L'accordo - parte III
Il mattino dopo Fade si risvegliò nel suo letto. Come da tradizione Nef l'aveva elegantemente sbattuta fuori dalla sua camera appena finito di consumare. Si stiracchiò e si coricò nuovamente pensando alle parole che aveva pronunciato la notte precedente.
"Tutto ciò che di brutto mi accade, me lo merito" riecheggiò come conclusione nella sua mente.
Nei giorni che seguirono, gli incontri fra lei e Nef divennero sempre più frequenti; la ragazza lo prendeva come tampone alle sue carenze. Il fatto di non poter più scorrazzare in giro la notte e aver perso la sua lama la faceva uscire dai gangheri, quindi si sfogava su di lui come un'indemoniata, mostrandogli un lato passionale che non si sarebbe mai immaginato.
"Ehi monella" disse un giorno Nef mentre riprendeva fiato "Mi stai costando un capitale in preservativi, non credi sia l'ora di passare a qualcosa di più pratico?"
Successivamente Fade andò a trovare Jag in camera. Bussò due volte senza ottenere risposta, quindi provò a entrare.
La colse uno spettacolo agghiacciante.
Nella stanza del moccioso erano disposti tutti gli oggetti di cui si era sbarazzato Nef.
"Machecazz... Hai comprato tu le cianfrusaglie di quel pazzoide?!" sbraitò contrariata.
"Ciao Fade! Ti piace? Così è un po' come vivere direttamente in camera sua!" sghignazzò la peste con gli occhi ossessionati.
"Non so se sei più matto tu o lui!"
"Guarda che questo è un investimento! Magari quando morirà e diventerà una leggenda, queste 'cianfrusaglie' varranno milioni!"
"Hai uno strano modo di concepire gli affari" concluse lei sedendosi sulla sedia.
Jag era appollaiato sul suo letto a soppalco. Su una mensola fissata al muro c'erano piatti di plastica sporchi e lattine di bibite acciaccate, tutt'intorno al letto, fogli di carta sparsi.
"Che stai combinando?" chiese per introdurre un discorso.
"Disegno e scribacchio storie. Vuoi vedere?"
"Meglio di no, non voglio rischiare di trovare qualche spiacevole sorpresa come l'ultima volta."
"Non preoccuparti, di solito non disegno scene di sesso selvaggio."
"Ma diavolo!!" si rizzò in piedi sui pattini "Allora è vero che mi spii!!" sbottò imbarazzata.
"Non esattamente, è solo che le tue urla si sentono distintamente fino a questa ala del palazzo..."
Fade ricrollò sulla sedia sfinita, a questo punto non valeva più la pena nascondere il motivo per cui si trovava lì.
"Volevo sapere quando arriveranno i miei documenti, devo andare dal dottore..." confessò.
Dopo aver ricevuto i suoi documenti, la ragazza poté andare da un medico e farsi prescrivere un anticoncezionale, fu costretta anche a fare gli esami clinici standard, ma almeno ottenne quello che voleva. Quando ingoiò la prima pillola quasi gli andò di traverso, la deglutì con sforzo, tossendo.
Quella notte si addormentò con un tremendo mal di testa. Si risvegliò la mattina seguente con una voce che le rimbombava in testa. "Stanza N°7".
Nel frattempo i preparativi per l'avvio del tour si fecero più intensi. La manager, costantemente al cellulare, fissava e disdiceva date, mentre le prove si facevano più serrate.
Anche il direttore artistico veniva più frequentemente e quasi tutte le volte finiva in cagnara con Nef per divergenze d'opinione. Preso dai preparativi, il bassista allentò la presa su Fade rifiutando spesso di vederla, perché troppo stanco. La ragazza, quindi, passava la maggior parte delle notti chiusa in camera. L'aver perso anche quell'unico momento di svago l'aveva fatta piombare in una profonda malinconia, oltretutto da parecchio tempo le erano tornati i suoi attacchi di emicrania.
Quella notte, presa da una fitta più forte del solito, scrisse:
01/06/2001
Ancora una volta sono tornati.
Questi giorni di continue allucinazioni.
Come tanto anni fa, quando ero nel mio letto.
Il corpo bruciava e dentro la testa
sentivo quella specie di suono muto
e tutte quelle voci che mi chiamavano per nome.
E quell'immagine
di un cavallo bianco fermo nella sua corsa.
Ricordo lo zoom su un suo particolare
fino a che non diveniva tutto bianco.
E quelle voci che si moltiplicavano.
Voci di bambini.
E sentivo come se stessi impazzendo.
Volevo rispondere,
ordinargli di smetterla di chiamarmi
ma non potevo.
E oggi
sta accadendo di nuovo. Mi sento male e la testa mi duole.
Lo sento ancora, quel suono muto nella mente.
Ho paura. Non voglio dormire.
Non voglio incontrare di nuovo le mie passate allucinazioni.
Ma ora. Mi ricordo di qualcos'altro.
Una specie di affetto.
Ricordo di una mano che mi carezzava la testa,
ricordo di qualcuno che si preoccupava di mettermi un
asciugamano bagnato sulla fronte
per contrastare quel fuoco che mi bruciava dentro.
Non riuscivo a vedere la sua faccia nel buio
ma sapevo che lei era lì.
Ogni notte,
ogni momento,
ascoltando il mio ansimare e i flebili lamenti.
Non lo ricordo
ma probabilmente piangeva per me
sperando in un futuro migliore per la sua ingrata figlia.
Lei era mia madre e ora non è qui con me.
Ma perché mai l'ho uccisa?
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