Max
«Sì mamma, non ti preoccupare, qui tutto bene. Beh qualche lupo sotto casa, o un cane credo, ma l'ho spaventato. Ho trovato il vecchio fucile di nonna Ava, ho sparato in aria ed è scappato. Nah,
nulla di grave» passò nei corridoi di quella casa finalmente pulita, ridipinta con i colori originali.
La villa era tornata al suo antico splendore, e Giacomo un paio di volte si era domandato se per caso non fosse ancora vivo.
Aveva perfino indetto una riunione di fantasmi per capirlo, ma Amelia l'aveva rassicurato: era morto.
«Del tuo corpo non restano che ossa, non ti preoccupare» gli aveva detto.
La villa era finalmente pulita, l'impresa di polizia ci aveva messo tre giorni per finire, anche perché Giacomo, nonché un paio di sortite di Max, ci avevano messo le zampe. Cose appena pulite si
sporcavano di nuovo, di mattina Greta trovava bottiglie di birra vuota sul patio.
Greta si sistemò l'auricolare.
«Sì beh, ti dico che sarà un gran bel bed and breakfast. Poi ha fama di essere infestato, ma per ora le uniche infestazioni che ho visto erano di blatte, ragni e altre cose del genere. Ci hanno messo due giornate intere per toglierle tutte, e non ti dico cosa c'era in cantina! Scheletri di topo. Dio mio. Se
penso che ci ho dormito, in questa casa.... no, fino ad ora sono stata in una stanza che ho preso in affitto per qualche giorno, era impossibile dormire qua. Comunque dovresti vederla ora. I divani finalmente profumano, in lavanderia hanno fatto proprio un bel lavoro» sorrise guardando la casa, che
finalmente aveva smesso gli abiti di una villa infestata per indossare quelli di un bed and breakfast
«Oh no, niente bar. Sarà tutto molto familiare, gli ospiti scenderanno a colazione come se fossero a
casa della loro nonna, e lo stesso per il pranzo e la cena. Saranno in comune, allo stesso tavolo, qui ne ho trovato uno enorme. Ho assunto una cuoca per occuparsi dei pasti, è molto brava.»
«Anche io ero bravo a cucinare» brontolò Giacomo. «Tua nonna però giudicava le mie uova "insipide", i miei spaghetti "poco cotti" e la mia carne "suola di scarpe". Ed era solo una bambina,
eh! Ma era una vecchia strega già a cinque anni.»
«Secondo me nonna Ava sarebbe contenta, ho conservato tutto. Ah, e chiaramente, prima dell'ingresso di ogni ospite in stanza, farò una foto. Ci sono dentro gli oggetti dei miei antenati,
vecchi abiti, cose personali... no, non ho ancora catalogato tutto, ma assumerò una persona per occuparsi di questo. Al check out, si controllerà che la stanza non sia stata depredata. No, non ho
ancora finito la lista, te l'ho detto. Ci sono troppe cose. Ci ho trovato perfino un violino! Il resto delle cose non sono di valore, e i gioielli chiaramente li ho messi in cassaforte. Guarda, c'è di tutto:
vecchie coperte, che userò per gli ospiti. Ho contattato le anziane del paese, possono riprodurle uguali, nel caso qualcuno le voglia comprare. Poi tipo lettere antiche, penne, libri, ma anche ciucci, biberon, ciocche di capelli... »
«Quella era mia madre» sbuffò Giacomo, seguendola verso il soggiorno. «Conservava tutto, perfino
i miei capelli! Poi tendeva a nascondere soldi ovunque, dovresti svitare i pomelli del letto.»
«E non sai cosa ho trovato sotto i materassi, mamma. Soldi! Beh, sono molto antichi, quelli li farò
sistemare da qualche esperto. Poi non hai idea di quanti diari, alcuni di un certo Giacomo Galimberti. Sì, lo Zio di Ava. Pare fosse già vecchio quando lei era bambina, ma io ricordo le cose
che mi raccontava. Questi diari saranno perfetti.»
«Hey no!» sbuffò Giacomo «Nono, i miei diari no!» una finestra si aprì all'improvviso, ma Greta
era ormai abituata a questo genere di accadimenti. Tuttavia sobbalzò quando vide qualcosa nello specchio antico del soggiorno.
