasciata in sospeso il giorno prima: il moccioso insisteva sul fatto che fosse impossibile non conoscere il gruppo di cui era fan sfegatato, perché di fama mondiale; la ragazza, dal canto suo, gli rinfacciava che non gliene fregava niente di una stupida band. La discussione andò avanti fino all'entrata del luogo in cui erano diretti: un negozio di CD musicali. Lui si precipitò dentro, lasciandola interdetta sull'uscio; non sapeva nemmeno perché si trovasse lì, ma la gioia euforica che il ragazzino metteva in ogni cosa che faceva, in qualche modo, riusciva ad ammantare il casino che le si aggrovigliava in testa. Slittò dentro ritrovandosi circondata da scaffali pieni di compact disc dalle grafiche più disparate.
Dopo aver contemplato per un po' le illustrazioni di alcune copertine, raggiunse il bambino che si era appostato in un angolo, con indosso delle cuffie troppo grandi per la sua testa. Sembrava rapito dalla musica e canticchiava ciò che stava sentendo, tenendo in mano la custodia di un CD. Quando lei gli si avvicinò, tolse le cuffie ed esclamò: "Tieni! Senti questa!"
"Vuoi scherzare! Così mi si rovina l'acconciatura!"
"Allora guarda!" disse porgendole l'album che teneva stretto a sé. Fade prese la custodia senza troppo entusiasmo e scrutò la cover. La foto di un gruppo di quattro persone posava su un fondo totalmente nero. "Banale" pensò, e cominciò ad analizzare i componenti del gruppo: due ragazzi ai lati e una ragazza al centro, si atteggiavano con pose da 'fighetti'; dietro di loro si stagliava un ragazzo riccioluto di notevole altezza, la sua statura sicuramente avrebbe suscitato soggezione dal vivo.
I due in primo piano guardavano in camera con espressioni diametralmente opposte: il primo, sotto un'acconciatura estremamente 'emo', aveva uno sguardo malinconico che sembrava voler comunicare quanto la sua intera esistenza fosse una continua tortura, l'altro sfoggiava un ghigno di chi ti sfotte perché lui ha raggiunto il successo e tu non puoi fare altro che invidiarlo. Quest'ultimo, in particolar modo, colpiva per il suo abbigliamento. Sopra una camicia scura slacciata a metà lasciava intravedere un accozzaglia di ciondoli legati al collo. A chiudere il gruppo la ragazza, capelli corvini, lisci, lucidi e occhi profondi come la notte. Si stagliava al centro della scena con le braccia incrociate. Aveva lo sguardo di chi ti squadra dall'alto in basso come se fossi una nullità, teneva penzolante in bocca una sigaretta. Il fumo, palesemente aggiunto con un misero intervento di foto-ritocco, andava a salire fino a formare il nome della band. "Momuht" concluse Fade leggendo.
"Mah, non mi pare un granché" disse restituendo la copertina al bambino che ingordamente l'afferrò, stringendola come a proteggerla. "Tu non capisci... si avviò verso l'uscita "Loro hanno bisogno di me...". Lei fece finta di non sentire l'ultima frase e lo seguì fino al bancone.
"Compro questo" esclamò sulle punte dei piedi il ragazzino, porgendo l'album al rivenditore, poi pagò e uscì contemplando il suo nuovo acquisto.
