L'incubo - parte II
Nella penombra all'interno del furgone, la giovane era seduta a terra con i capelli riversi sul viso e lo sguardo fisso al pavimento. La sua camicia era stata fissata a dei ganci sulla parete per evitare che si muovesse e i due medici che l'avevano catturata erano seduti di fronte a lei chiacchierando dell'impresa appena compiuta.
Osservando la trama del linoleum scuro, i pensieri le si mischiarono ai ricordi.
Jane era distesa sul letto di una stanza bianca, la mobilia scarna si riduceva solo a un comodino, un tavolino, una sedia e un armadio. Da un'unica finestra entrava un fascio di luce che proiettava a terra un quadrato luminoso, spezzato dall'ombra dell'inferriata.
La ragazza indossava un pigiama chiaro e un paio di logori pattini a rotelle, osservava il soffitto, contemplando lo scorrere lento della sua vita. Aveva all'incirca quattordici anni.
D'un tratto smise di respirare.
Il chiavistello della porta girò ed entrò una giovane donna. Fade non riusciva a vederne il volto, tutto appariva come cancellato, i visi del passato erano dissolti dai suoi ricordi. Intravedeva solo una testa dai capelli ricci legati a coda e un corpo esile fasciato da un camice da infermiera.
La donna le parlò con tono confidenziale "Buongiorno Jane, come va?" ma la ragazza non rispose, rimase immobile con gli occhi aperti a fissare il soffitto.
"Misericordia, Jane! Mi senti?" si allarmò la donna
"Bhu!" fu la risposta della ragazza che la spaventò a morte.
"Jane, Sant'Iddio! Devi smetterla con questi scherzi!"
"Ah, ah! E tu smettila di cascarci ogni volta, Sherry! Mi hai portato del cibo?" chiese sedendosi a gambe incrociate sul letto.
"No, qui ci sono le tue medicine, prendile senza fare storie."
"Awn, credevo fossimo amiche" si corrucciò.
La giovane donna si sedette accanto a lei.
"Me lo ha ordinato il medico e non posso disobbedire. Forza, queste allevieranno i tuoi mal di testa" disse porgendole una scatolina con dentro delle pillole e un bicchiere d'acqua.
"Le medicine sono per gli sfigati" rifiutò.
"Non è così: ti aiutano dove il fisico non riesce a guarire da solo. Dai prendile."
"Va bene va bene, le prenderò... Però voglio andare fuori! Pattinare qui non è divertente! Quando posso uscire?"
L'infermiera sospirò "Ragazza mia, quello che hai fatto non è giusto e se sei qui è perché vogliamo aiutarti a farti comprendere i tuoi errori."
"Mi sono solo salvata dall'inferno! Perché tutti mi rimproverano per questo?"
"Quello che tu chiami 'inferno', per il resto della gente è normale 'vita' e ci sono altri modi per affrontarla!" concluse risoluta l'infermiera "Ora vado, prendi le tue medicine, mi raccomando." La serratura si inchiavò dietro di lei con un rumore secco.
Fade osservò la scatola lasciatele sul mobiletto accanto al letto. Allungò una mano, prese una pillola e cominciò a recitare in falsetto: "Uhhh! Prendimi Jane, sono la pillola che salverà la tua salute mentale! Uhhh!"
"No! Tu vuoi imbrogliarmi! Ti ho riconosciuto! Sei il malvagio Dr. Pillolo! E una volta che ti avrò ingerito mi dilanierai dall'interno!! Chi? Chi mi salverà??" continuava divertita. Prese un peluche a forma di gatto antropomorfo da un angolo del letto. "Ta-Daa!!"
La ragazza cominciò a infilare con forza la pillola in una piccola scucitura nell'orecchio del pupazzo. "Coraggio Mr. Garfy! Non essere ostinato! Prendi la medicina, guarirà il tuo cervello malato!! Ecco! E ora un po' d'acqua!" prese il bicchiere e risucchiò un'abbondante sorsata, fece qualche gargarismo e trangugiò il liquido concludendo con una fragorosa risata. Era di nuovo salva.
