Congetture - Parte II

Nei giorni successivi Nef e Rebecca stavano preparando tutto il necessario per la loro gita fuori porta. Avevano deciso di andare in un posto di mare dove sorgeva un albergo molto piccolo e caratteristico: il posto ideale per non avere troppa gente intorno. Avevano prenotato il loro arrivo per venerdì notte e, nell'attesa di quel giorno, vivevano la loro vita come una normale coppia qualunque, senza più i pensieri che comportano gestire una band.

Nef amava particolarmente quelle pause. A volte pensava di stare proprio invecchiando, anche se in realtà aveva solo trentasei anni, gli eccessi della gioventù gli avevano di sicuro 'accorciato' la vita di un paio di lustri.

Accese una sigaretta sul balcone.

Attirata dall'aria pungente che entrava in casa, Rebecca lo raggiunse. "Ma che fai? Vuoi farti venire un accidente prima della partenza?" scherzò, poi indossò un giacchetto e lo raggiunse.

Prese la sigaretta che lui le offrì e si appoggiò sul balcone ad ammirare le piccole villette intorno che si illuminavano artificialmente in corrispondenza dell'imbrunire della giornata.

"È da tanto che non ti rifugi in balcone con i tuoi pensieri. C'è qualcosa che non va?" chiese facendo uscire la prima boccata di fumo. "In realtà no" rispose distante "Stavo solo pensando che è passato fin troppo tempo da quando mi sono gustato per intero una sigaretta."

La donna ne conveniva con lui. Subito dopo l'uscita dall'ospedale c'era stato un susseguirsi continuo di impegni. Dalla riabilitazione, alla composizione del nuovo album e poi subito i concerti per il mondo, non si può dire che Nef si fosse risparmiato negli ultimi due anni e lei cercava in tutti i modi di tenere il ritmo, di non cadere sfinita perdendo il suo passo. Anche lei si rese conto che le tirate che stava inspirando in quel momento erano davvero il sentito raggiungimento di un'agognata pausa. Si gustarono quei minuti fino al filtro, poi rientrarono per sbrigare le ultime faccende.

Il giorno dopo partirono di buon'ora per raggiungere la costa. Durante il tragitto ridevano e scherzavano, cambiando stazione radio ogni volta veniva riproposta 'Rebirth', canzone ancora molto gettonata nonostante fosse passato già un anno dal suo debutto. "Cambia un po' sta merda! Non se ne può più!" rideva Nef appena riconosceva le prime note d'attacco e lei, complice, spingeva subito il tasto search. Avevano entrambi proprio bisogno di staccare dai Momuht.


Arrivati al piccolo hotel, scaricarono i bagagli e si sistemarono nella loro stanza. La finestra della camera dava sugli scogli dove un mare agitato si infrangeva, frammentandosi in una schiuma grigiastra. Loro amavano il mare d'inverno, oltre che per la questione puramente pratica del non avere altre persone attorno, l'irrequietezza delle onde, in qualche modo, riusciva a calmarli, forse al pensiero che ci potesse essere qualcosa di molto più agitato di loro, al mondo.

Mancava poco all'ora di pranzo e Rebecca decise di farsi una doccia prima di andare a mangiare qualcosa. Nef ne approfittò per esplorare i luoghi attorno. Si mise un giubbino pesante, un cappello da montagna e chiese indicazioni su dove poter andare. Gli albergatori gli suggerirono un punto molto caratteristico della spiaggia, quindi l'uomo salutò e si avviò sulla piccola stradina che collegava l'hotel alla baia. Poco dopo cambiò direzione, attirato dalle imponenti scogliere che lambivano quel tratto di mare. Si avventurò su una, non era alta e ben presto ne raggiunse la cima. Da lì si vedeva il contorno frastagliato della costa tutt'intorno e le onde che aggredivano le rocce sotto di lui. Il vento era molto forte e produceva un rumore fastidioso alle orecchie. Inutile negare che era andato fin lassù per rivangare vecchi ricordi. Si accovacciò sulle gambe per non perdere l'equilibrio e osservò tutto il paesaggio intorno. «Sarà vero che tutto ciò che butti nel mare ritorna da te?» Si domandò pensieroso. Poi prese il telefono.


Nella quiete del suo monolocale, Jane stava sdraiata sul letto con il notebook di fronte. Accoccolate accanto, due palle di pelo riempivano la stanza con le loro fusa.

Il suo smartphone vibrò, lo prese e lesse il messaggio: 'Ciao. Che fai?'

Stentava a crederci. Dopo cinque giorni dall'ultimo messaggio, il 'bassista del mistero' - così aveva cominciato a chiamarlo - si era ripresentato con un sms degno di un ragazzino delle medie.

'Sono a casa, oggi ho il giorno libero' rispose.

'Che lavoro fai?'

Per essere una persona di fama mondiale non aveva molti argomenti di conversazione, pensò. Comunque non le andava proprio di dire al suo musicista preferito che faceva un misero lavoro da gelataia.

'Scusa se te lo chiedo, ma sei davvero Nef dei Momuht?'


Al bassista scappò una risata. Era davvero una situazione buffa: accovacciato sulla cima di una scogliera, sbatacchiato dal vento, messaggiando con una ragazza che aveva scambiato per una persona morta anni addietro, doveva anche confermare la sua identità.

'Anche se ti dicessi di sì, non avresti comunque le prove che io dica la verità'


Jane arrossì a quella risposta. In effetti che diavolo di domanda era quella?

'Scusa. In effetti... ma ancora non posso crederci che sei tu ^_^'


«Una faccina... Fade non avrebbe mai usato delle faccine... Ma forse non avrebbe nemmeno mai usato uno smartphone...» contemplò il bassista osservando lo schermo.