«Scusa mamma, mi è parso di vedere... niente, sarà una macchia nello specchio» borbottò. Le era in realtà parso di vedere un'ombra molto strana apparire nello specchio. Il suonare stonato del
campanello della porta la distrasse.
«Suonano alla porta. Senti, ci sentiamo dopo, ok? Devo anche
sistemare il campanello, fa un suono molto lugubre. A dopo. Si, ti voglio bene anche io.»
«Siete giovani, avete decenni per dirvelo» borbottò Giacomo. «Se hai il sangue dei Galimberti sarai
qui molto a lungo. Oh, ma vedrai stanotte cosa combino... e so che puoi vedermi, sai?» sbuffò, seguendo Greta che andava verso la porta d'ingresso «Di sicuro puoi vedermi, mi hai notato nello specchio. Ti ho visto mentre ti giri. Puoi vedermi, non dovrei sforzarmi con te. Andiamo, ti manca veramente poco.»
«Sì, chi è?»
«Sono Max, signorina! Sono l'insegnante di ginnastica delle scuole elementari e medie del paese, ci siamo intraviste alla mia officina. Può aprire, per favore?» Greta aprì, e si trovò di fronte un uomo
altissimo, quasi due metri per un fisico ben allenato, un po' tozzo. Somigliava un po' a "rabbia" di inside out. Aveva due occhi gialli incavati, molto inquietanti, capelli ricci e nerissimi e una gran
barba che gli copriva parte del viso. Greta si ritrovò a pensare che senza barba non sarebbe stato male. In quel momento però, con la camicia a quadri rossi che portava, sembrava uscito
direttamente da un film horror. Quello in cui avrebbe dovuto interpretare la parte del maniaco con l'ascia.
Greta rimase sulla porta, fissandolo con apprensione. Rimase sulla porta, senza togliere il ferro, ma aprendola quel tanto che bastava per vederlo.
«Insegnante e meccanico?» domandò.
«Solo nel tempo libero» rispose con un gran sorriso che addolcì leggermente il suo viso «Vede, parlano tutti di lei in paese, ed erano decenni che questa villa era abbandonata. Cosa vuole farne?»
«Cosa importa al paese cosa voglio fare con casa mia?»
«Sa com'è... siamo quindicimila anime, quindicimila e uno con ieri, è nato il piccolo Roberto. È il figlio del macellaio, Mauro, quello in fondo alla strada, dopo il centro.... » Greta si perse metà delle
indicazioni stradali che Max le diede nei successivi quindici minuti «Di contro, il vecchio Roberto sembra aver quasi deciso di riequilibrare i numeri. Sta morendo.»
«Oh mi dispiace. Cos'ha?»
«Vecchiaia. Ha centocinque anni.»
«Forse lo conosco, dovrebbe essere un mio lontano parente. Siamo molto longevi.»
«Quindi starà qui molto a lungo, presumo. Intende fare figli?»
«Ah beh, non ne ho idea» disse scrollando le spalle. «Per ora devo risistemare questa casa, ma è già
molto meglio rispetto a prima. Era infestata» annunciò «Da blatte, topi, ragni e quant'altro.»
«Mi creda, è infestata anche da fantasmi» le disse Max, senza avvicinarsi più di tanto, forse intuendo la reticenza di Greta a fidarsi. «Senta, ho visto una pandina nel cortile. Perché gira ancora
con quel ferrovecchio?»
«Perché mi piacciono le panda» disse Greta con una scrollata di spalle. «Piccole, comode, indistruttibili.»
«Se si rompe me la porti.»
«Promesso» disse Greta, sempre più confusa.
«E comunque è infestata veramente, ma da fantasmi. Lei non mi crede, ma ne ha uno alle spalle. È il fantasma di un suo vecchio zio, si chiamava Giacomo Galimberti. Una brava persona.»
«Nonna la pensava in modo diverso. Oh beh, era veramente una brava persona, immagino.»
«Qualsiasi cosa abbia detto Ava, non è del tutto vera!»