Jag camminava sulle nuvole rimirando l'album da tutte le angolazioni, immediatamente ruppe il cellophane e scrutò la cover interna per vedere se ci fossero altre immagini, un risolino di gioia confermò l'esito positivo delle sue speranze. Aperto il libretto dei testi, il bambino iniziò a commentare euforicamente tutte le foto al suo interno, descrivendo il tizio di turno e quale ruolo avesse nella band, avvicinando il libretto alla faccia di Fade, la quale vi buttò un occhio per nulla interessata: quei gesti e quelle pose da fanatici non le garbavano per niente, anzi le suscitavano abbastanza fastidio. Non le era mai piaciuto chi si comportava da 'egocentrico del cazzo' e, a quella band, sembrava proprio che il termine calzasse a pennello; continuava a pattinare pensando a tutt'altro. Arrivati nei pressi del 'nascondiglio segreto' la ragazza si fermò di botto, poi acciuffò per la collottola il ragazzino tirandolo indietro. "Che c'è?" chiese Jag abbastanza infastidito dall'interruzione del suo idillio. Lei, accigliata, gli fece cenno di seguirlo in un vicolo, poi i due si misero a spiare da dietro l'angolo. Intorno al palazzo dove viveva la ragazza erano appostate un'auto della polizia e una furgonetta dei vigili del fuoco, diversi poliziotti indagavano fermando dei passanti.
Uscì un pompiere che sporse rapporto a un agente. "Sì, l'alloggio è abitato: il cavo della corrente che ci è stato segnalato è stato dirottato illegalmente in questo edificio dichiarato inagibile." A quelle parole Fade sentì l'impulso di strozzare il suo improvvisato compagno, ma si contenne: "Hai visto che cazzo hai combinato?" disse costretta a parlare sottovoce, nonostante la voglia di sbranarlo a parole "Lo dicevo io che non dovevi mettere quegli aggeggi! Mi hanno scoperto!"
Lui non rispose ma appariva visibilmente frastornato. Dopo un attimo di esitazione propose: "Allora vieni via con me, ti darò una nuova casa nel posto dove sto andando."
La ragazza lo squadrò. Stava per mandarlo al diavolo seduta stante ma qualcosa la fece desistere: ricordava fin troppo bene quanto sacrificio le era costato cercarsi quell'alloggio, quanto era stato difficile trovare un posto libero fra migliaia di senzatetto e costruirsi una vita da zero. Il pensiero di dover ricominciare da capo in una città dalla densità popolare ormai satura, col rischio tangibile di finir male in mancanza di un posto in cui rincasare; ricercare tutti gli oggetti che facevano parte della sua quotidianità, organizzare gli spazi, razionare le scorte, per poi ritrovarsi all'improvviso senza tutto quello che rappresentava il suo mondo, la mandò in tilt. La mente le stava per cedere di nuovo, quando fu distratta dal vociare dei pompieri che portavano fuori scatoloni colmi delle sue cose. Non lo tollerava, non riusciva a credere che fosse costretta ad accettare, ma capì che ormai quel poco che le apparteneva non c'era più. "Andiamocene di qui" comandò girando sui pattini.
I minuti successivi scorsero nel più totale silenzio. Jag seguiva la ragazza a testa bassa stringendo la cover del suo nuovo CD, ma il suo umore era decisamente diverso da quello di quando lo aveva acquistato. Lei ruppe il ghiaccio chiedendo:
"Allora, dov'è questo posto in cui sei diretto? Quello della cartina, immagino..." Il bambino si arrestò di botto "Sì. Possiamo anche partire subito!" esclamò rincuorato.
"Che vai farneticando?" ma non riuscì nemmeno a continuare la frase che una macchina dai vetri scuri li affiancò fermandosi. Ne uscì l'autista che si rivolse al marmocchio in maniera servile, aprendogli lo sportello: "Prego, signorino."
Jag saltò dentro con l'euforia di chi non aveva mai provato prima un'esperienza simile, la ragazza invece rimase interdetta e per nulla intenzionata a salire.
"Prego signorina" la invitò l'autista facendo un leggero inchino.
"Dai Fade salta su!" la incitò la voce bambinesca dall'antro della macchina "Dobbiamo prendere l'aereo!"
"L'aereo? Ma sei matto? Io non ho neanche i documenti! Come pensi che..."
"È un aereo privato, sciocca! Sali!"
Quell'ultima frase la lasciò talmente sconcertata che salì in macchina senza rendersene conto. Lo sportello si chiuse cautamente dietro di lei.
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