Una mattina come tante Sherry entrò nella stanza, mostrandosi più gioviale del solito "Sorpresa! Indovina che giorno è oggi?"
"Giorno di terapia?" rispose lei con un sarcasmo privo di entusiasmo.
"No sciocca! Oggi compi 15 anni e perciò ecco un regalo da parte mia!" disse mostrando una grande scatola ricoperta di carta colorata.
Fade non stava più nella pelle. Non capitavano molte sorprese nella sua vita da quando era stata rinchiusa in quel posto.
Soppesò la pesantezza del pacco, doveva essere qualcosa di grosso, scartò in fretta e furia l'imballo e tirò fuori una graditissima sorpresa. "Roller! E sono viola, il mio colore preferito!"
"E non è tutto" aggiunse la donna "Ho convinto i dottori a lasciarti uscire in cortile per provarli, visto che è il tuo compleanno hanno accettato. Possiamo andare."
La ragazza non credeva alle sue orecchie, era eccitatissima e anelava di uscire, si levò i vecchi pattini e infilò i nuovi. Ci volle un po' per adattarsi alla nuova calzatura, ma si abituò quasi subito. Passò un'ora a correre su e giù per il cortile della clinica sotto l'occhio attento dell'infermiera che ogni tanto la raccomandava di non rompersi qualcosa. Quella era una delle più belle sensazioni che avesse provato da parecchio tempo, era come tornare a prendere il volo dopo una vita passata in gabbia. Si concentrava su ogni singolo minuto passato a scorrazzare su quel misero pezzo d'asfalto, che ai suoi occhi era grande come il cielo.
"Jane, è ora di rientrare".
La ragazza ritornò alla base col fiatone e i capelli bagnati dal sudore. La sua infermiera le coprì le spalle con una coperta e l'accompagnò nella sua stanza.
I giorni successivi passarono nella serenità. Con la promessa di poter uscire di nuovo la ragazza si comportava bene e prendeva le sue medicine. Ogni volta che la porta si apriva si rizzava in piedi come un cane che aspettava il rientro del padrone, ma la risposta alla sua richiesta di poter andare fuori era sempre negativa.
Quando una mattina Sherry entrò nella stanza, la ragazza notò subito che c'era qualcosa che non andava. "Mi spiace" spiegò solamente "I dottori hanno disposto il tuo trasferimento" e nel mentre due uomini entrarono andandole incontro. Fade non ricordava i loro visi, ma le erano rimaste impressi la divisa e il berretto bianco dalla fascia rossa, caratteristici della clinica dove la stavano portando.
Si spaventò "Cosa? Io voglio stare qui! Andatevene!" ma i due uomini l'avevano già afferrata per trascinarla via a forza. A nulla servirono le resistenze dell'esile ragazza che cercò aiuto nell'unica persona di cui si fidava "Sherry! Fa qualcosa!" ma l'infermiera non aveva voce in capitolo e si mise in disparte guardandola con aria compassionevole. Fade si aggrappò allo stipite della porta con tutte le forze che poteva "Perché non fai niente? Perché? Ti odio! Hai sentito? Ti odio!" e fu strappata via anche da quell'ultimo appiglio.
La donna si coprì il volto con le mani e pianse, consapevole della sua totale impotenza di fronte agli ordini superiori. L'ambulanza dove avevano rinchiuso la ragazza partì velocemente.
All'interno, lei osservava i suoi pattini nuovi, l'unico legame che le era rimasto col suo passato. «Le persone tradiscono» sentenziò.
Dopo svariato tempo la vettura si fermò e gli sportelli posteriori si aprirono. La ragazza fu investita da una forte luce che illuminava la nuova struttura che l'avrebbe ospitata. Scese e osservò l'alto palazzo composto da finestre riflettenti. Lesse solo la scritta rossa su fondo bianco "A.S.E.".
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