3: Villa Galimberti pt 1


Greta Galimberti avrebbe per sempre ricordato il primo incontro con Giacomo, ma anche le strane circostanze che l'avevano portata là.

Comincia nel modo più semplice di tutti: era una notte buia e tempestosa. Grossi chicchi di grandine si infrangevano contro i vetri della macchina di Greta, che guidava lenta per le stradine strette di quel piccolo paesino. Non erano strade di cemento, come tutte le strade del mondo, ma erano fatte di terra dura, erba al lato, terreno che alla minima goccia di pioggia diventava fango. Per fortuna, Greta guidava una bellissima Multipla. La sua famiglia odiava quella macchina, Greta la adorava.

Adorava poterla caricare di amici e fare lunghi viaggi, adorava lo spazio che le permetteva di riempirla come se fosse il gonnellino di Eta Beta.

In quel momento, la macchina era piena di quanto sarebbe stato necessario alla sopravvivenza per i primi giorni in quella casa: una pericolosissima bombola del gas per cucinare, due valige di vestiti, il pc messo nella scatola e il suo vecchio pupazzo clown, che l'accompagnava da trent'anni.

Il frigo da campeggio era pieno di roba, e aveva con sè un sacco a pelo.

«Sì mamma» disse nel rispondere al telefono «Sono quasi arrivata. No, stanotte non il letto. Beh, le coperte ci sono, le lenzuola pure, ma sono di... boh anni fa. Qualcuno ci sarà morto in quel letto. Sì, mi sono anche persa, ma un tipo un po' rozzo mi ha dato informazioni per arrivare qua. La gente è simpatica, sai? No, Guido per ora non viene. Beh, sta lavorando! Oh eccomi arrivata! No, la bombola non è esplosa, non sarei ancora viva, se fosse successo.»

Scese dalla macchina sistemandosi il cappuccio sui capelli arruffati. L'idea di scaricare le fece venire la nausea. Erano le nove di sera e aveva sonno. Così decise di parcheggiare nell'immenso e non curato giardino della villa e di rimandare tutto al giorno dopo, quando Guido e alcuni amici sarebbero arrivati per darle una mano e portarle altra roba. Prese solo il violino e il sacco a pelo.

Nel momento in cui alzò lo sguardo, un fulmine illuminò la casa, che apparve più spettrale di quanto non fosse normalmente.

«Sì Guido, sono arrivata» disse entrando in casa e richiudendosi la porta alle spalle. Dell'immenso lampadario, funzionava solo una lampadina «No, non dormo sul divano: è tutto da lavare e rifoderare! Devo mandare tutto in lavanderia. Oh guarda, un pianoforte!» disse con entusiasmo. «Beh, DEVO passare la notte qui. Domani i lavori cominciano alle cinque. No, non c'è nulla da ristrutturare, la struttura è solida ed ho già fatto sistemare le prese di corrente. L'impianto è a norma. Però è da ridipingere tutto, dopodomani verrà l'agenzia di pulizie. Sì, il gas manca ancora, dovrò farmi qualche doccia fredda per un po'. Guarda, non dirmelo: ho girato il paese per sbrigare le ultime faccende, oggi, e... » sobbalzò e non riuscì a trattenere un grido. C'era qualcosa che si muoveva nella tenda.

Giacomo Galimberti si annoiava. Gli operai non lo avevano degnato di uno sguardo, quando erano venuti a rifare la corrente elettrica.

Max era al lavoro chissà dove.

Amelia in quel momento stava infestando una casa a dieci chilometri di distanza.

Vagava per la casa come un vecchio in ciabatte.

«Forse dovrei passare oltre... massì, vah. Ricominciare da capo, avere di nuovo qualche avventura. Il barone mi dice sempre che dovrei farlo, però lui per primo non lo fa. La piccola Ava non viene a trovarmi. Sempre la solita. Forse posso contattare i ragazzi, fare una festicciola, andare un po' per i boschi... però mi annoio, ecco. Vediamo se Ginevra mi risponde... » sospirò e cercò di contattare telepaticamente quella che per lui era un'ex amante non tanto ex. «Oh Ginevra! Sì, sempre a casa. Che ne dici di venire qui? Avrei bisogno di fare quattro chiacchiere dal vivo... » borbottò camminando verso il soggiorno. «Sì, sempre la solita battuta, che ci vuoi far... ODDIO» si nascose velocemente dietro una tenda. «C'è qualcuno! No, non sono i soliti ragazzi. E credo mi abbia visto. Somiglia un po' ad Ava. Ora mi nascondo un po', poi ti dico.»

«Niente, sarà stato un colpo di vento! Oddio che spavento, temevo fosse un topo!»

«Pensava fossi un topo!»

«Nah, non esistono i fantasmi, Guido. Sì beh, tua zia non è neanche tanto sana, devo dirtelo, o non farebbe la medium.»

«Non crede che esista.»

«Sì, voglio sempre trasformarla in un bed and breakfast. Qua in paese dicono che sia infestata. Io non ci credo, ma... hai idea di quanta gente verrà?»

«Vuole fare soldi su di me!»

«Beh, credo nonna Ava ne sarebbe contenta. Diceva sempre che le dispiaceva sapere questa casa abbandonata, ci ha passato l'infanzia. Ricordo che mi parlava dei suoi parenti. Secondo me sarebbe felice di saperla abitata e viva.»

«Ma tu guarda, la manda Ava... quella che nemmeno si è degnata di farmi un saluto, quando è morta! Dici che dovrei spaeventarla? Sai che non sono molto bravo in queste cose... ah, basta la mia presenza?»

«Per me nonna Ava sarà molto felice. No, non ospito qui tua zia.»

«Va bene, va bene, la spavento. Oh, ha un violino! Potremmo fare un duett... ok, la spavento. Dici che suonare alle due è una buona idea?»

«Ma ci pensi? Magari avremo dei figli che cresceranno qu... sei svenuto? Dai, scherzavo, non ti spaventare! No aspetta, come sarebbe a dire "finalmente"? Hai idea di cosa voglia dire un bambino? Cagano, urlano, strepitano... »

«Che bello sarebbe avere dei bambini qua!»

«Va bene Guido, ora fammi dormire, ne parliamo quando sono più sveglia e non ho il telefono per prenotare biglietti veso il Messico. Dai, ci vediamo domani. Buona notte.»

«Sta andando a dormire. Vado? Uff, e va bene. Però se Ava si arrabbia glielo dici tu, eh? Ok, ora comincio con il violino allora. Grazie Ginevra, sei sempre molto utile. Buona notte.»

Fine.

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