«Pare abbia rischiato più volte di essere ucciso a cornate dai mariti* delle donne che conquistava» riprese Greta «Ha sparso sangue Galimberti per tutto il paese, per i paesi vicini e pare anche per
Bari, prima o poi mi metto all'opera con l'albero genealogico. Non mi piace.»
«Hey!»
«Perché?»
«Già, chiediglielo, Max!» sbuffò Giacomo.
«Perché doveva essere un gran maschilista. Nonna raccontava che vedeva le donne come trofei.»
«Non è vero! Le vedevo come medaglie!»
«Però dice che aveva anche un gran cuore, ha nutrito generazione di randagi, e ogni tanto veniva a casa con qualche senzatetto umano. Non so se mi sarebbe piaciuto. Oddio... » rimase ferma qualche
istante «Non saremo parenti, vero?»
«No» rise Max «Oh beh, forse, voi Galimberti siete veramente troppi! Conoscevo la tua bisnonna comunque.»
«Veramente?»
«Sì, quando ero un bambino mi minacciava con un vecchio fucile.»
«Oh» Greta arrossì «Emh, mi dispiace, non aveva un bel carattere. So che non si dovrebbe parlar male dei morti, ma... »
«La morte non rende santi» decretò Max.
«È esattamente quello che dico sempre!»
«Tu mi piaci» disse Max, passando al tu «Senti, stasera ci sarà una piccola festa di paese per la nascita del piccolo Roberto. In realtà è solo un'occasione per festeggiare.»
«Sì, so che in questo paese approfittano di qualsiasi occasione per fare feste.»
«Esatto. Vedrai, tra un mesetto comincia il mese del tamburo. Per un mese, un gruppo di tamburi passa di notte, per tre ore, dalle due alle cinque.»
«Questo mi piace meno.»
«Non piace a molti» sospirò Max «Ma è tradizione. Ci sarai stasera?»
«Va bene. Non sembra una cattiva idea, conoscere un po' il paese.»
«Ma non dovevi spaventarla?» brontolò Giacomo qualche ora dopo, mentre Max si preparava per andare. Viveva nel soppalco della sua officina, perché non amava molto vivere in casa, pur
avendone una. Aveva preferito affittarla per vivere in quel minuscolo posto dove c'era tutto: librerie, un frigorifero per la birra, un congelatore, un bel letto e tanta aria, date le finestre panoramiche.
«"Ma tranquillo Giacomo, ci penso io, le racconto di spiriti cattivi... "»
«Senti, tra noi due il fantasma sei tu, perché non lo fai da solo? Puoi diventare visibile e mostrarti.»
«Dovrei sforzarmi» sbuffò Giacomo «E non mi diverte molto spaventare. Potrei chiedere ai ragazzi... »
«Giacomo, ti dirò la verità: questa ragazza mi piace, ed è tosta. Penso resterà molto a lungo. Magari potrei chiederle di uscire.»
«Guarda che è fidanzata.»
«Si rompono i matrimoni, non devono rompersi i fidanzamenti?»
«Fai quello che vuoi, ma non voglio che la mia casa sia invasa da gente che non conosco!»
«Io non lo farò. Abituatici, Giacomo. Magari potrebbe rivelarsi una persona interessante, no?»
«Ne dubito. Questa notte cercherò di mandarla via.»
«Attento, ha un fucile.»
«Per fortuna sono passati decenni da quando un fucile poteva farmi paura» Max lo guardò male, e Giacomo arretrò di qualche passo.
«Non ci riuscirai.»
«Scommettiamo?»
«E cosa?»
«Se si spaventa e va via, io ululerò per chiunque tu voglia. Se invece rimane... oh beh, mi verrà in mente il favore da chiederti.»
«Max... cominci a farmi paura.»
«Ti sei rivolto a me proprio perché faccio paura, no?»
«Ma non devi farla a me!»
«Sottigliezze della lingua. Andiamo. Ho voglia di bere, ballare con Greta, spaventare il suo fidanzato... »
«A lui sì e a lei no? Sei un pessimo, pessimo amico, Max!»
«Oh, lo so. Andiamo, dai. Chi arriva ultimo è astemio!»
*citazione tratta da Dylan Dog
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