Living hell - parte IV

"Chissà che ore sono?"

"Non lo so, saranno passate ore da quando quel moccioso è scomparso dietro quella porta!"

"Bhe, visto che non sapremo quando e se riapparirà, ne approfitto per dirti buon compleanno, Nef. Peccato che sono legata, altrimenti ti avrei fatto anche un bel regalo di compleanno." lo sfotté.

Il bassista aveva dimenticato che il giorno dopo tutto quel casino, sarebbe stato il suo compleanno. Rise all'ironia della cosa. Morire il giorno della propria nascita era quasi buffo.

"Magari possiamo chiedere al moccioso di concederci un'ultima scopata prima di farci fuori!"

"Sì, basta che la smetta di girare filmini VM18... A proposito" ricollegò il discorso "Si può sapere quanti anni ho veramente? Quello non lo ricordo proprio!"

"Fra poco ne compirai ventisette, signorina."

"Porca puttana se sono vecchia!"

I due scoppiarono in una risata particolarmente stridente con la situazione, passarono il resto del tempo a parlare del passato che li aveva avvicinati, ma mai uniti come stava succedendo in quel frangente.

"Vedo che vi state divertendo" li interruppe Jag, ricomparendo dopo un tempo interminabile dalla stessa porta da cui era uscito. I due raggelarono, capendo che erano giunti ad un epilogo.

"Data l'improvvisa svolta degli eventi di oggi, ho fatto venire qui il mio team e un furgone medico con i macchinari necessari all'ultimo test. Sei stato un successo, Fade, e mi spiace davvero dover annientare la prova vivente della riuscita del mio esperimento, ma così sono costretto a fare." Con un cenno della mano ordinò ai suoi uomini di agire.

"Costretto un corno! È una tua decisione arbitraria! Lasciala!" urlava il musicista mentre la ragazza veniva staccata dal gancio e portata via di peso. Lasciarla appesa tutte quelle ore l'aveva fiaccata e non riusciva a muovere un muscolo, cosa probabilmente premeditata dal diabolico ragazzino per evitare i problemi che sapeva era solita dare. Nef e Jane si scambiarono un ultimo sguardo, ma nessuno ebbe il coraggio di dire niente all'altro prima che il loro contatto visivo si perdesse.

"Te la riporto subito!" ghignò il moccioso "Poi appena ce ne saremo andati accenderemo un bel falò, così vi potrete scaldare" insinuò mostrando con un cenno della mano tutti i bancali di legno disposti nell'edificio.

Come aveva potuto il musicista non capirlo subito? Erano stati messi lì apposta per loro. Deglutì.

"Se quella sera il mio basso lo avessi sfasciato sulla tua testa, invece che per terra mi sarei risparmiato un sacco di casini!" soffiò.

Jag si pietrificò, come se fosse stato colpito alla schiena da una lama, le pupille gli si muovevano impercettibilmente nelle orbite spalancate. Poi si portò le mani alla testa emettendo uno straziante urlo di dolore.

Intervennero le guardie del corpo che si gettarono su di lui sotto lo sguardo attonito di Nef che non capiva cosa stesse succedendo, uno di loro chiamò i medici, i quali accorsero per valutare le sue condizioni.

"Tenetelo fermo!" ordinò un primo dottore mentre tentava di controllare le pupille al ragazzino, che però si divincolava e urlava.

"Che cosa è successo?" Nef venne interrogato da una donna con una mascherina in faccia "Che cosa gli hai detto?"

"Io... niente! Ha cominciato a fare l'indemoniato all'improvviso, e..."

"Portalo al furgone, ha bisogno di una dose di morfina subito! E tu, libera lui, ci deve dire cosa è successo!"

La corda che legava Nef al pilastro fu recisa e l'uomo venne costretto a seguire di corsa lo staff medico. Sballottato dagli eventi, non capiva cosa ci stesse a fare lui lì: paradossalmente riuscì solo a pensare al sogno che aveva avuto, quando in mezzo a delle persone sconosciute, si sentiva l'unico tassello fuori posto.

Intravide Fade stesa su un lettino all'interno del furgone medico.

"Codice rosso! Toglietela da lì!" la ragazza fu presa in braccio da una delle guardie e Jag venne messo al suo posto per poi venire circondato da tutto lo staff che prendeva ordini da un uomo dai capelli brizzolati. Nef non ascoltava quello che si dicevano, troppo concentrato sulla salute di Jane. Fece per avvicinarsi a lei ma fu fermato dall'altra guardia, mentre la donna di prima tornò alla carica, insistendo su cosa fosse successo pochi minuti prima fra loro.

"Non lo so! Gli ho detto che era meglio se gli avessi spaccato il basso in testa piuttosto che per terra e lui ha dato fuori di melone!" urlò disperato. La donna con la mascherina lo guardava con occhi severi, valutando se quello che avesse detto corrispondesse a verità, poi tornò allo staff. "Situazione 689! Dobbiamo procedere immediatamente! Fate uscire quei due da qui!" fu l'ultima cosa che sentirono. Nef e Fade furono riportati alla colonna di ferro e legati di nuovo.

"La ragazza è distrutta, non potete appenderla di nuovo lì come un cotechino!" rimproverò Nef dopo essere stato legato a terra. I due uomini, mossi da una latente pietà, legarono anch'ella a terra, con la schiena appoggiata sul lato ortogonale, rispetto a quello di Nef, del pilastro.

"Che cazzo hai fatto? Hai rotto Jag?" schernì stancamente lei, con la testa reclinata in avanti, appena i due uomini ritornarono al furgone medico.