'Ci sentiamo presto, allora. Ciao'

L'uomo si alzò, cominciando a sentire dolore alle giunture, e ritornò all'albergo.


Jane soffocò la faccia nel cuscino. "Ma sono stupida??? Finalmente Nef mi scrive e io gli faccio la domanda più idiota della Terra!!!" urlò, sicura che la sua voce sarebbe stata attutita dall'imbottitura.

Si girò a pancia in su ad osservare il soffitto, i mici nel frattempo si erano svegliati per la sua reazione e avevano cominciato a miagolare, convinti che fosse l'ora della pappa.

La ragazza si decise ad alzarsi per accontentarli, ma restò apatica per il resto della giornata.


Il weekend passava in fretta, ciononostante Nef non riusciva a rilassarsi del tutto. Gli premeva districare quello strano rompicapo e non poteva farlo in uno sperduto albergo su di una scogliera deserta, con Rebecca sempre appiccicata, per giunta.

Si vergognava di se stesso. Quella era la sua vacanza programmata appositamente con lei, e in quel momento lui desiderava non averla fra i piedi. Ripensava a come, fino a qualche anno prima, quello fosse stato il suo comportamento abituale. Ora era cambiato, ma non poteva fare a meno di domandarsi cosa sarebbe diverso se quella personalità fosse stata presente quando Fade era ancora agli studi. Snebbiò la mente e accettò di buon grado di partecipare a tutte le proposte che la donna suggeriva: dal centro benessere all'esplorazione dei piccoli paesi limitrofi.

La mattina della partenza Rebecca notò un particolare che la sorprese. Nef si era alzato di buon'ora ed era stato dal barbiere che gli aveva restituito un taglio corto. Come ai tempi prima dell'incidente.


Ritornati dalla vacanza i due riorganizzarono la loro agenda per gli impegni settimanali. A breve la band avrebbe avuto un'intervista in diretta alla radio. Rebecca riprese in mano le sue scartoffie e il telefono per organizzare gli appuntamenti di tutti. Nef approfittava di quei momenti per approfondire la presunta storia che Jag gli aveva raccontato a proposito di Fade. Avrebbe potuto chiederlo direttamente al ragazzino, ma sapeva che avrebbe destato in lui dei sospetti, dopo anni che non se ne era fatta più parola.

Per prima cosa cercò su internet le norme che vigevano nei vari Paesi sulla sepoltura dei senza famiglia. Poi, un giorno, approfittando di un'uscita di lavoro della sua compagna, si diresse verso un ente competente e, dichiarando di essere stato tutore della ragazza e impietosendo l'addetta con la storia strappalacrime del suo coma e del successivo mancato addio della sua protetta, riuscì a farsi dare il foglio con le coordinate di dove era stata portata e il numero per chiamare il ministero che se ne era occupato.

L'uomo attese qualche giorno e telefonò. Le lunghe attese fra un passo e l'altro lo snervavano, ma non voleva destare sospetti. Anche se alla fine non stava facendo nulla di compromettente, ma spiegare a tutti il motivo delle sue ricerche era davvero troppo complicato per lui da affrontare.

Quando riagganciò la chiamata, una sottile rabbia lo pervase.


'Ciao Jane'

Era ufficiale: voleva farla morire.

Appariva all'improvviso dopo giorni di buio totale e adesso la chiamava anche per nome. La ragazza si sentiva avvampare dalla vergogna, ma nel frattempo aveva fatto anche delle ipotesi su come quell'uomo, essendo comunque una popstar, magari faceva lo stesso gioco con tutte. Magari era un maniaco. Voleva scoprirne di più sul suo conto.

Si era interessata ai Momuht proprio per il singolo 'Rebirth' e si era affezionata al bassista a causa dell'incidente che aveva avuto e di come era riuscito a venire fuori da quel trauma. Al di là di quello non si era mai interessata al suo passato in quanto, stando ai vari forum su internet, l'incidente era stato un punto di svolta che gli aveva fatto cambiare la visione della vita. Ciò che era prima di quell'evento a lei non interessava. Almeno fino a quel momento.

'Ciao, come va?' rispose cercando di scrivere cose più intelligenti dell'ultima volta.

'Potrebbe andare meglio. Vado dritto al sodo. Ti va di vederci?'

"Certo che no!" esclamò d'istinto, pensando di essere finita nelle grinfie di uno stalker e non rispose al messaggio.

La sera stessa andò al PC, aprì le varie pagine online dedicate alla band e cominciò a recuperare pezzi della storia passata del bassista. Quando fu soddisfatta andò a dormire per prepararsi ad un nuovo giorno di sgridate da parte della megera.


Durante la pausa pranzo dal lavoro, la ragazza osservava il messaggio che aveva scritto sullo schermo dello smartphone, indecisa se inviarlo o meno.

Non aveva letto belle cose su chi era prima il musicista: fanatismo, menefreghismo e adorazione del Diavolo non erano certo argomenti che suscitavano sicurezza per un primo incontro. Ma voleva capire perché proprio lei? Perché quella sera quell'uomo aveva avuto una reazione tanto esagerata nei suoi confronti?

«Cazzo, è anche fidanzato, se poi va a finire male? Cioè bene? Ma anche male...» si tormentava in un turbinio di eccitazione e rammarico. Alla fine premette il tasto di invio.

Rimase fissa a rileggere più volte il messaggio spedito, per convincersi di aver fatto la cosa giusta.

'Scusa se non ho risposto, sono stata impegnata col lavoro. Possiamo vederci domani se vuoi. Ho il giorno libero'

Il bassista aveva letto il messaggio e lo aveva subito cancellato, cominciando a rimuginare su come fare per liberarsi. L'indomani aveva proprio l'intervista alla radio, non sarebbe stato facile trovare una scusa plausibile per dileguarsi.

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