"Se avessi saputo che era così facile, l'avrei fatto subito!" rispose con astio.

"In un certo senso mi dispiace..."

"È ufficiale che qualche neurone ce l'hai fuso per davvero, anche se penso di capire cosa intendi."

"È stato grazie a lui che ho potuto avere una seconda chance: l'ultima cosa che una persona come me meritava di avere."

Fade spostò il capo verso l'uomo, a voler trovare conforto sulla sua spalla, ma era impossibilitata dalle corde, anche lui provò ad avvicinarsi ma poterono solo appoggiare le teste l'una contro l'altra, come unico contatto in quella notte che sembrava dover essere ancora lunga.


In tutto l'edificio era calato un silenzio spettrale, Nef era sveglio, ma la stanchezza cominciava a farsi sentire. Forse era notte tarda, non poteva dedurlo. La ragazza accanto a lui era crollata sfinita in un sonno profondo, si destò attirata da dei rumori che mano a mano si facevano sempre più vicini e confusionari.

All'improvviso la solita porta si spalancò e uno degli uomini di Jag si arrestò in preda all'agitazione, guardandosi attorno.

"Fermati! Non c'è tempo!" La voce del secondo uomo lo raggiunse da dietro le spalle.

"Dobbiamo farli fuori come ci è stato ordinato!"

"Non c'è più nessuno a darci ordini! Il nostro lavoro è finito! Andiamocene!"

Il primo uomo guardò di nuovo intorno come in cerca di una risposta a quel dilemma, poi i due scapparono da dove erano venuti sbattendo la porta.

Nef e Fade rimasero immobili come degli animali nascosti timorosi che, al minimo rumore, il predatore sarebbe piombato su di loro. Passarono interminabili minuti di silenzio, quando la ragazza con un filo di voce rese tangibile la domanda che si stavano ponendo entrambi: "È morto?"

"Non lo so, sono tante le cose che ignoro stasera, ma quella che mi preme di più è se usciremo mai vivi da qui."

La risposta non si fece attendere, la porta si riaprì e si stagliò una figura in camice verde che procedette fino a presentarsi di fronte a loro. Era la donna dello staff medico che indossava la mascherina e la cuffia per capelli per celare, come tutti gli altri, la sua identità. Nelle mani stringeva un bisturi.

"Vi libererò, ma dovete andarvene da qui" li rassicurò.

"Cos'è successo a Jag?" chiese Fade stralunata.

"Ha avuto una complicazione, abbiamo dovuto arrenderci e portarlo in un ospedale per un intervento d'urgenza a cui noi non eravamo preparati, ma questo è significato far saltare la copertura, tutto lo staff medico è scappato per paura di essere arrestato. Siamo rimasti solo il dottore e io..."

"Che gli è successo, perché ha reagito a quel modo alla mia frase?" chiese Nef impaziente di capirci qualcosa.

"Nathan è uno dei nostri primi esperimenti sul rimpiazzo di ricordi fittizi nella mente delle persone. Tramite questa scienza abbiamo impiantato dapprima ricordi semplici nel suo inconscio e, mano a mano, sempre più complessi, incluse nozioni di scienza e le teorie stesse dell'esperimento di cui era cavia.

Ben presto è sfuggito al nostro controllo e ha iniziato a ingaggiare il team per proprio conto per impiantarsi ricordi da lui stesso creati. Inventò una storia inverosimile sulla morte di sua madre e come suo padre avesse eseguito degli interventi chirurgici per farlo rimanere bambino per sempre, e per rafforzare la sua stessa teoria si fece fare fare delle incisioni che, rimarginandosi, assomigliassero a cicatrici."

"Perciò il moccioso ha veramente dodici anni, ma un cervello da genio. Se siete così avanzati come dite, perché non avete cancellato i suoi stessi ricordi?"

"Sei anni fa le nostre ricerche non erano avanzate come lo sono oggi, i suoi tessuti neuronali si sono degenerati in fretta e intervenire ancora avrebbe potuto comprometterlo per sempre. Ecco perché ha reagito in malo modo alla tua frase: quando hai distrutto il basso davanti a lui, due anni fa, Nathan ne rimase così sconvolto da pretendere che quel ricordo venisse cancellato dalla sua mente. Tutto lo staff si rifiutò, ma lui corruppe un paio di persone per riuscirci. Riportando alla mente quel ricordo, il cervello non ha retto."

"Ma come è riuscito a..."

"Non ho altro tempo. Vi libero perché ve lo devo: il periodo che è stato con voi, Nathan era felice" tagliò corto la donna che finì di recidere le corde donando loro la libertà. Gettò a terra il bisturi e scappò.

I due si rialzano, storditi dalle mille domande che quella breve spiegazione aveva lasciato. Il musicista aiutò la ragazza a mantenere il suo equilibrio instabile cingendole le spalle. Nel breve momento in cui i loro sguardi si incrociarono lei lo baciò scaricando tutta la tensione che aveva accumulato. Le sue labbra erano disidratate e ruvide, proprio come la prima volta che le aveva assaporate. Pensò che stava ricominciando tutto da capo e non poteva permetterlo.

"Non posso, piccola" la scostò dal viso fissando il suo sguardo pieno di frustrazione "Ho fatto un casino con te e mi dispiace, ma ora devo tornare da Rebecca."

Fade non trovava le parole, aggrottò impercettibilmente le sopracciglia ingoiando a stento il magone che provava, fece un leggero cenno col capo e i due lasciarono il capannone senza aggiungere altro.

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